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Autore: HikariRin    03/05/2018    1 recensioni
The Realm Between è una storia che indaga le motivazioni per le quali Isa e Lea si sono separati; copre l'arco narrativo della saga da Birth by Sleep al finale di Dream Drop Distance. Il legame tra i due protagonisti, tra i ricordi e il presente, è come un reame di mezzo: qualcosa che non è più possibile trovare nella stessa forma in cui è scomparso, cui farà da sfondo una delicata riflessione sui sentimenti e sull'esistenza.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Isa, Lea, Roxas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH Birth by Sleep, KH 358/2 Days
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- Questa storia fa parte della serie 'The Realm Between'
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The Realm Between ~ 13

Epilogo



Il cielo del mondo nel quale mi trovo adesso è diviso tra il tramonto e la sera. Dicono che ciascuna stella rappresenti un mondo, e che la luce sia il cuore di ognuno di essi che si riflette nel nostro. Lo asserivano i maestri da prima che noi nascessimo, in un’epoca lontana che ancora non conosceva il mondo in cui noi desideriamo tornare. Mi chiedo se anche il mondo in cui abbiamo vissuto per tanto tempo avesse un cuore ricolmo di luce. Anche questo è un mondo di mezzo. Rappresenta l’equilibrio perfetto tra luce e oscurità.

Eppure, il cielo è continuamente attraversato da stelle cadenti. Quasi voglia indurre a pensare che ogni desiderio possa divenire realtà, solo conservando la serenità e lasciando che la scintilla che arde in fondo a ogni cuore indichi la strada. Sono giunto fin qui seguendo la mia luce, la promessa che feci ai miei amici.

Ho di nuovo un cuore, e posso sentire ogni minima inflessione delle emozioni che picchiano alle sue pareti.
Perdendomi nel sole che tramonta ricordo interi pomeriggi di trasparenza e quiete. Perdendomi nello scuro del cielo, mi assale la medesima inquietudine di quando osservavo lui riposare in attesa di ciò che sarebbe venuto, e io prendevo tra le mani le sbarre in ferro e guardavo in alto fin dove lo sguardo mi permetteva.

Ho ricordi contrastanti della nostra vita di prigionia, prima di quella eterna in un mondo che non esiste. Non ricordo davvero il momento in cui decisi che avrei mentito. Avevo sempre saputo che colui che si perde nell’oscurità necessita di una speranza, ma per quanto potessi tentare di infondergli la mia, il suo cuore non la coglieva affatto. Ho sempre saputo anche del suo senso di colpa, per questo cercavo sempre di sorridere.

Una volta Ienzo era sceso fin da noi sfuggendo allo sguardo attento di Even, e mi aveva fatto dono di un gelato che aveva trovato ai piani superiori. Lo ringraziai felice. Quel gelato sapeva di nuovo, nel bianco scolorito dei sotterranei di quel castello che mi faceva sentire quanto mai fuori luogo; Isa mi vide tanto entusiasta che subito si nascose dietro al suo sguardo di ghiaccio, quindi mi avvicinai a lui mentre Ienzo rimaneva ad osservarci sorridendo al mio stesso modo. Inavvertitamente Isa fece cadere il gelato mentre lo allontanava e credendo che me la fossi presa continuò ad inseguirlo sul pavimento cercando di recuperarlo. Sussultò per un momento quando mi sentì ridere di cuore, e il suo sguardo si addolcì davvero molto.

Allora mi convinsi di potergli trasmettere qualcosa. In quella stanza eravamo costretti a restare vicini. Mi nutrivo del battito del suo cuore. Regolare e forte, come se non avesse voluto mollare. Lo invidiavo.

Una notte sentivo sulla pelle il freddo del mio cuore arrabbiato e frustrato. Non avevo la sua stessa forza. Spesso venivo colto dall’ansia, mi sembrava di soffocare. Volevo dormire e non svegliarmi il giorno dopo.

C’erano state delle volte in cui avevo pensato che sarebbe stato meglio non provare niente, perché avrei potuto vedere le cose da un altro punto di vista e non sentire più alcun peso, nessun senso di responsabilità.

Ma il suo calore mi vinceva sempre, e trascinandomi verso di lui tornavo ad essere tranquillo.

Temevo che se mi fossi avvicinato ancora avrei distrutto un castello di carte,
quindi quando mi stringeva non sollevavo mai il cappuccio nero e spesso che mi copriva il viso.

Finché avevo un cuore, non ne avevo bisogno.

In un'antitesi del tutto insolita per noi, io cominciavo ad arrendermi all’oscurità mentre lui avrebbe voluto appigliarsi alla mia luce. Capii che non s’era affatto perduto, ma che stava cercando di salvare me per affondare da solo. Se la nostra amicizia ci avesse portati fino a quel punto, mi sarei sentito schiacciato dal senso di colpa; la mia presenza non avrebbe che accresciuto la sua sofferenza. Questa consapevolezza mi fece stare ancora più male.

Loro lo sapevano. Fin dall’inizio era quello a cui miravano.

Non mi rimase altra scelta che mentire al mio cuore. Divenire esseri oscuri ci avrebbe aiutati. L’oblio avrebbe giovato alla nostra incomunicabilità. Nella totale assenza dei sentimenti, avremmo dovuto usare le parole. Entrambi avremmo voluto tornare indietro, ma avremmo solo potuto andare avanti.

Eppure lui ha sopportato tutte le mie bugie. E si è sempre prodigato per me.


Per questo ho seguito Roxas.


Avrei voluto vederlo un’ultima volta. Capire se volevo davvero un cuore indietro. Essere Nessuno mi aveva reso così distante dalla persona che ero. Non avevo avuto alcuno scrupolo nel portare via una persona ad un’altra, nonostante avessi conosciuto la sofferenza del vedersi trascinare lontano dalle persone del cuore.

Chi mise fine alla mia non esistenza non fu il mio amico delle vacanze estive. Avevo realizzato da me che non avrebbe più avuto alcun senso vivere. E se avessi dovuto perdere la vita, lo avrei fatto per aiutare qualcuno a non perdersi come me. Nonostante i miei occhi non avessero più alcuna scintilla, nonostante non splendessero più alla luce del sole, conservavano la mestizia di quella prigione.

Volevo che Sora liberasse tutti quelli come noi; che potesse dar loro una speranza.

 
 

“Certo che vorrei indietro un cuore.”

Mi disse, nel giorno in cui fummo assegnati alla medesima missione.

Demyx osservava le nuvole perdersi nell'azzurro chiaro del cielo.
Aveva poggiato il suo sitar di fronte a noi, e di tanto in tanto tornava a suonare.

“Se suono qualcosa, è senza sentimento. Se canto, è senza sentimento.
  Non c’è nemmeno più motivo di far ballare qualcuno.”

Ero seduto accanto a lui; una brezza leggera smuoveva i miei ciuffi ardenti.

“Quindi ciò che distingue noi dalle persone è che lavoriamo per noi stessi.”

Fermò le dita sulle corde e rise sonoramente.
Quando mi volsi verso di lui, sorrise.

“Lavoriamo per l’Organizzazione, no?”

“È un’organizzazione senza sentimento.”

“Sì, è vero.”

Rimanemmo in silenzio per un attimo, e mi sollevai per incontrare meglio il sole. Il suo calore non era più lo stesso di un tempo sulla mia pelle. Pensai ch’era perché trascorrendo le mie giornate in quel mondo oscuro e invisibile anche io ero diventato più freddo. E non me ne ero accorto finché non lo avevo visto di nuovo.

“E tu, perché vorresti indietro un cuore?”

“Perché prima di diventare Nessuno non avevo niente da perdere.”

Non lo vidi in viso, ma la sua espressione cambiò.

“Oh, quanta serietà. Quasi mi inganni.”

“È vero. Ero felice. Ho perso più cose dentro l’Organizzazione che fuori.”

Piegai le mani dietro la testa, tenendo lo sguardo fisso su quella sfera infuocata.
Se anche mi avesse distrutto, non avrebbe avuto importanza.

“Da che ho perso il cuore, mi sento fuori luogo ovunque.”

“Ah, io l’ho sempre detto di non essere quello giusto per loro.
Eppure continuo a rimanere qui. Non sarà che temiamo una seconda morte?”

“A me non importa di morire.”

 “Come?”

“Mi basterebbe che le persone mi ricordassero.”

Non disse più niente; seguitava come me ad osservare il sole che si perdeva sull’orizzonte del deserto.

“Una volta espressi un desiderio.
 ‘Vorrei essere per le persone tutto ciò che loro vogliono che io sia.’
  Credevo fosse un buon metodo per mantenere le amicizie. Ma sbagliavo.
  Solo ora mi rendo conto che non ha senso. È come mentire.”

“Allora credo proprio che dovresti andartene.”

L’ultima canzone che suonò quella sera era leggera, spensierata, e correva nell’aria col vento.

 

“Se non temevi la morte, chissà come mai hai lasciato un Nessuno.”

“Probabilmente intendevo assicurarmi che qualcun altro oltre a me fosse felice.”

 

 


Il passaggio dal niente ai sentimenti non è semplice, allo stesso modo del percorso contrario. A volte l’oscurità che alberga ancora dentro me mi rende preda dei sentimenti negativi. Il fatto che i miei nuovi amici associno la mia persona alle azioni di un tempo mi rende triste. Tuttavia, il mio primo scopo sarà vestirmi di nuovo dell’ardore che avevo, perché ho esteso la mia promessa anche al mio amico di un tempo.

Mentre tentavo di capire ove finisse il giorno e iniziasse la sera sulla linea dell’orizzonte, Sora venne da me.

Il suo sguardo era sempre ricco di tenerezza, non era affatto cambiato, e in qualche modo mi ricordava quello del mio migliore amico; sebbene fosse incespicante e inesperto, Roxas era davvero una bella persona. Esitò per un momento, prima di abbandonarsi sul davanzale della finestra e sorridermi come era solito fare.

“Ti ringrazio per avermi salvato.”

“Lo avrei fatto comunque. Avevo una promessa da mantenere.”

“Una promessa fatta a Roxas?”

I miei occhi si perdevano nella notte, ad osservare le stelle più lontane. Dietro di noi i suoi amici continuavano a fare festa, ma sentivo su di me lo sguardo di ghiaccio di chi non aveva voluto perdere l’amico cui teneva più di ogni altra cosa.

“Sì.”

Lo vidi cambiare espressione. Sul suo volto si dipinse un sorriso triste.

“A volte sento cose che non mi appartengono. Come una leggera malinconia.

  Succede sempre, quando sono con te. La tua presenza mi sembra così familiare…

  Mi scalda il cuore, ma allo stesso tempo mi viene voglia di piangere.”

Portò una mano sulla sede dei sentimenti, e la strinse sugli abiti che avrebbero dovuto proteggerlo dall’oscurità. In quel momento provai una forte repulsione per quelli che avevo ancora indosso, nonostante sentissi di avere ancora necessità di essere protetto. Si volse verso la distesa del cielo, e mi parve di rivedere Roxas nel tramonto sulla torre, con il nostro gelato, e sentii un intenso dolore.

“Mentre dormivo, Roxas mi ha mostrato qualcosa e ho avvertito la sua sofferenza.

  Ma questi sentimenti sono troppo intensi, come se non fossero solo suoi.

  Nei loro ricordi, tu sei molto importante. Per favore, raccontami la vostra storia.”

 

Allora gli narrai ogni cosa; di Ventus, di me ed Isa, degli esordi dell’Organizzazione.

Di quel laboratorio sepolto nei nostri ricordi, del Progetto Replica, dei tramonti e dei ghiaccioli con Roxas.

Di Saïx, di come tentarono di separarci, di come Roxas si era scordato di me in seguito alla sua dipartita.


Ad ogni passaggio il suo viso si adombrava come se potesse ricordare.

Per la prima volta potei raccontare a Roxas di quanto era stato terribile, e potei dirgli quanto mi aveva deluso che mi avesse dimenticato.

Mentre terminavo, vidi Sora strofinare gli occhi. Mii prese la mano con entrambe le sue, e la strinse.

“Vorresti vederlo?”

Mi mostrai smarrito per un attimo.
Allora mi guardò negli occhi, e sorrise.

“È possibile, con gli occhi del cuore.”

Gli occhi del cuore. Non avevo mai sentito questa espressione.

Cosa devo fare?”

Certo che avrei voluto vederlo. Lo consideravo ormai perduto fin da quando, in quel corridoio oscuro, decisi di salvare ancora una volta il suo Qualcuno.

“Solo chiudere gli occhi.”

Li chiusi, senza attendere oltre. E nel buio, lui comparve di fronte a me.
Mi teneva la mano, mi sorrideva.

Il trambusto che era intorno a noi, era come se non lo sentissi più.
Al suo posto l’ultima melodia di Demyx, quella che aveva dedicato al sole, alla vita ed alla felicità.


“Roxas…”

“Axel.”

Quando la sua voce mi arrivò, sentii i miei occhi inumidirsi di lacrime. Ma sì, che importava.
Da lui avrei accettato quel nome in eterno. Mi abbandonai su di lui adagiandomi sulla sua spalla.

“Ho fatto tante cose orribili.”

Lasciò la mia mano e mi strinse forte. Il suo calore era pervasivo, la sua amicizia eterna.

“Hai fatto anche tante cose belle.”

Il mio primo istinto fu quello di aprire gli occhi per lasciar scorrere quelle espressioni di tristezza, o di gioia, non sapevo bene cosa; ma lo fermai e lo strinsi a mia volta.

“Le cose brutte non contano perché prima non eri così, no?”

“È stato sepolto, quello che ero; in quel piccolo spazio oscuro.”

“Non dire così; non è per questo che sei qui.”

 Allora, accanto a lui, vidi una proiezione del mio cuore; era il mio amico di un tempo, proprio come lo ricordavo. Vidi anche il me stesso di un tempo poco distante, che piangeva dicendogli che non avrebbe più voluto crescere con lui. Avrebbe fatto di tutto per liberarlo, ma lui non lo sapeva. Anche allora Isa mi aveva stretto fra le sue braccia, e avevo provato quella stessa felicità perché realizzai che ci sarebbe sempre stato.

“Roxas, ho un Keyblade adesso.”

“Voglio vederlo!”

Mi separai da lui, e quando il mio cuore materializzò una lama di fiamme, lui la prese tra le mani e sorrise.

“È proprio come te.”

“Quando anche Isa avrà di nuovo un cuore, te lo presenterò una seconda volta.
  Nemmeno lui è come lo hai conosciuto.”

“Va bene, Axel.”

“Lea.”

Toccai ancora una volta le sue mani,
e il mio Keyblade scomparve da esse.
Sollevò il viso e sorrise contento,
perché rivelandogli il mio nome
avevo cominciato a farmi conoscere
per come ero davvero.

“Devo andare, Lea.”

“Non so se ci incontreremo ancora davvero, ma non ti dimenticherò mai, Roxas.”

Mi guardò sorpreso per un attimo.

Non so da dove fosse scaturito, ma era qualcosa che desideravo dirgli da tempo.

“Memorizzalo.”

Annuì, ed il suo sguardo tenero era come se mi ringraziasse.

Gli occhi del mio cuore lo videro scomparire in tante sfere di luce, per essere di nuovo completo.

 



“Io credo che Roxas debba vivere per se stesso. E non solo lui, anche tutti gli altri.
  Ho visto così tante persone… Mi dispiacerebbe che si spezzassero altre amicizie.”

“Non credo sia stata colpa tua.”

Risposi a Sora, mentre tornavo alla realtà di quella torre e lui mi lasciava la mano; notai che nel frattempo Riku si era voltato indietro. Forse avevano già smesso di considerarmi una minaccia, tutti i suoi amici.

“Voglio riportarli tutti indietro. Roxas, gli amici del Re, la ragazza dai capelli neri. Ho così tanti ricordi dentro che mi sento straripare. Però, se potessi riportare il sorriso a qualcuno, non avrebbe senso che mi tirassi indietro.”

“Sei forte, Sora. Da ora in poi vorrei diventare forte come te.”

Scosse la testa.

“I miei amici sono la mia forza.”

Sul mio volto dovette comparire un sorriso davvero raggiante, perché mi salutò allo stesso modo prima di tornare dagli altri. Pensai che aveva ragione.

I Nessuno possono sorridere, ma non sarà mai come per le persone. Non avrà mai la stessa intensità.

Seduto sulle scale della torre, sorridevo alle stelle. Riflettevo sulle parole di Roxas. Improvvisamente avevo cominciato a vedere tutte le cose orribili come cose belle.

Nel profondo s’era nuovamente accesa la luce della speranza. In quel momento mi si avvicinò la ragazza che avevo cercato di portargli via. Si chinò lievemente, e la vidi portare indietro i capelli mentre mi sorrideva.

“Alle volte ho come la sensazione di averti già incontrato, e che in passato tu mi abbia aiutata molto. Sembravi diverso da tutti gli altri, ed anche se non posso esserne certa ho come la sensazione di conoscerti già come una persona buona. Anche Riku dice che dovrei fidarmi, ma non sono ancora del tutto convinta.”

“Penso anch’io che dovresti fidarti.”

Rise, allontanando per un momento gli occhi dai miei. Mi sopraggiunse alla mente come una sensazione, di avere già sentito un’altra persona ridere in quel modo. Per un momento, vidi un’immagine differente. Non era Kairi, non era Naminé. Pensai che doveva essere qualcuno che riposava nel mio cuore, una ragazza che forse avevo conosciuto e della quale non conservavo altro che un ricordo sfocato.

“Posso vedere il tuo Keyblade?”

Mi disse, sorridendomi di nuovo allo stesso modo di Sora. Ricordo di aver pensato che tutte le persone che gli stavano intorno avevano voluto imitarlo. Dopotutto, sorridere sempre e non curarsi delle conseguenze delle proprie azioni talvolta è il miglior modo di vivere. Lasciai che la mia lama rovente comparisse nelle mie mani, e lei venne ancora più vicina per poterla osservare compiutamente. Pareva ammirata, come se si aspettasse qualcosa di appariscente ma come se per lei fosse la prima volta.

“Sembra rispecchiare il tuo carattere.”

“Dovete spiegarmi perché dite tutti quanti la stessa cosa.”

Mi sentivo in imbarazzo, non capivo se avrei dovuto prendere quei commenti come un complimento. Lei rise di nuovo, e la sua gaiezza mi colpì profondamente. Una persona con un cuore di pura luce doveva essere davvero speciale. L’ammiravo. Ripensando alle mie esperienze passate, capii che per vie traverse anche senza un cuore non si era mai spento il mio ardore nel volermi avvicinare alla luce, nel volerla conquistare nuovamente. Avevo lasciato un Nessuno perché desideravo mantenere la promessa stretta con Isa sulla torre.

“Kairi, mi dispiace.”

“Una volta mi dissero che ero arrivata sulle Isole del Destino avvolta in un fascio di luce.
  Da quel momento ho conosciuto tante persone che mi hanno protetta.”

Lo disse dandomi le spalle, rivolta al cielo. Le mani intrecciate dietro la schiena.

“Sora è venuto a cercarmi, quando mi sono perduta.

  ‘Questa volta voglio essere io a fare qualcosa per tutti loro’.

  Quando è comparso un Keyblade nelle mie mani, ho pensato questo.”

Poi si volse di nuovo, e il suo sorriso sfumò di fronte alla mia prostrazione.

“So che anche tu hai pensato la stessa cosa. Per questo non ti biasimo.

  Non ho mai conosciuto una vita senza sentimenti, non posso capirti appieno.

  Però so che stare lontano dalle persone cui si vuole bene porta con sé un vuoto.”

Mi parve fin da subito una persona da proteggere. Non capivo se si riferisse a Roxas o a chi altro, ma strinsi tra le mani il simbolo della mia speranza; il mio cuore era sereno, libero e leggero.

“Grazie.”

Strinse una delle mie mani fra le sue, infondendomi un nuovo calore, e mi costrinse a sollevarmi trascinandomi con sé ai confini di quel mondo onirico e magico. Osservammo l’orizzonte per un tempo interminabile; di tanto in tanto le nostre espressioni si incontravano, come se fossimo già stati amici.

Mi disse che qualcuno le aveva dato il nome dell’oceano, e questo la persuadeva che i suoi amici avrebbero sempre potuto raggiungerla. Quando le parlai dell’amico con cui un tempo condividevo le mie giornate, mi disse che anche il sole e la luna si incontrano sempre perché condividono lo stesso cielo.

Forse il luogo più alto cui aneliamo non è un luogo fisico; forse si tratta di una condizione del cuore.

Come anche la mia chiave punta verso l’alto, vorrei che i nostri ricordi del reame di mezzo si liquefacessero come i Nessuno. E vorrei crearne di nuovi, il tuo cuore e il mio, nel reame di sopra.
 

~

 

Note dell’autrice:


Finalmente ho terminato anche la revisione di questa storia.

Sono molto contenta di come potete leggerla ora.
Voi non lo sapete, ma non è sempre stata così.

 

Qualche spiegazione finale doverosa:

* La scena con Axel e Demyx che avete letto in questo capitolo è ambientata ad Agrabah e il giorno è lo stesso di cui ho scritto nel capitolo 8. Non sono riuscita a lasciarlo intendere chiaramente nella storia, così l’ho aggiunto qui.

*Mi piace pensare al dialogo finale con Roxas come qualcosa di gioioso ma triste allo stesso tempo. In Kingdom Hearts DDD, Roxas non mostra a Sora i suoi ricordi di quando era nell’Organizzazione. È quindi probabile che non possa ricordare quei momenti se non attraverso Xion, e mentre discorre con Lea potrebbe effettivamente ricordare solo il fatto che erano amici e di quando lasciò l’Organizzazione, ricordi in lui riaffiorati in Kingdom Hearts II. Lea ha tanti più ricordi dentro di sé, per questo se così fosse quest’ultimo incontro sarebbe davvero triste.

*Nel momento in cui Kairi dice di ricordare Axel come una persona buona, quella sensazione le deriva da Naminé ~ Axel l’aveva aiutata a fuggire da Marluxia nel Castello dell’Oblio, e dopo aveva persuaso Riku a lasciare andare entrambi quando DiZ avrebbe voluto distruggerla ~ non certo da Xion in quanto quest’ultima e i suoi ricordi si trovano dentro Sora. Il fatto che Lea veda Xion dipende dai suoi ricordi, non da lei. Infine, sempre riguardo a Kairi, il suo nome contiene uno degli ideogrammi che indicano il mare, e da qui la citazione all’oceano.


E per quanto riguarda Kingdom Hearts III, desidero vedere ancora tante cose.
Anche solo come amici, sarebbe bello rivedere Lea e Isa insieme.
Anche se dico spesso che li shippo, e non posso farci niente.


 

P.S. Vorrei ringraziare i miei beta Lisa e Walter, perché grazie a loro ho raccolto le idee e perfezionato le parti che non andavano; nel consigliare e giudicare hanno fatto un lavoro meraviglioso! Ringrazio tanto anche Jessica, che nella sua intolleranza si è dimostrata una grande amica nel farmi notare i miei errori nella scrittura. Grazie a lei ho migliorato la mia grammatica e ora fughiamo i nostri dubbi esistenziali insieme.

   
 
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