Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    02/05/2018    21 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Provocatori
 
André era seduto al tavolo della taverna vicina alla caserma e, pur essendo le dieci di mattina, aveva già tracannato il suo quarto boccale di birra.
Indossava la sua divisa blu cobalto, in una delle ultime occasioni in cui avrebbe potuto farlo. Aveva intrapreso la carriera militare al solo fine di seguire Oscar, aveva indossato quella divisa senza un particolare entusiasmo e, adesso, disperava all’idea di togliersela.
Nell’animo del giovane, albergavano un deserto di solitudine e un universo di desolazione. A trentatré anni, si sentiva già finito, un relitto, un rudere, peggio di quel padiglione fatiscente dove, pochi giorni prima, avevano rischiato di trovare la morte.
Aveva combattuto contro tutto e contro tutti, contro ogni evidenza, conto ogni regola di buon senso, contro ogni appello alla ragionevolezza, con l’unico risultato di essersi alienato per sempre l’affetto e la stima della persona più importante della sua vita e di avere fallito nella missione di proteggerla. L’abnegazione, l’autocontrollo, la dedizione assoluta e, a tratti, maniacale di cui, per tanti anni, l’aveva circondata si erano, a un certo punto, trasformati in collera cieca e quanto di più represso albergava in lui si era risvegliato ed era esondato in furia.
Il sacrificio cui si era, in precedenza, sottoposto non era bastato a compensare, anche solo in parte, la grave colpa di cui si era macchiato e si era, anzi, tramutato nella fonte unica dell’allontanamento che stava subendo. Sarebbe stato messo da parte. Sarebbe stato giustamente messo da parte, perché era divenuto inutile, intralciante e pericoloso.
Prima o poi, gli occhi gli si sarebbero spenti definitivamente e nulla avrebbe più visto: il sole, la luna, le stelle, gli alberi, il mare, i fiori, i fili d’erba, la figura severa del Generale, le smorfie burbere e un po’ buffe di sua nonna e il volto soave e leggiadro di Oscar.
Aveva combattuto contro tutto e contro tutti, contro ogni evidenza, conto ogni regola di buon senso, contro ogni appello alla ragionevolezza e, adesso, stava subendo le conseguenze di tanta ostinazione, perché di ostinazione si era trattato.
Perché, quando la tenacia si indirizza a una causa persa, diventa testardaggine, diventa ostinazione e non va bene.
Perché l’amore non voluto e continuamente riproposto diventa molesto.
Perché era soltanto un servo e nulla aveva da offrire alla sua padrona e, se lei, per seguirlo, si fosse dovuta privare di tutto, sarebbe stato lui il primo a rammaricarsene e non se lo sarebbe mai perdonato.
Era stato cieco per tutta la vita, perché si era rifiutato di vedere l’ovvio e, adesso, per una spietata e inesorabile legge del contrappasso, sarebbe diventato cieco sul serio.
Aveva combattuto contro tutto e contro tutti, contro ogni evidenza, conto ogni regola di buon senso, contro ogni appello alla ragionevolezza e, adesso, aveva perso.
Oh, Oscar! – pensò il giovane affranto, trattenendo, a stento, le lacrime alla base degli occhi e avvertendo, sempre più opprimente, un magone in gola, per sciogliere il quale fece cenno all’oste di portargli il quinto boccale di birra.
Nel mentre, un uomo che lo stava fissando da tempo gli si avvicinò e, con aria insolente e provocatoria, gli disse:
– Ehi, amico, soltanto i froci e i muratori bevono da soli di prima mattina e tu non mi sembri un muratore.
André guardò quel villanzone distrattamente e, poi, reclinò il capo verso il lurido tavolino davanti al quale era seduto, cancellando, per sempre, dalla mente il suo interlocutore e relegandolo nel limbo delle inezie di cui dimenticarsi in un battito di ciglia.
 
********
 
Oscar guardava la piazza della caserma dalla finestra del suo ufficio e ripensava a ciò che era successo il giorno prima. Ripensava alla composta e dignitosa desolazione di André, agli occhi buoni di lui velati di tristezza e alla mite rassegnazione con cui aveva appreso la notizia del suo prossimo congedo. In conformità al suo stile consueto, André aveva udito, aveva compreso, ma non aveva reagito. Non si era scomposto, non aveva chiesto indulgenza, non aveva cercato in alcun modo di esporre le sue ragioni o di farle cambiare idea. Aveva accusato il colpo con dolorosa fermezza e non aveva protestato, proprio come, anni prima, aveva udito la sentenza di condanna a morte pronunciata dal Re contro di lui. Persino in quel frangente, non si era agitato, non aveva recriminato, non aveva cercato di discolparsi, non aveva mendicato un’improbabile salvezza.
Ripensava al suo amico d’infanzia, al compagno di tante avventure, alla sua inseparabile ombra, al suo confidente, alla voce della sua coscienza, al forziere di tutti i suoi segreti. André, però, rispetto a lei, aveva custodito un segreto in più e pure bello grosso….
Le sembrava di averlo tradito, di averlo accoltellato anche se si era limitata a seguire la procedura e non aveva certo fabbricato prove false contro di lui.
Ma chi voleva prendere in giro? Da quando lo aveva visto in fila con gli altri soldati, non aveva fatto altro che pensare che sarebbe stato molto meglio se egli se ne fosse andato, se l’avesse lasciata in pace, dando requie al malessere che la attanagliava e sollevando entrambi dall’imbarazzo della reciproca frequentazione.
Finalmente, era stata accontentata. Era riuscita ad allontanare l’ultima persona che ancora ambiva a starle accanto e, presto, avrebbe realizzato il suo disegno di restare completamente sola.
Oscar, basta, non è l’ora di indugiare in questi pensieri. Hai tante cose da fare.
 
********
 
Gérard Lasalle era inchiodato sulla soglia della taverna vicina alla caserma, incerto se entrare o tornare indietro. Le taverne non gli piacevano, la birra non gli piaceva, il vino non gli piaceva, ma era stanco di essere considerato il più infantile di tutti i soldati, il più impacciato, il più maldestro, il più goffo, quello che si faceva scoprire se commerciava in fucili, quello dedito a passatempi poco virili. Era stanco di essere escluso e di autoescludersi. Sarebbe entrato in quella maledetta taverna e avrebbe ordinato un boccale di birra e anche un secondo, se necessario e, così, sarebbe stato pronto a uscire coi suoi commilitoni.
Deciso a non rimangiarsi la sua fermezza, varcò la soglia e si guardò intorno, con aria incerta, nella speranza di trovare qualcuno dei soldati. Non ne vide alcuno e pensò che il suo sarebbe stato un sacrificio inutile, se nessuno lo avesse visto là dentro. Fece per andarsene, ma, poi, decise di non cedere, di mantenere fermo il suo proponimento e di tracannare quel maledettissimo boccale di birra.
– Ehi, amico, soltanto i froci e i muratori entrano in taverna prima di mezzogiorno e con la bocca ancora sporca del latte materno e tu non mi sembri un muratore.
Lasalle guardò in faccia l’uomo, lo stesso che aveva provocato André un’ora prima, arrossì fino alla radice dei capelli e corse fuori in lacrime.
 
********
 
Maria Antonietta camminava triste nei giardini di Versailles.
Se, un tempo, quei viali alberati e ricoperti di ghiaia, quelle fontane zampillanti, quei complessi scultorei di marmo, quei cespugli sapientemente modellati dalle abili mani di tanti giardinieri, quelle variopinte e fragranti macchie di vegetazione erano stati sufficienti a renderne gaio e spensierato l’animo, adesso, invece, nessun balsamo leniva le ferite che la tormentavano. Il Delfino stava sempre peggio, la piccola Sofia era volata in cielo l’anno prima, il Conte di Fersen era assente, la Contessa di Polignac non le era più cara come prima e Madamigella Oscar aveva cambiato incarico, allontanandosi da lei.
Una tiepida e gradevole brezza primaverile scompigliò i boccoli dorati della Regina e le portò alle narici l’odore dei fiori appena sbocciati, ma ella non fece caso al miracolo della natura che si stava risvegliando.
Ripensò con tristezza a quanto si erano detti, in sua presenza, suo marito e suo fratello e scosse il capo. No, non sarebbe stato possibile accettare.
 
********
 
Henri Beauregard era uno dei più compiti soldati della Guardia Metropolitana e militava per pagarsi gli studi di medicina. Quella mattina, come spesso gli accadeva, approfittando di alcune ore di libera uscita, si era recato nella taverna vicina alla caserma per studiare. Aveva ordinato un caffè ed era intento a leggere un libro di anatomia. Era perfettamente in grado di estraniarsi dai rumori degli avventori della taverna mentre, se si fosse recato in uno degli ambienti comuni della caserma, i compagni avrebbero sicuramente attaccato bottone, impedendogli di studiare e zittirli non sarebbe stato certo il modo migliore per conservare rapporti sereni con persone che già lo consideravano diverso e strano.
Le nozioni lette si imprimevano, poco a poco, nella mente del giovane che, lentamente, ma progressivamente, ampliava il proprio bagaglio di conoscenze, con la costanza speranzosa di chi si costruisce un avvenire.
– Ehi, amico, soltanto i froci e i muratori vanno in taverna per leggere e tu non mi sembri un muratore.
– Signore, mi vergogno per voi. La vostra malacreanza è pari soltanto al cattivo uso che fate della lingua francese.
Detto questo, rimmerse il capo nel libro e non dedicò allo sgradito interlocutore altri preziosi istanti della sua libera uscita, domandosi soltanto quali strane conoscenze – dedite ai mestieri pesanti sebbene letterate – avesse quel tizio.
 
********
 
Oscar era pensierosa e accigliata. Alcune persone, con indosso delle uniformi della Guardia Metropolitana, erano state accusate di borseggio, di atti di vandalismo, di interruzione di funzione religiosa e di vilipendio ai danni di sacerdoti e di religiosi.
Nessuno dei responsabili era stato catturato, essendo stati tutti molto abili nel dileguarsi prima che la situazione volgesse al peggio, ma le descrizioni raccolte, seppur scarne, non sembravano corrispondere a quelle degli uomini da lei comandati.
Pareva che il nome di Oscar François de Jarjayes fosse stato pronunciato in più occasioni, nel senso che, durante un borseggio, uno dei presunti soldati aveva detto alla vittima: “Con i saluti del mio Comandante, Oscar François de Jarjayes” mentre un altro “soldato”, nel disturbare una funzione religiosa, dopo avere offeso il Papa e inneggiato a Martin Lutero, prima di dileguarsi, aveva urlato, in modo che tutti lo udissero: “Se non vi sta bene quanto avete udito, presentate le vostre rimostranze al mio Comandante, Oscar François de Jarjayes”. Oltre a questi, le era stata riferita una decina di altri aneddoti di diverso contenuto, ma tutti accomunati dalla stessa conclusione: ogni atto criminoso doveva ricondursi al Comandante di quegli uomini, Oscar François de Jarjayes.
Con la risolutezza e la presenza di spirito che mai l’abbandonavano, Oscar decise che avrebbe fatto un serio discorso ai suoi uomini, sull’importanza di custodire responsabilmente le divise, le armi e gli equipaggiamenti militari e sulla delittuosità del farne illecito commercio, dato che la miseria e il bisogno di denaro non erano una circostanza atta a escludere il reato. D’ora in poi, ogni tolleranza sul punto sarebbe scemata.
 
********
 
Alain era seduto a uno dei tavoli della taverna vicina alla caserma insieme a una decina di suoi commilitoni. Era notte e gli uomini ingurgitavano diverse pinte di birra e cantavano allegramente.
Alcuni brutti ceffi stavano osservando la scena.
– Ehi, Robert, non hai ancora cavato un ragno dal buco.
– Ho provato tutta la giornata, ma senza successo.
– Per forza, hai preso di mira un damerino, un lattante e un topo di biblioteca, cosa t’aspettavi? Devi provare con uno dall’aspetto più rissoso, come quel bestione col foulard rosso al collo.
– Quel pezzo di marcantonio dall’aria spavalda? Quello mi spacca la faccia! Proverò con il tizio accanto, dall’aria più mite.
– Se ce ne torniamo a mani vuote, il Duca d’Orléans farà ben altro che spaccarti la faccia. Vai!
– E sia….
Robert si accostò, con poca convinzione e con molto timore, all’allegra brigata, batté una mano sulla spalla di Alain e gli disse:
– Ehi, amico, soltanto i froci e i muratori vanno in giro con un foulard rosso al collo e tu non mi sembri un….
Il malcapitato non aveva ancora finito di parlare che Alain si alzò di scatto e gli assestò un sonoro pugno sul naso.
Gli altri Soldati della Guardia si alzarono come un sol uomo e iniziarono a lanciare improperi e minacce all’indirizzo dello sfortunato Robert che si reggeva il naso sanguinante. Subito, i compari del ferito si fecero avanti, con l’evidente intenzione di menar le mani. Ne seguì una rissa che, ben presto, mise sottosopra l’intera taverna. Furono coinvolti anche degli avventori inizialmente estranei alla vicenda e gli sgherri del Duca si prodigarono alacremente nel distruggere gli arredi, con somma disperazione dell’oste. Mentre pestavano ed erano pestati, i compagni di Robert non fecero che gridare: “Ecco la bella disciplina degli uomini comandati da Oscar François de Jarjayes” oppure: “Il vostro Comandante, Oscar François de Jarjayes, è il disonore dell’esercito francese”. Queste frasi furono ripetute anche in strada, nei pressi della locanda e, nelle vie vicine, alcuni loschi figuri, con le uniformi dei soldati della Guardia Metropolitana, iniziarono a spaccare vetrine, a buttare giù le porte delle botteghe e a razziarne le mercanzie mentre i bottegai, richiamati dal rumore, si alzavano dai letti e si affacciavano alle finestre. I più ardimentosi scesero in strada con le lanterne in mano, ma non poterono fare altro che constatare il disastro, non arrischiando di avvicinarsi a quei “soldati” in preda a una tremenda quanto inspiegabile furia distruttrice. Mentre incendiavano e demolivano, i finti soldati urlavano a squarciagola: “Se non vi sta bene, presentate il conto al nostro Comandante, Oscar François de Jarjayes” oppure: “E’ Oscar François de Jarjayes che ci manda, su incarico della Regina e della nobiltà”.
 
********
 
Le indagini condotte da Oscar sugli strani eventi occorsi negli ultimi giorni non avevano ancora dato esiti soddisfacenti. Come se non bastasse, si sarebbe, presto, trovata con la compagnia decimata, dovendo mettere agli arresti, per una settimana, Alain e gli altri soldati rei dei disordini della precedente notte.
Sono gli unici colpevoli sicuri, per adesso – pensò, con fastidio, Oscar.
Un rintocco cupo alla porta annunciò l’arrivo di qualcuno che voleva essere ricevuto.
– Avanti.
– A rapporto, Comandante – disse André.
– E’ appena arrivato il tuo congedo, André. Da questo momento, non sei più un soldato.
– Sì, Oscar, me lo aspettavo.
Il disagio fra i due era evidente e le frasi pronunciate risuonavano laconiche e formali.
Il senso di colpa di lui, acuito dalla consapevolezza della propria inutilità, dall’umiliazione del fallimento e dal terrore della disistima di Oscar si incontrava con la sotterranea tensione emotiva di lei, spiazzata da sentimenti che le erano ormai noti, ma che non si sentiva in grado di ricambiare e dallo sconcerto per un segreto celatole tanto a lungo. Il risultato era un impasse emotivo che si riversava negli sguardi, tristi in lui e distanti in lei.
– Oscar, ti prego di non essere troppo severa con i miei commilitoni…. con i miei ex commilitoni – disse André, rompendo lo stallo almeno dal punto di vista della conversazione – Perché è praticamente certo che siano stati provocati. Mi è stato raccontato l’accaduto e ti posso assicurare che io stesso e altri due soldati abbiamo subito, ieri, un’identica, becera, provocazione. Il tutto si inserisce nell’alveo di una campagna denigratoria orchestrata con sistematica cura, sebbene puerile e maldestra nei contenuti, ma pur sempre atta a fare presa sulle menti semplici di persone poco istruite e stremate dalla miseria e, per questo, alla perenne ricerca di qualcuno da odiare e su cui sfogare il proprio disagio.
– Concordo con te sul secondo punto, André. La campagna diffamatoria ordita ai miei danni è talmente maldestra da risultare ridicola. Inviare i propri soldati a far danno, ingiungendo loro di dire per conto di chi agiscono è come scrivere una lettera anonima e, poi, firmarla. Nessuna persona sensata ci crederebbe. Ciò non toglie che, come dici tu, le calunnie facciano presa sulle menti deboli e mal coltivate e, più sono enormi, più offrono argomento di conversazione e miccia per l’indignazione. Quanto al primo punto, invece, sono a conoscenza della provocazione, ma è un dato di fatto che Alain è stato l’unico a caderci, trascinandosi dietro, col suo carisma, altri soldati. Questi episodi devono essere prontamente sanzionati perché non si ripetano e affinché i responsabili abbiano modo di autocorreggersi. Una settimana di consegna li aiuterà a riflettere. Le paghe non saranno decurtate.
– Bene, Oscar, ti saluto e ti auguro, di tutto cuore, buona fortuna. La mia presenza, qui, è diventata superflua.
– Riguardati.
– Anche tu. Ultimamente, sei molto pallida.
André uscì dalla stanza con la stessa compostezza con cui vi era entrato, richiudendosi la porta alle spalle.
Oscar lo seguì con gli occhi mentre si allontanava e, quando egli fu uscito, fu colta da un lungo e irrefrenabile attacco di tosse.
   
 
Leggi le 21 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_