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Autore: Johnatan    07/05/2018    0 recensioni
One shot introduttiva per quella che, spero, diventerà una lunga saga fantasy.
Spero possa piacervi XP
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Argonauts: Cronache dal mezzo mondo'
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CAPITOLO 1

 

Nel corso della sua lunga e proficua carriera come solo ed unico barista della locanda “il demonio assopito”,Dominic Lloyd avrebbe giurato con tutto se stesso di non aver mai visto i tavoli e il bancone così affollati, così come non avrebbe giurato, tantomeno, di veder seduti su quelle sedie creature tanto bizzare e inusuali.

non a caso da quando, la mattina presto, aveva avviato la sua classica, ma mai monotona, routine quotidiana, aprendo la locanda e attendendo pazientemente che qualcuno si presentasse per chiedere da bere come al solito, molti loschi individui ,che fossero questi umani o non, avevano fatto capolino dalla porta, quasi sempre con un ampio sorriso a trentadue denti -o, in dei casi particolari, a trentadue canini-dipinto sul volto e presentando in modo altrettanto frequente,tra le proprie mani, dei piccoli sacchetti traboccanti di monete d'ogni genere, e ordinando poi ogni sorta di bibita o alimento, fossero questi anonimi quanto una comune birra o inusuale quanto sangue di chimera con del succo di cactus.

Inizialmente, Dominic aveva aveva azzardato l'ipotesi che si trattasse di una qualche sorta di raduno improvvisato, probabilmente organizzato da qualche compagnia di avventurieri o di cavalieri erranti, un qualcosa che, specie negli ultimi tempi, era diventato tutto fuorché inusuale.

Malgrado ciò, l'aggiungersi di membri della media borghesia lo aveva portato a scartare, seppur solo in parte, quell' opzione. A pensarci bene, poteva anche trattarsi di pura e semplice casualità. Magari, per lui, poteva essere un semplice giorno fortunato, come ne erano capitati altri in passato. Un giorno in cui,casualmente, un elevato numero di persone si era ritrovato nel medesimo posto per motivi totalmente differenti gli uni dagli altri. O forse, invece, erano tutti alla ricerca della stessa identica cosa senza rendersene lontanamente conto.

Spinto da della semplice curiosità, il barista decise di avvicinarsi, lentamente e cercando di non dare troppo nell'occhio, ad uno dei numerosi individui seduti al bancone: l'uomo alla quale si stava avvicinando aveva una testa che, proprio come per la sua, era quasi del tutto priva di capelli, anche se, a primo impatto, non dava l'impressione di essere naturale,anzi, sembrava quasi che se li fosse rasati di proposito.

Indossava un abito pesante trasandato e malconcio dal colore marrone chiaro, mentre I suoi occhi avevano un colorito azzurro spento, quasi privo di vita. In quel preciso instante manteneva, tra le proprie mani, un lucente e pregiato bicchiere di vino rosso, la cui estrema raffinatezza lasciava trasparire un contrasto col suo aspetto da uomo rude e di basso rango.

Malgrado la particolarità dei suoi indumenti, non lo si poteva certo definire l'individuo più strano attualmente presente nella stanza: non a caso, poco vicino a lui, si riusciva a notare una minuta e gracile creatura umanoide dalle fattezze di un rettile, il cui aspetto pareva essere l'incrocio tra un coccodrillo, una lucertola e, in misura minore, di un normale essere umano.

Questi da diversi minuti continuava a bere nervosamente dalla propria borraccia d'acqua fresca,dando, nel frattempo, cercando malamente di non farsi notare da nessuno, un occhiata a delle giovani ma prosperose damigelle sedute ad un tavolo all'angolo , intente a scambiarsi, con finto interesse per gli argomenti trattati, due chiacchiere con un nobile di basso rango seduto in mezzo a loro, il quale, con le sue braccia massicce, aveva avvolto le loro spalle guardandole con viso malato e colmo di un altrettanto malato desiderio di assalire una delle due.

“Mattinata decisamente affollata, eh? Presumo tu ne sia soddisfatto”.

Dominic provò sincero stupore nel sentir parlare l'uomo alla quale si stava avvicinando, il quale doveva aver da tempo compreso i suoi intenti.

Il Barman schiarì la propria gola, accingendosi a rispondergli. “Si, non c'è che dire. Ma una giornata proficua sta a significare anche un maggiore lavoro. E, se devo essere del tutto sincero, non è che la cosa mi faccia particolarmente impazzire.”

Nel parlare, Dominic aveva voltato le spalle allo straniero, dovendo eseguire un ordinazione fattagli poco prima da un cliente dall'altra parte del bancone. Aveva ordinato ormai da più di dieci minuti e gli anni di esperienza avevano insegnato a Dominic che non era mai opportuno far aspettare il proprio cliente, specie se quest'ultimo, come in questo caso, aveva un aria minacciosa o riusciva in qualche modo ad incutere timore. Dopo essersi chinato leggermente, aprì il rubinetto situato davanti a lui, e,in pochi secondi, riempì fino all'orlo un consistente bicchiere di birra fresca, per poi poggiarlo sul bancone e spingerlo abilmente verso di lui.

Dopo aver svolto il proprio lavoro, il Barman si accerto che il cliente cominciasse a bere, per poi voltarsi e rivolgersi nuovamente all'individuo con cui poco prima stava intrattenendo un discorso.

Lentamente con totale tranquillità e noncuranza, Dominic si avvicinò, approfittandone per cominciare a pulire, con un panno logoro, uno dei numerosi bicchieri che i clienti erano solito lasciare sul bancone dopo aver bevuto.

“Dunque” disse. “Non è che,per caso,sapresti riferirmi il perché di questo improvviso affollamento?”.

L'individuo girò la testa, incrociando il proprio sguardo con quello del barista , con un espressione assolutamente serena dipinta sul proprio volto.

“Oh, mio caro Barman” gli rispose lui. “Mi creda, se gli rispondessi ora come ora, dubito che riuscirebbe a credermi in qualche modo. La metà del lungo ed estenuante viaggio che probabilmente gran parte delle persone qui presenti stanno affrontando è talmente inverosimile che stenterebbe a credermi.”

“Oh, beh, di questo non mi importa” ribadì il Dominic, la cui curiosità stava notevolmente crescendo a seguito di quella affermazione da parte dello straniero. “Ma diciamo che sarei curioso di saperlo. Anche se si trattasse di un segreto, ciò che viene rivelato ad un Barman, non verrà rivelato a nessun altro. È la nostra regola. La nostra legge. Perciò...” gli disse girando nuovamente su se stesso e dandogli una seconda volta le spalle, così da poter prendere una lucida bottiglia di vino rosso dal proprio scaffale dei liquori. Si trattava del medesimo vino che, non molto tempo prima, aveva versato nel bicchiere dello straniero.

Mise in mostra il bicchiere che, dapprima vuoto, era ora traboccante di quell'invitante liquido rosso cremisi che ondeggiava al suo interno. Con cautela, e, ovviamente, dopo essersi assicurato di aver rapito il suo sguardo, lo poggiò dinnanzi agli occhi dello straniero. “...sputi il rospo, andiamo!”.

L'uomo fissò per un interminabile secondo il bicchiere, comprendendo appieno gli intenti del Barman. Senza distaccare gli occhi dal bicchiere, deglutì.

Dapprima Si guardò intorno, quasi come se intendesse accertarsi di non essere spiato, udito, o anche solo osservato da uno dei presenti. Con timore di essere ascoltato.

La cosa intimorì non poco Dominic: Se il concedergli una risposta aveva suscitato in lui quella reazione, quanto mai poteva essere importante? E anche se lo fosse, era davvero così importante per lui saperlo? Oppure sarebbe stato più opportuno non sapere nulla

Osservandolo con uno sguardo carico di preoccupazione, lo straniero fece cenno con il dito a Dominic di avvicinarsi, cosa che egli fece senza discutere. “Quello che stiamo cercando, amico” disse quest'ultimo cercando di mantenere un tono di voce relativamente basso.

“È la sacra spada cremisi ”.

Dominic spalancò gli occhi dapprima socchiusi. La propria espressione facciale, che, se pochi attimi prima traboccava di pura e semplice curiosità, adesso era ricolmo di sincera sorpresa. “Cosa...” disse tra se e se con un fil di voce, riflettendo sulle parole appena udite. Tra tutti gli obiettivi dei presenti che avrebbe potuto anche solo ipotizzare....

“Mi prendi in giro” disse poi, incupendo il proprio sguardo.

“Per quanto ne so io, re Theodor ha tenuto un discorso al popolo non meno di una settimana fa. È praticamente impossibile che possa essere morto o che possa aver perduto le proprie forze in un periodo di tempo tanto breve”.

“Impossibile....” ripeté lo straniero, con fare chiaramente ironico e con un espressione beffarda dipinta sul proprio volto. “Davvero tu, che abiti queste terre da non so quanti anni, sei convinto che una parola tanto vaga come quella sia ancora utilizzabile in qualche modo? Ormai nel mondo in cui viviamo al giorno d'oggi, popolato dalle più bizzarre e variopinte creature, questo termine viene utilizzato unicamente da coloro che non sono capaci di guardare oltre il proprio naso e non sono dotati di immaginazione.”

Irritato, Dominic stava per controbattere. Ma tutto d'un tratto tutta la propria attenzione fu concentrata su un altro individuo, il quale si era appena presentato alle porte della sua locanda.

Un ragazzo, un giovane che, a giudicare dal proprio aspetto, doveva avere un età compresa tra i 14 e i 16 anni, aveva appena fatto la sua comparsa nella locanda.

Il suo capo era coperto da un cappuccio verde scuro, e i suoi vestiti, poco visibili sotto il mantello verde che gli ricopriva le spalle non troppo erano troppo diversi da quelli indossati dagli elfi.

La cosa non avrebbe destato stupore a nessuno, se non fosse che che, a prima vista, il ragazzino non desse neanche lontanamente l'idea di essere un solare abitante della foresta. Anzi, il suo sguardo magro, i capelli poco curati e sproporzionatamente lunghi e la carnagione pallida, quasi cadaverica, che si poteva intravedere da sotto il cappuccio, gli conferivano un aurea quasi demoniaca.

Anche il resto dei presenti non aveva ignorato tale contrasto, tanto che avevano cessato di parlare così attivamente come facevano in precedenza, e avevano fatto piombare la stanza in un silenzio quasi tombale.

Dal canto suo, il giovane si limitò ad ignorare tale reazione dei presenti, evitando con estrema accuratezza di incrociarne gli sguardi.

Persino lo straniero con la quale stava chiacchierando in precedenza ora si era immobile ad osservare e,senza rendersene minimamente conto, aveva aveva mollato la presa sul bicchiere, rovesciando, di conseguenza, il vino rosso in esso contenuto sul bancone.

Dominic notò la cosa di sfuggita. Normalmente una cosa simile lo avrebbe mandato su tutte le furie, essendo la pulizia una parte del suo lavoro da lui odiata, ma era rimasto talmente rapito dal sinistro figuro figuro (che nel frattempo aveva oltrepassato la porta d'ingresso e si stava dirigendo al bancone) da non dare importanza eccessiva alla cosa.

Il ragazzo si sedette, senza troppi problemi, su uno dei tanti sgabelli di legno posizionati davanti al bancone, posando il proprio sguardo su Dominic.

“tu” gli disse lui, secco. Benché la sua voce avesse ancora da svilupparsi, il Barman rimase stupito nell'udire quanto fredda e priva di qualunque genere di sentimento risultasse essere. quasi come se dinnanzi a lui vi fosse un adulto, un adulto che aveva da poco visto morire i propri compagni in periodo di guerra.

Mettendo da parte certe poetiche riflessioni, Dominic sbatté le proprie ciglia un paio di volte, in modo da poter far ritorno alla realtà che lo circondava e poter rispondere al giovane.

“S-si?” chiese lui timidamente.

“Avete dell'acqua?” domandò lui, senza apportare il minimo cambiamento al proprio tono vocale.

“Certo, Sicuro” gli rispose lui dopo un interminabile lasso di tempo.

Come gli era solito fare quando un cliente ordinava da bere e a discapito dei suoi pensieri turbati, il Barman girò nuovamente su se stesso, aprendo la vetrina dalla quale prima aveva estratto la bottiglia di vino, cominciando a cercare ciò che gli era stato richiesto.

L'acqua non era certo qualcosa che i suoi clienti erano soliti ordinare, in quanto molti erano soliti portarsela dietro durante i viaggi particolarmente lunghi, motivo per il quale ce ne era in abbondanza in vetrina. Infatti, Dominic trovò quasi immediatamente una bottiglia ricolma di acqua fresca e ,dopo averla presa, la porse al giovane, che intanato lo osservava con trepidazione, picchiettando sul tavolo col proprio dito in segno di impazienza. Chiudendo gli occhi, Dominic tirò un profondo sospiro. Per quanto strano potesse essere, quel giovane era un cliente come tutti gli altri, e Dominic non faceva aspettare i propri clienti.

Gliela porse, e , quasi senza accorgersene, vide il giovane strappargliela dalle mani con innaturale velocità, senza concedergli nemmeno il tempo di metterla sul bancone.

Con altrettanta rapidità, il giovane svitò il tappo della bottiglia, versando il liquido nel bicchiere e bevendovi assiduamente .

Era evidente- pensò Dominic- che il giovane avesse preso la coraggiosa non che sciocca decisione di intraprendere un lungo ed intricato viaggio senza avere le provviste necessarie, tanto da essere arrivato a patire la sete per il caldo rovente all'esterno.

Intanto, coloro che prima lo osservavano con particolare curiosità, ora stavano oramai riprendendo a chiacchierare tra di loro, malgrado alcuni lo stessero ancora osservando con estrema curiosità, analizzandone l'aspetto.

Schiarendosi la gola e avvicinandosi cautamente, Dominic cercò di far partire nuovamente una conversazione, volendo perlomeno valutare se i propri sospetti fossero fondati.

“Dunque...lei sarebbe?”gli chiese, tentando di mantenere ,nella propria voce, il massimo dell'educazione possibile.

Dopo aver finito di bere, il giovane sollevo lo sguardo, mostrando degli occhi azzurri come il più pulito degli oceani.

“Mi chiami solo Mordred.Mordred andrà bene”. Dopo aver risposto, Odysseus- sempre ammesso che fosse veramente questo il suo nome- riempì nuovamente il proprio bicchiere d'acqua, tornando a bere.

“E dimmi” gli chiese il barman, irrequieto. “Con cosa intendi pagare di precis-” ancora prima che potesse finire la frase, il ragazzo che diceva di chiamarsi Mordred aveva già messo una delle sue mani all'interno dalla propria borsa a tracolla, tirandone fuori qualcosa.

Qualcosa di piccolo

Qualcosa di splendente.

Qualcosa di prezioso.

Sotto gli sguardi attoniti dei presenti (i quali ,come nel caso del barman, nuovamente messi ad analizzare la situazion) Odesseus posò con noncuranza una pepita d'oro sul bancone, godendo dello stupore presente sul volto del Barista. Questi si apprestò prenderla, ma venne immediatamente bloccato dal ragazzo, il quale gli prese la mano per bloccarla.

“Un momento” gli disse lui lentamente e sottovoce.

“Ovviamente- cominciò lui- non le sto consegnando un oggetto di tale valore solo per un misero bicchiere d'acqua, per quanto fresca questa possa essere.”

Lentamente, la mano del ragazzo strinse sempre di più quella di Dominic, tanto da fargli male. Questi avvicinò il proprio sguardo a quello del Barman, con un sorriso beffardo dipinto sul proprio volto.

“Mi servono provviste” gli riferì lentamente lui. “Come avrà potuto notare- no, come so che ha notato- non ho molto con me da mangiare. E, se fosse possibile- qui il sorriso svanì, lasciando spazio ad uno sguardo serio e degli occhi socchiusi- Preferirei non morire”.

Nell'osservare il suo sguardo così da vicino, Dominic non poté fare a meno di far scorrere una striscia di sudore sul proprio capo. Fosse per il troppo calore, fosse per il timore nutrito nei confronti della figura che aveva davanti, quella situazione non gli piaceva. Per niente.

Si girò un attimo guardandosi attorno, notando con dispiacere alcune donne sedute ad un tavolo che si facevano beffe di lui. Le stesse donne che, prima, si stavano divertendo in compagnia del nobile, ora misteriosamente scomparso dalla scena.

Posò di nuovo lo sguardo su Odysseus.

“Certo” gli rispose finalmente lui. Stavolta la sua voce non era ne colma di timore ne di rabbia, e aveva ormai dipinto, sul proprio volto, un espressione rassegnata.

“Venga, la porto sul retro”.

 

 

 

 

* * * *

Il retro della locanda era un luogo lurido e sporco, un morivo per il quale Dominic preferiva passarci il minor tempo possibile. Era li che era stato posto lo sgabuzzino, ricco di provviste comprate dai mercanti più rinomati.

Ovviamente era mantenuto nascosto dietro una tenda logora, in modo da impedire a dei presunti ladri o scassinatori di vederla ad occhio nudo, e per pura precauzione era stata sigillata con un lucchetto di metallo, oltre ad essere stata costruita con del legno solido che avrebbe impedito a chiunque, anche ai più robusti, di buttarla giù senza essere uditi da qualcuno all'interno.

Non che Hyrim- questo il nome della città di Dominic- fosse un paese di ladri incalliti, ma anche nei villaggi più tranquilli, specie in periodi di grande tensione come quelli, la gente aveva cominciato a ricorrere alle misure più disperate pur di continuare a vivere.

Senza indugio, il barista estrasse dalla tasca destra del proprio grembiule una vecchia chiave arrugginita, che mise automaticamente nel lucido lucchetto. Istantaneamente, la porta si aprì, lasciando diffondere nell'aria un dolce profumo di cibo fresco e ben mantenuto.

Con una torcia in mano, Dominic entrò, iniziando a riempire il sacco datogli da Mordred con ogni qual sorta di alimento. Non gli erano state date delle indicazioni precise, ed era stato proprio il ragazzo a riferirgli che avrebbe potuto consegnargli ogni genere di provvista, purché fosse sostanziosa e riuscisse a rientrare nel prezzo.

Una volta riempito e chiuso con una cordicina, uscì fuori, notando con disappunto che il ragazzo aveva appoggiato la schiena sul muro, e, con lo sguardo rivolto verso il basso e gli occhi chiusi, era assopito, immerso nei suoi pensieri più profondi, quasi come si fosse estraniato dal mondo.

Tuttavia, non appena sbucato fuori dalla porta, lo vide aprire lentamente gli occhi, per poi sollevare lo sguardo.

Dominic gli porse il sacco, alzando anche la mano vuota col palmo aperto, aspettandosi la tanto celebre paga che gli era stata promessa.

Tornando a reggersi sui propri piedi, Mordred estrasse il cristallo dalla propria tasca, lanciandoglielo. Dominic lo prese al volo, e , per accertarsi che non fosse un falso, lo strinse. La solidità era parecchio simile a quella di una pietra, il che poteva essere una prova inconfutabile: ciò che aveva tra le mani, ciò che gli era stato consegnato dal ragazzo, era vero e non era stato raggirato come sospettava.

“Bene” disse lui, sorridendo per la prima volta da quando si era svegliato. “è un piacere fare affari con te, giovanotto”.

“Oh, non c'è di che” rispose lui, ricambiando il sorriso dell'uomo.

Senza fare troppi complimenti, il giovane ragazzo gli strappò via il sacco dalle mani, accennando ad andarsene.

“Tuttavia” disse Dominic poggiando una mano sulla spalla del ragazzo. “Vorrei sapere una cosa”.
Questi, che da prima gli stava dando le spalle, ora aveva voltato il capo e lo fissava con sguardo seccato. “Spara”.

“Vedi” cominciò lui. “A me piacerebbe sapere da dove hai preso questo, ragazzo mio. Perché, nel caso non lo sapessi, questo non è un diamante che puoi trovare in una comune miniera abbandonata, anzi è piuttosto raro, quindi... - gli riferì con occhi socchiusi- “non mi capacito di come un ragazzino come te possa esserne entrato in possesso”.

Riuscì chiaramente a vedere lo sguardo sicuro del ragazzo che vacillava, come se cercasse di mantenere con tutte le sue forze una maschera attaccata al volto. Lentamente, nel suo silenzio, delle traccie di sudore trasparivano dal suo viso.

Che fosse tutta una sceneggiata? Possibile che quel Mordred, che fino a pochi attimi prima l'aveva fatta da padrone , non fosse altro che un comune moccioso con particolari doti in campo recitativo? Doveva ammettere che, se si fosse verificata realmente una simile eventualità, ne sarebbe rimasto alquanto deluso. Ma no. Non poteva essere così, ne era certo. Che fosse il più grande tra gli impavidi o il più timido tra i timorosi, quel giovane davanti a lui era tutto fuorché comune.

Vi fu un il silenzio. Un silenzio interminabile.

“Ma tu guarda che coincidenza”.

Si voltarono entrambi di scatto, con gli occhi puntati sul muro posto a qualche metro da loro. Improvvisamente, una soave voce femminile aveva riecheggiato in quel vicolo, e si poteva ben intravedere, proiettata sul muro che il duo stava osservando, un ombra di difficile descrizione, e un rumore di passi lenti e ben distesi.

Quasi d'istinto, senza neanche cercare, Mordred pose la propria mano sulla borsa a tracolla di colore verdognolo da cui prima aveva estratto il diamante. “Chi va la?” chiese con voce decisa e sguardo sicuro all'ombra.

Distolse lo sguardo dal ragazzo e ritornò a concentrarsi sul muro. I passi si facevano via via più decisi e, in modo quasi innaturale, altre due ombre si aggiunsero a quella già presente, e i passi dapprima appartenenti ad una sola persona si moltiplicarono di conseguenza.
Dominic pensò attentamente: Chi poteva essere? Erano forse delle semplici sgualdrine con l'Hobby di rapinare gente, oppure delle semplici messaggere di un più importante personaggio?

Le sue domande non esitarono a trovare risposta: davanti a loro si palesarono, in tutta la loro superba bellezza, le due donne che poco prima aveva intravisto alla locanda, in compagnia di un altra donna che non aveva mai avuto l'occasione di vedere: Al contrario delle altre due, era visibilmente più grossa e massiccia, oltre che dimostrare un età considerevolmente più elevata. I suoi capelli erano marroncini e raccolti in una treccia, ma si potevano intravedere chiaramente ciocche grigiastre. Portava un lungo vestito giallo, logoro e sporco. Probabilmente, pensò Dominic, non era una donna sposata, in quanto non notava affatto una fede al dito, ne tanto meno era convinto che qualcuno avesse veramente voluto sposare una donna con un fisico del genere.

“Bene Bene” disse. La sua voce era gracchiante e stridula, non certo un suono piacevole. Tuttavia, non era il caso di concentrarsi su quegli insignificanti dettagli, poiché il Barman era totalmente concentrato su un altro, ingombrante particolare: una delle due ragazze ai suoi lati (più precisamente quella alla sua destra) aveva in mano una pistola dal lucido metallo, e ,in quel momento, la stava puntando contro entrambi.

“Quando Johanna mi ha avvertito del fatto che un giovanotto in questo schifo di locanda aveva provato a pagarti con nientepopodimeno che un diamante delle regioni del nord, le ho dato apertamente della pazza.” Disse, sogghignando, gettando uno sguardo alla giovane donna alla sua sinistra. “Ma solitamente non dubito mai delle mie bambine. E poi...” disse facendo sue passi in avanti. “Ero tanto curiosa di vedere di persona questo giovane dalla pelle pallida. Dimmi, come diamine ai fatto a procurartene uno?” chiese rivolta al giovane, che intanto la osservava con sguardo ricolmo di irritazione. Questi la analizzò attentamente dalla testa ai piedi, facendo si che il sorriso che la donna aveva dipinto sino a quel momento sul volto svanisse lentamente.

“Ho appena ricevuto un eredità dal mio defunto prozio” disse lentamente e a voce bassa. “Nient'altro”.

La donna recuperò il sorriso beffardo di prima, benché stavolta risultasse essere decisamente più contenuto del precedente.

“Certo” disse lei con fare ironico. “Una scusa facile da formulare, non c'è dubbio... ma di certo una spiegazione tanto vaga non attacca con me.” gli riferì avvicinandosi, costringendo così il giovanotto ad arretrare. “Che ne dici di dari qualche dettagli in più?” disse abbassandosi in modo da vedere il ragazzo in faccia. Questi inasprì ulteriormente il proprio volto, arrivando a fare l'inaspettato.

Con tutta la saliva che aveva in bocca, il giovane le sputò sul naso.

E in pochi attimi, la donna si trasformò.

Il suo sorriso svanì per sempre lasciando spazio a dei denti giallognoli e ad un espressione contorta, le sue già robuste braccia parvero ingigantirsi ulteriormente e, spinta da una furia quasi omicida, prese il giovane per il muso, sbattendolo con violenza sul muro dietro di lui.

“ADESSO ASCOLTAMI BENE, STRONZETTO!” gli riferì con una voce almeno dieci volte più potente di quella di prima. “NESSUNO MI MANCA DI RISPETTO IN QUESTO MODO, CAPISCI? E CHI LO FA LO AMMAZZO COME UN MAIALE” intanto, le sue due compagnie, anch'esse irrequiete e intimorite dall'improvviso scatto d'ira del loro probabile capo, avevano abbassato le proprie armi e osservavano la scena prese dalla tensione. Vederla in quelle condizioni, pensò Dominic, non doveva essere cosa abituale.

Per un attimo, cercò di ignorare la scena nel suo svolgimento, per concentrarsi un momento sulle proprie condizioni: le gambe gli tremavano, e aveva seriamente paura che non sarebbe potuto sopravvivere ad un evento simile.

Il solo pensiero di poterci rimettere la vita lo terrorizzava. Il pensiero di non poter rivedere la sua adorata moglie Elizabeth gli provocava un forte rammarico. Eppure in se avvertiva qualcosa. Qualcosa come un improvvisa forza erculea sviluppatosi dentro il suo corpo. Come se un fulmine lo avesse appena centrato e lo avesse reso divino, come spesso capitava in quei miti che suo padre era solito raccontargli quando aveva sei o sette anni. Da dove veniva quell'improvvisa voglia di agire e di rendersi utile? In che modo era diventato così attivo, se pochi attimi prima era intenzionato a starsene buono a non intervenire.

Forse era un coraggio che da sempre aveva mantenuto nascosto? O una qualche sorta di stregoneria perpetrata da chissà chi?

Osservò attentamente la scena. La mano della donna che stringeva la gola di Odysseus. Il ragazzo che, con occhi chiusi e denti serrati, si divincolava tentando di liberarsi da quella morsa. Un asse di legno poco lontano da lui.

che Ethos mi maledica”

Con una velocità tale da far invidia al più rapido dei ghepardi, Dominic raccolse l'asse di legno, la quale aveva un chiodo storto e arrugginito all'estremità. Ancora prima che chiunque dei presenti potesse accorgersene, colpì la donna alle spalle con forza inaudita, la quale lanciò un urlo di dolore, riportando alla realtà le compagne, le quali risollevarono le armi, sparando un colpo ciascuna.

Uno di essi andò a vuoto, mentre l'altro colpì il Barman alla spalla, con una potenza tale da spingerlo all'indietro a farlo cadere per terra. “

La donna ora aveva mollato la presa, e, mentre il giovane ragazzo recuperava fiato, lei sì girò, rivolgendogli uno sguardo colmo di odio.

La paura si fece nuovamente strada nel suo cuore, e Dominic rimaneva sempre più convinto che quel presentimento avvertito poco prima, riguardo la sua possibile morte, non fosse più soltanto un presentimento, bensì un assoluta certezza.

“Tu....” disse lentamente lei, sibilando a bassa voce come un serpente. “Miserabile, lurido....”.

Ma si interruppe. Improvvisamente, con una velocità simile a quella dimostrata da Dominic poco prima, la donna e le sue compagne entrarono in una qualche sorta di Trance, quasi come ipnotizzate.

Con la coda nell'occhio, il Barista vedeva Mordred con un bracco sollevato, e col palmo rivolto verso l'alto.

“Lasciatelo... in pace....” sussurrò.

Dominic Posò gli occhi sulla donna, notando che questa si trovava nel bel mezzo di un ulteriore metamorfosi, ma stavolta inversa: se poco prima, infatti, la donna si era come fatta più grossa, quasi come a dare dimostrazione della propria forza, ora si stava come facendo più piccola. E il suo volto, poco a poco, mutava in un espressione di puro terrore. Come se dinnanzi a lei, senza che se lo aspettasse, si fosse presentata la sua più grande e sconcertante paura.

Sempre con la coda nell'occhio, notò come anche le compagne si stessero comportando similmente a lei.

“Che diavolo...” sussurrò una delle due con un fil di voce.

E poi il caos.

La donna dapprima fece due passi indietro, per poi aumentare velocità, rendendo la sua espressione più spaventata via via che si allontanava. Quello che all'inizio parve essere niente più che un debole sussurro si trasformò ben presto in un urlo, seguito da quello delle compagne, che inizialmente si limitarono a correre nel vicolo, come se cercassero di evitare qualcosa che le stava attaccando, un altra, nel correre, inciampò, per poi stringere a se il proprio braccio destro in un urlo di dolore lacerante.

“Il mio braccio!” urlò lei con tutto il fiato che aveva in corpo. “Mi divorano il braccio!”.

La sua compagna, dal canto suo, si era rannicchiata a piangere in un angolo, invocando ogni qual sorta di divinità esistente. “Lasciatemi in pace” le sentì sussurrare. “Lasciatemi, per favore....”.

Il loro capo, invece, se l'era già data a gambe da diverso tempo, con le mani tra i capelli e urlando istericamente frasi di difficile comprensione, lasciando le sue compagnie in balia dei loro rispettivi deliri.

La cosa andò avanti per diverso tempo, dopodiché le giovani caddero, gradualmente, in una sorta di sonno, cadendo bruscamente sul duro terreno sotto di loro.

Mordred abbassò il braccio, che fino a quel momento si era sforzato di mantenere teso verso l'alto, e riaprì gli occhi, rimasti chiusi sino a quel momento.

“Non sono morte” gli riferì lui, riprendendo il fiato. “Ma se ne staranno buone per un pò” gli disse alzandosi a fatica e reggendosi una mano sulla pancia. Probabilmente si era rotto delle costole, pensò. A fatica, il giovane si avvicinò a lui, chinandosi sulle ginocchia e passando lievemente la propria mano sulla spalla sanguinante del Barman. La ferita gli provocava un dolore quasi lacerante, ma lo spettacolo alla quale aveva appena avuto occasione di assistere era stato terrificante a tal punto da fargli totalmente dimenticare di averla.

“Fa male?” chiese il ragazzo.

Dominic rimase a fissarlo in silenzio.

“Non importa” disse. “Non preoccuparti, rimedio subito.”.

Non ebbe neanche il tempo di capire cosa intendesse, che sentì improvvisamente il già considerevole dolore della ferita aumentare ulteriormente per un breve istante, facendolo urlare dal dolore.

Per fortuna, fu cosa breve: Il dolore provato sino a quel momento, invero, era addirittura diminuito. Come aveva fatto? Era forse una sorta di medico?

La risposta era posta dinnanzi ai suoi occhi. Il proiettile sparato dalla ragazza, infatti, era ora sospeso a mezz'aria, estratto dalla spalla. Era ancora lucido e brillante, ma ciononostante intriso del suo stesso sangue.

“Chiedo scusa per il dolore arrecatoti” Disse, per la prima volta, con tono dispiaciuto. “Non avrei mai immaginato che sarebbe potuto finire in questo modo. Ma fortunatamente sono riuscito a salvarti la vita. Se il proiettile fosse rimasto, dubito saresti riuscito a sopravvivere.”.

Dominic era come stregato, Come poteva essere possibile che un ragazzo così giovane fosse anche un così grande esperto in campo medico?

“Riesci ad alzarti?” gli chiese, riportandolo alla realtà.

Il barman sbatté le ciglia un paio di volte, abbandonando ancora una volta i propri pensieri.

“Certamente” rispose. Era effettivamente capace di alzarsi in piedi malgrado il dolore- ormai lieve- procuratogli dalla ferita. Poggiandosi ad un muro, si sollevo a fatica, venendo sostenuto dal ragazzo.

 

 

 

 

* * * * * *

 

 

 

Mordred lo condusse nella sua stanza da letto, situata, così come quella della moglie, al piano superiore della locanda, che quel giorno fu, per ovvie ragioni, costretta a chiudere prima del previsto, con grande disappunto dei clienti presenti, i quali avrebbero voluto andare avanti con i loro festeggiamenti, che Dominic fosse presente per offrir loro da bere o meno.

Elizabeth fece ritorno a casa qualche ora dopo, terrorizzandosi alla vista del marito fasciato e coperto di sangue.

Dopo un inevitabile rimprovero, la donna aveva passato gran parte della nottata accanto al marito, e adesso si era addormentata sulla sedia.

Dominic si sveglio e, pur sapendo che la cosa avrebbe mandato su tutte le furie la moglie, si alzò a fatica, scoprendo che gran parte del dolore patito il giorno prima era quasi sparito. Ormai tutto ciò che provava era qualche fitta alla spalla, ma nulla di più.

Prodigioso” pensò lui. “Veramente prodigioso”.

Scese le scale godendosi la brezza mattutina, e, assaporando i raggi del sole che gli centravano in pieno il viso, posò gli occhi sul tavolo.

Un pezzo di carta, strappato da chissà dove, posava su di esso, e aveva inciso, in fondo, con dell'inchiostro rosso, uno stemma di difficile comprensione.

Era una lettera. Una lettera di Mordred.

Raccogliendolo, ne lesse accuratamente il contenuto.

 

Egregio signor Dominic.

Quando ormai avrà letto questa lettera, mi sarò già allontanato da casa sua e dalla sua locanda.

Come riferitole ieri, sono profondamente dispiaciuto per la ferita arrecatogli per proteggermi, e nutro in me la speranza di potermi sdebitare meglio di quanto abbia fatto oggi, un giorno.

La avviso, tra l'altro, che le criminali sono state acciuffate dalla polizia locale, e attualmente stanno venendo trasportate in cella in attesa di un processo.

Voglio confidarle, inoltre, un segreto: la pietra che le avevo consegnato ieri era un falso, o, per meglio dire, una mera illusione, che come avrà capito dagli avvenimenti di ieri, sono la mia assoluta specialità.

Non ritenendola meritevole di inganno dopo quanto accaduto, ho deciso di lasciarle parte del pagamento in monete. E, nel caso non possa bastare, le prometto che tornerò un giorno per darle il resto.

Confido in un nostro prossimo incontro.

Ossequi, Mordred.”

Stregato da tali parole, Dominic ripose sul tavolo il manoscritto, sollevando gli occhi verso la finestra, immergendosi, come ormai era solito fare, nei propri pensieri.

Stava davvero per essere aggirato da quel giovanotto?

Normalmente il venire raggirato da un cliente, specie se questi era una persona particolarmente giovane, lo avrebbe mandato su tutte le furie. Ma in casi del genere, valeva davvero la pena arrabbiarsi? Valeva davvero la pena serbare rancore nei confronti del ragazzo che lo aveva salvato da morte certa? Valeva la pena provare rimorso per un ragazzo talmente sensibile da provare rimorso per le azioni subite, lasciandogli un pagamento in denaro?

Secondo lui no. Ovviamente non avrebbe lasciato la faccenda in sospeso, ma di certo non sarebbe stato tanto tirchio da pretendere il resto del pagamento da subito.

Come da Routine, Dominic si mise il suo camice e il suo grembiule.

Come da routine, Dominic si mise dietro il bancone, e come da routine, Dominic si mise a lucidare i bicchieri.

A presto, giovanotto.”

   
 
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