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Autore: Malefix    03/05/2018    0 recensioni
Ci ha sperato. Ha sperato di godersi il momento come fanno i Mondani: come ogni altro essere umano. Mordere la vita coi denti, amare e godersi ogni singolo momento. In qualche modo ha sperato andasse così: vivere abbastanza a lungo da avere polvere di stelle tra i capelli; l’incurvarsi della schiena sotto il peso dell’età; osservare nello specchio un riflesso più maturo di se stesso, vecchio con un sacco di rughe per le troppe risate e i problemi causati dai loro figli; e poi una notte andare a letto, al suo fianco, avvolgendolo tutto, e non svegliandosi più, morendo placidamente nel sonno. Non come i suoi simili, che fanno tutto di fretta, si sposano, hanno figli e vivono il più velocemente possibile perché tutti loro muoiono giovani.
Ha sperato di diventare vecchio al suo fianco. Di riuscire ad abituarsi, col tempo, all’idea di lasciare indietro le persone che amava di più.
Ma poi, c’è stato quel giorno.
Lui è morto.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Buonasera,
inizio col dire che questo è un esperimento, questa è la prima volta che scrivo una storia (e le sue note) prima in inglese e poi le traduco nella mia lingua madre (l'Italiano), per cui è abbastanza sicuro che troverete un sacco di errori, strafalcioni di ogni tipo che potrebbero farvi accapponare la pelle.
A parte questo, mi vorrei scusare fin da ora (non solo per gli errori) ma per la storia in sé. È venuta così all'improvviso, e forse un po' me la sono cercata, l'ho chiamata a me e forse non mi aspettavo sarebbe girata in questa maniera... più o meno a metà della storia vorrete smettere di chiedere a gran voce il mio sangue e la mia testa su una picca (e forse se ignorate questo prologo/capitolo e i tag non vorrete uccidermi da subito). Però, come ho detto, me la sono cercata (e accetterò le conseguenze).
Per cui, senza ulteriori indugi, vi presento Afterglow. Il titolo (perché io sono terribile coi titoli, quindi mi devo far aiutare da qualcuno più bravo di me) viene da una delle mie canzoni preferite dei Genesis, da Wind and Wuthering - una delle canzoni più brevi e dolci che abbiano mai scritto, secondo il mio modesto parere, una storia di amore e perdita. E mi pareva indicata anche per il significato più attuale e "urbano" - se così si può dire - del termine Afterglow, un senso di appagamento, completezza e benessere generale che si prova dopo che gli effetti di una droga psicoattiva sono sbiaditi, che può durare tra un'ora e diversi giorni.
O molto più semplicemente il senso di appagamento dopo un orgasmo.
Questo propriamente in antitesi con questa storia, come potrete vedere.
(Aggiungo prima di lasciarvi alla lettura, che questa storia è pubblicata sia in Inglese che in Italiano anche su Ao3 sotto il mio pseudonimo LaMalefix.)
Buona lettura, ci vediamo alla fine del capitolo






































 

 







Prologo

 

 

Deliziosi fiori bianchi avvolti in una carta grezza nella mano destra, la mano sinistra è nella tasca del cappotto. Il pollice sta continuando a giocare con la sottile fascetta d’argento che gli circonda l’anulare.

Non gli piace questo posto. Non gli è mai piaciuto e mai gli piacerà: il silenzio qui è incredibile, quasi terrificante e a ogni passo che muove è più difficile ignorare il cuore che gli batte dolorosamente nel petto.

Cammina piano nel giardino coperto di neve, i suoi piedi affondano nel mantello soffice e bianco.

È l’inizio della primavera, ma il cielo sopra New York non è molto clemente quest’anno. E un paio d’ore prima di mezzanotte ha cominciato a nevicare copiosamente, coprendo lo skyline in questo bianco etereo.

È tutto così bianco, oggi proprio come quel giorno. Ed è strano perché il bianco è il colore del lutto nel mondo degli Shadowhunters, ed è qualcosa davvero distante da lui.

C’è stato un tempo, qualche anno fa, in cui pensava che poteva abituarsi a quel colore, al cordoglio. Inutile dirlo, quanto si sbagliava. La sua vita, fino a quel giorno, era stata rumorosa, piena di colori e amore. E ora non è altro che bianco e silenzio.

Ed è quasi una presa in giro, non tanto un colpo di fortuna, che questi deliziosi fiori che tiene in mano siano bianchi. Ma sono forti e delicati e, anche se non si è mai troppo interessato a qualcosa di così effimero, sono diventati una specie di costante nella sua vita.

Fioriscono in una cittadina lontano da lì, spuntano in ogni angolo della strada, non in vasi o in campi appositi per la loro coltivazione. Germogliano naturalmente e in linea con ogni fila di case, come se le costruzioni e i fiori crescessero insieme. Loro due, un tempo che ormai sembra quasi un’eternità fa, hanno visitato in quella cittadina, forse in quel viaggio improvvisato poco prima che i bambini piombassero nella loro vita, o forse dopo il matrimonio. Era l’inizio della primavera, la neve indugiava sulle montagne vicine, ma lo squarcio di oceano che lambiva gentilmente la costa rifulgeva di luce arancio.

C’era una leggenda – aveva detto lui, mentre camminavano verso la battigia – che subito dopo un terremoto che distrusse la città, senza avvertire e non diede la possibilità di fuggire alla gente della città che dormiva profondamente, quei deliziosi fiori bianchi cominciarono a spuntare nell’esatto momento in cui la prima casa venne ricostruita. Quei fiori, che prima sbocciavano alla mattina e entro sera appassivano, erano diventati forti e un simbolo di rinascita, la loro vita si era allungata.

E proprio come la storia di quella città, ogni storia, ogni vita si divide chiaramente in un “prima” e in un “dopo”. Anche la sua vita.

 

È quasi lì. Il sole che sta sorgendo si allunga con questo rosa tenue sul candore della città coperta di neve. Ci sono solo le sue impronte sul mantello bianco.

Non ha veramente pianificato di stare sveglio tutta la notte, ma sapere sarebbe stato qui in mattinata per offrire una preghiera l’ha reso insonne. E così ha deciso di fare due passi nella neve, quando la notte era più buia e profonda, lasciando una rapida nota ai suoi figli, come ha fatto l’ultima volta che è stato qui.

Non vive più a New York. Ad essere onesti, non vive più da nessuna parte. Un tempo pensava che la sua casa fosse la sua gente, o i suoi figli, o quella persona, ma è davvero difficile stare a New York ora come ora.

Ci ha provato, si è impegnato davvero, forte come il guerriero che è. Ci ha provato per i suoi figli, per le promesse che ha fatto, per quel giuramento che tortura il suo anulare e gli ricorda continuamente che lui ora è da solo. È stato lì a sufficienza: ha visto crescere i ragazzi, accompagnandoli per quasi otto anni, con quell’assenza sulle spalle che gli gravava addosso feroce. Quando i ragazzi sono stati in grado di stare da soli, li ha affidati ai loro zii ed è partito.

Ha girato il mondo in cerca di vendetta, per trovare una soluzione efficace ed efficiente per quella solitudine inodore che l’ha reso uno spettro. Non trovandola mai, di fatto.

Ci sono due grandi eventi che dividono la Storia in un “prima” e in un “dopo”: uno è qualcosa di enorme come una guerra, un disastro naturale, o un’epidemia. L’altro è qualcosa di più piccolo, come la nascita o la morte di una grande personalità. Un eroe. Un salvatore.

È successo senza preavviso. Proprio come quel violento terremoto che ha aperto uno squarcio nella terra con un rombo, e ha distrutto quella piccola città costiera, uno squarcio silenzioso si è aperto nel suo cuore.

 

Loro quattro vivevano in modo semplice. Felici. La loro casa era colorata e allegra. La loro vita, la vita che trascorreva con la sua famiglia sarebbe dovuta finire un giorno, con la sua morte, vecchiaia e rughe, capelli grigi e ossa scricchiolanti. Tuttavia, questo non era affatto causa di dolore. Lui lo sapeva, lo aveva sempre saputo.

Precisamente perché la sua vita era stata lunga e di conseguenza si era scontrato col dolore di infiniti addii, loro due sapevano fin troppo bene che nella vita di ogni giorno per delle creature semi-umane come i Nephilim non c’è eternità. Impossibilitati ad afferrare l’eternità, gli esseri umani hanno imparato ad amare e proteggere il qui e ora.

Ci ha sperato. Ha sperato di godersi il momento come fanno i Mondani: come ogni altro essere umano. Mordere la vita coi denti, amare e godersi ogni singolo momento. In qualche modo ha sperato andasse così: vivere abbastanza a lungo da avere polvere di stelle tra i capelli; l’incurvarsi della schiena sotto il peso dell’età; osservare nello specchio un riflesso più maturo di se stesso, vecchio con un sacco di rughe per le troppe risate e i problemi causati dai loro figli; e poi una notte andare a letto, al suo fianco, avvolgendolo tutto, e non svegliandosi più, morendo placidamente nel sonno. Non come i suoi simili, che fanno tutto di fretta, si sposano, hanno figli e vivono il più velocemente possibile perché tutti loro muoiono giovani.

Ha sperato di diventare vecchio al suo fianco. Di riuscire ad abituarsi, col tempo, all’idea di lasciare indietro le persone che amava di più.

Ma poi, c’è stato quel giorno.

Lui è morto.

 

La sua vita, come la Storia, è chiaramente divisa in un “prima” e un “dopo”. Forse, potrebbe essere divisa in diversi frammenti come prima e dopo averlo conosciuto, prima e dopo aver adottato i bambini, prima e dopo il matrimonio… ma la sua morte divide tutto nella vita con lui e nella vita senza di lui.

In qualche modo, in un modo che a tratti lo terrorizza, si era abituato all’idea di doverlo lasciare, un giorno, quando fosse giunta la sua ora. Rassicurato dalla sua immortalità, pensava che non sarebbe mai stato da solo; che sarebbe sempre tornato a casa e l’avrebbe trovato lì, ad aspettarlo: i capelli sparati per aria, il sorriso gentile, gli occhi d’oro scintillanti d’amore, baci, commenti smielati, risate, gambe intrecciate sotto le lenzuola, colori, rumore.

L’impossibilità di avere insieme un’eternità, ma facendo del loro meglio per stare insieme il più possibile.

 

La lapide è semplice. Il suo nome scavato nel marmo. Niente di più. Nessuna data di nascita. Nessuna data di morte. Nulla di esuberante. Niente di rumoroso. Niente che potrebbe piacergli.

Lui non era d’accordo, ma qualcuno della sua famiglia – probabilmente sua madre – aveva detto che avrebbe potuto aiutarlo ad elaborare il suo lutto, e avrebbe potuto aiutare i loro figli. Un feretro vuoto, sotto sei piedi di terriccio. E un funerale in cui tutti hanno detto qualcosa di lui, singhiozzando piano. Lui non avrebbe apprezzato neanche quello, in realtà. Magari qualcosa di sontuoso. Qualcosa che urlasse il suo amore per la vita, caotico e luminoso. Magari una festa.

Ma pensandoci adesso, questo gli avrebbe spezzato il cuore più della sua morte.

Ovviamente, non poterono onorare qualcuno come lui, un Nascosto, con un funerale da Shadowhunter. Un onore solo per gli eroi. Eppure, lui era stato un eroe.

 

Si inginocchia davanti alla lapide, poggia i fiori a terra e sospira. Fa freddo. Il sole è pallido e di una sfumatura di rosa e arancio mentre si affaccia tra i palazzi.

È passato un numero vertiginoso di giorni e mesi: anni durante i quali innumerevoli minacce e guerre hanno flagellato il suo lavoro. Ed è quasi assurdo, il suo mondo è finito, eppure il Mondo ha continuato comunque a girare, e vivere. Persone sono nate e altre sono morte, si sono amate e si sono lasciate. Ci sono state gioie immense e dolori altrettanto grandi. Le persone hanno continuato a lottare, a scontrarsi, ma hanno anche continuato ad amare e perdonare.

Questo sarà il decimo anno senza di lui.

I loro figli sono adesso giovani adulti, uno di diciassette e l’altro di diciannove anni, promettenti entrambi sulla strada segnata dai propri padri, come dice la loro nonna.

Non vive più a New York, da quasi due anni ormai. Ovunque nella città c’è qualcosa che gli ricorda Magnus. E l’ha sopportato a lungo solo per quel giuramento che ha al dito e per i suoi figli. Odia il loft perché non c’è più nessuna traccia di lui, anche se tutto grida il suo nome, e c’è il suo odore di sandalo nel bagno, ma il letto è freddo e le lenzuola non sono più così morbide. Odia l’Istituto perché anche solo salire i gradini per entravi gli ricorda che è proprio lì dove lui si è dissanguato, tra le sue braccia, mentre gli sussurrava dolci sciocchezze e parole di speranza, non saluti, in una voce così profonda e calda, i suoi occhi veri, dorati, pieni d’amore e non paura o dolore.

E ora è lì, e non gli piace stare in silenzio lì ché lui era così loquace, così divertente e rumoroso. Ora è lì, inginocchiato davanti alla lapide dell’amore della sua vita, che gli è stato strappato via troppo presto: non sono stati insieme a sufficienza; anzi, sono più gli anni della sua vita in cui non sono stati insieme; eppure, lo sa, lo sa e lo sente nelle ossa e nel suo cuore che lui non amerà nessuno come ha amato Magnus. Non amerà nessun altro dopo Magnus. Perché quelli come lui amano veramente solo una volta nella vita.































 

 





D'accordo, d'accordo, provate a non uccidermi. La storia sarà a capitoli (finché tengo botta!) e vi assicuro che anche a me piacciono i lieti fini (più o meno)...
Mi scuso con tutti, poiché la storia l'ho scritta originariamente in inglese e mi pare che alcune frasi siano difficilmente traducibili in italiano con la stessa forza dell'Inglese. Questo di fatto è un esperimento, come dicevo nelle note di apertura, ragion per cui se trovaste qualche errore gradirei sapere per poter correggere. È la prima volta che scrivo una multicapitolo in inglese per poi tradurla in italiano (e, Dio, è difficile!); così per sfidare me stessa. (per non parlare del fatto che è effettivamente la prima volta che scrivo su questo universo - forse sarà pure l'ultima).
Comunque, sì, mettete da parte i forconi e le torce e presto o tardi arriverà il prossimo capitolo (forse allora potrete mettermi alla gogna).
Ho, più o meno, un piano in mente - tipo una sinossi quasi completa - e non si supererà la dozzina di capitoli - credo - ma penso vi informerò tramite tumblr (se capirò mai come mettere l'url del mio profilo), magari con qualche stralcio dei prossimi capitoli.
Grazie per aver letto fin qui, qualsiasi feedback è più che apprezzato
Arrivederci
  
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