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Autore: Shireith    01/05/2018    4 recensioni
{Marichat // raccolta mista di trentuno storie che partecipa alla challenge Marichat di maggio 2018 indetta dai fan su Tumblr}
#01 — Mentre fuori piove » Vestito d’una tuta nera che ricopre ogni centimetro del suo corpo, i capelli biondi e sbarazzini ora intrisi d’acqua piovana, la figura che vede distesa a terra sul balcone di casa sua non può essere altri che lui.
#13 — Il mio faro nella notte » Lo scenario che si presenta ora ai suoi occhi, tuttavia, gli sbatte in faccia la triste e crudele e realtà: che un individuo qualsiasi può, se quello è il suo volere, porre fine alla vita di tanti altri come lui.
#17 — Sul filo del rasoio » La pioggia, intanto, è fitta, malinconica: lo scenario ideale per una tragedia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#01. «Sei ferito. Per favore, rimani qui per la notte. Per favore.»

Mentre fuori piove

  Fuori, quella sera, c’è la pioggia. Perentoria, sembra che essa voglia rivendicare il proprio predominio sulla città: il suo getto è incessante, regolare, ma anche gentile, pacifico. La pioggia che ha sorpreso Parigi non si fa odiare, la domina con leggiadra ed eleganza.
  Marinette ha sempre amato la pioggia, quel giorno come anche tutti gli altri: ne ama il silenzio, ne ama il modo in cui s’infrange sui tetti, con un tamburellare regolare che esercita su di lei un effetto calmante. Le piace ancora di più dedicarsi alla sua arte, con un tale immaginario a tenerle compagnia. Solo l’esuberanza non richiesta della sorte può, talvolta, bussare alla sua porta e varcarne la soglia senza invito, forse per il puro piacere di porre fine alla sua serenità.
  Marinette avverte un tonfo provenire dall’esterno, qualcosa che s’infrange con violenza contro la botola che da camera sua conduce a un piccolo balcone. La ragazza non vuole darvi peso, decretando che non valga la pena esporsi alle intemperie per un’inezia; altri rumori sospetti, tuttavia, giungono nuovamente alle sue orecchie – questa volta, giurerebbe siano dei lamenti umani. Ora teme che, dopotutto, la pioggia che tanto ama non si sia curata di infliggere qualche danno.
  Marinette risale lungo le scalette che conducono al suo letto e, inginocchiatasi, fa leva sulle proprie braccia e riesce ad aprire la botola. Fili argentei subito la investono, bagnandole il volto, la capigliatura, le spalle e una parte del letto, ma non le importa. A importarle, ora, è solo ciò che ha di fronte: i suoi occhi, un attimo prima, l’hanno immediatamente riconosciuto, inviando un segnale d’allarme al suo cervello. Vestito d’una tuta nera che ricopre ogni centimetro del suo corpo, i capelli biondi e sbarazzini ora intrisi d’acqua piovana, la figura che vede distesa a terra sul balcone di casa sua non può essere altri che lui.
  Chat Noir.
  Avverte una fitta originarsi all’altezza del petto, mentre un campanello d’allarme continua a trillare con insistenza nella sua mente. D’istinto, Marinette s’issa sulle proprie gambe e risale lungo la botola, compiendo poi due passi in direzione del giovane supereroe, che ancora non dà segni di essere cosciente – segni di vita è un’ipotesi a cui si rifiuta anche solo di pensare.
  «Chat Noir?» chiama, in quello che assume la forma di un sussurro supplichevole. Con una mano gli cinge il collo e gli inclina il volto nella sua direzione, mentre con l’altra applica una leggera pressione sul suo polso alla ricerca disperata di uno scoglio di speranza a cui aggrapparsi.
  Respira.
  Marinette s’abbandona a un sospiro sollevato. «Chat Noir?» chiama di nuovo – e nel suo tono di voce si avverte la sua gioia.
  L’eroe, questa volta, risponde all’appello: lentamente, i suoi occhi verdi vedono di nuovo la luce. Chat Noir li punta in direzione di Marinette, abbandonandosi a un sorriso stanco ma felice quando la riconosce. «Sentivi la mia mancanza?» scherza.
  Marinette ride. Nei momenti di crisi, il suo compagno d’avventure ha sempre avuto un modo tutto suo di gettare acqua sul fuoco – perché le vuole bene, a Marinette come alla sua alla sua collega, perché non vuole farla preoccupare. «Vieni dentro» dice, esortandolo a seguirla all’interno di camera sua.
  Chat Noir obbedisce, scendendo lungo la botola dopo di lei, richiudendola poi dietro di sé: si muove lentamente, con cautela, segno che è ferito – non gravemente, si augura Marinette nella sua mente.
  La ragazza scende lungo le scalette che separano il letto dal resto della camera – a terra avranno più possibilità di movimento – e fa cenno a Chat Noir di seguirla: il giovane l’ha capito già da prima, ma esita quando si rende conto dello stato del letto di Marinette e della ragazza stessa. «Mi dispiace di aver causato tutto questo disastro.»
  Marinette è intenerita dalla sua timidezza ed educazione. «Non ti preoccupare» cerca di rassicurarlo con premura. «Perché sei venuto qui, piuttosto? Che cos’è successo?»
  Chat Noir, sempre lentamente, inizia a scendere le scalette in direzione della giovane. «Tre rapinatori hanno tentato di saccheggiare il Louvre. Avevano diversi ostaggi.»
  Marinette si blocca, sconcertata dalla notizia. «Come stanno?»
  «Bene» risponde Chat Noir, rassicurando il suo cuore in tumulto con un caldo e gentile sorriso. «Sono arrivato giusto in tempo per fermarli.»
  «È per questo che sei ferito?»
  «Sì. Dopodiché ero confuso, stordito, ma non potevo tornare a casa. Mentre vagavo per la città senza una meta, mi sono ricordato dei nostri incontri passati, così ho pensato… be’, di venire qui.» Ora che è più lucido, Chat Noir pensa che la sua sia stata una pessima idea, ancora di più di quanto non lo sembrasse già mentre, stanco e ferito, vagava alla ricerca di un posto sicuro. «Scusami.»
  Marinette gli regala un sorriso. «Non scusarti. Sono felice che tu abbia deciso di venire da me, almeno so che non sei in pericolo.»
  Chat Noir ricambia il gesto, aprendosi in un sorriso gentile. «Grazie.»
  «Tieni, asciugati» dice poi l’altra, protendendo nella sua direzione uno dei due asciugamani presi mentre l’altro ancora stava scendendo le scalette. L’eroe parigino lo accetta tra le sue mani, cominciando a frizionarsi i capelli biondi.
  Marinette lo imita, ma con poco entusiasmo, perché ancora provata da un pensiero che la tormenta dal momento in cui Chat Noir le ha fatto menzione della rapina sventata al Louvre.  «Dove… Dov’era Ladybug, in tutto ciò?» Sa, in verità, dove sia stata Ladybug per tutto il tempo. Ha, tuttavia, una maschera da mantenere – e, in cuor suo, spera che la risposta di Chat Noir l’aiuti a capire che cosa pensi l’eroe della sua assenza, se sia adesso arrabbiato con lei. Si sente così sporca, Marinette, che non ha neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
  «Non c’era.»
  «Perché no?»
  «Non lo so.»
  «Sei arrabbiato?»
  «Perché dovrei?» Pone quella domanda con un’ingenuità tale che la stilettata che Marinette avverte all’altezza del petto fa ancora più male che se Chat Noir le avesse risposto in modo affermativo, dicendole che sì, era arrabbiato con Ladybug per non essersi presentata.
  «È… perché la ami?» Non è giusto, pensa, che Chat Noir perdoni le sue negligenze in nome del forte sentimento d’amore che prova nei suoi confronti.
  «No» risponde l’altro, cogliendola una seconda volta di sorpresa. «Ladybug tiene alla salvezza dei cittadini di Parigi quanto me, e sono sicuro che se non si è fatta viva c’è una ragione più che valida. Probabilmente non ha sentito i telegiornali.»
  Era più di un’ora, infatti, che Marinette non era entrata in contatto con nessun dispositivo elettronico: televisione, cellulare, computer… niente, tutto spento. Non aveva potuto sapere, quindi, della rapina. Tuttavia si sente stupida, negligente, perché sa che, se le cose fossero andate diversamente, nemmeno starebbe avendo quella conversazione con Chat Noir, ora.
  Marinette deglutisce, trattenendo a stento il desiderio di dare un sonoro schiaffo alla ragione e abbracciarlo forte quasi fino a farlo soffocare. «Sono sicura che sarà felice di sapere che stai bene.» Vuole, senza far calare la maschera, ricordargli che, benché non lo ami, Ladybug tiene a lui quanto lui tenga a Ladybug.
  «Non ne dubito» risponde Chat Noir, e questo l’allieta un po’, perché almeno adesso sa che l’eroe è consapevole di tutto l’affetto che prova per lui.
  «Ti sei dichiarato, poi?» chiede, continuando a mantenere le apparenze – e anche genuinamente curiosa di sapere che cosa ne pensi Chat Noir del suo rifiuto.
  «Sì.»
  «Com’è andata?»
  «Mi ha rifiutato, come immaginavo.»
  Di nuovo, Marinette si sente sporca, ingiusta nei confronti di un giovane così innamorato di lei che sarebbe disposto a sacrificare la sua vita in nome della sua salvezza. Quanto vorrebbe dirgli che le dispiace, che non si merita tutto ciò; vorrebbe dirglielo con così tanta foga che potrebbe urlare, non curandosi di farsi sentire dai suoi genitori. «Mi dispiace.»
  Chat Noir scuote il capo, guardandola con il sorriso sulle labbra. «Non devi, non è colpa tua. Mi ha rifiutato, questo sì, ma è stata onesta. Non mi ferirebbe mai di proposito, Ladybug.»
Lo sto facendo ora.
  «Tu, invece? Ti sei dichiarata?» Chat Noir è sollevato che Marinette gli abbia posto quella domanda, introducendo così la conversazione, perché, benché non gli piaccia ammetterlo ad alta voce, è genuinamente curioso di saperne di più sul conto di colui di cui la ragazza è innamorata. Forse lo conosce? Non lo sa, ma è certo di una cosa: chiunque sia il fortunato, Chat Noir si chiede quanto speciale sia per essere stato in grado di rubare il cuore dell’amica.
  Marinette soffia sulle labbra con divertimento. «Come se ne fossi capace…» si rimprovera. «Forse è meglio così, dopotutto. Preferisco restare sua amica piuttosto che rovinare la nostra amicizia.»
  Chat Noir non reputa veritiero ciò che dice. «Io mi sono dichiarato, e lei mi ha respinto, però niente si è rovinato, nel nostro rapporto. Anzi, forse, se glielo dicessi, sarebbe finalmente capace di vederti con occhi diversi. Solo uno stupido non si innamorerebbe di te.»
  A quel commento inaspettato, la ragazza arrossisce. «Forse hai ragione tu» gli concede. È la stessa cosa le ha sempre detto Alya: se mettesse Adrien al corrente dei suoi sentimenti, quello potrebbe iniziare a provare lo stesso. E se anche ciò non dovesse succedere, Marinette ne soffrirebbe, ma a lungo andare sarebbe felice di essersi liberata di un tale peso dallo stomaco.
  Chat Noir, intanto, si sistema i capelli arruffati, notando che sono quasi del tutto asciutti. «Mi presteresti un ombrello?»
  Quella domanda strappa Marinette dai suoi pensieri e la giovane scuote il capo per ritornare alla realtà, ricordandosi che Chat Noir è ancora lì con lei. «Per fare cosa?»
  «Non ci tengo a bagnarmi di nuovo mentre ritorno a casa. I gatti non amano l’acqua, è un fatto risaputo.»
  «Non puoi tornare a casa, sta ancora piovendo. E tu sei ferito» osserva Marinette, gettando prima uno sguardo alla finestra, che li separa dalla pioggia che fuori ancora imperversa, e poi un altro al giovane, che porta ancora i segni del suo servizio da eroe di quella sera.
  «Ora sto meglio.»
  «Forse, ma non puoi rischiare.»
  Chat Noir esita un attimo. «Sei sicura che posso rimanere? Non disturbo?»
  «Certo che no» gli assicura, di nuovo intenerita dall’educazione e discrezione del giovane eroe mascherato – non lo credeva così, tempo prima, quando ancora non lo conosceva bene.
  «Allora va bene.» Ad accettare non è tanto lo Chat Noir ferito, quanto piuttosto l’Adrien che odia restare solo: non vuole tornare a casa così presto, conscio che lì la sua unica compagnia saranno quattro mura buone solo a contenere tutta la sua solitudine.
  Marinette ripassa a mente i progetti che aveva in mente per quella sera. «Ti piacciono i film romantici?»


   
 
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