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Autore: Luinloth    01/05/2018    3 recensioni
Ambientata alla fine della 9x03 quando - nella mia testa - Dean riesce a convincere Ezechiele/Gadreel a concedere a Castiel di passare la notte nel bunker.
Dal testo:
“Ma io non mi sento così stanco”
“Che ne so Cass, prova a contare le pecore!”
L’ex-angelo inclinò lievemente la testa e sbattè le palpebre, confuso.
“Me lo hanno già detto” – mormorò a bassa voce, come se stesse parlando a se stesso – “Ma non ho capito” [...]
“Prima di tutto mettiti sotto le coperte e rilassati perché di certo non ti addormenterai seduto sul bordo del letto con una scopa su per il…” – tossicchiò – “Oh, lasciamo perdere”
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene








Pecorelle smarrite e occhi blu



“Almeno per stanotte”
Dean guardava suo fratello – o meglio Ezechiele, l’angelo caduto che gli stava riaggiustando gli organi interni – con occhi di muta supplica.
“Lascialo restare almeno per stanotte” – ripetè – “E’ stremato, non mangiava qualcosa di … – stava per dire salutare ma poi si ricordò che i tacos alle cipolle non erano socialmente accettati come verdura – … caldo da giorni e non dorme decentemente da… – questa era davvero una bella domanda – …probabilmente da mai, visto che è umano praticamente dall’altro ieri ed è già un miracolo che non sia morto di freddo sotto un ponte!” – sbottò infine.
“Non devi sentirti responsabile per lui, Dean” – la voce dell’angelo si addolcì e il cacciatore si passò una mano sul viso.
Si sentiva responsabile?
Dopotutto si era fidato di Metatron e aveva lasciato che giocasse all’allegro chirurgo con la grazia di Castiel invece di prendere a calci quel culo piumato fino a spedirlo sulla luna quindi sì, si sentiva responsabile eccome, ma col cavolo che si sarebbe lasciato psicanalizzare da un altro spocchioso gallinaccio del Signore.
“Per favore, Zechi” – borbottò spazientito: non aveva voglia di mettersi a pregare l’ennesimo angelo del Paradiso. Non di nuovo.
Sam – Ezechiele – aggrottò la fronte.
“E va bene” – sospirò.






Gli aveva ceduto la sua stanza: era più grande, il riscaldamento funzionava, ed era certamente più pulita del resto delle altre camere. A parte quella di Sam, ovviamente.
Castiel se ne stava seduto sulle coperte ancora intatte, le dita intrecciate in grembo come se stesse pregando.

“Cass…come ti senti?”

Lui si voltò a guardarlo: aveva i capelli ancora umidi e arruffati sulla testa, assomigliava a un uccellino bagnato e Dean dovette trattenere l’impulso di passarci una mano dentro e scompigliarli ancora di più come faceva con suo fratello quando erano ragazzini.
“Come fate?”
Umano o meno, non aveva perso l’abitudine di parlare in maniera criptica.
“A fare cosa?”
“Ad addormentarvi così facilmente”
“Beh…ci sentiamo stanchi e…uh, ci addormentiamo e basta” – il cacciatore pensò che lui non era decisamente adatto a dispensare consigli sul sonno dato che prima del bunker, se andava bene, dormiva quattro ore per notte con un revolver sotto il cuscino.
“Ma io non mi sento così stanco”
“Che ne so Cass, prova a contare le pecore!”
L’ex-angelo inclinò lievemente la testa e sbattè le palpebre, confuso.
“Me lo hanno già detto” – mormorò a bassa voce, come se stesse parlando a se stesso – “Ma non ho capito”
Dean trattenne una risata e l’aria gli uscì dalle narici con uno sbuffo.
“Te lo spiego io” – si schiarì la gola, a metà tra l’imbarazzato e l’intenerito.
“Prima di tutto mettiti sotto le coperte e rilassati perché di certo non ti addormenterai seduto sul bordo del letto con una scopa su per il…” – tossicchiò – “Oh, lasciamo perdere”
Castiel aveva l’espressione di un bambino a cui vengono tolte per la prima volta le rotelle dalla bici ma obbedì: il cuscino era meravigliosamente morbido – molto meglio degli indumenti stropicciati su cui aveva dormito negli ultimi giorni – e le lenzuola avevano un buon odore.
Il cacciatore spense la luce e si sdraiò accanto a lui, sopra le coperte. Ripensandoci, era una cosa ridicola: Castiel era a dieci centimetri da lui, abbastanza vicino da percepire il calore del suo corpo diffondersi attraverso le coperte e il rumore lieve del suo respiro, e lui stava per insegnargli a – Gesù – contare le pecore.
Suo fratello attraversò il corridoio passando davanti alla porta che era rimasta aperta. Dean si domandò se avesse soltanto fatto finta di non vederli o se l’oscurità della stanza glielo avesse realmente impedito. Forse sarebbe stato meglio seguire il consiglio di Ezechiele e non lasciare che l’ex-angelo si fermasse lì nemmeno per quella notte. Ma la vista di Castiel affamato, stanco, senza quell’aria serafica e il trench beige gli aveva stretto il cuore in una maniera che non pensava fosse possibile; per cui, se tutto quello che poteva fare per l’angelo che lo aveva tirato fuori dall’Inferno era contare quelle dannatissime pecore insieme a lui l’avrebbe fatto, anche se Sam l’avrebbe preso in giro almeno fino alla prossima Apocalisse.

“Adesso chiudi gli occhi e immagina di trovarti in un prato”

“Un prato, va bene. Deve avere delle caratteristiche specifiche?” – Castiel aggrottò leggermente le sopracciglia, concentrato.
“Cass non sto per consegnarti le Tavole della Legge…” – pessima scelta di parole – “…cioè… uhm… cerca di stare rilassato, non ti sto facendo un esame!”
L’altro non rispose – né fece altre domande sul prato, per fortuna – e Dean avvertì il suo corpo distendersi sotto le lenzuola, come se avesse avuto i muscoli contratti fino a quel momento e ne avesse improvvisamente allentato la tensione.
Immagina che al centro del prato ci sia una staccionata” – riprese a parlare, un po’ più a bassa voce.
“Di che tipo?”
Il cacciatore iniziò a sentire un crescente prurito alle mani.
“Una staccionata di legno, per esempio” – il prurito aumentava pericolosamente.
“Ora, una dopo l’altra, immagina che delle pecore saltino la staccionata e che tu debba contarle” – si leccò le labbra – “Se mi chiedi la razza delle pecore giuro che ti faccio addormentare con un pugno.”
Con la coda dell’occhio Dean scorse gli angoli delle labbra di Castiel sollevarsi leggermente e pensò che quell’espressione vagamente divertita e rilassata era davvero strana sulla sua faccia.
“Ora immagina, e conta: salta la prima pecora, una pecora, salta la seconda pecora, due pecore…e così via”

Per qualche minuto il silenzio riempì la stanza. Il cacciatore stava quasi per assopirsi – nella sua testa si era già formata l’immagine di una spiaggia assolata della California e di un Margarita ghiacciato con ombrellino – quando una risatina alla sua sinistra lo riportò bruscamente alla realtà.

“Beh, cosa c’è da ridere?”

Castiel girò la testa sul cuscino, voltandosi verso di lui; nella penombra i suoi occhi sembravano catturare tutta la luce della stanza, rilucendo come piccoli zaffiri grezzi. Dean era sicuro che gli occhi di James Novak non avevano mai brillato di un colore del genere.
“E’ una maniera ridicola di prendere sonno” – ridacchiò.
“E va bene Roy Batty” – il cacciatore si mise a sedere – “Allora ti lascio dormire col metodo che preferisci”
Si alzò, dirigendosi verso la porta: quella situazione imbarazzante era durata fin troppo, il respiro regolare di Castiel che lo cullava in un modo decisamente strano, il fatto che le loro mani stessero quasi per sfiorarsi, così pericolosamente vicine, e quella vocina nella sua testa che gli diceva di infilarsi sotto le coperte e di dormire lì. O di rimanere tutta la notte sveglio a guardare Castiel dormire, sarebbe andato bene lo stesso.

“Dean…non era mia intenzione offenderti” – lo richiamò il moro con voce contrita.
“Non mi sono offeso”
“Chi è Roy Batty?”
Il cacciatore allungò le dita verso la maniglia.
“Buonanotte Cass”
“Dean?”
“Cosa c’è?”

La testa dell’ex-angelo si sollevò appena dal cuscino, abbastanza da permettere all’altro di distinguere i lineamenti del suo viso alla fioca luce che proveniva dal corridoio.
“Ti ringrazio”
Sorrise, ma Dean avrebbe soltanto voluto che il pavimento si aprisse sotto i propri piedi e lo inghiottisse, perché quel sorriso gli si conficcò nella testa come un chiodo e iniziò a fare male, dannatamente male, in un modo che non sapeva – o che non voleva – spiegarsi.
“Cerca di dormire, ok?”
La porta si richiuse silenziosamente alle sue spalle.

Adesso la vocina nel suo cervello urlava.

Mentre si dirigeva verso una delle camere sul retro, Sam – o Ezechiele, quella situazione lo avrebbe mandato fuori di testa prima o poi – sbucò dal bagno con i capelli avvolti in un asciugamano.
“Ogni tanto dovresti andare in uno di quegli istituti di bellezza per signore Sammy” – sghignazzò – “Ti troveresti da Dio”
Non era dell’umore giusto per fare il sarcastico, ma era il modo più rapido che aveva trovato per ignorare quella stupida vocina che gli stava gridando – insieme ad una serie di insulti piuttosto coloriti – di fare dietrofront, ficcarsi nel letto di Castiel, abbracciare quello stramaledettissimo angelo caduto e non lasciarlo andare almeno finché tutto quel casino fosse finito.
Quella vocina era una vera stronza.

“Cretino”
Stavolta era proprio Sam a parlare, ma a quanto pareva nemmeno lui era in vena di scherzi, aveva messo su la sua solita aria preoccupata da cucciolo di san Bernardo e osservava il fratello con la fronte corrugata.

“Va tutto bene Dean?”

Il cacciatore stirò le labbra in una smorfia che voleva assomigliare a un sorriso.
No, non andava affatto bene, perché suo fratello era posseduto da un angelo che al momento gli stava probabilmente ricucendo un paio di metri di intestino, Castiel era in camera sua, nel suo letto, e dormiva – dormiva! – e gli sembrava che il mondo avesse iniziato a girare al contrario, perché gli angeli non cadevano in blocco dal Paradiso come uno sciame di meteoriti, non s’impossessavano degli umani con l’inganno e poi gli cancellavano la memoria, non dormivano indossando pigiami infeltriti di pile blu e soprattutto non sorridevano in quel modo così fottutamente malinconico e doloroso che gli faceva venire voglia di urlare, di prendere Castiel per le spalle e scuoterlo finché non si fosse riaggiustato, come faceva con i vecchi telecomandi quando smettevano di funzionare.
Ma il suo – suo? – angelo caduto non era un telecomando a cui stavano per scaricarsi le pile.

“Sì Sammy. Sono solo un po’ stanco, tutto qui”






La mattina seguente Castiel se n’era andato e Sam venne svegliato di soprassalto dalla voce del fratello.

“Quel figlio di puttana mi ha rubato il pigiama!”












Note dell'autrice che non sa usare html:

Roy Batty è il replicante di Blade Runner (per intenderci, quello del discorso "Ho visto cose che voi umani...")

   
 
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