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Autore: merty_chan11    07/05/2018    0 recensioni
[Sheith] [Post-Voltron]
La guerra contro i Galra è ormai conclusa, e l'universo sta finalmente instaurando una pace che spera possa rivelarsi duratura.
Voltron appartiene al passato, e i Paladini sono riusciti a cominciare una nuova vita.
Per Shiro e Keith, inoltre, sta per giungere un momento tanto atteso.
Ma due giorni prima delle loro nozze, Shiro decide di spezzare una tradizione improvvisata e va a trovare Keith senza alcun preavviso, lasciandolo sulla porta di casa con un vecchio diario in mano e un solo messaggio.
"Se ti va, leggilo."
Dal testo:
[...]
All’inizio, volevo mandare qualcun altro. Tua madre, per esempio, perché è stata lei a riportarmi questo indietro. Non so quali strani preparativi per il matrimonio stessi facendo in quel momento, ma lei è venuta da me con un pacco in mano, e me l’ha consegnato dicendomi che fosse arrivato il momento di restituirmelo. Sai, mi ha confidato di averlo trovato tanti anni fa, durante una missione nell’universo infinito. Non so per quale motivo l’abbia preso, ma ho una mezza idea.
E immagino che perfino tu abbia già una mezza idea su dove l’avesse portata questa vecchia missione.
[...]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3


Quando aveva iniziato a piangere?  
Non lo sapeva. Non lo ricordava.
Forse all’inizio, alla vista della vecchia foto. 
Non ricordava nemmeno quando avessero deciso di scattarla, e dove, sopratutto. Erano sul tetto della Garrison? O nel sito del lancio per Kerberos? 
Nulla. 
La sua mente sembrava già essersi annebbiata al solo pensiero di quanto lo avrebbe atteso dopo quell’immagine.
E se le lacrime avessero iniziato a cadere al primo “caro Keith?” 
O forse la causa era ogni singola descrizione dei suoi occhi, della sua persona, stilata con una cura tale che Keith si era sentito scosso.
Nessuno aveva mai scritto tante belle frasi su di lui.
Nessuno aveva mai deciso di parlare apertamente di queste belle esperienze, di condividerle con lui. Nessuno gli aveva mai dedicato qualche lettera, o addirittura un diario intero.
Nessuno, prima di Shiro.
Per un momento la sua mente era rimasta vuota, colma del nulla e incapace di andare oltre. C’era stato spazio soltanto per le lacrime, che ormai cadevano senza alcun controllo, e per i singhiozzi, trattenuti per troppo, troppo tempo. 
Keith non riusciva a separarsi dal diario che ora teneva stretto al petto, mentre tutto il suo corpo tremava contro la spalliera del letto. I suoi respiri continuavano ad accelerare, e il suo cuore pareva volesse esplodere da un momento all’altro. 
Faceva male. 
Ovunque.
Aveva creduto, tempo prima, di essere stato in grado di aver superato la parentesi Kerberos. Era stato certo di aver pianto tutte le sue lacrime per quell’episodio, di aver scontato ogni possibile pena che lo tenesse ancorato a quell’infida memoria.
Mai come in quell’istante si era però reso conto di essere sempre stato completamente nel torto. La missione di Kerberos non era semplicemente un ricordo che poteva inscatolare e gettare in un angolo della sua mente per poi sperare di dimenticarsene. Sarebbe sempre stata una ferita aperta che mai sarebbe scomparsa. Certo, poteva guarire. Ma tutto il dolore, il senso di smarrimento e di sconfitta che aveva provato non sarebbero mai svaniti. E nemmeno la paura alla prospettiva di un futuro assente, senza quella persona che era prossima a sposare, sarebbe mai scomparsa. Ogni volta che lo sguardo di Keith avrebbe incontrato quella cicatrice, ogni singolo ricordo sarebbe tornato alla sua mente colpendolo come una lama. Ma avrebbe trovato la forza per andare avanti. Per rendere quell’agonia meno dolorosa fino a quando non avrebbe perso ogni potere.
Dopo quelle che sembrarono ore, Keith riuscì a calmarsi. Il suo respiro era tornato regolare, e così anche il battito del suo cuore. Ma la sua mente, proprio in quel momento, aveva appena iniziato a formulare mille pensieri che correvano a una velocità troppo alta per poterli seguire. C’erano troppe parole che si confondevano tra loro, troppe frasi che vagavano nel suo cervello in attesa di essere districate da quel labirinto di sentimenti contrastanti. 
Tristezza. Disperazione. Gioia. 
Aveva bisogno di buttare giù ogni singola parola. Di esternarle prima che lo facessero esplodere. Perché era da troppo tempo che avrebbe voluto gridarle, strapparle a forza dalle sue corde vocali fino a farle sanguinare. Era da troppo tempo che quelle frasi mai dette lo stavano corrodendo. Forse era stato proprio quello lo scopo del diario. Cercare di chiarire quell’ennesimo fardello che entrambi portavano, metterci una pietra sopra e capire che, male o non male, sarebbero riusciti a superarlo. Insieme. 
Fu per questo che Keith si alzò dal letto con un balzo, rischiando quasi di inciampare nella sedia, e iniziò a rovistare tra i cassetti della scrivania alla ricerca di una penna. Dopo vari minuti, il suo tentativo non andò vano.
Keith ritornò nel letto e, con il diario poggiato sulle gambe e la penna impugnata nella mano destra, cominciò a scrivere senza staccare la testa dal foglio.
Ma le parole che impresse sulla carta non furono solo grida di disperazione.


Takashi,
ho appena finito di leggere quanto mi hai scritto durante la missione Kerberos. Sono rimasto tutta la notte sveglio per divorare ogni parola. Alcune volte sono stato costretto a tornare indietro per rivedere certi passaggi. E poi rimanevo un po’ in silenzio a guardare le stelle fuori dalla finestra.
Non sei tornato in quel dicembre, Shiro. 
Sei sparito.
Per un anno intero.
E non puoi nemmeno immaginare quanto questo mi abbia distrutto. Tutte le lettere erano piene di…cariche di…non so nemmeno come esprimerlo (a proposito, ti avrei dato un pugno per ogni volta in cui hai scritto che tu non riesci a esprimerti. Sei incorreggibile.)
Era speranza, forse? Erano forse i tuoi sogni che mi parlavano attraverso le righe? Non lo so, Shiro. So soltanto che, arrivato all’ultima lettera, non ho retto più. Sapevo cosa mi aspettava, eppure ho continuato. Sapevo che ci sarebbe stata l’ennesima conferma di un ritorno che però non c’è mai stato.
Ma non sono qui per parlarti del mio schifosissimo anno trascorso nel deserto con in testa il folle desiderio che tu potessi tornare. Sai già come è andata. Anche se non te l’ho mai detto direttamente.
Sai, sono in parte certo che tu mi abbia consegnato questo diario per potermi liberare di un qualcosa, di un fardello diventato troppo pesante dopo tutti questi anni. Però, Shiro, io non so se riesco a farlo ora. Ho bisogno di tempo. E di averti accanto.
Adesso voglio solo parlare di ciò che mi hai scritto.
Non so nemmeno come iniziare, perché ci sarebbe troppo da dire, e non so nemmeno se questa penna abbia inchiostro a sufficienza. È vecchia, e non credo che mamma sia una che scriva lettere o che abbia una collezione segreta di penne a sfera. 
Ci credi che ho visto tutto quanto mi hai raccontato? Non sto mentendo, Shiro. Ho visto tutto. Ogni cosa.
Dal lancio della navicella a Marte, e a Giove con la sua Tempesta e tutto il resto. La tua felicità è stata…non lo so.
Non lo so cos’è stata, Shiro.
Ma l’ho sentita. Come tutto il resto.
E volevo scriverti che no, non ti ho mai odiato per un solo istante in tutto quel periodo trascorso da solo. Ero triste senza te, ma felice che avessi potuto realizzare il tuo sogno. 
E poi sono arrivate queste lettere. È un peccato non averle ricevute prima. Sono sicuro che le avrei apprezzate molto anche allora.
E non devi dispiacerti per tutte quelle promesse. Non è stata colpa tua. Potevamo prevedere la guerra con i Galra che durava da diecimila anni in confronto a noi, che di anni ne avevamo così pochi da risultare insignificanti? No.
Non potevamo.
Non sapevamo, allora, della nostra piccolezza, della possibilità che l’universo si sarebbe messo in moto per far accadere tutto questo. Insignificanti.
Lo siamo sempre stati.
E anch’io ti amo Shiro. Penso di averlo fatto sin dal primo istante. Non so, non sono bravo a riconoscere queste cose. Hai presente quando le persone continuano a ripeterti che una differenza di età troppo elevata è sbagliata, quasi immorale? Ecco, forse ci avevo creduto anch’io.
Avevamo troppi anni a separarci, e io non sapevo nemmeno come comportarmi. Volevo che funzionasse ma non ci speravo. Avevo paura che alla fine non sarebbe accaduto nulla di buono e che sarei inciampato nell’ennesima delusione della mia vita. Avevo paura che tu fossi soltanto una persona estremamente gentile che sarebbe andata via con un’altra. Più grande, più adatta alle sue esigenze. Non uno stupido orfano con problemi di fiducia e dalla rabbia facile.
E invece ora siamo qui, e dopodomani ci sposeremo. 
Sono il ragazzo più felice di tutto l’universo. 
Li ho sentiti, sai? I tuoi ti amo, e i mi manchi, intendo. Tutto, ogni cosa. Erano reali come ciò di tangibile che mi raccontavi.
Sono felice, Shiro.
Che tu sia qui. Che tra due giorni staremo insieme per sempre. O meglio, fino alla fine dei nostri giorni. Esiste un per sempre dopo la morte? Non ci ho mai pensato. Quello che volevo tanti anni fa, prima di Voltron e della Garrison e di tutto il resto, era solo l’amore di una famiglia. Anche solo per un giorno. E ora ce l’ho.
Sono felice di aver ricevuto questo diario con la nostra foto in prima pagina (voglio la copia di quella sai? Mi piace molto. Penso di aver sorriso sinceramente quella volta, come ho sempre fatto da quando tu sei entrato nella mia vita. Mi ricorda di quando ancora eravamo felici e ignari di quanto in realtà siamo infinitamente piccoli in confronti a tutto il resto.)
Questa risposta è un totale disastro. Non so nemmeno perché l’abbia aggiunta qui sotto, rovinando tutto il resto. Perdonami, perché non è proprio il massimo. 
Sono confuso. Terribilmente confuso. Scrivo il primo pensiero che mi capita perché non ci capisco niente. Non so come fare. Come dirti ogni cosa.
Però sappi che non vedo l’ora. Di vedere tutte le serie tv che mi hai promesso insieme a Star Wars, e a Il Signore degli Anelli (ho letto la trama e non so se mi piacerà come piace a te, ma voglio vederlo lo stesso.)
E non vedo l’ora che tu mi porti a vedere tutto ciò che hai scritto in queste lettere. Ora possiamo farlo. Per favore, possiamo fare in modo che queste promesse vengano mantenute? Io ci tengo. Tanto.
Quindi ti prego, Shiro, di trascinarmi via con te per l’universo come abbiamo sempre sognato.
Te lo chiedo in qualità di tuo prossimo e futuro marito (so che non potrai rifiutare.)
Quanto manca al nostro matrimonio? Io voglio sposarti ora.
Mi sento come quando hai descritto la lunga distanza che ti separava da Kerberos, solo che ora mancano due giorni e non mesi interi. È troppo difficile attendere.
Ti amo, Takashi. 
Non ho altro da aggiungere. Perché il resto lo sai già.
E grazie.
Il tuo,
Keith

P.S. 
Ho apprezzato la proposta di matrimonio nello spazio.
Sappi poi che questo diario lo rivoglio indietro. Ormai è mio.







N.d.A.
Ecco l'ultimo capitolo! Grazie a tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui e a quelli che hanno insierito la storia nelle proprie liste <3 Mi avete reso felicissima, sono contenta che la fanfiction vi sia piaciuta. Spero di tornare a pubblicare qui il prima possibile, perchè questa mini-long è soltanto l'inizio di una lunga serie uwu
Comunque, grazie ancora a tutti <3
Alla prossima,
Merty
  
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