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Autore: L S Blackrose    03/05/2018    2 recensioni
Eric è uno dei leader degli Intrepidi. Freddo, calcolatore, spietato e crudele.
Ma non è sempre stato così. Cosa lo ha portato ad odiare a tal punto i Divergenti?
In questo prequel di Divergent, il suo destino si intreccerà a quello di Zelda, una ragazza tenace e potente come una freccia infuocata.
Può un cuore di ghiaccio ardere come fuoco?
Un cuore di pietra può spezzarsi?
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dal capitolo 4 (Eric)
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Sto per aprire bocca, per invitare le reclute a dare inizio al loro cammino negli Intrepidi, quando un movimento al limite estremo del mio campo visivo mi obbliga a voltare il capo.
Ormai davo per scontato che le disgrazie fossero finite, invece una figura esile si lancia dall’ultimo vagone del treno e fende l’aria come un proiettile.
A causa della luce del sole che mi arriva dritta in faccia, in un primo momento metto a fuoco soltanto una macchia indistinta, blu e nera.
Nella frazione di secondo che segue, sono costretto a spingere l’autocontrollo al massimo della potenza per non mostrare nessuna emozione, per mantenere la mia posa autorevole e l’espressione gelida.
Perché sono talmente esterrefatto da non riuscire a credere ai miei stessi occhi.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Zeke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zeric - Flame of ice'
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Capitolo 51

 


 


All damn night and all day
Stay out of my way
I'm looking for trouble

(Divide the Day, Looking For Trouble)




 

Zelda


 

Mi vesto ed esco dalla stanza meno di dieci secondi dopo l'arrivo di Melanie. Corriamo insieme, a perdifiato, attraverso i corridoi silenziosi e oscuri della Residenza, senza indugiare lungo le rampe di scale che solitamente percorriamo con cautela per prevenire scivolate e conseguenti cadute nel vuoto. In questo momento potrei perfino camminare su un tappeto di spine e chiodi senza rendermene conto: sento l'adrenalina bruciare nelle vene come acido e il panico appannarmi la vista.

Non Eric. Non Eric.

Non Eric.

Continuo a ripetermi queste parole, una litania che non lascia spazio a nessun altro pensiero coerente. So bene quanto il mio desiderio sia egoista: gli altri suoi compagni, James compreso, potrebbero essere morti o feriti, stando a quello che Max ha riferito a Melanie. Lei stava tornando nella stanza che divide con Felix, quando si è imbattuta nel Capofazione che parlava concitatamente con un folto gruppo di Intrepidi, tutti armati fino ai denti. Non appena ha capito ciò che era successo, ovvero che la squadra di ricognizione notturna era rimasta vittima di un'imboscata da parte degli Esclusi, è corsa a chiamarmi.

Per favore, non Eric.

Il cuore rimbalza da una parte all'altra del petto, il suo pulsare è talmente forte da impedirmi di sentire qualsiasi altra cosa. Melanie mi supera nell'ultimo tratto delle gallerie, arrivando per prima alla porta dell'infermeria. Davanti all'uscio aperto ci sono Evan e William, entrambi scuri in volto, che si zittiscono non appena facciamo la nostra comparsa. - Dove sono? - chiede loro Melanie, la voce debole e ansimante per la corsa. - Stanno bene, vero? -. Più che una domanda, suona come una preghiera e il mio cuore manca un battito quando noto l'espressione costernata di William. Mi sento impallidire e mi appoggio al muro, colta da una vertigine improvvisa.

Non Eric. Non lui. No.

No.

William scuote la testa, ma non risponde alla richiesta disperata di Melanie. Le tiene aperta la porta, facendole cenno di entrare. Vedo la mia amica esitare, pallida come un lenzuolo; le prendo la mano e la sento tremare nella mia stretta. Varchiamo la soglia insieme, fermandoci attonite dopo pochi passi: ogni letto è occupato da un Intrepido, seduto o disteso. Nella penombra non riconosco nessun volto e rimango paralizzata in mezzo alla stanza, troppo spaventata per avvicinarmi alle brandine. Basta un'occhiata per constatare come molti di quei ragazzi siano in gravi condizioni: larghe chiazze scure coprono le bende e le lenzuola, e i loro respiri sono a malapena percepibili.

Al mio fianco, sento Melanie sobbalzare. Un singhiozzo le sfugge dalle labbra, mentre si avvicina ad una delle brandine. - Fratellone – mormora, toccando la mano immobile di James. E' steso sopra al lenzuolo, riconoscibile soltanto grazie ai tatuaggi che sbucano dalla maglietta ridotta a brandelli. Una spessa benda gli avvolge metà del viso, dalla fronte al naso, ma noto con sollievo che respira regolarmente.

Melanie posa la mano sulla sua e gli si siede accanto, il petto scosso dai singhiozzi. - Non lasciarmi, fratellone. Non lasciarmi sola – supplica, la voce che le si spezza sulle ultime sillabe.

Le lacrime mi scendono sulle guance e sul collo senza che me ne accorga, e non trovo nemmeno la forza per tentare di arginarle. Dovrei darmi da fare, cercare Eric e poi aiutare Elizabeth a controllare i feriti, ma sono paralizzata dalla paura. Un cieco terrore si è impadronito di me, rendendo le mie membra dure come granito. Sono un'infermiera, mi ripeto. Devo recuperare il mio solito, formidabile autocontrollo, altrimenti non mi …

- Non preoccuparti, Melanie. Se la caverà -.

Mi giro di scatto, con un movimento talmente repentino che la treccia in cui ho raccolto i capelli mi frusta la spalla. La porta che dà sullo studio privato di Elizabeth ora è aperta e un'alta figura ne oltrepassa la soglia, dirigendosi verso gli armadietti di medicine. Apre un'anta e fruga dentro alla ricerca di qualcosa.

Io rimango semplicemente a fissarlo, inebetita e scossa da continue vertigini.

Eric.

Solo una parte della mia mente nota il suo leggero zoppicare e le bende che gli avvolgono la coscia destra e il braccio sinistro; l'altra è talmente felice di vederlo da non riuscire a ragionare lucidamente.

- Dovresti stenderti anche tu, Eric – lo rimprovera Elizabeth, uscendo a sua volta dallo studio con uno scatolone pieno di rotoli di garza tra le braccia. - Le tue ferite non sono gravi, ma dovresti comunque riposarti. Diglielo anche tu, Zelda. Forse a te darà ascolto -.

Al sentire il mio nome, Eric smette di cercare tra le medicine e si volta verso di me. Non so quale espressione sia impressa sul mio viso: so solo che gli basta lanciarmi un'occhiata per far cambiare il suo cipiglio, da seccato ad allarmato.

Deglutisco e prendo un respiro, cercando di dominare la nausea. - Stenditi su quel letto – mi sento dire, il tono inaspettatamente severo e controllato, quasi meccanico. - Immediatamente -.

Eric corruga le sopracciglia ed esita una frazione di secondo, ma poi indietreggia verso la brandina che Elizabeth gli sta preparando e si siede, sempre senza distogliere gli occhi da me. Allunga un braccio per invitarmi a raggiungerlo e io mi muovo a fatica, come se stessi combattendo contro una violenta corrente contraria. Le lacrime mi annebbiano la vista e sento la sua voce chiamarmi come da una lunga distanza. Il mio campo visivo si riempie di luci bianche e nere; non appena mi siedo al suo fianco, sento le forze venire meno.

Quando la nube di torpore si dirada e i miei sensi tornano all'erta, sento qualcuno accarezzarmi il braccio. Apro le palpebre a fatica, sfregandole con le dita per asciugare le ciglia umide, e constato con stupore di trovarmi in posizione orizzontale. Sono stesa sullo stesso lettino di Eric, addossata quasi del tutto a lui per non ruzzolare sul pavimento.

Eric mi passa una mano sulla nuca, sciogliendomi la treccia per infilare le dita tra i miei capelli. - Zelda, dì qualcosa – mi esorta, in tono piuttosto brusco. Il suo sguardo è venato di preoccupazione e guizza dal mio viso all'espressione indecifrabile di Elizabeth, che mi si avvicina per tastarmi il polso.

- Sei vivo – è tutto quello che mi esce di bocca, e lui sposta la mano sul mio viso, osservando sbalordito le lacrime che continuano a scorrermi sulle guance. - Melanie ha sentito quello che vi è successo ed è venuta subito a chiamarmi. Ero terrorizzata. Io … -. Mi mordo un labbro per soffocare un singhiozzo e mi stringo a lui, il corpo percorso da un sollievo quasi doloroso.

- Un semplice capogiro – annuncia Elizabeth, annuendo comprensiva. - Troppe emozioni in una volta sola. Dai il buon esempio al tuo ragazzo, resta sdraiata per qualche minuto – mi ordina, prima di allontanarsi per continuare a controllare gli Intrepidi feriti. La vedo sorridere incoraggiante a Melanie e mi rilasso un altro po'.

Ho gli occhi chiusi, il viso premuto contro il petto di Eric, ma capisco dal tono della sua voce che sta sorridendo. O, meglio, ghignando. - Sapevo di fare un certo effetto alle ragazze, ma nessuna era mai svenuta tra le mie braccia prima d'ora -.

Lascio andare un sospiro. - Per un attimo ho pensato che non ti avrei più rivisto. Non ho mai provato un terrore simile, nemmeno quando Alfred mi ha usata come cavia per i suoi esperimenti – ammetto, evitando di dargli corda. So che sta tentando di alleggerire l'atmosfera, ma ho ancora davanti agli occhi le immagini di lui morto, o agonizzante al suolo. Le stesse che mi perseguitano negli incubi o a cui ho assistito durante le simulazioni. Alzo il viso per baciarlo, e non mi rendo conto di stare tremando finché lui non mi serra entrambe le braccia attorno alla vita. Con una mano mi accarezza la schiena in ampi cerchi.

- Va tutto bene, Zelda. Fai dei respiri profondi. Sto bene, piccola. Va tutto bene – lo sento mormorare al mio orecchio finché il bruciore al petto non si affievolisce e il battito del mio cuore si sincronizza con il suo. Eric sembra incredulo e un po' spaventato quando incrocio di nuovo i suoi occhi. - Zelda, va tutto bene – ripete.

Per tutta risposta, trovo la forza necessaria a tirargli un pugno. Sul petto, a debita distanza dalle ferite e dalle bende, ovviamente. - No che non va tutto bene – sibilo, indicando con un cenno del capo l'altro lato della stanza. - Potevi morire, dannazione. Quando Melanie è venuta a chiamarmi in lacrime, è stato come...come se mi avessero pugnalata. Come se mi avessero piantato una lama tra le scapole a tradimento. Ora sto avendo il primo crollo nervoso della mia vita ed è perché ti amo, razza di idiota, e non sopporto che tu rischi la vita ogni volta che esci di qui. Quindi vedi di smetterla di fissarmi e di parlarmi come se fossi una pazza appena uscita dal manicomio, ok? -.

Le labbra di Eric tremano come se stesse trattenendo un sorriso. O un'altra battutina. - Sissignora –.

Abbassa la testa per baciarmi, ma lo blocco con un'occhiataccia. - Dopo. Adesso raccontami quello che è successo, prima che ti rifili un altro pugno -.

Lui soffoca una risata. - Agli ordini, piccola -.


 

 

* * *

 

 

 

Eric


 

- Quell'idiota! L'avevo avvertito di non parlare ad alta voce, ma no, lui deve sempre fare di testa sua – ringhio, massaggiandomi la spalla sinistra, dove la stoffa della maglietta presenta diversi squarci e bruciature. - Non appena si alzerà da quel letto, ce lo farò ritornare a suon di … -.

- Lascia fare a me – mi interrompe Zelda, per aiutarmi a sfilare con cautela la maglia.

Dopo una bella ramanzina e un centinaio di raccomandazioni, Elizabeth mi ha concesso di lasciare l'infermeria, a patto che resti confinato nella mia stanza e assistito da Zelda per le prossime ore.

Avrei mai potuto rifiutare una richiesta del genere?

Certo che no.

Anche perché dubito che la mia saggia ragazza mi avrebbe permesso di muovere un altro mezzo passo senza la sua assistenza. Zelda mi ha sostenuto per tutto il tragitto fino alla nostra stanza, poi, non contenta, mi ha severamente intimato di restare disteso a letto mentre tornava in infermeria a recuperare l'occorrente per le prossime medicazioni.

Avrei mai potuto disobbedirle?

Certo che no.

Ci tengo alla pelle e so bene che Zelda non esiterebbe a legarmi al letto mentre dormo, se sospettasse che ho intenzione di alzarmi per tornare in campo e vendicarmi di quegli Esclusi da strapazzo.

Vedere la mia ragazza talmente scossa e preoccupata da svenire per l'agitazione mi ha tolto qualsiasi intento non sia quello di starle accanto. La mia sete di sangue può aspettare: avrò tutto il tempo di pianificare un degno contrattacco nei giorni a venire. Quello che desidero ora è recitare la parte del povero soldato ferito in battaglia – detto tra noi, le ferite non mi fanno poi così male - e lasciarmi coccolare un po' dalla mia ragazza.

Le ho raccontato come gli Esclusi ci abbiano sorpresi alle spalle, scaricando su di noi proiettili e piccole bombe incendiarie artigianali. Di come James si sia lanciato su di me, appena in tempo, prima che una di quelle bombe piene di chiodi esplodesse ai nostri piedi. Quell'idiota ha salvato entrambi da morte certa, ma ha rimediato una brutta ferita al cranio. Elizabeth ha dovuto chiamare un team di chirurghi Eruditi per operarlo d'urgenza: è stato un intervento abbastanza breve e, a detta loro, perfettamente riuscito.

Chissà che il mio caro collega si risvegli un minimo più intelligente di quanto non fosse prima: la sua mancanza di giudizio e di buonsenso poteva costarci cara, stanotte.

- Credi che ce la farà? -.

La voce di Zelda fa breccia tra le mie riflessioni velenose e non sono per niente sorpreso che si stia riferendo proprio all'oggetto dei miei pensieri: a volte ho l'impressione che i nostri cervelli riescano a sintonizzarsi perfettamente l'uno con l'altro. Come se fossimo due computer collegati allo stesso server.

- Non temere, James ha la testa dura. Si rimetterà più in fretta di quanto credi. Dagli qualche giorno, e lo vedrai in giro a flirtare con tutte come suo solito – la rassicuro e la sua espressione si fa un po' meno corrucciata.

Zelda osserva con attenzione le ferita alla gamba e l'ustione alla spalla. Nessuna delle due è grave: Elizabeth mi ha medicato per primo e non ha impiegato più di cinque minuti, se si contano anche la paternale sul restare a riposo per un paio di giorni e altri sproloqui a cui non ho prestato attenzione.

Dopo aver controllato con scrupolosità ogni più piccolo taglio sulla mia pelle, la mia ragazza avvicina al letto un catino pieno d'acqua e passa i successivi venti minuti a togliermi dalla pelle ogni traccia di sudore, sangue e residui di polvere da sparo. Ad un certo punto chiudo gli occhi, perfettamente rilassato, e mi sistemo meglio sul letto. La stanchezza accumulata nei giorni scorsi, tra allenamenti ed esercitazioni continui, mi piomba addosso come una scure. Nel dormiveglia avverto la presenza di Zelda al mio fianco, la sento canticchiare sottovoce. Un sorriso mi distende le labbra: è la nostra canzone.

Quando avrai bisogno di me, io sarò l’amore che ti starà accanto.

Così che tu possa lasciar andare tutte le tue paure.

Un attimo prima di sprofondare nel mondo dei sogni, le labbra di Zelda mi sfiorano la fronte. - Dormi, tesoro. Veglio io su di te -.

Potrei arrivare a farmi ferire volontariamente solo per farmi coccolare di nuovo in questo modo?

Certo che sì.


 

* * *


 

 

Zelda


 

Ho lasciato Eric qualche ora fa, mentre ancora dormiva beato, e sono tornata di corsa in infermeria per dare una mano ad Elizabeth. Dalla faccia che ha fatto quando mi ha vista oltrepassare la porta, non credo si aspettasse di vedermi tornare al lavoro dopo così poco tempo dal mio quasi svenimento. Prima che potesse anche solo avanzare qualche riserva sulle mie condizioni fisiche, ho preso posto accanto ad uno dei feriti e ho iniziato a medicargli le ferite in silenzio. Bastava dargli un'occhiata per capire che non avrebbe superato la notte; ho sentito Elizabeth e uno dei medici Eruditi discuterne sottovoce, ma mi sono rifiutata di perdere le speranze. Ho creduto in lui fino all'ultimo, finché il suo cuore non ha smesso di battere. Non conoscevo il suo nome, l'avevo solo visto qualche volta in giro per la Residenza.

Era giovane. Troppo giovane per morire in un modo così violento e repentino. Se James non avesse avuto la prontezza di gettarsi su di lui prima che la bomba esplodesse, Eric avrebbe potuto trovarsi al suo posto. Su quel letto, immobile, coperto da un telo bianco. L'ennesima vittima di questa faida tra fazioni.

Batto le palpebre per scacciare le lacrime e mi avvicino al letto dove riposa James. Mi siedo al suo fianco e gli prendo con delicatezza una mano, l'unica parte del suo corpo rimasta illesa. Il resto è un susseguirsi di fasciature e medicazioni, che ho già provveduto a controllare e sostituire più volte per evitare infezioni. Ho un debito enorme nei suoi confronti: non lascerò a nessun altro il compito di assisterlo, dovessi fargli da infermiera personale per i prossimi dieci anni. Ha salvato la vita ad Eric, non avrebbe potuto farmi regalo più prezioso.

Gli stringo la mano e ripeto i miei ringraziamenti sottovoce, anche se probabilmente non mi sentirà e non ricorderà nulla quando riprenderà conoscenza. Prima di andare ad assistere un altro dei pazienti, mi assicuro che il suo battito sia regolare e che non ci sia niente di anomalo nei suoi parametri vitali.

Non appena mi volto, mi ritrovo faccia a faccia con l'ultima persona al mondo mi sarei aspettata di vedere qui. Davanti al mio cipiglio interrogativo, Josie accenna un saluto e, sempre muovendosi in silenzio, occupa il posto accanto a James. Quando gli prende la mano tra le proprie, nella stanza si avverte un tonfo sordo: è il rumore della mia mascella che cade a terra. Rimango lì impalata per alcuni secondi, a fissare lo sguardo da lei alle loro mani intrecciate.

Josie non sembra far caso alla mia presenza e alla mia espressione sconvolta. Ha gli occhi puntati sul volto di James: non si muove e non parla, gli stringe semplicemente la mano. E' la prima volta che vedo un'espressione così seria e concentrata sul viso di questa ragazza, che forse odio e forse no.

No, decido mentre recupero altri antidolorifici e nuove siringhe nel ripostiglio. Non la odio, non più.

Non dopo aver visto nei suoi occhi lo stesso terrore che ho provato questa notte, prima di sapere che Eric era sopravvissuto incolume all'attacco. Gli occhi di una persona innamorata.

Buona fortuna, caro James. Ne avrai davvero bisogno, con lei.

 

 

*

 

 

Posso ritirare ciò che ho pensato l'altra mattina?

Dannazione, certo che odio Josie!

Forse non arrivo a detestarla ai livelli di mio fratello Alfred, ma in questo preciso istante se la giocano alla pari.

Mi lascio scappare un sospiro di frustrazione. - Vuoi stare ferma, per favore? Se ti muovi come un'anguilla finirò per infilzarti con l'ago. Non che a me dispiaccia, ma dubito che tu voglia trasformarti in un puntaspilli -.

Josie mi fulmina con un'occhiataccia. - Mi stai facendo un male del diavolo. Quanto ti ci vuole per medicare una ferita così piccola? -.

Senza badare alle altre proteste e maledizioni varie della mia cara paziente, procedo con i punti e cerco di convincermi che commettere un omicidio, ora come ora, non sia affatto una buona idea.

Primo, perché ci sono troppi testimoni intorno a noi, di conseguenza non avrei attenuanti. Secondo, perché la fazione non può permettersi di perdere nemmeno uno dei suoi membri - specialmente uno dei suoi migliori capisquadra - in un momento difficile come questo. E terzo...perché sono tremendamente curiosa di sapere cosa c'è tra lei e James.

Perciò niente omicidi.

Per ora.

Ma se continua a ringhiarmi contro come una iena a digiuno da mesi, potrei anche cambiare idea e rischiare il carcere pur di metterla a tacere per sempre.

- Ecco fatto - esclamo, sfinita, dopo qualche minuto. Mi levo i guanti e li getto nel cestino assieme alle garze insanguinate, prima di girarmi verso Josie. Se non mi stessero fissando con palese astio, potrei quasi definire belli i suoi occhi verde chiaro.

Ricambio lo sguardo alzando un sopracciglio. - Che c'è? La ferita è a posto, dovrai solo tornare tra qualche ora per un controllo. Ti fa male da qualche altra parte? - chiedo, con aria angelica.

In realtà so benissimo che ha la spalla destra lussata, ma stavolta deve essere lei a chiedermi aiuto di sua spontanea volontà. Se vuole stare meglio, dovrà lasciarsi alle spalle il suo stupido orgoglio.

Se non l'avessi incontrata per caso in corridoio durante la mia pausa pomeridiana, Josie non avrebbe mai messo piede in infermeria: piuttosto si sarebbe lasciata morire dissanguata in un angolo qualunque della Residenza senza battere ciglio. Tutto, anche la morte, pur di non abbassarsi a chiedere aiuto alla sottoscritta. In fondo posso capirla: avevo già intuito una sua debolezza, non mi avrebbe permesso di scorgerne altre.

Il mio cipiglio si ammorbidisce un po' a quel pensiero e Josie sembra notarlo. Forse scambia la mia empatia per pietà, perché reagisce con stizza. - Hai finito? Perché, se non ti dispiace, avrei di meglio da fare che stare qui con te -. Il tono velenoso con cui pronuncia quell'ultima parola mi pare un tantino eccessivo anche per una stronza del suo calibro; mi fa fremere di indignazione.

Mi alzo in piedi, le mani sui fianchi. - Avrei fatto molto prima se tu fossi rimasta immobile come ti avevo chiesto. Non so se hai notato, ma nemmeno io ho tutto questo tempo da perdere dietro alle tue lamentele da bambina viziata -. E nel pronunciare la frase, faccio un gesto con la mano ad indicare la porta che conduce nella sala principale dell'infermeria. - Ho dormito due ore stanotte, tre la notte prima. Mi sto forse lamentando? No, perché sarebbe uno spreco inutile di energie. E tu strilli come una gallina solo per farti medicare un taglio. Scusa se mi sono permessa di trascinarti qui, volevo solo impedirti di contrarre un'infezione. La prossima volta ti lascerò sanguinare in giro per i corridoi senza muovere un dito, va bene? -.

Josie pare ritrarsi davanti alla mia sfuriata, come se le avessi tirato un ceffone. La sua espressione si fa meno truce, quasi colpevole mentre lancia un rapido sguardo verso la porta. Abbassa di colpo le spalle, in un gesto di resa che la lascia senza fiato. - Pessima idea – sibila, portando una mano alla spalla dolorante.

Alzando gli occhi al cielo in una muta invocazione, mi avvicino di nuovo a lei per aiutarla. Questa volta mi lascia fare senza obiettare e dopo qualche secondo la sento sospirare di sollievo. - Era solo una lieve lussazione. Una notte di riposo e tornerai come nuova -.

Mi posa una mano sul braccio prima che possa allontanarmi. - Grazie – mormora, in tono sorprendentemente umile. - Non soltanto per me – aggiunge, e dal suo sguardo capisco bene a chi si sta riferendo.

Scuoto la testa, passandomi una mano sulla fronte. - Io non ho fatto quasi nulla, in confronto a ciò che ha fatto lui. È solo merito suo se Eric è tornato a casa con le proprie gambe. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza -. Mi siedo sul lettino di fronte a quello dove è appollaiata Josie e, trasudando innocenza, mi azzardo a chiedere: - Allora...cosa c'è fra voi? -.

Lei stringe gli occhi e sono quasi certa si sia trattenendo dal mostrarmi i denti. - Nulla che ti riguardi, novellina -.

Il mio sopracciglio scatta all'insù. Non è da lei mettersi sulla difensiva: sta di sicuro nascondendo qualcosa di importante o imbarazzante, altrimenti non si sarebbe fatta problemi a rivelarmi la natura del suo legame con il Capofazione. Josie non conosce vergogna né pudore, in questi casi, come ho già avuto occasione di sperimentare.

Decido di tentare con un altro metodo, quello della lusinga. - Non volevo metterti in imbarazzo, ero solo curiosa. Sai, ultimamente ho notato che James ti ronza attorno di continuo. In mensa non ti toglie gli occhi di dosso, quindi ho solo pensato che …-. Lascio la frase incompiuta e mi stringo nelle spalle, fingendo un'aria noncurante.

Josie mi guarda in silenzio per qualche istante, come se mi stesse valutando. Sulle prime penso che non si abbasserà a rispondere, o che ribatterà con una delle sue frasi al vetriolo, ma poi dice qualcosa che non mi sarei mai aspettata. - Se lo dici a qualcuno, ti ammazzo -, esordisce, scandendo per bene le sillabe. Riesco chiaramente a percepire il veleno celato sotto quel tono fintamente gentile. - La verità è che credo di essermi presa una cotta per James -.

Non so se scoppiare a ridere, o se mettermi le mani nei capelli. Questa sì che è una rivelazione: Josie innamorata! Probabilmente Eric nemmeno mi crederà quando glielo riferirò. Perché sicuramente glielo dirò: le minacce di Josie non mi fanno paura.

Un sorriso mi sfiora le labbra e non posso trattenermi dal domandare: - Questo significa che potrò cancellare il tuo nome dalla mia lista nera? -. Alla sua occhiata spaesata, aggiungo: - Quella con i nomi delle ammiratrici troppo espansive di Eric -.

Josie fa una smorfia. - Non farmici pensare, è stato una completa delusione. I suoi modi rudi mi avevano affascinata, lo ammetto. Era una piacevole novità rispetto agli Intrepidi con cui ero cresciuta. Ma credimi, non può competere con James. Nemmeno lontanamente. Lui a letto è una bomba – ammette, con un'enfasi che mi fa arrossire. - Se li avessi provati entrambi, mi daresti ragione. Indubbiamente James ha più esperienza di Eric, glielo concedo. Ed è anche più dotato, più fantasioso e … -.

Alzo le mani davanti a me come uno scudo. - Alt, ferma! Ti prego, risparmiami i dettagli. Non ci tengo a sapere cosa fate tu e James sotto le lenzuola -. Stringo i pugni e faccio una pausa per riprendere fiato. Josie mi guarda stranita, battendo le palpebre. - E non parlare di Eric e James come se fossero oggetti, è una cosa che mi irrita a morte! Sono persone, ok? Non due bei vestiti da provare e poi buttare -.

Josie guarda incuriosita le mie guance scarlatte. - D'accordo, scusa. Non volevo offendere nessuno -.

Senza replicare, le volto le spalle per mettere in ordine gli scaffali e prendere l'occorrente per altre medicazioni. Devo far visita ad altri tre Intrepidi prima di cena, quindi meglio abbondare con le bende e gli antidolorifici.

Chissà se riuscirò ad incontrare Eric e a parlarci per più di cinque minuti. Dal giorno dopo l'attacco, non ha fatto altro che organizzare nuove squadre di vigilanza e intensificare gli allenamenti delle reclute. Una camera in comune e non riusciamo neanche a scambiarci un saluto, dato che io lavoro tutto il giorno e la sua squadra ha il turno di ronda notturno. Ed io che pensavo che …

- Eri seria, prima? -. La voce di Josie mi distoglie dai miei cupi ragionamenti. Mi giro e vedo che mi sta fissando con sospetto. - Davvero pensi che James sia interessato a me? -.

- Per renderti così insicura, deve piacerti parecchio – replico, e ho la soddisfazione di vederla arrossire. Con un sospiro, riprendo posto sul lettino e rimaniamo a fissarci negli occhi in silenzio, finché non sbotto: - Senti, non fingerò di trovarti simpatica. Da quando ci siamo incontrate non mi hai risparmiato umiliazioni e prese in giro, quindi non aspettarti alcun favore o gentilezza da parte mia -. Josie fa per ribattere, ma io la blocco con un gesto della mano. - Questo non significa che io voglia vendicarmi. Apparteniamo alla stessa fazione, dopotutto. Dovremo trovare un modo per convivere senza ucciderci a vicenda, no? O hai intenzione di portare avanti la tua guerra contro di me per sempre? In ogni caso, sì, quello che ho detto lo penso davvero. Non sono solita raccontare bugie -.

Sembra che l'abbia colta di sorpresa, forse non si aspettava un affronto del genere. Prima di ribattere, abbassa gli occhi sul bendaggio che le ricopre metà braccio. - Nemmeno io fingerò di non trovarti insopportabile. Da quando sei arrivata qui, non hai fatto altro che mettermi i bastoni tra le ruote. Prima con l'intera fazione, poi con Eric. Era tutto un “Zelda di qua” e “Zelda di là”, “ma quanto è brava Zelda”, “ma quanto è bella Zelda” e via dicendo – afferma, con più rassegnazione che sarcasmo. - Mi avevi rubato la scena, tutti non facevano che parlare di te. Ti ammiravo e ti odiavo allo stesso tempo, specialmente perché Eric non ti mollava un attimo. Non capivo come diavolo potesse interessargli una ragazzina insignificante, quando poteva avere me. Senza offesa, eh – si premura di aggiungere.

- Ma ti pare – mormoro, senza prendermela troppo. Ormai ho capito come ragiona e credo che davvero non si renda conto di quanto le sue parole possano risultare offensive. Josie non ha filtri, dice esattamente quello che pensa. - Per questo non hai fatto una piega quando ci hai visti assieme. Eric non ti interessava veramente -.

Lei fa spallucce. - In effetti, no. Era più una questione di vanità: non riuscivo a sopportare che lui ti preferisse a me, dopo tutti i tentativi che avevo fatto per attirare la sua attenzione. Col senno di poi, avrei fatto meglio a lasciarlo perdere -.

Il suo tono di superiorità mi dà i nervi. - Evidentemente non era destino -.

- Suppongo di no. E poi, detto tra noi, non è poi tutto questo granché a letto … ma forse mi sbaglio. È freddo e controllato anche con te? -.

Vorrei trovare una qualche replica che la mettesse a tacere una volta per tutte, ma non ci riesco. Perché su questo argomento non ho alcuna esperienza, non posso mettermi a confronto con lei.

Ci pensa Josie a togliermi dall'imbarazzo, scambiando il mio rossore per una vampata di rabbia. - Comunque sia, ho trovato di meglio. E me lo terrò stretto, ci puoi scommettere -. Mi fa persino l'occhiolino, prima di scendere dal lettino con un saltello. - Quindi non preoccuparti, cara, non ho intenzione di soffiarti il ragazzo. Dormi pure tranquilla -, conclude, e se ne va ancheggiando dall'infermeria lasciandomi basita ed infastidita.


 

*


 

Dopo la mia chiacchierata con Josie, il mio umore non ha fatto che peggiorare. Nella mia testa continuavano a comparire i ricordi del giorno in cui ho visto lei ed Eric uscire dalla sua stanza, mezzi svestiti. So bene che per nessuno dei due quell'episodio ha significato molto – Josie è stata molto chiara al riguardo -, e nemmeno a me è mai importato più di tanto. Il passato è passato, e non lo si può cancellare. Forse ciò che mi ha ferito è stato dover ammettere a me stessa di non aver ancora superato quel confine con Eric. E se ancora non ci siamo spinti oltre è solo colpa mia, naturalmente. Se avessi ascoltato lui, molto probabilmente adesso avrei un sacco di aneddoti piccanti da rinfacciare a Josie...

Mi do della sciocca e scaccio quei pensieri dalla mente come se stessi estirpando delle erbacce. Come posso pensare a queste cose in un momento del genere? Quando la fazione è presa di mira dagli Esclusi e i soldati rischiano ogni minuto di non tornare più a casa dalle loro famiglie?

Devo restare concentrata, se voglio dare sul serio una mano.

La mancanza di sonno mi sta proprio giocando dei brutti scherzi, rifletto tra me, mentre procedo a passo marziale lungo il corridoio, diretta al Pozzo.

Non ho intenzione di perdere altro tempo a rodermi dalla gelosia, data la lunga lista di compiti assegnatami da Elizabeth. Devo restare concentrata e non lasciarmi distrarre dalla velata perfidia di Josie, né dai miei ormoni in subbuglio, né da … quel bel Capofazione a torso nudo appoggiato alla ringhiera che dà sullo strapiombo.

Beh, in fondo una piccola distrazione posso anche concedermela, no?

Costeggio il perimetro della sala, per osservare senza disturbare l'allenamento. Ci sono diversi gruppetti sparsi per tutto il Pozzo: chi si esercita con i coltelli, chi a smontare e rimontare armi da fuoco, chi a perfezionare la tecnica del corpo a corpo.

Eric ha le braccia incrociate e la sua migliore espressione annoiata sul viso, mentre assiste ai combattimenti dei suoi sottoposti, divisi a coppie. A giudicare dal suo sguardo sprezzante, non devono essere all'altezza delle sue aspettative.

E quando mai qualcuno lo è?, mi fa giustamente notare la mia vocina interiore.

Dopo qualche minuto, Eric concede loro una pausa e si scosta dalla ringhiera per raggiungere gli altri istruttori. Confabulano per qualche minuto, poi le loro espressioni si distendono e li sento ridere di una battuta fatta da William.

Decisa a rendermi utile – e ad avere una scusa valida per interromperli -, prendo qualche bottiglietta d'acqua dal distributore automatico e vado loro incontro.

Nel vedermi arrivare, William mi sorride con calore. - Ecco qui la mia pupilla. Zelda, la più promettente tra i nuovi membri – spiega, a beneficio degli altri Intrepidi che mi stanno squadrando con curiosità. Sono sicura che la maggior parte della fazione ancora fatichi ad associare ai nomi le facce di noi iniziati, così come fatico io a ricordarmi l'identità di tutti gli Intrepidi che incrocio. - Sei stata gentile a portarci da bere, grazie -.

Dopo aver bevuto un sorso d'acqua, uno degli istruttori fa per dirmi qualcosa, ma viene preceduto dalla voce soave di William. - Non pensarci nemmeno, Matt. Zelda è già impegnata -.

L'Intrepido richiamato aggrotta le sopracciglia. - Ah, davvero? E con chi? -.

Per tutta risposta, Eric afferra la bottiglietta che gli sto porgendo e in contemporanea mi attira a sé per baciarmi.

- Non ne avevo idea, scusa Eric. Non ci avrei mai provato con lei se avessi saputo che...-.

- Ma certo che ci avresti provato, donnaiolo che non sei altro! Tu ci provi con tutte, anche con mia moglie! -.

- Sei senza speranza... -.

- Ehi piccioncini, forse è il caso che vi troviate una stanza! -.

Chiusa tra le sue braccia, quasi non mi accorgo dei fischi e delle risate degli altri Intrepidi. Ho le mani premute sulle sue spalle forti e nessuna voglia di lasciarlo andare. Sembrano passati secoli dall'ultima volta che siamo rimasti soli per più di cinque minuti.

Da come ricambia la stretta, intuisco che anche lui è reticente a sciogliere l'abbraccio. Mi guarda con aria maliziosa, prima di affermare: - Meglio trattenerci, piccola. Siamo in pubblico -, con un tono sufficientemente udibile anche dall'altra parte del Pozzo.

Alle mie spalle gli Intrepidi ci stanno bersagliando di battute sconce e risatine, eppure non riesco a mostrarmi infastidita. Guardo Eric con ironia. - Devi sempre dare spettacolo – lo accuso, sforzandomi di non ridere per l'assurdità della situazione.

Lui mi passa le labbra sul collo. - A quanto pare c'è ancora qualcuno che ignora la nostra relazione, quindi vuol dire che finora siamo stati anche troppo discreti -, afferma, infilando le mani sotto al camice per accarezzarmi i fianchi. - Dovrei saltarti addosso più spesso, così forse gli altri maschi capirebbero l'antifona e smetterebbero di provarci con te non appena volto loro le spalle -.

Rido del suo tono fintamente scocciato e gli scocco un altro bacio. - Mi sei mancato - gli confesso quando sposta la bocca sulla mia guancia.

- Anche tu, piccola -. Lo sento sospirare. - Credevo che dopo l'iniziazione avremmo avuto qualche attimo di pace, invece è sempre peggio -.

Mi scosta da sé per guardarmi negli occhi e nelle sue iridi vedo gli stessi sentimenti che mi bruciano nel petto: preoccupazione, bisogno, frustrazione. Dalla notte dell'attacco è cambiato qualcosa; ora non cerca più di tenermi all'oscuro di tutto, non mi nasconde le sue paure, i suoi timori. Lascia che glieli legga chiaramente in faccia, li condivide con me; mi tratta da pari, non più come una damigella da proteggere.

Ed io lo amo talmente tanto, che morirei se dovessi perderlo.

Metto a tacere i miei pensieri e mi sforzo di sorridergli. - Vedrai che andrà meglio. Quando gli Esclusi si calmeranno, avremo talmente tanto tempo libero da finire per annoiarci -.

Le labbra di Eric si piegano in un ghigno. - Oh, non temere: ci penserò io ad intrattenerti, piccola. Non ti annoierai tanto facilmente -. Mi passa un dito sulle labbra e il suo sorriso si fa più rigido. - Non so a che ora tornerò stanotte, quindi non aspettarmi. Stai facendo dei turni anche più massacranti dei miei, hai bisogno di dormire - afferma, scrutando con contrarietà le ombre violacee sotto i miei occhi.

Annuisco per farlo contento, ma non so quanto riuscirò a dormire tranquilla sapendolo lì fuori in pericolo.







 

 

 

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Ciao a tutti!

 

Sì, sono ancora viva. E so di avervi fatto aspettare secoli, praticamente, per leggere questo nuovo capitolo. Mi dispiace veramente, e vi ringrazio davvero tanto per non avermi mai abbandonata, per aver continuato a seguire i miei sproloqui sulla mia pagina Facebook, per aver commentato la storia, per avermi scovata anche su Wattpad.

Tornando alla storia, cosa ne pensate dei nuovi sviluppi? Visto che non sono proprio così sadica (stile George R. R. Martin)? Amo troppo i miei personaggi per ammazzarli, quindi anche James si riprenderà. Nel prossimo capitolo ci sarà una scena che molte di voi aspettano...ma non vi anticipo nulla, perché un po' sadica lo sono davvero xD

Spero che continuerete a seguire la storia: io mi impegno ad aggiornare più velocemente d'ora in poi. Ho un sacco di progetti in mente e un po' alla volta spero di realizzarli tutti. Rendere questa fanfiction un romanzo, per farvi un esempio. Le idee ci sono, la volontà pure...è il tempo che mi manca ahah

Nel frattempo sto scrivendo anche una raccolta di racconti da pubblicare su Amazon. Il primo è già uscito (lo trovate qui) e mi servirebbe davvero tanto un'opinione esterna. Se vi ispira e se vi va di leggerlo, fatemi sapere che ne pensate!

 

Un bacio a tutti, alla prossima,

 

la vostra Lizz

p.s. per restare aggiornati e leggere i miei vaneggiamenti vari, questa è la mia pagina fb. Il resto lo trovate qui e sul mio blog.

   
 
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