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Autore: persephone_    02/05/2018    1 recensioni
Yoongi sentì un fiore sbocciargli piano di fianco al cuore. E da lì fu sempre primavera.
[ hanahaki disease ! au ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Yoongi sentì un fiore sbocciargli piano di fianco al cuore. E da lì fu sempre primavera.












La vita di Yoongi non è altro che un noioso via-vai di classi. Non gli importa d’altro. Aspetta che qualcosa accada, che qualcosa arrivi da lui, la sua vita un’eterna attesa per qualcosa che forse non arriverà mai. 

E’ ciò che fanno gli umani, spesso dice a sé stesso, attendono che l’apice della loro vita arrivi e poi, quando arriva, attendono la morte. Un lento giro di giorni che passano. Yoongi si chiede come possano vivere le persone che hanno visto il loro apice volare via, le persone che non hanno sogni, le persone che non sentono il profumo dei fiori. 
Yoongi lo sente ogni giorno, lo respira.


Anche lui nella sua vita attende l’apice, attende quel qualcosa che gli faccia esclamare “ecco perché sono nato”, “ecco perché sono qui”: lo attende inerme, sui suoi libri di letteratura, lo attende come si attende la primavera. Il solito giro di stagioni, la solita noia. 
Si chiede come facciano a vivere, le persone. Sé stesso compreso. Abbandonati al mondo senza manuale d’istruzioni, tutti neonati persi sulla strada del destino e costretti ad affrontare un mondo che neanche si vuole. Crescere, non sapendo dove si arriverà, crescere, non sapendo cosa accadrà, crescere, non sapendo chi incontrerai. 
Yoongi di persone ne ha incontrate tante. 



Nel dormitorio, la vita scorre, i minuti. Namjoon è l’unico a coglierli tutti: vive in silenzio e nella musica, vive sapendo cosa sta facendo. Spesso dice a Yoongi che il modo migliore per vivere non è aspettare l’apice, ma convincersi di essere già lì.


“La vita non è la strada che percorri per andare ad un determinato luogo,” Namjoon si accomoda sul letto disfatto di Yoongi e beve il suo caffè amaro con calma, “-ma è quel luogo stesso. Ti dicono di seguire la tua vita, ma non fugge mica, nella vita ci sei già. La frase giusta è di seguire i tuoi sogni, di seguire il tuo destino, di seguire il tuo cane che fugge. Ma non devi seguire la tua vita, è la vita a dover seguire te.”


Yoongi annuisce anche se non la pensa così, annuisce perché quando Namjoon parla non si può fare altro. Si siede affianco a lui, guarda il soffitto, pensa alle sue parole. 
Non devi seguire la tua vita, è la vita a dover seguire te. Qualcosa, però, non va: Yoongi in questa frase non trova il fondamento principale; non tutti vogliono starci, nella vita. 

Magari la gente che segue la propria vita in realtà tenta di allontanarsi da essa, cercarne un’altra, non tutti vogliono seguire la propria vita e non tutti vogliono che la vita li segua. 

Però, quando Namjoon schiude le labbra, tutto sembra corretto. Quindi Yoongi sorride. Yoongi, che non vuole seguire la propria vita, annuisce e sorride. Senza Namjoon, il dormitorio sarebbe così silenzioso, quindi lo lascia parlare.






Anche Jimin la pensa così, che senza Namjoon ci sarebbe troppo silenzio. Yoongi però non sa cosa ne pensi della vita: non ne hanno mai parlato, in realtà non pensa neanche di averne bisogno, già dal volto di Jimin si può leggere che è felice. Quindi direbbe che la vita è bella, che ogni problema si può superare e che con qualche formula di chimica –che studia ripetutamente- il mondo è ai suoi piedi. 


Se solo lo conoscesse, capirebbe quanto sbaglia. Se solo non si fermasse al suo sorriso, capirebbe. Non tutti quelli che sorridono sono felici e, per quanto Jimin non abbia mai detto di essere triste, sicuramente è uno di quelli che non seguono la sua vita. Vuole cambiarla.
Ne parla spesso con Jungkook, si siede al suo fianco e parla. Yoongi li guarda da lontano, senza mai intromettersi. Spesso sente parole lasciate al vento, e con un paio di supposizioni e con le conferme di Jungkook, ha scoperto qualcosa.


Jimin, figlio unico di una famiglia benestante, è costretto a vivere una vita che non vuole. Studia medicina e non sa perché: futuro dottore confermato, senza possibilità di scegliere, di rispondere, di far sentire la propria voce. Ecco, la sua voce, ecco cosa vuole. Jimin vuole cantare.

Yoongi lo sa, Jungkook lo sa, tutti lo sanno: Jimin vuole cantare. E’ quello il suo apice, è quella la sua vita. Eppure non può, cammina a passi lenti su una strada che non conosce e non capisce, cammina spinto con insistenza verso quel riflesso che sembra la sua vita ma che non lo è davvero. Soffre di emicrania, ma sorride, spesso non dorme, ma sorride. 



“Questo è ciò che hanno voluto i miei genitori”, si accomoda sul lucente parquet sul pavimento, giusto di fronte alla finestra: la luce lo colpisce come fosse un angelo, come se quella finestra fosse lì per il puro scopo di illuminare Jimin, “-quindi lo devo fare o li deluderò.”


Jungkook mantiene sempre la calma a quelle parole, Yoongi spesso no. Quindi non gli parla, o lo fa ma non lo ascolta, non sopporta quelle parole. “Deludere”. La paura di deludere, per Jimin, è più forte della paura di morire senza soddisfazioni. 
Yoongi non regge questa cosa. Yoongi non potrebbe mai morire così. Non senza aver seguito, o vissuto, la propria vita. Non la cederebbe a nessuno, per quanto a volte non gli vada giù, ogni ricordo è prezioso ed ogni persona che incontra l’ha incontrata per suo volere, ogni cosa che fa l’ha fatta per suo volere.



“La mia vita a volte può anche fare schifo,” Yoongi incrocia le braccia sul davanzale del balcone, una sigaretta spenta fra le dita, Jungkook al suo fianco. “-ma è pur sempre la mia vita.”
Jungkook non risponde, ma china la testa in un lieve cenno di assenso. 







Yoongi non ricorda come ha incontrato Jungkook, ma da quando si conoscono è come se fosse il suo diario. Yoongi parla, parla, spiega i suoi timori e le cose che vorrebbe cambiare, gli parla di Jimin e di Namjoon e di quanto la vita sia ingiusta, Jungkook ascolta e beve tisane alla cannella, risponde a malapena.
Ci sono però delle parole che Yoongi non dimenticherà mai. 


“Voglio fare lo psicologo per questo,” il sorriso di Jungkook è morbido e rilassato, il suo viso è maturo ma i suoi gesti sono quelli di un bambino cresciuto, cerca le parole giuste nella sua mente per spiegare il concetto “-la gente ha sempre bisogno di parlare. In ogni istante. Qualsiasi cosa ti accada, si ha sempre il bisogno di dirlo a qualcuno, di raccontare le proprie esperienze ed avere opinioni.”, una pausa, “Ma io non ho mai avuto questa necessità, non ho bisogno di esternare sempre cosa provo o cosa mi succede. Quindi ho pensato che forse il mio compito è quello di ascoltare.”



Yoongi ammira Jungkook, ma non lo dirà mai. E’ il più giovane nell’università, ma tutti lo conoscono: lo psicologo silenzioso, che ti fa stare bene solo a parlargli. E’ raro Jungkook risponda, ma l’essere ascoltati da lui è “abbastanza”. A lui va bene così. Sta imparando molto dalle persone, sta imparando molto da Yoongi, sta conoscendo meglio il mondo e sé stesso. 
“Si studia più ascoltando le persone che i libri,” ha detto una volta. Poi tornò il silenzio. E Yoongi sorrise.







Sono rare le volte in cui Yoongi sorride sinceramente, la maggior parte delle volte è grazie a Jungkook. Neanche se ne rende conto, ma i suoi piccoli gesti impacciati o il voler sempre fare di meglio, lo fanno sorridere: per qualche motivo rende davvero le persone felici, ci riesce senza parlare.




L’altra persona che fa ridere Yoongi, quella è Hoseok. La sua primavera. 
Hoseok sorride sempre. Studia botanica e profuma di prato, ha una sorella minore e quando studia si siede alla scrivania di Yoongi. 



“Non puoi studiare nella tua stanza?” solita domanda di Yoongi.
“La tua scrivania è più da intellettuale, studio meglio.” Solita risposta di Hoseok. 



Yoongi non ha idea del perché la sua scrivania debba essere più da intellettuale, però gli permette sempre di studiare lì. Ogni volta che Hoseok va via, gli lascia un post-it “grazie per avermelo permesso”, ed ogni volta Yoongi sorride a sé stesso e lo conserva. 
Conserva ogni momento, ogni ricordo. Sorride finché il dolore non aumenti.











La prima volta che Yoongi sente dolore al petto, lo dice solo a Jungkook. 
“Ho qualcosa nel petto,” mormora poggiando una mano dalle parti del cuore, “e stringe.
 Jungkook non sa cosa dire. Gli dice di andare presto da un dottore, gli mette la mani sulle spalle –mani così grandi su spalle così minute, Jungkook ha quasi paura di spezzarlo- e gli chiede ripetutamente se vuole essere portato subito all’ospedale o no. Yoongi rifiuta con insistenza, spegne la luce, si stende sul suo letto ed in un attimo non pensa più al dolore. 





La prima volta che Yoongi tossisce petali, lo dice a Jungkook e a Namjoon.
“Non so cosa sia successo, ho tossito e-“
Hanahaki.” Namjoon lo interrompe all’istante, chiude gli occhi. Sembra ricordare qualcosa. “E’ una malattia.”


Yoongi e Jungkook si siedono con cautela, aspettano Namjoon finisca di parlare. Non sanno cosa accadrà, cosa sta per dire, come affrontare la cosa. 
“Quando si è innamorati, questo fiore cresce in noi.”, Namjoon continua, Jungkook inclina la testa verso destra, non capendo se si tratti di metafore o no, “-se l’amore non è ricambiato, le radici di questo fiore potrebbero bloccarti le vie respiratorie e potresti morire. Se è ricambiato, allora potrai sputare via questo fiore e-“
“Ti sembro la sirenetta?” L’espressione di Yoongi non è stupita neanche lontanamente, incrocia le braccia. “Namjoon, smettila di parlare tramite metafore, non siamo in uno di quei tuoi libri.”
“Yoongi, è vero.” 
“Namjoon, smettila. Ti sembra-“ Yoongi si alza di scatto, alza il tono della voce “Ti sembra normale?! Fiori nei polmoni, amori non ricambiati, non siamo in una cazzo di favola.”
Namjoon china la testa, respira. “Yoongi, è la verità.”
La serietà di Namjoon disarma Yoongi, che fa un passo indietro ed alza una mano che –impercettibilmente- inizia a tremare. Non ci può credere, non può essere vero.
“Non avrei motivo per mentirti, è una cosa seria.” Namjoon non è mai stato così serio. La mano di Yoongi inizia a tremare visibilmente, Jungkook la ferma. 
“Parlane con Jimin,” Jungkook, ancora seduto, tiene stretta la mano di Yoongi “-lui ne saprà qualcosa. Anche io non ho mai sentito di questa malattia, ma se ne parli con lui avrai la conferma.”
Yoongi annuisce, non alza la testa, non ha il coraggio di guardare Namjoon negli occhi. Fiori che crescono in base all’amore, che cosa ridicola. Cosa dovrebbe farci, con quei fiori? E’ sempre così: i fiori sono così belli da guardare, ma una volta che li hai fra le mani non sai cosa farne. Ed ora lui li ha nel petto, per quanto si stia convincendo che non sia così. Ne parlerà con Jimin.




“Yoongi”, Jungkook tira una manica di Yoongi, la sua voce è estremamente bassa “sei innamorato?

Giusto, Yoongi, sei innamorato?
“No,” e con un soffio di vento, esce dalla stanza.












“Ne ho sentito parlare”. Jimin è seduto alla sua piccola scrivania, le tende color arancione donano alla stanza i timidi colori del tramonto anche di mattina, c’è qualcosa di rilassante in quella stanza così spoglia, colma solo di libri di medicina. “Esiste davvero, per quanto sia molto rara. Non pensavo potesse capitare proprio a te-“
“Non sta capitano.” Yoongi alza la voce senza rendersene conto, Jimin spalanca gli occhi stupito. Mormora un lieve “scusa”, sfoglia uno dei suoi libri e mostra un’illustrazione a Yoongi: un corpo umano, come quelli che si studiano alle elementari, però con delle radici nei polmoni, dove dovrebbero esserci i bronchi. Al centro, un grosso fiore. Yoongi, istintivamente, si tocca il petto.
“Deve fare male.”
“Già, ed aumenta col tempo- se l’amore non è ricambiato i rami iniziano a stringere i polmoni sempre di più. Però esiste un’operazione.” Jimin chiude il libro e porta lo sguardo prima al petto di Yoongi, poi ai suoi occhi. “Rimuovere il fiore chirurgicamente, però così facendo si perderebbero anche i sentimenti per quella-certa-persona.”

Yoongi annuisce, ringrazia, saluta, esce dalla stanza e finalmente respira.
Non può essere vero. 
Gli viene in mente solo un nome: Taehyung. Deve parlargli il prima possibile, e chiedergli scusa.











La linea che separa i sogni dagli incubi è sottile come un ago, come la lama di un rasoio, e Yoongi è lì in bilico nell’attesa di cadere. Non ci sono altre spiegazioni, è malato. 
Non appena torna nella sua stanza, ricerca su internet. 
“Hanahaki”.
Centinaia di definizioni ed esperienze compaiono davanti ai suoi occhi, allora è vero, dice a sé stesso, allora è vero. Nel suo petto un fiore sta crescendo, e quel fiore rappresenta l’amore per qualcuno. Yoongi non riesce a capire chi possa essere. Non ha mai sentito davvero la sensazione dell’amore, o forse sì ma non la conosce, non ha mai pensato davvero “se questa persona non mi ricambia, morirei”, ma evidentemente il suo corpo sì.
Per mostrare l’amore che neanche lui conosce, il suo corpo l’ha tramutato in petali, petali che ora Yoongi sta tossendo violentemente sul suo letto, sono viola e si perdono fra le lenzuola, gli scivolano fra le dita e muoiono lenti. E’ tutto vero. 
Chiederà a Jimin ulteriori informazioni sull’operazione, quando lo incontrerà. Dopotutto non potrà mancargli la persona che ama, se neanche sa di chi si tratti. 

Con una mano sul petto, si alza e si avvicina alla finestra, per poter respirare aria fresca finché riesce a sentirla bruciare nei polmoni. In quel momento si apre la porta. 




“Yoongi, Yoongi! La tua scrivania davvero è magica, guarda che punteggi alti all’esami!” Hoseok esplode in parole nella stanza di Yoongi, ricoperta di petali violacei, poi china la testa verso di essi e sorride. “Petali di anemone! Dove li hai trovati?” 
“Segreto.” Yoongi infila una mano in tasca e guarda fuori la finestra, per non incrociare lo sguardo con il volto di Hoseok. Respira ancora a fatica, e se l’amico lo vedesse in quella condizione lo porterebbe in ospedale all’istante.
“I fiori di anemone indicano un’attesa.” Hoseok si inginocchia e li osserva da vicino, Yoongi si gira appena e lo vede lì, fra quei fiori, ed il tutto sembra un acquerello di qualche artista dannato. E’ un quadro che ha dipinto lui stesso, nella sua disperazione, nel suo amore non corrisposto.
Hoseok alza lo sguardo e sorride. Yoongi capisce tutto. Una fitta gli colpisce il petto, si aggrappa all’istante al davanzale della finestra: fa male, brucia, il profumo di fiori gli invade i polmoni e non se ne va, quella primavera perenne che non lo vuole lasciare, che lo stringe. Fa male. Hoseok si alza di scatto e lo mantiene stretto, nel suo sguardo la paura più sincera.



“Taehyung”, mormora Yoongi fra i respiri spezzati “-portami da Taehyung.”












Nell’ala destra dell’università c’è profumo di arte. Gli studenti più fantasiosi si celano lì, con le mani intrise di grafite e la testa piena di sogni: fra di essi, c’è Taehyung. Quando Hoseok bussa alla porta della sua stanza, mantenendo uno Yoongi distrutto, la sua espressione è ineguagliabile. Confusione, paura, ricordi.


“Yoongi?” la sua voce bassa vibra lenta, persa.
“Taehyung. Ti devo parlare.” E senza dire altro, Yoongi entra nella stanza e si accomoda sul suo letto. “Raccontami di quando ti sei operato.” 
“Avevamo promesso di non parlarne.”
“Ti prego,” la voce di Yoongi non è mai sembrata così fragile, Taehyung non può fare a meno di alzare lo sguardo al cielo e sospirare. Mormora un “va bene” a sé stesso, per poi sedersi accanto a lui.

“Niente da raccontare. Vomitavo peonie ad ogni frase, era artistico ma faceva anche un po’ schifo-“ Taehyung alza appena le spalle, la sua ironia mai assente “Io ti amavo, tu no, ti ho detto di essere malato, non mi hai creduto, mi sono operato ed ora non vomito più peonie.” Parla come se fosse una ricetta, come suo solito, le parole sono troppo dirette e colpiscono Yoongi come un treno in corsa.

“Scusa,” mormora Yoongi.
“Wow, delle scuse.” Taehyung apre la bocca in una comica “o”, sinceramente stupito. Subito coglie il punto. “Ti sei ammalato anche tu e finalmente stai scoprendo quanto ho sofferto?” non lo dice per incolpare Yoongi, o almeno non del tutto, è sia il suo modo di dire le cose sia il suo modo per vendicarsi.
“Scusa,” ripete per la seconda volta l’altro, sentendo il cuore stringere. Non sa se per i fiori o per i sensi di colpa.

“Allora, chi è?” il volto di Taehyung cambia drasticamente, torna il ragazzo curioso che è sempre, colpisce piano la spalla di Yoongi. Quest’ultimo, testa china, sussurra appena un “non lo so”.
“Hai intenzione di operarti non sapendo neanche di chi si tratta?” 
“Esatto. Meglio così.”
“Ma così non puoi sapere se lei ti ricambia.”
Yoongi si ferma. Per qualche motivo il pronome femminile gli suona strano, è come se sapesse che non è una ragazza. Forse, in profondità, sa di chi si tratti, ora deve solo ammetterlo a sé stesso. 
Non penso sia una lei.”
“Mhh.” Taehyung annuisce e si porta una mano sul mento, riflettendo su tutte le persone che vede spesso attorno a Yoongi: tenta di non pensare a quando anni fa gli disse che era etero e non l’avrebbe mai potuto ricambiare e si concentra sull’aiutarlo, dopotutto sono ancora amici. O circa.


“Jungkook?”


“No.” Con estrema decisione, Yoongi fa un cenno di no con la testa. Non potrebbe mai provare qualcosa per Jungkook. Lui è altro, è come il fratello che non ha mai avuto, come un cucciolo da osservare mentre cresce, qualcosa di più delicato, qualcosa che ancora non conosce l’amore e forse non lo conoscerà mai. Così anche Namjoon, ama troppo il mondo per poter amare qualcuno.






Hoseok?


E qui cala il silenzio. Non riesce a dire di no. Yoongi pensa a lui per un momento: pensa a quando sorride ed il mondo sembra farlo con lui, quando studia ed inarca le labbra e gli compaiono quelle adorabili fossette, a come è sempre al suo fianco, a come lo fa ridere, a come parla con i distributori automatici, a come ama sua sorella, a come cammina, a come parla, a come respira, a com’è così tanto Hoseok. 
Taehyung annuisce: ha capito anche lui. “Va bene, mi hai risposto,” dice col sorriso sulle labbra “-però ora devo studiare. Ti dispiace?”
Yoongi si alza dal letto, gli accenna un saluto con la mano, se ne va lasciando la porta aperta. Taehyung la chiude dietro di lui. Prima di farlo, però, gli sussurra una frase.


“Spetta a te scegliere come soffrire.”











Da allora i petali fra le sue mani non fanno che aumentare, ed aumentare, e fare male. Jungkook controlla quotidianamente come stia Yoongi ed ogni giorno si assicura sia in grado di camminare e respirare. Namjoon è più pratico, cerca soluzioni e legge di tutto al riguardo, finché un giorno non compare sulla soglia della sua stanza con un ragazzo.
“Ti presento Seokjin,” Namjoon lo indica con una mano “anche lui ha sofferto di questo morbo e magari può spiegarti come ha affrontato la situazione.”
Yoongi accenna un saluto con la testa e li invita ad entrare, non nominando neanche una volta Taehyung. Non l’ha mai creduto, quindi disse a tutti che avesse inventato qualche malattia, ed ora non può dire a Namjoon che quella malattia è proprio l’Hanahaki, che esiste.
Seokjin si accomoda sulla sedia di fronte alla scrivania come se si conoscessero da anni, inclina la testa verso Yoongi e poi gli sorride. “Andrà tutto bene”, esordisce all’improvviso.
“Come?”
“In entrambi i casi, andrà tutto bene. Sia se sceglierai di operarti e poi soffrire per la perdita, sia se sceglierai di affrontare qua la situazione e soffrire per il dolore. In entrambi i casi, ce la farai.”
Yoongi improvvisamente ha le parole di Taehyung nella testa. “Scegli tu come soffrire.” Una fitta al cuore, in profondità, lontano dal fiore. Non è solo quello a fare male.
“Rimarrà solo una cicatrice. Non ricorderai quel sentimento e non ne sentirai la mancanza.” Ne parla con calma, con tranquillità, poggia la mano sul petto come se lì ci fosse ancora quel fiore.
“Di chi eri innamorato?” Namjoon si avvicina ai due ed ascolta con attenzione, anche se non è in quella situazione, gli interessa altamente. “Se posso chiedere.”
“Un ragazzo di nome Jungkook. Mi ero innamorato di come mi ascoltava, ma non ci ho mai realmente creduto: mi sono operato all’istante.”
Un brivido scende lungo la schiena di Yoongi. Namjoon lo guarda.
“Capisco.” Dicono all’unisono, testa bassa.







Yoongi pensa alla sua ultima frase: “non ci ho mai realmente creduto”. Non sa lui cosa può pensare al riguardo. Lui crede in Hoseok, almeno un po’? Crede in queste cose che prova? Ha qualche tipo di speranza?
“E’ la malattia dell’amore non ricambiato, quindi è impossibile.” Racconta a Jungkook, non pensando alle parole di Seokjin, ha fra le mani la solita sigaretta. Però questa è accesa.
“Non puoi mai sapere l’altra persona cosa prova se non glielo chiedi. Yoongi, provaci.” Jungkook gli stringe una mano e lo strattona un po’, non vuole che il tutto finisca prima di iniziare. E sa che se parlasse, se solo gli parlasse, Hoseok capirebbe.

“Sai, anemone significa attesa.” Yoongi vede i petali cadergli sulle mani, non smettono, il petto gli brucia, ancora ed ancora.

“Yoongi.”

“Ieri ho pensato a se sono innamorato davvero.”

Jungkook sorride, anche se non dovrebbe. “Il momento in cui ti chiedi se ami una persona, hai già la risposta.” Gli poggia una mano sulla fronte e lo aiuta a rialzarsi, con estrema cautela solleva gli arti deboli di Yoongi e lo fa sedere sul letto.
“Ma fa male. Forse questo vuol dire che non mi ama. Fa male.”
“Hai un fiore nei polmoni, è normale ti faccia male. Non è dovuto all’amore.” Jimin compare dietro la porta, fra le sue mani un libro, sembra così piccolo e quel tomo così pesante, ma ce la fa senza problemi. Lo poggia sulla scrivania di Yoongi e si avvicina a lui con cautela. Gli poggia una mano sul petto, lo sente freddo, sospira.
“Namjoon mi ha detto di venire. Non sono ancora dottore, ma so qualcosa.”
Yoongi apre piano le labbra. Non ha mai visto Jimin così prima d’ora, così concentrato e con quella luce nello sguardo. Involontariamente, senza controllare le parole, sussurra qualcosa. “Forse fare il dottore si addice a te.
“Come?”
“Dici che lo fai per i tuoi genitori, ma forse ti va bene davvero. Aiuti le persone.”
Jimin non può fare a meno di sorridere, sorridere in quel modo che è unico, come fosse una medicina, come se già così il dolore diminuisse. “Forse hai ragione.”

“Pensavo di operarmi il prima possibile. Non fa niente se dimenticherò i sentimenti, l’importante è che non dimenticherò Hoseok.” Yoongi parla con calma ma a voce estremamente bassa, sente i rami avvolgergli le corde vocali e stringerle, riempirle di primavera morta.
“Questa è una bella prova d’amore,” Jimin sfoglia qualcosa nel suo libro e sorride fra sé e sé, poi gira le pagine verso Yoongi “Ma ti capisco. L’operazione non è costosa, ci sono macchinari appositi e quindi non ci saranno complicazioni. Mi sono informato, ho contattato un esperto amico di mio padre e mi ha consigliato di mandarti da lui.”
Yoongi non può fare a meno di ringraziarlo. 



Quindi lo dice, grazie. 
Con amara felicità, grazie.









Con Hoseok non si è mai mostrato afflitto. Si è sempre comportato normalmente, sempre a ridere con lui, ad ascoltare ogni cosa, a cedergli la scrivania, ad osservarlo mentre parla di fiori, a cogliere ogni sfumatura. Non è mai cambiato niente.
Ma il giorno prima dell’operazione, qualcosa non va.

Hoseok entra nella sua stanza, sorride come al solito, parla di quanto siano belle le peonie e poi- si ferma. Yoongi sta piangendo.
Lacrime cadono sulle sue guance, fanno male più dei fiori, scorrono imperterrite e pesano, pesano così tanto da farlo inginocchiare lì, ai piedi di Hoseok, e piangere ancora. Non ha mai pianto così. Hoseok non capisce, si affretta a inchinarsi verso di lui, gli poggia una mano su una guancia e gli chiede cosa non vada.
Yoongi vorrebbe dirglielo perché piange, vorrebbe dirgli “piango perché da domani non ti guarderò mai più come ti guardo ora”, ma non riesce. Piange anche per questo. Piange perché ogni momento passato insieme lo dimenticherà, perché in ognuno di essi è stato innamorato di lui, ed assieme ai sentimenti andranno via anche quei ricordi, e li perderà e perderà ogni sorriso di Hoseok. Piange, perché non può fare altro, perché non solo da bambini si può, piange perché il dolore è tanto ed ora ancora di più. Piange per Taehyung, per Jungkook, per tutto, piange perché non l’ha mai fatto davvero.


Piange perché è innamorato di Hoseok, e da domani non lo sarà più.






“Yoongi va tutto bene?” 
“Va tutto benissimo”, mormora fra i singhiozzi, si asciuga ripetutamente le lacrime e si danna per quanto fragile stia apparendo. Lui, Min Yoongi, sta piangendo per amore. Gli sembra una cosa così ridicola. Non si perdonerà mai, se ricorderà. Eppure non riesce a smettere.
“Sicuro vada tutto bene? Stai piangendo, non ti ho mai visto piangere.”
“Capita a tutti prima o poi. Non è niente, davvero.” Eppure continua a stringere la manica di Hoseok, pensa che se lascerà quella, lascerà lui per sempre. Non vuole. Non vuole più.
Lo vede sorridere, vede quel sorriso, e pensa che potrebbe sopportare ogni tipo di fiore per vederlo. Per esserne di nuovo innamorato. Non gl’importa di piangere.

“Ho sempre preferito le rose, sai? Sarebbe stato più bello. Il tipico simbolo dell’amore. E invece,” Yoongi china la testa quasi ridendo “Anemone. Chi l’ha mai sentito, l’anemone? Eppure ormai è in me.”
Hoseok non sa che Yoongi sta parlando letteralmente, quindi si limita ad annuire e scostargli i capelli dalla fronte. Delicatamente gli asciuga le lacrime con una manica, gli ripete ancora una volta quanto in realtà gli anemoni siano belli, così puri, quanto gli ricordino lui. 

“Ne vorrei uno qua nella stanza.”

“Di anemone?”

“Sì. Hanno un bel profumo.” Yoongi annuisce amaramente, pensa al profumo che fino a domani vivrà nel suo corpo, a quel fiore che è stato accolto sui suoi polmoni. Ironicamente, gli mancherà quel profumo, quindi ha intenzione di prenderne uno. O almeno, spera di ricordare questo suo desiderio di volerne comprare.
“Te ne prenderò io.” Hoseok lo abbraccia come si abbraccia qualcosa di estremamente fragile, come se tenesse fra le mani un fiocco di neve. “E te li porterò qui.”






--







Il giorno dopo, il primo a entrare in ospedale è Hoseok. Ha dei fiori fra le mani: anemone.





 Yoongi tenta di non guardarlo. Fra qualche ora dimenticherà tutto. Non ci vuole pensare, ha paura di cambiare idea all’improvviso, ha paura di urlargli che lo ama, ha paura di accorgersi alla fine che sta compiendo un errore e poi pentirsene per tutta la vita. Ha paura.
Chiude gli occhi, si accomoda sul lettino, lascia a Namjoon il compito di parlare con i dottori. Non vuole sapere niente di cosa gli stanno per fare, di cosa succederà, non vuole. Resterà in silenzio fino ad operazione compiuta: dopo allora sarà tutto come prima, Yoongi come al solito, a studiare e scrivere poesie. 
Yoongi pensa a Taehyung, che ha sopportato tutto questo da solo, pensa a Jungkook che non saprà mai di Seokjin, pensa a tutti quelli che un giorno hanno trovato petali sul proprio cuscino ed un fiore nella loro vita.
Il fiore di Yoongi però non era l’anemone, no, il fiore di Yoongi era Hoseok stesso. Sarà l’anemone da domani. 
“Non hai paura?” Hoseok gli poggia una mano sulla fronte, i fiori ancora fra le mani. “Non hai paura di dimenticare?”
Yoongi si volta di scatto. “Come, scusa?”





“Jungkook me l’ha detto. Hanahaki, vero?” 








Yoongi è immobile nel suo letto. Non sa a cosa pensare. Jungkook. Perché? Lui, che non ha mai parlato, all’improvviso dice certe cose. Se ricorderà, se la vedrà con lui. Ma ormai è fatta, non può mica fuggire. Sta per dire qualcosa, quando Hoseok continua.


Allora, di chi eri innamorato?”


Ah. Quindi Jungkook gli ha solo detto della malattia. In effetti serviva un motivo per il ricovero, ma poteva anche inventare qualcosa. Inventare come Yoongi inventa, ora, un nome a caso. Non riesce a guardare Hoseok negli occhi.









“Ah,” la voce di Hoseok vibra tristemente, “-speravo di essere io.














Il cuore di Yoongi sembra cadere, morire, poi rinascere. Il fiore si scioglie in petali nei suoi polmoni, e brucia, brucia dannatamente. Quindi era così. Quindi avrebbe ricambiato. 
Se solo Yoongi potesse, se ora potesse fermare i dottori che lo stanno portando in sala operatoria, lo farebbe. Se potesse urlare “sì, sei tu”, lo farebbe all’istante. Se solo potesse tornare indietro, sopporterebbe ogni tipo di fiore. 
Se solo avesse parlato, ora non avrebbe un dottore che, piano, gli inietta l’anestetico. Yoongi piange un ultima volta, lo fa senza mostrarlo troppo, lo fa in silenzio con sé stesso.
Quanti “se solo” ha nella sua testa, quanti, tanti quanto i petali di un anemone. Che faceva così male, ma mai quanto gli fa male il petto ora. 


E’ troppo tardi, vero?








Hoseok aspetta fuori la sala operatoria, tante domande nella sua testa che fra qualche ora non avranno più risposta, tante domande che saranno inutili. E’ andata così, Yoongi non ricorderà e non potrà spiegargli nulla. 
Però fa niente, pensa che se ora rimuove i fiori per quella persona, magari in futuro si potrà innamorare di lui. 
“Secondo te ho speranze con lui quando uscirà dalla sala?” Hoseok sorride appena, col suo solito modo di fare, verso Jungkook. E lì non resiste. Jungkook china la testa, soffoca un singhiozzo, si poggia sulla spalla di Namjoon. Non risponde. Non riesce. 


C’è il silenzio nella sala. La lieve attesa. Anemone.


Finché il tutto non si rompe con un colpo di tosse di Hoseok. Jungkook e Namjoon alzano lo sguardo verso qualcosa che lento cade sul pavimento.


















Un petalo di rosa.
  
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