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Autore: Relie Diadamat    04/05/2018    2 recensioni
Merlin, ventenne suonato, si ritrova costretto a lavorare al fianco del suo inseparabile Asino, nel bar aperto da quest'ultimo. Con loro c'è Freya, la dolce ed ingenua fidanzata di Merlin, che Arthur detesta.
Tutto cambia un giorno, quando il giovane Pendragon rivela ai suoi colleghi un cambio di programma.
*
[Dal Cap. 1]
«Non saremo i soli a gestire il bar.» continuò Arthur, serrando lievemente la mascella, evidentemente quella non era stata una scelta del tutto condivisa dal biondino «Mia sorella Morgana ed il suo fidanzato Mordred saranno dei nostri.»
Il cervello del corvino si resettò in un lampo.

*
[Cap. 6]
«Io non voglio condividere proprio niente con te, Aridian.» sibilò, serrando lo sguardo.
«Strano…» Unì tra loro le mani, aggrottando la fronte «La droga la dividevi volentieri.»

*
[Cap. 13]
«Quella stronzata che sono attratto dal tuo ragazzo. Come ti è venuta in mente una cosa simile?»
«Perché io ti ho visto, Arthur. Ho visto cosa diventano i tuoi occhi quando lo guardi».

*
[Cap 11]
«Io ti avrei amata per sempre».
*
*
[Freya/Merlin/Arthur] [Mordred/Morgana/Merlin] [Freya/Merlin/Morgana] [Merlin/Arthur/Mithian] [Elyan/Mithian/Arthur] [Kara/Mordred/Morgana] [Freya/Gwaine]
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Freya, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù, Merlino/Morgana
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Nda: Buon salve a tutti!
No, non ci credo nemmeno io di essere tornata, ma di certo so che tutto questo mi è mancato tantissimo. 
Questa storia è nata per gioco e pian piano si è fatta spazio nel mio cuore. Ad oggi, resta la mia storia più seguita e amata sul sito. E ve ne sono molto grata. 
Un grazie speciale a simoasr94 che col suo dolcissimo messaggio mi ha incoraggiata a tornare. (I miracoli possono accadere, dopotutto.)
Se c'è ancora qualcuno che avrà voglia di seguirmi, sappiate che mi impegnerò con tutta me stessa per portare al termine questa benedetta long. Ce lo meritiamo tutti. XD
Ho deciso di ritornare con un capitolo breve, così sarà più facile ripartire.
Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, proverò a riassumere tutto quello che è successo fino al XXIII capitolo. 
Grazie a chi è rimasto e grazie a chi deciderà di restare. E scusatemi tantissimo. 
 
 
PREVIOUSLY ON PENDRAGON'S COFFEE:
Merlin è un ragazzo di vent'anni reduce da un'infanzia problematica. 
La sua vita sembra procedere per il verso giusto, da quando Gaius - un ex medico militare vedovo -  lo ha accolto nella sua dimora: lavora nel bar del suo migliore amico, Arthur Pendragon,
insieme alla sua attuale fidanzata: Freya. Tutto si complica quando Morgana torna a Londra col suo promesso sposo Mordred.
Tra Morgana e Merlin ci sono troppo segreti, quali tra questi la loro relazione passata e il coinvolgimento di Merlin in un presunto spaccio di droga.
A risentirne, però, sarà il rapporto tra Freya e Merlin. 
Come se non bastasse, Aridian torna nella vita di Merlin per garantirsi il suo silenzio, minacciandolo. 
Anche Uther - il padre dei Pendragon - sembra avere dei segreti: in passato ha conosciuto Aridian e ancora adesso quest'ultimo gli deve un favore, in più sembra che abbia una figliastra di nome Morgause.
Proprio quando Arthur si accorge di provare qualcosa per Merlin, il suo migliore amico, scopre che lui e Morgana avevano una relazione. 
Ma quello, non è l'unico segreto che Merlin gli nasconde... 
Ciliegina sulla torta: Morgana aspetta un figlio, ma non sa chi sia il padre.

 



XXIII. In Vino Veritas (Parte I)
 
Mi spezza il cuore
Perché so che tu sei l’unico per me
You will never know, Imany
 
 

Tutto può cambiare in una notte.
Le borse crollano, i supereroi diventano orfani e le luci abbaglianti della volante della polizia colorano di blu e di rosso il viale della tua casa.
Potresti sapere tutto ciò che non avresti dovuto udire. Potresti diventare una pedina fastidiosa sul fondo di una scacchiera minacciosa.
Bianco e nero.
Mossa giusta, mossa falsa.
Se ti guardassi bene attorno potresti scorgere i giocatori leccarsi i ghigni sardonici, le labbra affilate danzare al ritmo di un bramato e sinistro scacco matto.
Tutto può cambiare in una notte… ma era giorno quando hai seguito con gli occhi il riflesso delle luci dell’ambulante della polizia col viso poggiato contro il vetro della finestra, mentre tuo zio stringeva la mano ad un agente. Era già mattina quando ha iniziato a nevicare e lui ti ha promesso che ti avrebbe insegnato a suonare la chitarra. Era già mattina quando siete andati insieme all’ospedale, dove ti sei ritrovato da solo con un assistente sociale.
Eppure qualcosa era successo, la notte precedente.
Tu sapevi cosa sarebbe accaduto quel giorno. Avevi ascoltato tutto.
 
**


Quando le prime gocce di pioggia picchiettarono contro le persiane accostate del soggiorno, Freya era ancora stesa sul divano, la testa poggiata sull’avambraccio sinistro e la mano destra chiusa intorno al polso. Stropicciò gli occhi al suono vicino di un tuono, accogliendo con esso un fastidiosissimo cerchio alla testa. Le ci volle qualche minuto, il primo lampo del mattino e una mano premuta contro la fronte, per riconoscere il salotto di casa sua. E di Merlin.
Era strano dormire lì, sul divano, invece che nel suo comodo letto matrimoniale. Con Merlin.
Si tirò su a sedere, avvertendo un acuto dolore martellante alle tempie: era come se un operaio col berretto giallo si fosse trasferito in pianta stabile nel suo cranio e avesse deciso di azionare il martello pneumatico senza alcuna pietà, contro le pareti ossute del teschio. Non le servì neanche aspettare il prossimo flash accecante del nuovo fulmine per riconoscere la bottiglia di vino ai piedi del divano. Con una smorfia decise di alzarsi, dirigendosi verso il bagno per  restare sotto il getto gelido della doccia finché non le sembrasse di essere realmente sveglia.
In meno di un’ora fu fuori casa, lo stomaco che non sapeva se reclamare cibo o espellere tutti i pranzi e le cene della sua vita; l’ombrello la riparava dal grigio di Londra e del temporale. Le strade avevano un odore diverso, adesso che ci prestava la giusta attenzione. Erano sempre le stesse, quelle che percorreva ogni mattina, ma erano anche diverse.
Tutto era diverso.
La prima macchia di colore che riconobbe quel giorno furono gli occhi azzurri di Mordred, che intanto se ne stava in piedi accanto ad Arthur aspettando che il proprietario aprisse il bar. Gli dedicò un mezzo sorriso poco convinto e lui sembrò ricambiare alla stessa maniera. Arthur nel frattempo parlava di tazze, clienti e caffè. Nemmeno la pioggia pareva ascoltarlo.
«Tutto bene?»
Freya si avvicinò a Mordred, che con i capelli neri arruffati e un leggero cenno di occhiaie sembrava non passarsela meglio di lei. O magari sì. Ci sono tante ragioni per cui restare svegli tutta la notte. «Sta piovendo» gli disse, come se fosse una risposta esaustiva. «Tu come stai?»
«Non lo so.» Mordred si lasciò scappare una breve risata senza allegria, le mani nelle tasche. «Non dovrebbe neanche essere una risposta “non lo so”. Non significa nulla, soprattutto se l’altra persona ti sta facendo una proposta di matrimonio».
Freya si voltò a guardarlo e, nel farlo, si accorse di un piccolo particolare che non aveva mai notato prima d’ora: Mordred era triste, deluso e solo. Era nel posto sbagliato per la persona sbagliata. Come me. «Ci siamo lasciati», gli bisbigliò, un attimo prima che la faccia stranamente allegra di Arthur li invitasse a sbrigarsi e a mettersi all’opera.
«Questa sarà una splendida giornata!» Il Pendragon si sfregò le mani, premendo gli interruttori e in un attimo il bar prese vita e colore. «Piove, e la pioggia è sempre un buon segno» recitò come una vecchia favola della buonanotte, un sorriso stampato sulla faccia riposata e i capelli biondi perfettamente in ordine.
Freya e Mordred si scambiarono un’occhiata eloquente.  «Non si è nemmeno accorto della mia presenza», brontolò. «Cos’ha da essere tanto felice?»
«È un Pendragon.» Le tenne la porta aperta per farla passare, e poi si tolse la giacca. «Non tentare di capirlo, assecondalo e basta o ti ritroverai con un coltello conficcato nel petto.»
«Mi manca la mia bottiglia di vino» mugugnò, dirigendosi verso lo stanzino con Mordred, ridacchiando per la prima volta da quando si era alzata dal divano.
 
**

 
Il risveglio era stato peggiore del previsto, il mal di testa insistente e un peso allo stomaco.
Aridian gli aveva offerto mezza bottiglia di gin tonic, osservandolo in silenzio mentre trangugiava un bicchierino dopo l’altro; non gli aveva rivolto la parola, si era limitato ad alzare quelle labbra velenose in un sorriso storto, un sorriso di compiacimento, certo del tacito accordo che avevano appena stretto: Merlin non lo avrebbe ostacolato, non sarebbe stato un problema e non si sarebbe nemmeno fatto da parte. Se Aridian aveva bisogno di un burattino, Merlin sarebbe stato il suo pupazzo di pezza.
Quella era la sua vita, la sua famiglia e non sarebbe mai cambiata. E Merlin non si sarebbe opposto: Aridian conosceva le persone che lo circondavano, le persone che amava, e Merlin non era pronto a sacrificarle. Non lo sarebbe mai stato.
Quella notte non tornò a casa sua, dove Freya era rimasta a leccarsi le ferite che le aveva inferto. Che codardo.
Allungò il passo verso una strada familiare, bussando alla porta dell’unica persona che avrebbe voluto al suo fianco anche mentre si vergognava di se stesso. Gaius non pretese spiegazioni. Lo lasciò entrare nella propria casa, nel cuore della notte e con gli occhi preoccupati, la stanchezza che si rifletteva sulle rughe del suo viso. Anche quando fu solo con se stesso, Merlin continuò a pensare di aver fatto la scelta giusta, per quanto disgustosa e dolorosa. Sperò che l’alcol aiutasse il sonno, ma rimase per molto tempo steso nel letto e con le braccia conserte a guardare il soffitto. E per quanto si fosse ripromesso di chiudere per sempre quel capitolo della sua vita, il volto di una Morgana adolescente baciata dal tramonto si fece spazio nella notte, pregandolo di scappare insieme verso Parigi.  
Si alzò poco dopo l’alba, sperando che Gaius dormisse ancora. S’incamminò verso quella cucina che lo aveva ospitato nei giorni più belli che avesse mai vissuto, e quasi tremò dall’emozione nel rivedere una scatola di cereali al miele poggiata sul tavolo, proprio accanto alle viole. I suoi occhi si inumidirono contro la sua volontà.
C’era stato un tempo in cui credeva di essere scappato da Aridian, dal suo passato e da tutto quel sangue… La sua vita era ricominciata dalla notte in cui Gaius lo aveva accolto con sé, il sopracciglio diffidente all’insù e una casa che profumava di fiori freschi.
C’era stata l’amicizia con Arthur, c’era stata Morgana… poi c’era stato il Pendragon’s e infine Freya. Pian piano, sentiva di aver perso tutto – si trattava di una questione di tempo, ma prima o poi avrebbe dovuto dire addio anche a tutto quello. Addio al bar, addio per l’ennesima volta a Morgana e…
Tirò su col naso, decidendo che quello non sarebbe stato il giorno degli addii. Lo avrebbe fatto, un po’ per volta, ma non adesso.
Prese una tazza dalla credenza versandosi una bella manciata di cereali, a cui aggiunse un po’ di latte. Una volta terminata la sua colazione, lavò la tazza e ripose tutto al proprio posto. Uscì sulla veranda, accolto dal venticello fresco della mattina. Londra era già sveglia, ma non abbastanza rumorosa; sembrava che il nuovo giorno avesse cancellato tutte le ore precedenti, e per un po’ Merlin si lasciò coccolare da quell’illusione.
Un tuono, poi le prime gocce di pioggia. Rimase a guardarla mentre cadeva sulle case, sulla strada e sui fiori. Una goccia dopo l’altra, grigio sui colori dell’estate. Per un breve istante, desiderò di avere uno zaino da afferrare in tutta fretta con la speranza che le domande del compito di chimica fossero meno complicate della volta precedente.
 
 
Non fu difficile tenersi occupato fino al pomeriggio.
Sfruttò tutto il tempo che aveva a disposizione per preparare una degna colazione a Gaius, assicurandosi che mandasse giù qualcosa prima dei medicinali, evitando volutamente l’argomento Aridian. L’anziano però lo conosceva talmente bene, e ormai anche da tanto tempo, da accorgersi che qualcosa non andava, così Merlin si sentì costretto a raccontargli di ciò che Gwen gli aveva confessato riguardo la gravidanza di Morgana e della sua rottura con Freya.
Gaius lo ascoltò in silenzio, seduto sulla solita sedia di legno, mentre la pioggia continuava a picchiettare contro il vetro delle finestre. «Mi dispiace per come siano andate le cose tra di voi», gli disse. «Sappi che se hai bisogno di un posto dove stare, questa casa sarà sempre aperta per te. Qui c'è abbastanza spazio per entrambi».
Merlin allargò le labbra grato, abbassando gli occhi sulle dita. «Grazie, Gaius».
L'anziano ricambiò con lo stesso sorriso e mentre prendeva tra le mani un pacchetto di medicine e si riempiva il bicchiere d'acqua, Merlin si chiese quanto doloroso sarebbe stato dire addio anche a lui.
«Vedi Merlin, tutto prima o poi finisce. Non possiamo fare nulla per impedirlo. È il corso della vita.» Gaius sembrò leggergli nel pensiero, gli occhi chiari puntati chissà dove, forse immaginando tempi andati, qualcuno che già non c'era più da tempo. «Non sta bene lasciare le cose in sospeso. Non per troppo tempo. Il tempo è tiranno».
Nonostante si sentisse come chi è appena caduto con la faccia in una pozzanghera di letame, Merlin si sorprese a ridacchiare per la confusione. «Che intendi dire? Non ti seguo».
«Alcune volte mi chiedo come tu abbia fatto a sopravvivere per tutti questi anni.» Gaius scosse il capo come un maestro paziente che si lamenta del suo alunno più incapace, prima di alzarsi con lentezza dal suo posto. «Devi parlarle. Ma senza fare l'idiota».
Non fu necessario pronunciare un nome. Merlin sentì l’intestino indurirsi e un senso di disagio prendere il sopravvento. Cercò di mascherare l’evidenza, recitando il ruolo del ragazzino imbecille.
«Oh Gaius, adesso mi offendi!» brontolò, un tono volutamente risentito. «Sai che non lo farei mai.»
«Mi piacerebbe che fosse vero».
Col senno di poi, e con una bella manciata di sarcasmo, Merlin avrebbe dovuto ammettere che sarebbe piaciuto tanto anche a lui.
E invece era stato il solito Merlin, anche quella volta.
 
 
 
La pioggia continuò ad offrire il suo spettacolo alla capitale per tutta la mattina, esibendosi in grossi goccioloni. Merlin si rimboccò le maniche, dando una sistemata alla casa del povero Gaius, spolverando persino i vecchi tomi di medicina che l’anziano custodiva nel suo studio. Non si sorprese più di tanto quando notò che alcuni libri erano stati letti di recente.
L'immagine di un Gaius seduto sulla veranda, gli occhiali calati sul naso e la faccia ad un soffio dalle pagine di un vecchio saggio sulla medicina, gli strappò un sorrisetto malinconico.
Era così che lo avrebbe sempre ricordato. Era così che gli sarebbe piaciuto vederlo per l'ultima volta.
Vivian avrebbe fatto lo stesso?
Merlin non sapeva rispondersi. Quale ricordo si conserva del proprio padre?
Si volse a guardare la stanza con le sue pareti silenziose. Il mappamondo immobile sulla scrivania, un quadro di Cezanne abbellito da una cornice appena spolverata, il bouquet di dalie esposto alla luce della finestra… Il tempo sembrava essersi fermato in quella casa, come se qualcuno avesse congelato le lancette dell’orologio per tutti quegli anni.
Provò un senso di tenerezza misto allo smarrimento, come chi torna a casa dopo un lungo viaggio ritrovando tutto esattamente com'era, ma con la consapevolezza che la permanenza non si sarebbe prolungata.
Gli era mancato quel posto. Gli mancava ancora. E gli sarebbe mancato terribilmente in futuro.
Quando ebbe finito con i lavoretti domestici, lasciando un Gaius dedito alla lettura di un saggio sull’anatomia umana, Merlin controllò l'ora per accertarsi che Freya fosse già al bar per dirigersi verso l'appartamento.
Salire le scale, infilare le chiavi nella fessura e camminare tra quelle mura non era più lo stesso per lui. Mentre raccoglieva le sue cose per caricarle in auto si sentiva a disagio, si sentiva un ladro.
Nella sua testa continuava a ripetersi un'unica frase: Freya non merita tutto questo.
Portò via solo l'indispensabile, la testa che gli girava. Se possibile, avvertiva ancora il sapore amaro dell’alcol nella gola.
Si mise al volante sperando di essere abbastanza lucido per guidare, le mani sul manubrio e gli occhi persi da qualche parte oltre il parabrezza. L'ombrello che Gaius gli aveva prestato gocciolava al suo fianco, come un vecchio amico inzuppato e col fiato corto.
Almeno non lo avrebbe giudicato.  
«Sento che andrò in prigione, sai?» Parlò all’ombrello come se fosse reale, inserendo la marcia. «Se mi fermeranno per una multa, non so per quanto riuscirò a tacere. Te lo insegnano nei film. Mai bere quando hai un segreto da custodire».
Merlin si era ubriacato tre volte nell'arco di vent'anni di vita, e si era ritrovato con le mani affondate nei capelli per la disperazione ogni volta, rimpiangendo quei bicchierini di troppo. Ma quella era stata la peggiore di tutte.
Avrebbe dovuto immaginarlo da subito, quando ripercorrendo la strada a ritroso aveva scorto una chioma corvina tra la folla londinese e aveva deciso di seguirla fino alle vicinanze del bar, accostando.
Nemmeno dopo una sbronza bisognerebbe intavolare una discussione, Merlin doveva saperlo bene, ma quando Morgana si guardò intorno nascondendo la pancia dietro una grossa borsa, tutte le sue convinzioni crollarono come una torre di carte.
Ritornò fastidioso il ricordo della notte precedente, della proposta di matrimonio di Mordred e le parole di Gwen.
 
«Morgana aspetta un bambino. Non sa chi sia il padre, ma ha deciso di non tenerlo»
«Mordred le chiederà di sposarlo»
 
Stringere i pugni non servì a nulla, perché per quanto la sua testa gli dicesse di tornare sui propri passi, Merlin scese dall'auto con una sola destinazione.
 
 
**

 
L'odore deciso del caffè le riempì le narici con insistenza, risvegliando il cerchio alla testa dovuto alla bottiglia di vino economico scolata la notte prima.
Freya approfittò di un momento di calma apparente per isolarsi in un angolo del bancone, dando le spalle alla cassa dove Arthur stava seduto allegro ed energico, per lasciar cadere un'aspirina nell'acqua che si era versata nel bicchiere.
Intorno a lei i tavoli cominciavano a spopolarsi, man mano che il pomeriggio avanzava. La gente masticava sandwich al prosciutto per tappare il buco allo stomaco dovuto ad un pranzo veloce, facendosi compagnia con un drink analcolico e lo schermo del proprio cellulare.
Le poche coppie presenti chiacchieravano tranquille, in perfetta armonia.
Perché gli sconosciuti sembrano sempre così felici?
Aspettò che l'aspirina si sciogliesse prima di portarsi il bicchiere alla bocca.
Alle orecchie le arrivò una risata cristallina proveniente da uno dei pochi coperti occupati; Freya riconobbe le due ragazze che aveva udito parlare di viaggi nel tempo, universi paralleli e anime gemelle mentre sparecchiava i tavoli lasciati liberi.
A ridere era stata la giovane dai capelli biondi, quella che adesso aveva allungato distrattamente la mano sul tavolo. Le dita dell'altra la raggiunsero quasi subito, intrecciandosi timidamente in un abbraccio di falangi e carne.
Un primo appuntamento, forse.
Sembravano davvero felici. Come se non esistesse altro posto al mondo dove trovarsi.
Un tempo si era sentita così anche lei, mentre Merlin le stringeva la mano. Si era sentita a lungo nel posto giusto prima di accorgersi che era tutto sbagliato.
Adesso le sembrava strano il modo in cui quelle due ragazze si guardavano, la loro allegria nel raccontarsi pareri sui misteri dello spazio e del tempo.
Avrebbe voluto avere voglia di tornare a casa… Se solo si fosse sentita a casa nel suo appartamento. L'unica certezza era il nodo alla gola e la voglia di sparire sotto le coperte.
Come ogni cavaliere errante che si rispetti, la figura magnetica di Mordred si diresse verso di lei impedendole di annegare in un mare di lacrime davanti ai clienti e ad Arthur.
Poteva immaginarlo senza problemi: Sir Mordred, il cavaliere più enigmatico di tutti. Quello con gli occhi polari e la faccia troppo pallida, sempre preso in giro dai compagni d'armi. Il cavaliere che lottava per restare in un posto che non gli apparteneva.
Si avvicinò al bancone senza proferire parola, posando il vassoio sul marmo.
Era quello il lato che Freya stava imparando ad adorare: Mordred non imponeva il dialogo, lasciava agli altri la possibilità di aprirsi senza pretendere nulla.
Lo aveva imparato nella sua carriera da avvocato?
Freya non lo sapeva, ma come strategia era vincente. «Tu ci credi a questa storia degli universi paralleli? Credi davvero che in un posto, lontano anni e anni luce da qui, noi stiamo vivendo una vita diversa da questa?» Giocherellò con le dita, formando cerchi sul bancone con i polpastrelli, certa di avere tutta la sua attenzione. «Insomma, in questo universo saprei tutto di Merlin, magari staremmo ancora insieme. Saprei come ha conosciuto Gaius, chi erano i suoi genitori, come ha potuto permettersi un appartamento col suo stipendio da barista...».
Freya alzò lo sguardo sul collega, mordendosi le labbra per non piangere. «Io non so niente di lui, adesso me ne accorgo. E non dovrebbe essere così quando decidi di dividere la tua vita con qualcuno.» Fece una pausa, guardandolo bene in quegli occhi chiari che quasi l’accecavano.  «Tu sei sicuro di conoscere Morgana al punto da sposarla?»
Mordred mantenne il contatto visivo, ma non rispose. I ricci ribelli che gli ricadevano sulla fronte lo rendevano ancora più triste. E bello, Freya dovette ammetterlo.
Come poteva Morgana non vedere cosa stava trascurando? Come poteva mettere da parte un uomo come lui?  
«Non voglio spaventarti» gli disse, «ma forse dovresti prenderti del tempo per  rivalutare i tuoi piani. Non sei costretto a tenere in piedi un rapporto, se non ne sei convinto. Lei non aspetta un bambino, non ci sono pressioni. Voglio solo… che tu faccia la scelta che ti renda più felice».
La bocca di Mordred si allargò in un mezzo sorriso indecifrabile, che in quel momento Freya interpretò come un gesto amichevole.  «Io e te dovremmo parlare più spesso.» Le porse un cioccolatino sfilato dalla tasca del grembiule, scoccando poi un'occhiata eloquente nella direzione di Arthur.  «Mi piace pensare che in un altro universo sia davvero una principessa».
Freya rise sincera, immaginando una Arthur Pendragon in gonnella rosa mentre sbraitava ordini alle governanti.  «Con un garofano tra i capelli… »
«Sempre che padre non lo rimproveri per quel look da contadinella».
«Allora la principessa si armerà di pugnale e li taglierà uno ad uno…»
«Scandalo a corte!»
«Il regno non può tollerare una Angela Lansbury tra le mura del castello.»
Come se richiamato dalla conversazione, Arthur si incamminò verso di loro, un blocchetto per le annotazioni tra le mani, mentre i due si ricomponevano fingendo innocenza. «Allora», esordì scorrendo la pagina, «voglio che qualcuno di voi faccia felice la signora in giallo».
Freya e Mordred si scambiarono un'occhiata e, prima ancora che il Pendragon potesse proseguire con l'ordinazione, i due scoppiarono in una fragorosa risata.
Arthur li guardò accigliato. «Cosa diamine vi prende?»
«Universi paralleli», si limitò a spiegare Mordred.
L'altro fece scoccare la lingua contro il palato con aria di rimprovero, inforcando la penna blu. «Certo. Quando avrai smesso di giocare a Rose Tyler ricordati di fare questa piccola consegna senza perderti in un'altra dimensione o imbatterti in un Dalek, intesi?»
Mordred prese il biglietto, con aria solenne.  «Ignoro il significato delle tue parole, ma lo farò».
Freya vide Arthur sbarrare gli occhi incredulo.  «Non conosci questa serie? Perché ti fanno ancora restare in Inghilterra?»
«Je ne sais pas».
Mordred si allontanò vittorioso, Arthur che sbuffava come un cavallo infastidito dal puntuale francese impeccabile dell'altro.
«Non lo sopporto quando fa così» brontolò, tornando alla cassa e lasciando Freya sola col cioccolatino che le aveva regalato Mordred.
Lo addentò mentre l'uomo caricava una torta sull'auto che Freya aveva messo a disposizione per il bar, lasciandosi coccolare dal gusto dolce del cioccolato.
Ti prego, avrebbe voluto implorarlo. Non sposarla.
Arthur tossicchiò con finta noncuranza seduto alla cassa per ammonirla della sua perdita di tempo. Controvoglia, Freya raddrizzò la schiena pronta a rendersi utile quando il rumore di un piattino caduto al suolo polarizzò l’attenzione di tutti i presenti su di sé.
Udì distintamente la voce di Morgana urlare qualcosa. Ma contro chi?
Si guardò intorno, cercando Mordred con lo sguardo. Era con lui che stava discutendo?
Poteva trattarsi di un cliente dalla mani lunghe, un pazzo che aveva perso la pazienza, ma il modo in cui il volto di Arthur si era adombrato le suggerì una conclusione. Capì di aver fatto centro dallo scatto felino del Pendragon fino ai tavolini esterni.
Sarebbero mai cambiate certe cose? Se lo chiese retoricamente, sapendo fin dal principio la risposta. Gli occhi cominciarono a pizzicarle, ma nelle vicinanze non c’era nessun cavaliere pronto a consolarla.   
 
 
 



Relie's Corner
Eh già, sono proprio tornata.
Come avete potuto notare, questo era un capitolo di bentornato. Il prossimo sarà più "divertente" lo giuro. 
L'unica frase detta in francese da Mordred è "Non lo so". Ricordate che Arthur non sopporta quando il nostro parigino preferito parla in francese, vero?
Mi rendo conto di aver italianizzato troppo il Pendragon's e di questo mi scuso, ma non saprei proprio cos'altro inventarmi. Prendete tutto con le pinze. 
Come avete potuto notare, inoltre, ci sono dei chiari riferimenti ad una serie tv che ultimamente mi ha preso tanto: Doctor Who. Se può interessarvi, ho pubblicato una long (che terminerò!) anche lì ---> Nel posto giusto
Ultima novità della giornata: ho creato una piccola playlist su Spotify per Pendragon's. Se vi interessa, la trovate qui ---> click
Detto questo vi saluto, augurandomi che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Grazie per essere arrivati fin qui.
Al prossimo capitolo!
   
 
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