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Autore: lauramelzi    04/05/2018    2 recensioni
Annalì Mensen è in viaggio verso Parigi quando improvvisamente due rapinatori entrano nel vagone e le tolgono tutto ciò che le serviva per ritrovarsi con sua sorella Maresa.
Bastian Lambert è l'uomo più conosciuto di Parigi. Arrogante e cinico, non conosce scrupoli né limiti per ottenere ciò che vuole. Due dei locali più in vista di Parigi gli appartengono, e quando Annalì si imbatte disperatamente in lui, diventa improvvisamente difficile per colui che si è sempre preso tutto, offrire tutto. Bastian è l'ultimo ad aver visto Maresa, l'unico a poter aiutare Annalì a ritrovare sua sorella.
Ma tutto ha un prezzo.
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Annalì sbattè le lunghe ciglia e si stiracchiò come un gattino sul sedile scomodo. La schiena indolenzita le fece emettere un mormorio di disapprovazione. 

Eppure, si rese conto, non sarebbe scesa da quel treno neppure se le avessero rimborsato il biglietto e offerto un tour europeo in prima classe.

Un sorriso dolce e spensierato le increspò le labbra, mentre l'entusiasmo velava i suoi occhi chiari, di un colore inusuale che molti avevano definito tra lo smeraldo e il verde acqua.

Parigi era vicina, lo sentiva nel formicolio insolito della pelle, nel battito inaspettatamente più rapido del cuore, nella stretta inusuale allo stomaco. Notando lo sguardo curioso della vecchietta vicina di posto, Annalì le sorrise timidamente. Le sembrò un'aristocratica dama, di un'epoca ormai passata, con i suoi capelli grigi che raccolti in un'alta crocchia ordinata le scoprivano le orecchie pallide, sormontate da un paio di orecchini in oro. Annalì pensò subito che fossero finti vista la loro dimensione enorme. Un trench primaverile era appeso tra quella spalla leggermente ricurva e il finestrino, insieme a una sciarpa color lavanda chiaro. 

Essendo nei posti a quattro, avevano di fronte dei tavolini, rimasti inesorabilmente vuoti dalla parte della signora, inevitabilmente pieni di confezioni di cracker e succhi di frutta dalla parte di Annalì.

La mente di Annalì corse a sua sorella, che l'attendeva sicuramente alla stazione. Quanto le era mancata per questi due anni. Tanto, forse troppo rifletté amareggiata. Si sentiva la metà ammaccata di qualcosa che era stato creato unito. Aveva sempre ammirato la più singolare sfaccettatura del suo carattere, trovandola fantastica e speciale come solo una sorella minore sa fare. 

Un modello di vita, un esempio da seguire, a partire dal modo caparbio di rispondere a loro padre. Era l'unica persona che conoscesse in grado di tenergli testa.

Gli occhi verdi le si adombrarono improvvisamente. Johnson Mensen non era il genitore ideale, non lo era mai stato. A dir la verità, rifletté, non ci aveva neanche mai provato veramente. Sapeva che per via del suo aspetto gli ricordava la mamma, eppure aveva sempre sofferto quel distaccamento volontario nei suoi confronti. Il desiderio di andare avanti, di svoltare pagina e iniziare così un nuovo capitolo della sua vita aveva prevalso infine in lei.

Ecco il motivo per cui era finita su quel treno con tutti gli averi e metà degli ultimi gioielli rimasti della madre, quelli non venduti. L'altra parte Maresa, sua sorella, l'aveva già portata a Parigi, nel proprio appartamento. Tra le due, Maresa era sempre stata la più lesta, nelle azioni come nelle previsioni.

D'un tratto dalla porta d'entrata del vagone riecheggiarono delle urla. Molte teste si girarono. Annalì confusa cercò di capire cosa stava succedendo, riflettendo che, se era uno scherzo, sarebbe stato senz'altro di cattivo gusto.

Improvvisamente i suoi occhi si sgranarono, terrorizzati: un uomo incappucciato aveva appena atterrato un signore sui quarant'anni, e ora lo intimidiva con una pistola a restare sul pavimento del vagone.

I muscoli le si irrigidirono istintivamente mentre la paura le congelava il sangue nelle vene e le attanagliava il petto. Si ritirò nella sua cuccetta tremante. Respirando a fatica sentì confusamente la porta del vagone sbattere e ascoltò con il cuore in gola i passi pesanti e strascicati dell'uomo avvicinarsi.

"Vi preghiamo di stare seduti, e nessuno si farà male." gridò quello mentre le passava accanto. Annalì ritrasse subito le gambe mentre prendeva nota mentalmente dell'abbigliamento da rapinatore che quell'uomo vestiva. Il battito le si fece più rapido.

Il respiro le si bloccò in gola quando la sua mano, stretta al bracciolo di mezzo in una presa ferrea, venne sfiorata. Una mano rugosa con le unghie perfettamente curate e con un velo di smalto rosa antico le stava accarezzando il dorso.

Sgranando gli occhi sollevò il viso verso quella signora anziana che con un sorriso tremolante cercava di tranquillizzarla. Annalì sentì il cuore aumentare i battiti mentre istintivamente riportava lo sguardo sull'uomo che l'aveva superata e che stava in piedi più avanti, al suo lato sinistro.

Se l'intenzione dello sconosciuto era effettivamente derubare tutti i passeggeri, lei non poteva permetterselo.

Lentamente, e con gli occhi vigili e terrorizzati sull'uomo, tolse la mano da sotto quella dell'anziana e l'avvicinò alla borsa che aveva sulle gambe. 

Non poteva lasciare che le prendesse il cellulare, altrimenti una volta arrivata a Parigi non avrebbe saputo come fare. 

Infilò la mano nella sacca, cercando di fare meno rumore possibile e mantenendo l'attenzione sulla schiena dell'uomo, che ora stava facendo deporre
tutti gli oggetti personali di valore dentro un borsone nero, di media grandezza.

Mossa dalla paura, cercò a tastoni il cellulare, sentendo sotto il palmo tutto tranne che quello. Improvvisamente una mano inguantata le afferrò da dietro la spalla e la tirò su in piedi malamente. Annalì sbatté contro il petto marmoreo di un uomo, fasciato da un maglione nero.

La mano passò fulminea dalla sua spalla al collo sottile, senza lasciarle tempo di respirare. Le dita si strinsero spietate sulla sua pelle. Sentì un dolore alla gola, mentre delle fitte acute le impedivano di muoversi. Annalì annaspò mentre il suo corpo si tendeva tutto.

Un paio di occhi azzurri dal taglio quasi affilato si incatenarono ai suoi attraverso i fori del passamontagna.

Erano minacciosi, ed estremamente duri.

Tutto d'un tratto, Annalì si rese conto che i rapinatori erano in due, e che uno di loro aveva visto il suo gesto e non l'aveva gradito. Senza volerlo, iniziò a tremare visibilmente e cercò di sfuggire alla costrizione come un uccellino intrappolato che sbatte le ali in preda al terrore. La presa sulla sua pelle delicata si fece per un attimo più forte, ma quando Annalì iniziò a diventare rossa sulle guance si affievolì, seppur lentamente.

La ragazza inspirò a fatica, mentre l'aria le bruciava la gola e le filtrava nei polmoni come ostacolata da un setaccio invisibile. Con una mano si difese la gola, stordita.

Debolmente scacciò quelle dita spietate, conscia che se l'uomo avesse veramente voluto opporre resistenza non le avrebbe smosse di un centimetro. Il suo sguardo sconcertato si legò per pochi secondi con quello impenetrabile dello sconosciuto, ed ebbe la sensazione che le mancasse il suolo sotto i piedi. 

Alcuni uomini ce l'avevano, quella scintilla d'intensità che poteva metterti sottosopra una giornata tranquilla. 

Poi qualcosa attirò la sua attenzione, un movimento dalla direzione del suo sedile.

"Ti prego ... no" cercò di dire con voce spezzata quando vide l'altro uomo, il primo, avvicinarsi veloce alla sua borsa. Non parve sentire il suo rantolo soffocato. Come prevedendo il suo fragile tentativo di opposizione, lo sconosciuto dai due topazi azzurri come occhi la costrinse contro il sedile. Annalì inspirò a fatica, gli occhi scongiuranti verso la sua borsetta e l'uomo che la teneva tra le mani. Distolse lo sguardo quando lo vide rivoltarla e afferrarne il portagioie, il portafoglio e il cellulare.

Riportò gli occhi pieni di lacrime nel volto dell'uomo che le si stagliava difronte. 

Quelle iridi azzurre trasmettevano un'energia gelida che la spinse a non muoversi più di tanto. 

Come avesse avuto di fronte un animale pericoloso, pronto a ferirla se solo avesse azzardato il minimo gesto.

Se solo si fosse accorta prima che erano in due, se solo non fosse stata così stupida. E ora? Come avrebbe fatto senza documenti e soldi e numero di sua sorella?

Viaggiando parecchio Maresa cambiava spesso scheda telefonica e Annalì non poteva vantare una memoria così vasta. All'improvviso venne afferrata per il mento e l'uomo l'avvicinò a sé. Annalì notò le spalle larghe, e ricordò la durezza del suo petto oltre del suo sguardo. Ebbe l'impressione che sotto tutto quel nero, si celasse un ragazzo poco più grande di lei. 

Ma non era solo il corpo slanciato che la sovrastava, ma l'intensità di quello sguardo attento fisso su di lei, mentre il compagno derubava il resto del vagone.

La pelle intorno agli occhi era liscia, senza alcuna ruga rivelatrice, e le sfumature di quell'iride erano di un azzurro così intenso, così raro e fuori dall'ordinario, da attrarre l'attenzione di chiunque in quel vagone.

Annalì si accorse che il suo sguardo curioso lo stava innervosendo, ma non sapeva che altro fare, dove guardare. Così alzò il piccolo naso verso lo sconosciuto, osservandolo accusatoria con un cipiglio sulla fronte delicata. 

Gli occhi azzurri sembravano trafiggerla con una tale energia che la ragazza pensò per un attimo di aver ricevuto un pugno nello stomaco. 

Poi uno scoppio di risa le giunse all'orecchio. Il secondo uomo aveva appena finito di raccattare tutto il possibile.

Intenta ad osservare quell'individuo, sussultò di paura quando avvertì una mano sul sedere. Soffocando un gridolino, portò immediatamente le mani piccole sulle spalle dell'uomo che aveva difronte per respingerlo. Malgrado la resistenza, quello non tolse la mano ma la lasciò semplicemente posata su di lei. 

Sotto il passamontagna nero, Annalì poté quasi intravedere un sorriso beffardo.

Dopo pochi secondi d'impudente affronto lo sconosciuto le diede una pacca delicata, e le fece cenno col mento di risiedersi al proprio posto. 

Annalì arrossì fino alla punta dei capelli, tra l'infuriata, l'oltraggiata e l'imbarazzata. Lentamente si rimise accanto alla vecchia signora. Emise un sospiro tremulo. 

Era appena stata letteralmente tra le mani di un delinquente, di un rapinatore. Sentì il proprio corpo tendersi.

Lo avvertì anche prima di vederlo, il suo odore, il suo passo quieto. La sorpassò senza degnarla di un ultimo sguardo. I muscoli della schiena delineati e le scapole che si muovevano leggermente. Poi lo vide fermarsi, inaspettatamente, e voltarsi dalla sua parte. Annalì trattenne il respiro, mentre cercava inconsapevolmente il suo sguardo. 

Di cos'altro voleva derubarla? 

Non aveva più niente con sé.

Il ragazzo le si avvicinò in poche falcate, non lasciandole il tempo di reagire. Si abbassò verso di lei, sul suo sedile e Annalì chiuse gli occhi di getto, il cuore che le batteva impazzito nel petto. 

Eppure non avvertì nessun tocco, nemmeno il più lieve. Socchiudendo le lunghe ciglia scorse la mano inguantata con il palmo aperto e rivolto verso l'alto in direzione dell'anziana signora. Poi vide la donna con uno sguardo seccato togliersi piano, con una calma sorprendente, gli orecchini, e posarli nella mano di lui.

Annalì non poté trattenersi dall'osservare il profilo di quel volto mascherato. 

Non che potesse vederlo bene, ma il tratto marcato dello zigomo e quello decisamente dritto del naso gli conferivano un'aria elegante, quasi aristocratica.

Sprecata per un comune rapinatore.

In pochi istanti, lo vide raggiungere il compare, caricarsi la borsa in spalla e sparire dalla porta comunicante.
  
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