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Autore: Iononsoscrivere    02/05/2018    2 recensioni
Lola Lambers è una diciottenne come tutte: solare, eccentrica, forse un po' distratta, un po' svampita, ma apparentemente nella norma. E' orfana dall'età di due anni, cosa ricorda dei suoi genitori? Praticamente nulla, se non i loro volti fotografati ed inseriti in un ciondolo da cui ella non si separa mai. E' proprio il giorno dopo il suo compleanno che la proprietaria dell'orfanotrofio decide che Lola non è destinata alla libertà, ma ad un riformatorio chiamato ''L'albergo dei Bambini Speciali''. La giovane si ritrova spaesata, infastidita, incattivita da questa decisione, ma soprattutto passa il suo tempo a chiedersi cosa diamine ci faccia lei in un posto del genere.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Impossibile descrivere cosa il mio cuore stesse provando nell'esatto momento in cui varcai il portone massiccio e legnoso del riformatorio per ''bambini speciali''. Prima cosa: non ero più una bambina, quindi che diamine ci facevo lì con quel gruppo di squinternati dall'aspetto spaventoso che mi squadravano dalla testa ai piedi? Seconda cosa: ''speciale'', io? No. Assolutamente. Semplicemente un po' sognatrice, svampita, forse con la testa fra le nuvole, ma non sicuramente cattiva, non bisognosa di una ''strigliata'' come aveva detto Mrs. Kane e sicuramente senza alcuna voglia di stare lontano dalla mia città e dai miei pochi amici. Ad ogni modo li odiavo per quello che mi avevano fatto: andiamo, lasciarmi partire per un paesino sconosciuto in cui avrei dovuto passare due anni a lasciarmi imbottire di sedativi e pillole come se fossi un animale da domare? Magari confidavano nella mia capacità di scappare, ma erano stati comunque dei cattivi amici e con amici così... beh, chi ha bisogno di nemici? Io, la bionda, lo spilungone, il grassoccio e la lentigginosa fummo accolti e distolti dai nostri pensieri da un omone dallo spiccato accento tedesco che ci introdusse all'interno della struttura con un ampio movimento del braccio. A giudicare dalla sua maglia, era un tipo abbastanza nervoso, sudava molto e aveva parecchi tic, tra cui quello di grattarsi la barba incolta.

« Questa sarà casa vostra per i prossimi anni, non si fuma, non si spaccia, non ci si bacia e non si fa quella cosa che Gesù disprezza, ricordatevelo. » disse, marcando ogni r che incontrava lungo il suo discorso mentre camminava davanti a noi. Si fidava molto, evidentemente, visto che non sentiva il bisogno di girarsi nemmeno un secondo per controllare che non fossimo scappati o non gli stessimo incollando qualcosa sulle spalle. Mentre farfugliava qualcosa ad ogni ''paziente'' che trovava sul suo cammino, ci ritrovammo in una stanza esageratamente grande, arredata con divani in pelle marrone, poltrone, tappeti, un gigantesco camino, scaffali ripieni di libri e qualche tavolo che faceva da sostegno a giochi di società vari ed eventuali.

« Potete stare qui dopo le lezioni, fino alle ventidue, poi tutti a letto e chiunque si azzardi a litigare per un gioco o una poltrona, riceverà una nota di demerito. » riprese il miscuglio tra Hitler e Babbo Natale, continuando a camminare prima che potessimo esplorare la stanza con gli occhi. Ottimo inizio, pensai, peggio di finire in questo posto c'era solo l'essere retrocessi all'asilo e rimanerci a vita.

Quando il nostro gruppetto di cinque svitati si arrestò davanti alla pancia rotondeggiante del nostro Cicerone, una lista stropicciata e macchiata di senape si spiegò davanti ai nostri occhi e alla sua faccia. Lesse per bene, due, tre volte, prima di schiarirsi la voce ed esaminarci uno ad uno come fossimo topi da laboratorio. Avrei voluto urlare. Cosa diamine ci facevo lì, perchè mi avevano sedata, perchè Mrs. Kane aveva motivato il mio ingresso con la parola ''indisciplinata'', perchè ero ritenuta pazza se la mia unica colpa era quella di perdermi nel vuoto dei miei pensieri che troppo spesso nell'orfanotrofio venivano zittiti? Rimasi in silenzio però, non era quello il momento di agitarsi, avevo paura di un'altra iniezione, di essere strattonata via e di essere infilata in qualche cella di isolamento, ero praticamente sicura che ce l'avessero, in un posto come quello.

« Floyd Monroe. » tuonò Santa Claus con la maglietta dei Kiss e lo spilungone si fece avanti con una smorfia disgustata.

« La ''e'' di Monroe non si pronuncia, signor --- chiunque lei sia, grazie. » rispose il ragazzo, portandosi una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio. Era da tanto che non vedevo un ragazzo che non portasse i capelli quasi rasi, la vita al di fuori dell'orfanotrofio era così diversa che anche la semplice moda non veniva avvertita da noi piccoli reclusi.

« Come ti pare, Gulliver. Sarai in stanza con Pinco Panco, anche detto Arnold Horton. » inutile sottolineare quanto avesse storpiato quel nome e quanto il grassoccio venne avanti con fare sconsolato. Floyd non lo degnò neanche di uno sguardo, si appropriò della chiave che l'uomo gli aveva porto e si diresse su per le scale, ignorando il suo coinquilino. Mi venne voglia di abbracciare il povero Arnold che probabilmente non aveva più di quindici anni ed un peso già grave sulle spalle, ma lui non alzò neanche gli occhi. Flebilmente e goffamente si apprestò a salire la scala stretta e tortuosa che portava alle stanze prima di sparire dietro la rampa.

Rimanemmo sole noi tre ragazze, consce che saremmo già state tutte compagne di stanza. Era inutile negarlo, non ci stavamo simpatiche a prima vista, figuriamoci condividere una stanza, delle strane turbe psichiche e magari anche il bagno.

« Alison, Lola e Kayla. Non dirò i vostri cognomi perchè sono alquanto scocciato da voi americani, la vostra stanza è nel settore F di ''femminile'', numero 241. » quella che intuì essere Kayla, ovvero la bionda tutta lustrini e firme, acchiappò la chiave e come precedentemente aveva fatto Floyd, si diresse verso le scale, lasciando me e Alison a guardarci in faccia e scrutarci. Davvero aveva tutte quelle lentiggini? Potevano essere frutto di una malattia? Però i suoi occhi erano molto espressivi, sembravano quasi quelli di un cerbiatto. Ad ogni modo l'esame non durò molto, anche lei si schiarì la voce e mi superò, seguendo Kayla su per le scale.

Mi voltai verso l'omone che ancora rimuginava su quella lista e che finalmente alzò gli occhi su di me. Mi parve che si stesse trattenendo dal sorridere, ma non posso giurarlo.

« Ti conviene andare in camera, altrimenti perderai il letto migliore. » grugnì, asciugandosi le narici col dorso della mano pelosa, prima di fare spallucce e ritornare da dove era venuto. Ero sola, in quel momento, in un posto che non conoscevo, con sconosciuti alquanto inquietanti, senza sapere cosa mi sarebbe successo. Avvertii solo un forte mal di testa e come una voglia di... urlare. Dovevo andare in camera a distendermi, ammesso che avrei ancora trovato un letto libero e degno di essere chiamato tale.





- Ciao! E' da poco che ho ripreso questo racconto che avevo iniziato anni fa. Non ho molta fiducia nella sua riuscita, ma provo a condividerlo con voi e a chiedervi se lo trovate interessante e se vi incuriosisce. Gradirei ricevere la vostra opinione nelle recensioni, bella o brutta che sia, vi aspetto e grazie per essere arrivati sin qui! 

   
 
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