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Autore: carachiel    04/05/2018    6 recensioni
E' noto che fare patti con qualsivoglia creatura non umana porta solo che a grandi macelli.
Ma se proprio bisogna aprire il Vaso di Pandora delle recriminazioni, beh...
“Non è attestato quanta energia contenga in totale il corpo umano, ma dalle nostre indagini è venuto alla luce che sarebbero comunque livelli altissimi.”
“Quindi sarebbe possibile?”
“Sì. Il sacrificio volontario permetterebbe in passaggio tra le due energie, essendo esse di matrici opposte. Inoltre, ma credo che tu lo sappia, è necessaria una buona intesa fra donatore e ricevente.”
“…Sulla Terra lo chiamiamo trapianto.”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byron Arclight/Tron, Christopher Arclight/ Five, Michael Arclight/ Three, Thomas Arclight/ Four
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Impulso–verse'
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Impulso

 
“Che ne sai tu di un campo di grano,
poesia di un amore profano
La paura d’esser preso per mano che ne sai…”
Lucio Battisti, Pensieri e parole

“Non è attestato quanta energia contenga in totale il corpo umano, ma dalle nostre indagini è venuto alla luce che sarebbero comunque livelli altissimi.”
“Quindi sarebbe possibile?”
“Sì. Il sacrificio volontario permetterebbe in passaggio tra le due energie, essendo esse di matrici opposte. Inoltre, ma credo che tu lo sappia, è necessaria una buona intesa fra donatore e ricevente.”
“…Sulla Terra lo chiamiamo trapianto.”
 
Un mese prima…
 
“Cristopher Lucian Arclight, tu devi essere completamente impazzito!!”
La voce stridula e crudelmente bambinesca di Tron rimbombò su ogni parete della casa in una domenica mattina nuvolosa, spaventando anche uno sventurato piccione che passava vicino alle finestre.
“Una proposta perfettamente logi…”
“Logica un corno! Ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo??” esplose l’altro, portandosi drammaticamente le mani alla testa e saltando in piedi dalla sedia.
“Strano. Avrei detto che considerati i precedenti…” mormorò l’interlocutore, lasciando volutamente la frase in sospeso.
“No, Five, no. Chiedimi tutto ma non questo.”
L’altro alzò un sopracciglio, notando il brusco passaggio dal nome di battesimo allo pseudonimo, per poi avvicinarsi al ragazzino biondo, poggiandogli una mano sulla spalla. Un gesto che risultava alquanto bizzarro data la differenza d’altezza tra i due, tanto che sarebbero sembrati padre e figlio, e non il contrario.
“Riflettici.”
 
Era una proposta che aveva dell’assurdo, si era detto Five quando il capo del popolo degli Astrali, Ena, gliene aveva parlato nel dettaglio, ma comunque praticabile.
Consisteva nel far passare una certa quantità di energia dal corpo del donatore, privandolo di fatto di una parte di essa, ma ripagando un’altra persona. E se fatto con Tron, che era stato contaminato con energia Bariana, l’energia opposta lo avrebbe dovuto riequilibrare, facendolo tornare alle sembianze originali
Iniziava a stentare a credere che un tempo quell’uomo fosse stato suo padre, tanto era diverso.
 
Five, davanti a una simile prospettiva, aveva deciso di offrirsi in prima persona per l’operazione, senza interpellare neanche i fratelli minori, ben conscio che l’avrebbero ostacolato.
Perdere la vista, alla fin fine, risultava comunque molto più sopportabile di quanto avesse vissuto in cinque anni. Ma senza il consenso di Tron non avrebbe potuto fare nulla, era necessario che anche lui fosse d’accordo.
Era stata una decisione sofferta, ma presa comunque dato che l’operazione per ridargli la vista era di fatto possibile nel mondo umano, anche se se ne era guardato dall’accennarne ad Ena, ben sapendo quanto gli Astrali potessero essere disinteressati nel trattare gli accordi.
 
Passando diversi giorni, venne spontaneo a entrambi pensare che quella conversazione fosse solo un ricordo o non ci fosse mai stata, finché una sera Five, uscendo per svolgere alcune commissioni, si trovò davanti Tron seduto sulla panca davanti a casa loro. Vivendo in una zona collinare e quindi sopraelevata rispetto al resto della città, dal prato sotto casa loro si riusciva a vedere tutta Heartland. Guardando quello scenario alla luce del sole Five aveva capito subito perché suo padre aveva tanto insistito per costruire la casa proprio su quel punto.
Restò qualche istante indeciso se annunciare la propria presenza o meno, dato che l’altro sedeva come assorto, per poi tentare un approccio silenzioso, e sederglisi accanto.
Tron teneva la maschera poggiata sulle ginocchia e la mano appoggiata, anche se sarebbe stato pìù corretto dire sprofondata, sulla parte sinistra del viso, dove c’era il vuoto. Il segno del patto che aveva sancito con i Bariani.
Dopo qualche minuto nessuno dei due pareva essersi mosso, finché Five non notò che Tron tremava, quasi impercettibilmente. Con un sospiro si forzò ad avvicinarglisi, guardando le lacrime che gli scendevano dall’unico occhio dorato.
Fu in quel momento che capì che Tron, Byron, o qualunque persona fosse, stava capendo. Non accettando, ma capendo.
 
“Non lo faccio per te.”
A quelle parole Tron girò lo sguardo, posandolo sulla figura sottile del primogenito.
“Cosa…?”
“Non lo faccio per te. Né per me. Lo faccio per loro. Sai meglio di me quanto meritino tutta la felicità che possono ancora avere.”
“Io… Non me lo merito.”
L’altro tacque un istante, dato che da quelle parole traspariva chiaramente una presa di coscienza circa la gravità della situazione. In ritardo, certo, ma che c’era, comunque.
“Lasciare le cose come stanno adesso le migliorerebbe?” domandò, senza riuscire a non dare un tono quasi ironico alla domanda
“No, certo …Ma tu?”
“Io, beh certo, finalmente dopo cinque anni te ne sei reso conto che esisto, che non sono una semplice macchina programmata da te!” pensò con amara ironia, per poi stringersi nelle spalle. “Io… beh, ci farò l’abitudine. In fondo sono solo una manciata di mesi.”
“Questo… questo non cambia il sacrificio che devi fare!” strillò Tron con le lacrime che gli scendevano copiose dall’occhio. “E… E se qualcosa andasse storto? E se fosse una cosa definitiva??”
“Per quello bisogna saper comandare il caso come gli orientali.”
“Nessuno lo può fare.”
 
Five tacque, scrollando le spalle come per dire che se non si fosse fatto nulla la situazione non si sarebbe certo risolta da sola.
“Comunque… ne hai informato Four e Three?” domandò il ragazzino, per poi scuotere la testa “No, non l’hai fatto, vero?”
A quelle parole Five alzò le sopracciglia, tentando di non palesare lo stupore a quelle parole che parevano averlo letto nel pensiero.
“Non ancora, effettivamente.” ammise
“Non l’avresti fatto comunque. Perché se l’avessi fatto ti impedirebbero di sacrificarti.”
“Co- come fai a saperlo?”
 
Erano in quei momenti che Five si rendeva chiaramente conto che in quel ragazzino convivevano due persone ben distinte. Perché simili deduzioni non erano decisamente proprie di un bambino.
 
“E’ chiaro che tu sei il loro punto di riferimento. E se ti amano è normale che non te lo lasceranno mai fare.”
“Ma infatti lo farò lo stesso.”
“Anche se io volessi impedirtelo?”
Five non rispose, ma fissò Tron con un’espressione tale di sicurezza e alterigia che avrebbe intimorito anche i sassi.
“…Sta bene. Hai il mio consenso.”
“Davvero?”
“Anche se continuo a pensare che sia una pazzia.”
 
Nei giorni seguenti mentre Astral li istruiva –di nuovo- sulle modalità del viaggio per il Mondo Astrale Five si ritrovò a pensare come sarebbe stato non poter vedere, seppur per un periodo di tempo relativamente breve.
Aveva già fatto qualche tentativo ad orientarsi ad occhi chiusi e a svolgere qualche semplice azione, come camminare senza sbattere o sedersi, ma ora che mancava davvero poco si rendeva conto che la differenza era palese e che fingere e subire effettivamente la condizione non era paragonabile.
E quasi gli venne da ridere all’idea che Three gli avrebbe potuto proporre di leggere ogni cosa per tutti e tre i mesi.
Si era già preoccupato di mettere coi suoi fratelli una scusa che reggesse per i giorni in cui lui e Tron sarebbero stati fuori casa, contando di dirgli la verità una volta tornato.
Già, tornato con una persona che loro credevano morta e sepolta.
 
Perché loro padre non era più tornato da quel viaggio. Avevano deciso di seppellirne il ricordo in una giornata estiva, esattamente un anno dopo che quel maledetto di Faker aveva chiarito e ucciso tutte le loro residue speranze.
E Tron non era che una crudele parodia, un’ombra su un ricordo.
Loro padre ormai era niente più che una croce di legno storta infissa nelle zolle d’erba.
 
E accettare l’oscurità che quel mostro aveva instillato nei loro cuori non era forse un indennizzo sufficiente per la sua coscienza?
 
Non ricordò nulla dello scambio, il suo ricordo si fermò nel bianco azzurrino del mondo Astrale, senza sapere se stesse fissando il cielo o il terreno.
 
 
Si svegliò dopo quelli che potevano essere giorni, o anche solo ore, rendendosi subito conto che nella sua finzione non era previsto il fatto che il confine fra sonno e veglia, giorno e notte, minuti ed ore non era affatto scandibile se non dai sordi rimbombi del suo cuore e che quel nero davanti alle sue palpebre, adesso così estraneo, sarebbe dovuto diventare terribilmente familiare.
Era allarmato, e la cosa era veramente inusuale.
Con uno sforzo si cercò di calmare, e con i restanti sensi di analizzare la situazione, così da averla sotto controllo.
Le sue narici percepirono immediatamente un vago sentore di disinfettante e un detergente da quattro soldi, che abbinato a un bip bip fastidioso e costante, rendevano piuttosto facile identificare il luogo. Un ospedale.

Il che significava che era già stato operato?
Non poteva nemmeno sapere se lo scambio era andato a buon fine, dannazione. Poteva essere finito in ospedale per un altro miliardo di motivi!

Decise di rimandare a dopo gli interrogativi, nonostante la sua mente avesse un bisogno inusitato di chiarimenti nonché di rassicurazioni.
Era sdraiato sotto coperte di cotone scadente, con delle bende strettamente avvolte tutto intorno alla sua testa, lo percepiva dal lieve fastidio che le stesse provocavano schiacciandogli l’attaccatura del naso e quella che probabilmente doveva essere una flebo di qualche medicinale conficcata nel suo braccio destro.
E se la situazione già di per sé non era ottimale a completare il quadro non era nemmeno solo.
Il suo cervello, già sufficientemente nervoso, a quella notizia andò in blackout completo.
Chi l’aveva portato lì? Era una persona sola o di più? Oddio, e se i suoi fratelli avevano scoperto ogni cosa prima che avesse potuto spiegarsi?
 
Facendo uno sforzo sovrumano che, si augurò, non si fosse notato a uno sguardo esterno cercò di identificare l’altra persona senza aprire bocca. Decisamente, non aveva voglia di rispondere a domande di ogni genere, e in quel frangente in modo particolare.



Angolo autrice: 
Torno finalmente a rianimare un fandom morto e sepolto con il mio onnipresente Angst.
*cori di lamenti* Sì, sì, lo so che tutti lo amano e lo vogliono.



 
   
 
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