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Autore: Pally93    08/05/2018    7 recensioni
Yuri Plisetsky ha dieci anni e deve abbandonare la sua casa e l'amato nonno per trasferirsi a San Pietroburgo, dove si allenerà d'ora in poi. Yuri è un bambino chiuso e schivo, poco incline a farsi amici e ad attirare le simpatie delle persone.Questa è la storia di come Yuri si è ambientato a San Pietroburgo e di come ha superato la solitudine con il suo primo, vero amico.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Yakov Feltsman, Yuri Plisetsky
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È la prima volta che salgo su un aereo. È grande, anche se l’uomo pelato che mi accompagna si lamenta per tutto il tempo del sedile stretto. Io ci sto comodo: riesco anche a tirare su le ginocchia e ad appoggiarci il mento, solo che una signora tutta vestita di rosso mi ha detto di stare seduto bene perché sull’aereo è pericoloso, e allora io mi sono messo dritto.

È strano essere senza nonno Nikolai, ma lui non viene: ha detto che rimane a Mosca e che a San Pietroburgo ci devo andare con l’uomo pelato. Con Yakov. Il nonno ha detto che l’uomo pelato mi ha visto pattinare e che mi vuole allenare lui con degli altri bambini che sono bravi come me. Io non volevo andare da solo, ma lui ha detto che non avrei mai avuto un’altra occasione simile, e che dovevo proprio andare. Che sarei diventato un campione e a San Pietroburgo mi sarei fatto tanti amici.

Io voglio essere un campione, ma non so se posso diventarlo senza il nonno che mi aiuta. Soprattutto, non so se sono capace di farmi degli amici. Però voglio farlo contento, per questo adesso sono sull’aereo con l’uomo pelato.

Aiuto! L’aereo sta partendo e io ho tanta paura! Non mi piace l’altezza, non mi piacciono le cose nuove, mi viene da piangere! Aiuto!

L’uomo pelato mi guarda e mi prende la mano. Non dice niente, però me la tiene stretta finché non siamo su nel cielo e l’aereo torna orizzontale.

Mi vergogno un po’: avevo promesso al nonno che sarei stato coraggioso come un soldato.

Lui dice sempre che sono come lui, un piccolo soldato, e che niente ci può battere. Nonno Nikolai è davvero forte, anche se adesso la schiena gli fa un po’ male e non riesce più a prendermi in braccio, nemmeno quando ho gli incubi.

Un’altra signora rossa  sta passando con un carrello pieno di cibo e cose da bere. Ho lo stomaco chiuso, ma ho anche un po’ fame… Nel mio zainetto ci sono i pirozhki del nonno, ma mi ha detto conservarli fino a San Pietroburgo. L’uomo pelato mi chiede se voglio qualcosa dal carrello, ma io non ho soldi con me, devo dire di no. Il nonno non vuole che io compri cibo in giro. Però l’uomo pelato dice che paga l’aereo e che posso prendere qualcosa, quindi scelgo delle patatine e insieme mi danno anche un succo di frutta. È tutto buono!

Al momento dell’atterraggio l’uomo pelato (Yakov. Devo ricordarmi come si chiama…) mi prende di nuovo la mano, anche se io non gli ho chiesto niente. Sembra un po’ un bulldog, con quelle guance che cadono, però è gentile.

Recuperiamo le valigie e poi prendiamo un taxi. Passo tutto il tempo con il naso incollato al finestrino: non ho mai visto San Pietroburgo, è tutto nuovo! Sono abbastanza eccitato, ma il nonno mi manca. Se stringo forte lo zainetto riesco a sentire il profumo dei pirozhki… Mmm, che delizia. Chissà se anche a San Pietroburgo fanno i pirozhki. Ma non saranno mai buoni come quelli del nonno, è impossibile superarli!

Il taxi si ferma davanti a un enorme palazzo tutto grigio e Yakov mi aiuta a scendere e a prendere tutte le borse, poi mi accompagna dentro. C’è una signora con i capelli bianchi che ci aspetta, sembra una nonna. Yakov dice che è la governante e che se ho bisogno di qualcosa devo chiedere a lei, ma io non ho mai avuto una nonna, non so se posso  fidarmi. Mi portano fino alla mia nuova stanza, che è piccola e grigia . C’è un armadio, un tavolo e un letto di ferro che assomiglia un po’ a quello che avevo a Mosca. Il bagno è in corridoio, non tanto lontano dalla mia stanza, e devo dividerlo con gli altri bambini che vivono qui.

L’uomo pelato e la signora vecchia mi danno un foglio con tutti gli orari di questo casermone, che si chiama dormitorio, poi mi dicono che mi aspettano per cena e mi lasciano a sistemare le mie cose.

Da solo.

 

*

 

Non ho voglia di scendere per cena, voglio stare qui e mangiare i pirozhki e fare finta di essere ancora a Mosca, però non posso farmi sgridare già la prima sera. E se poi mi rimandano indietro? Non posso deludere il nonno, gli ho promesso che sarei diventato un campione.

Avrei dovuto mettere a posto le cose che ho portato con me, ma non avevo voglia. La mia valigia è ancora sul pavimento, dove l’uomo pelato l’ha lasciata.

Domani mattina mi verrà a prendere per portarmi alla pista, poi dovrò andarci insieme agli altri bambini della mia categoria. Chissà se sono davvero bravi come dice Yakov. Il nonno mi ha garantito che qui a San Pietroburgo ci vengono solo i migliori e che devo essere contento di allenarmi con loro, ma io ho un po’ paura. Cosa succede se vedono che non sono abbastanza bravo? E se cado? A Mosca ero bravissimo, ma magari qui sanno già fare tutti i salti… E se i bambini di San Pietroburgo sanno già fare tutti i tripli e i quadrupli e le combinazioni? Se non perdono mai l’equilibrio nelle trottole? E se sono tutti come quel Viktor Nikiforov che ho visto in tv? Anche lui si allena qui, ha detto Yakov, anche se con un altro gruppo. Ha detto che forse ogni tanto lo incontriamo nel palazzetto... Non vedo l’ora!

La mensa non è difficile da raggiungere: devo tornare indietro lungo il corridoio, scendere fino a pianterreno e poi andare a sinistra. La signora con i capelli bianchi mi aspetta fuori dalla porta e mi accompagna fino al mio posto, a un tavolo rotondo dove ci sono già altri cinque bambini. Sembrano tutti più grandi di me  e mi fissano. Io non voglio essere fissato, non mi piace.

Mangio veloce la mia porzione di borsch e i miei crostini, tenendo lo sguardo basso. Non parlo con nessuno, certamente non con gente che mi fissa.

Forse credono che io non li senta mentre commentano quanto sono piccolo e magro… Uno di loro dice che sicuramente sono una frana sui pattini  e che sarò in gruppo con i principianti. Non è colpa mia se sono piccolo, lo sono sempre stato! Ero piccolo anche a Mosca, tutti pensavano che avessi sette anni al massimo. Ma io ne ho dieci e domani farò vedere a questi stupidi cosa so fare sui pattini. Anche se sono più grandi e pattinano con l’uomo pelato da tanti anni sono sicuro di poterli battere. O almeno voglio provarci: sono un soldato, io! Proprio come nonno Nikolai!

Mi alzo, porto via il mio piatto e torno in camera senza aver parlato con nessuno: non mi piacciono questi bambini. Per fortuna il nonno mi ha fatto prendere Ninotchka, la mia tigre di peluche. Io non volevo, perché è una cosa da bimbi piccoli e io qui devo essere grande, ma nonno ha insistito un po’ e me l’ha messa nello zainetto insieme ai pirozhki perché avessi qualcosa di Mosca qui con me. Voglio bene a Ninotchka, dormiamo sempre insieme a casa del nonno. Pare che me l’avesse regalata la mia mamma, ma io non mi ricordo; so solo che è sempre stata nel mio letto. Ormai è un po’ vecchia e a forza di lavarla sta diventando spelacchiata, ma a me non importa: è sempre bellissima.

Entrando in camera inciampo nelle valigie che avevo lasciato in mezzo al passaggio e cado. Batto forte le ginocchia sul pavimento: che male! Per un attimo mi salgono le lacrime agli occhi, ma le scaccio subito. Non posso piangere, non stasera. Non per una stupidaggine come questa.

Spero che non mi vengano dei lividi tanto brutti: se ho battuto troppo forte domani non riuscirò a pattinare bene e non posso proprio permettermelo.

Mi butto sul letto e abbraccio Ninotchka. Resto raggomitolato per un tempo lunghissimo, credo anche di essermi addormentato. Quando mi sveglio fuori è tutto buio: sicuramente il coprifuoco è passato da un po’, perché non si sente nessun rumore. Sono ancora vestito e non sono nemmeno andato in bagno, ma non posso andarci adesso. Non si può uscire dopo il coprifuoco, la signora con i capelli bianchi l’ha detto più volte.

Per pensare ad altro recupero dal mio zainetto i pirozhki del nonno e inizio a mangiucchiarli e per passare il tempo va a finire che li mangio tutti e quattro. Avrei dovuto tenerne almeno due per domani, ma non so resistere ai pirozhki… E poi domani non sarebbero più stati così buoni, ne sono sicuro.

Credo proprio di avere esagerato, perché adesso ho mal di pancia.

Ho mal di pancia e non posso dirlo a nessuno, perché sono da solo.

E non posso nemmeno andare in bagno, così la pancia mi fa ancora più male: devo fare pipì!

Torno a rannicchiarmi sul letto con Ninotchka. Voglio andare a casa.

 

*

 

Appena passano a svegliarci, mi precipito in bagno. Sono sveglio da ore, perché trattenere la pipì si stava facendo sempre più difficile. Ho spintonato un paio di bambini per raggiungere i bagni per primo, ma non importa: non ce la facevo più!

Sono contento però: nonostante tutto non me ne è scappata nemmeno una goccia, neanche quando il bambino che ho spinto per passare mi ha rifilato una gomitata nel pieno della pancia. La prima notte a San Pietroburgo è passata e io sono stato un bravo soldato. Nessuno sa che a un certo punto ho pianto un po’. La pancia mi faceva malissimo e sulle ginocchia mi stavano spuntando due enormi lividi blu… A Mosca il nonno sarebbe stato con me e mi avrebbe messo la pomata sulla botta e mi avrebbe lasciato andare subito in bagno. Mi hanno abbandonato… Ma ho pianto pochissimo, solo qualche lacrima. Non si vede nulla dai miei occhi, ho controllato.

A colazione c’è parecchio cibo, ma dopo l’esperienza con i pirozhki  non ce la faccio proprio a mangiare. Prendo solo una bella tazza grande di tè e un pezzetto di pane nero con la marmellata di lamponi: se l’uomo pelato scopre che sono andato agli allenamenti quasi a stomaco vuoto mi sgrida di sicuro.

Dopo colazione passo in camera a recuperare il mio borsone da pattinaggio, poi seguo gli altri bambini nell’ingresso del palazzo, dove ci aspetta l’uomo pelato. Ogni mattina andremo tutti insieme dal dormitorio alla pista e poi di nuovo al dormitorio. Di pomeriggio, invece, c’è scuola, ma non è proprio una scuola vera: nel palazzo del dormitorio ci sono delle aule e vengono degli insegnanti speciali a farci lezione lì. L’uomo pelato mi ha detto che è più comodo, per chi fa sport, studiare in questo modo. Non credo che la cosa mi riguardi: la scuola non mi è mai piaciuta, nemmeno a Mosca, non penso che questi insegnanti speciali saranno tanto diversi da quelli di prima.

Il palazzetto del ghiaccio non è lontano dal dormitorio, non dobbiamo camminare molto. Ho appena il tempo di cambiarmi e di allacciare bene i pattini prima che Yakov mi faccia riscaldare e mi mandi in mezzo alla pista. Qui non si perde tempo, mi piace. Se devo diventare il più bravo di tutti non posso perdere nemmeno un secondo. Questi bambini sono sicuramente più avanti di me, sono a San Pietroburgo da prima e io devo superarli tutti.

Yakov ci fa fare qualche giro di pista di riscaldamento, poi ci distribuisce per provare i salti. Agli altri dice di provare quelli che hanno già in programma, poi viene a mettersi vicino a me. Mi dice di fargli vedere tutti i salti che so fare, nell’ordine che voglio, iniziando dai doppi. I doppi mi riescono tutti senza problemi, sono facili. A volte l’uscita dall’Axel è un po’ incerta, ma questa volta mi viene bene. Faccio un giro della pista per riprendere slancio e inizio con i tripli: Toe-loop, Salchow e Loop mi vengono bene, ma non so se tentare anche con il Flip. A Mosca ogni tanto mi riusciva, ma davvero di rado… Spesso mi sbilancio e metto la mano sul ghiaccio. Va beh, io ci provo. Inizio a girare sulla pista per darmi slancio, ma Yakov mi ferma. Non sembra arrabbiato, più… Contento, credo. Forse un po’ stupito.

Mi chiede se stavo  pensando di provare a fare un Flip e io dico sì, poi mi chiede se davvero ne sono capace e io ci penso un po’, poi dico di sì. Posso farcela se mi impegno. Devo farcela, se voglio essere il più bravo.

Gli altri bambini mi stanno guardando tutti, non c’è più nessuno che si allena. Non capisco: ho solo fatto qualche salto! Niente di diverso da quello che facevo anche a Mosca.

Yakov si accorge che sono in imbarazzo e rispedisce tutti gli altri ad allenarsi, poi mi fa avvicinare al bordo pista. Mi dice che è stupefatto dalla precisione con cui ho eseguito i vari salti, ma soprattutto dalla mia resistenza, visto che li ho fatti quasi come combinazioni. Se lo dice lui… A me sembrava solo il modo più rapido per mostrargli tutto il repertorio. Questo Yakov è un po’ strano, forse qui a San Pietroburgo non sono tutti fenomeni come pensavo.

 

*

 

Sono a San Pietroburgo da dieci giorni ormai e Viktor Nikiforov ancora non si è fatto vivo. So che non vive nel dormitorio, ma almeno in pista speravo di riuscire a vederlo… È il più giovane supercampione in assoluto, voglio diventare proprio come lui!

Temere gli altri bambini è stato stupido: non sono affatto migliori di tutti gli altri che ho conosciuto. Non sono più bravi di me. Non ho fatto amicizia con nessuno, però, nemmeno con i bambini che mangiano al mio stesso tavolo. Non mi servono amici, non mi servono persone con cui parlare, ho la mia Ninotchka con me… però avevo promesso al nonno che sarei stato bravo e che ci avrei provato. Ma non è colpa mia se sono tutti antipatici!

Ieri ho sentito uno di loro dire che voglio mettermi in mostra e che mi credo un principino russo, ma non è vero! Io non sono un principino, sono un soldato!

Non li voglio come amici: mi alleno, cado, riprovo, mi taglio i piedi e mi vengono le vesciche proprio come a loro. Forse più che a loro, visto che i miei pattini non sono così belli e nuovi… Ma me li ha comprati il nonno e non ne voglio altri. Sono i miei pattini, questi, quelli che avevo a Mosca, non si toccano. Non li lascio toccare a nessuno, solo a Yakov quando mi controlla i lacci prima di farmi andare sul ghiaccio. Lo fa con tutti i bambini e ha promesso che non me li rovina, quindi glielo lascio fare. Ogni tanto mi stringe un po’ un nodo, ma di solito vanno bene come li metto io. Non come Daniil, che è così stupido da non sapersi mettere i pattini da  solo. Ha otto anni e tutte le volte Yakov glieli deve sistemare da capo perché sbaglia tutti gli incroci delle stringhe.

Dalla prossima settimana vogliono che inizi a prendere lezioni di danza classica. A Mosca mi facevano fare qualche lezione ogni tanto ma solo per imparare le coreografie, sono curioso di vedere com’è qui. La danza classica mi annoia un po’, però non è male… E poi serve per vincere quando si pattina, quindi lo faccio.

Quasi tutti i bambini del pattinaggio vanno a danza classica, ma non siamo tutti insieme: Yakov mi ha detto che si fa un test il primo giorno e che poi decidono a quale lezione mandarmi. Non mi piace questa storia del test: non posso allenarmi prima, non sarò preparato! Nella mia stanza non c’è una sbarra e nemmeno uno specchio per provare le posizioni… Sarà un disastro e io non voglio che succeda.

Però ho una sedia, posso provare a usare lo schienale! Ci provo subito!

No, decisamente non funziona! La sedia si è ribaltata e sono finito a terra… Uffa! Non ci voleva, le ginocchia mi facevano ancora male per la caduta della prima sera… Sbatto i pugni sul pavimento: non serve a niente, ma sono arrabbiato! E adesso mi fanno male anche le mani … Stupida danza classica. Stupido test. Stupida sedia!!!

E adesso che accidenti faccio?

Cammino su e giù per la stanza, come una tigre in gabbia. Io non capisco perché mi devono far fare un test senza permettermi di prepararmi prima! Non è giusto!

Sbatto un piede contro qualcosa: ma porca miseria, cosa mi deve ancora succedere? I piedi mi servono per pattinare, non posso rovinarmeli in un modo così stupido!

È la valigia. Ho sbattuto contro la mia stupida valigia che sta ancora in mezzo al pavimento. Stupida valigia piena di roba per il pattinaggio e pesantissima e impossibile da spostare!

Ehi! La valigia è più pesante di me, se la metto sulla sedia a farci da peso sopra dovrebbe reggermi! Lo faccio subito! 

È faticosissimo e adesso mi fanno male anche le spalle, però la sedia così sta bella ferma e posso di nuovo provare a usarla per fare gli esercizi.

Senza specchio non riesco a controllare la posizione, ma è meglio di niente. La sedia con la super valigia sopra fa il suo lavoro, posso almeno provare le posizioni e qualche arabesque. Mi fa male dappertutto, ma un vero soldato non si arrende mai. Nonno Nikolai ha la schiena malandata eppure ha l’orto e lavora in casa e fa tutto, quindi io mi devo allenare senza sosta, anche se ho male ai piedi, alle ginocchia e alle spalle.

Dopo aver fatto tutti gli esercizi che ricordo posso finalmente accoccolarmi sotto il piumone con la mia Ninotchka e riposarmi un po’. Forse sarò solo anche a danza, ma sarò bravo.

 

*

 

Aleksej mi ha rovinato le scarpette da danza! Maledetto idiota, lo so che è stato lui! Lo so!!! È geloso di me dal primo giorno! Ma questa me la paga, sta facendo lo stronzo con il bambino sbagliato! Se invece di prendersela con me perché sono più bravo si allenasse forse a quest’ora sarebbe riuscito a chiudere il triplo Toe-loop. O a non spiaccicarsi al suolo sbagliando i grand jetè. Forse ridere quando è successo non è stata proprio una cosa carina, ma insomma, io sono riuscito a completare quell’esercizio a perfezione giorni fa!

Aleksej mi odia dal primo giorno, da quando mi ha visto fare i salti sul ghiaccio per l’uomo pelato. L’ho sentito, uscendo dal palazzetto, che diceva ai suoi amici di non parlare con me perché io sono anormale. Aleksej qui è il più grande in assoluto e tutti gli danno ascolto. È più alto di me di tutta la testa, non posso fare niente contro di lui… Solo stargli lontano e cercare di non sentire cosa dice, se no finisce che mi deconcentro e sbaglio le coreografie. E io non posso sbagliare. Non me ne frega niente di cosa dice, finché sono più bravo di lui sul ghiaccio. Pattinare e diventare come Viktor Nikiforov  è l’unica cosa che mi interessa. Però adesso le mie scarpette sono distrutte, inutilizzabili! Non so se si possano riparare e io non ho i soldi per comprarne di nuove, e nemmeno il nonno… Aleksej me le ha tutte tagliuzzate e mi ha graffiato la suola, adesso è impossibile mettersele e stare comodi. Oltre al fatto che sono bruttissime.

Non l’ho detto all’uomo pelato, però. Non sono fatti suoi: un vero soldato se la cava da solo. Ho chiesto alla Signora Nonna  se aveva ago e filo da prestarmi, le ho detto che era per un bottone… Ho provato a riattaccare i pezzi di pelle tra loro, ma ho combinato un pasticcio. Non avevo mai cucito niente prima di oggi e l’ago era troppo piccolo. Si è spezzato a metà, ma sono riuscito a usarlo anche così. Spero che la Signora Nonna ne abbia un altro… Adesso stanno chiuse, ma sono tremende. E per la suola non c’è niente da fare, è del tutto rovinata.

Ma Aleksej me la pagherà… Troverò un modo per vendicarmi di quel gigantesco buffone. Devo pensarci, devo avere un buon piano. Qualcosa di meglio di un paio di scarpette rotte. Ma devo stare attento: non so come, ma è uno dei cocchi di Yakov. Anche se è un incompetente riesce sempre a prendersi i complimenti e a mettersi in luce e Yakov spesso lo allena personalmente. Ridicolo. Se metto i pattini a Ninotchka è di sicuro più brava di lui.

 

*

 

Aleksej mi ha rovinato i pattini! I pattini di nonno Nikolai!

Me li ha tutti colorati con la vernice gialla e adesso non si toglie più! Sono da buttare! Non posso gareggiare con i pattini colorati, non posso pulirli e non posso comprarne altri tutti neri. E questi erano i miei unici pattini, me li aveva regalati il nonno! Non ne ho altri, non posso comprarli… Non potrò più gareggiare!

Li avevo lasciati nello spogliatoio, vicino alla mia borsa, come tutti gli altri giorni. Quando facciamo riscaldamento fuori pista non posso portarmeli dietro e li lasciamo tutti lì… E quando sono uscito dallo spogliatoio erano perfetti. L’unico che è si è allontanato per andare in bagno è Aleksej, lo so perché Yakov lo ha sgridato dicendo che doveva pensarci prima, anche se poi lo ha lasciato andare.

Aleksej è un bambino morto, parola mia!

Adesso è vicino al ghiaccio insieme a tutti quegli incapaci dei suoi amici, che non sanno nemmeno chiudere un triplo Toe-loop come si deve e mi odiano perché io riesco sempre.

Adesso me la paga! Lo raggiungo a bordo pista e gli do un bello spintone, così impara. Non mi aspettavo di riuscire a farlo cadere, invece è finito con il sedere a terra. Bene.

I suoi stupidi amici hanno fatto tutti un passo indietro, mi stanno fissando tutti. Mi sa che sono nei guai… Il nonno si arrabbierà un sacco, non gli piace che faccio a botte. E questi qui sono tutti più grandi di me… Se non sto attento il bambino morto sono io!

Ok, sono pronto. Ormai sono finito in questa situazione e devo uscirne vincitore, non esiste che mi faccia battere da questi qui.

Accidenti, Aleksej si è rialzato e mi sta venendo incontro… Io non mi muovo. Non ho paura. Non deve pensare che ho paura.

“Mi hai rovinato i pattini, bastardo! Lo so che sei stato tu!” gli urlo. “Fai così schifo a pattinare che per battermi devi fare così! Sei uno stronzo!” Già che ci sono, gli do anche un altro spintone.

Accidenti, questa volta era pronto, non è più caduto.

“E chi lo dice che sono stato io,principino?” Mi sta sfidando. Pensa Yuri, pensa con calma…

“Io lo dico che sei stato tu! Perché sei un idiota! Sei l’unico che si è allontanato! Non sono cretino come te, so che sei stato tu!”

Ops. Aiuto. Si è infuriato e mi ha bloccato le braccia.

Ahia! La ginocchiata nella pancia fa male! Fa malissimo! E mi sta torcendo il braccio… Mi resteranno altri segni!

Mi stanno venendo le lacrime… Ma non esiste! Non esiste proprio che piango per una cosa così! Devo reagire!

Inizio ad agitarmi e a scalciare e sento qualcuno che grida… Però la presa sulle braccia è meno forte, riesco quasi a muovermi. Quello scemo di Aleksej sta ridendo, dice che sono piccolo e che non posso fargli male e che mi sto solo rendendo ridicolo...Che dovrei tornare a Mosca, dove ci sono tutti i bambini minuscoli e incapaci come me.

Glielo faccio vedere io chi è l’incapace! So come attaccare: tiro indietro la testa e colpisco.

Il rumore della mia testa contro il suo naso è strano e adesso siamo pieni di  sangue, però mi ha lasciato andare. Credo che il sangue sia suo però, perché si sta coprendo la faccia con le mani e sono tutte sporche. Ne approfitto e lo butto a terra di nuovo, poi gli do un calcio. Un altro. Un altro. Ancora uno. Mi manca il fiato ma continuo.

Non sono piccolo! Non sono incapace! Ha distrutto  le mie scarpe da danza! Ha rovinato i miei pattini! Non torno a Mosca! Non per te, stupido idiota, hai capito?

Qualcuno mi acchiappa da dietro e mi solleva. Sto scalciando per aria. Faccio per buttare indietro la testa e colpire anche chi mi tiene, ma per fortuna riesco a fermarmi all’ultimo momento. Ho riconosciuto la voce: è Yakov. Non posso picchiare Yakov, anche se continuo a scalciare.

Qualcuno si è avvicinato ad Aleksej e cerca di togliergli le mani dalla faccia, che è piena di sangue. È un inutile piagnone, sta facendo un sacco di scena e per colpa sua io verrò rispedito a Mosca e il nonno sarà davvero deluso e non pattinerò mai più con l’uomo pelato e non incontrerò Viktor Nikiforov. Stupido, stupido Aleksej! Gli costava tanto lasciarmi in pace? Vorrei dargli un altro calcio. È solo colpa sua.

Sento qualcuno che chiama un’ambulanza, mentre Yakov mi trascina fuori. Mi sta portando sul retro del palazzetto, lontano da tutti. Mi sa che sono nei guai.

“Vuoi smetterla di scalciare, Tigre?” mi dice. Non mi ero nemmeno accorto di essere ancora con le gambe a penzoloni. Mi ha portato fuori di peso: mica male per un pelato di duecento anni.

“Hai tre minuti per convincermi a non rimandarti a casa con il prossimo aereo. Parla.”

L’uomo pelato non grida, ma si sente che fa fatica a trattenersi. Mi guarda fisso e gli tremano le mani. Se decidesse di picchiarmi con quelle manone non penso che ne uscirei troppo bene. Abbasso gli occhi, non riesco a guardarlo. Come posso spiegargli tutto? Non può capire. Lui è il tipo che mi ha portato via dal nonno e mi ha lasciato qui da solo.

C’è un gatto che gira al fondo del cortile. È da solo anche lui. Ribalta il secchio dell’immondizia su cui si stava arrampicando e il rumore mi fa sobbalzare. Stupido gatto.

Torno a fissarmi la punta delle scarpe, non so davvero cosa dire.

“Yuri...”

Continua ad avere la voce calma, anche se è dura. Non sembra cattivo. Non credo che mi picchierà se gli dico che…

“È stato Aleksej! È colpa sua! Mi prende in giro e mi dice che sono piccolo e non mi vuole qui e mi ha distrutto le scarpette da danza e adesso mi ha anche dipinto i pattini e sono i pattini del nonno e io non ne ho altri e adesso non posso più pattinare ed è tutta colpa sua e mi ha picchiato anche lui e…”

“Fermo”

Sto zitto.

“Yuri. Aleksej ti ha picchiato?”

“Sì.” Non volevo dirlo, ma ormai…

“Hanno detto che hai iniziato tu.”

“Sì, ma...”

“Niente ma! Adesso mi racconti tutto, hai capito?! Alla prima bugia torni dritto a casa! Aleksej sta andando in ospedale, probabilmente gli hai rotto il naso con quella testata, perciò non peggiorare la tua situazione riempiendomi di balle, capito?! E guardami quando ti parlo!”

Capito. Mi dà gli ordini come fa il nonno, con lo stesso tono secco e preciso. Come a un soldato.

Sento le sirene dell’ambulanza che arriva e il miagolare del gatto nell’immondizia, per il resto è tutto silenzio. Yakov non parla più, aspetta me.

Prendo un bel respiro e comincio a parlare. La pancia mi fa male. “Aleksej mi prende in giro dal primo giorno. Non gli piaccio, ha detto agli altri bambini di non parlare con me. Mi ha tagliato tutte le scarpette da danza che adesso sono distrutte. Ho provato a ricucirle ma mi fanno male e sono orrende, così non posso più andare a danza e allenarmi. Mi sono riempito di vesciche. Io non gli ho detto niente ma oggi mi ha rovinato i pattini. Me li ha riempiti di vernice gialla e si è pure macchiato, sono sicuro che è stato lui.”

Yakov sembra un po’ più pallido ma non dice niente, mi fa solo segno di continuare a parlare.

Vuoto il sacco e racconto ogni cosa. “Nonno Nikolai mi ha regalato quei pattini.” Sento le lacrime bruciare negli occhi, ma non piangerò. I soldati non piangono. “Non posso comprarne altri, non abbiamo abbastanza soldi. Nonno mi ha sempre detto di trattarli bene perché devono durare tanto. Quando li ho visti distrutti mi sono arrabbiato, perché Aleksej può avere tutti i pattini che vuole e io no. Il nonno ha speso tutti i soldi per comprarmeli e  avevo solo quelli e adesso non ne ho più nessuno. Gli ho dato uno spintone e lui è caduto e allora poi mi ha bloccato le braccia e ha iniziato a darmi le ginocchiate nella pancia e a torcermi le braccia.” Mi sollevo un po’ la maglietta: sullo stomaco si sta già formando un bel livido nero. Ci passo sopra le dita per vedere quanto è grosso e sobbalzo: fa davvero malissimo!

“Ti stavi solo difendendo?”

“Sì.”

“Perché non hai detto a nessuno che Aleksej ti faceva i dispetti?”

Alzo un sopracciglio e lo guardo con aria schifata. Ma è scemo? Fare la spia? Io???

“Già...Capisco.” Non so cosa ha capito. Secondo me assolutamente niente, ma per ora non mi ha picchiato, non ha urlato e non mi ha spedito a casa, anche se i tre minuti sono passati di sicuro. Per ora va bene così.

Sembra triste. Anche un po’ preoccupato.

“Yuri, capiamoci. Quello che hai fatto è sbagliato. Sbagliatissimo. Non si possono picchiare gli altri. Hai mandato in ospedale Aleksej, capisci? È grave. Non gli hai solo dato un pugno, gli hai rotto il naso con una testata.”

Faccio sì con la testa. Il nonno non sarà per niente contento di vedermi tornare a casa adesso. Quello stupido gatto è finito dentro il bidone e non riesce più a uscire, sta facendo un gran baccano con le unghie. Non riesco a pensare. Stupido, stupido gatto.

“Aleksej sarà allontanato. Lo manderemo ad allenarsi  da un’altra parte. Non c’è posto per i bulli a San Pietroburgo, questo deve essere chiaro anche a te. Mi stai ascoltando? Sarai messo in punizione. Allenamento supplementare e aiuterai con le pulizie e… Non lo so, devo parlarne anche con il resto della Società Sportiva, ma la storia non finisce qui, mi sono spiegato?” Sembra che neanche lui sappia più tanto cosa dire.

Non mi sta rimandando a casa. Aleksej va via, io no. Non mi sta rimandando a casa. Va tutto bene. Sono ancora solo e senza pattini, però. Gli altri bambini non vorranno comunque stare con me. Devo ancora cavarmela da solo. Sono un soldato, posso farcela. Va tutto bene, ma sono preoccupato.

“Se ti rivedo alzare le mani su qualcuno, sei fuori. Mi hai capito? Fa’ ancora una cosa del genere e a Mosca ti ci rimando a calci in culo, non mi interessa chi ha iniziato. Se qualcun altro dei bambini ti infastidisce vieni dritto filato da me e me lo dici, non ti fai giustizia da solo. Questa è una scuola di pattinaggio, non il cazzo di Far West. Mi hai sentito bene?”

Sgrano gli occhi. Non ci credo. Me la cavo con così poco? Davvero?

Faccio sì con la testa. Niente botte, d’accordo. Neanche al nonno piace chi picchia.

“Domani andremo a comprare dei pattini nuovi. Te li paga la scuola, per questa volta. Plisetsky, non è un premio. Non pensare che ti stia premiando, levati quel sorrisetto dalla faccia .” Non mi ero manco accorto di aver sorriso.

Non mi mandano via. Avrò dei pattini nuovi. Potrò ancora allenarmi e conoscere Viktor Nikiforov. Il livido sulla pancia passerà, non è niente di grave e… Ahia! Lo stupido gatto è riuscito a uscire dal bidone e mi si è attaccato alla gamba con le unghie. È solo un cucciolo ma non molla. Provo a scalciare per mandarlo via, ma non si leva.

Lo acchiappo per la collottola e lo sollevo come prima Yakov ha fatto con me. Scalcia e graffia nell’aria come una vera tigre. È buffo perché in realtà è un gattino minuscolo. Quando la smette lo prendo in braccio per bene e lui inizia a fare le fusa.

“Yakov?” dico.

“Mh?”

“Ma questo gatto di chi è?” chiedo. Sono curioso, non l’ho mai visto. Non sembra per niente un randagio, mi sa che anche lui è stato abbandonato qui…

“Tuo. Prendi quel coso e portatelo al dormitorio. Congratulazioni Plisetsky, hai vinto un gatto. E adesso fila, mentre cerco di risolvere il casino che hai combinato!” Sorride. Il Vecchio Pelato è mezzo pazzo, mi sa.

E io ho un gatto. Non sono più solo.

Ninotchka sarà contenta di avere un amico!

 

 

Note dell’Autrice: probabilmente per questa storia devo ringraziare più persone di quante effettivamente la leggeranno, ma quel che è giusto è giusto: Kendra26, preziosissima, insostituibile consigliera, inestimabile consulente in merito di danza classica e allenamento sportivo, nonché prima persona in assoluto ad aver creduto che questo piccolo Yuri dovesse uscire dalla mia penna (tastiera ma va bÈ, ci siamo capiti). È anche l’autrice della copertina, nel caso ve lo steste chiedendo. Nykyo e Silvar tales, che ormai un paio di mesi fa hanno passato ore intere a spiegarmi cosa fosse umanamente possibile fare sui pattini per un bambino di dieci anni. Le cose giuste che ho scritto sono merito loro, gli strafalcioni sono tutti miei. Ultimo ad unirsi alla mia squadra, ma non meno importante, Dark Star, che è un maestro con i dialoghi: riesce a rendere credibili frasi che scritte da me suonano di una falsità spaventosa.

 

Di solito non do spiegazioni sulle mie storie: ritengo che se l’autore deve spiegarsi a parte, allora non ha fatto un buon lavoro. Tuttavia, questa volta voglio dirvi due parole sul perché questo racconto è nato: su le mani se vi siete mai chiesti com’era Yuri da bambino e cosa lo ha reso così freddo. Ottimo, grazie. Potete abbassarle, io faccio parte dello stesso gruppo. Ho iniziato a fantasticare di come Yuri sia diventato il soldato che tutti amiamo (Otabeck per primo, ma questa è un’altra storia), di come possa essere stato per lui mollare il suo unico affetto per spostarsi a San Pietroburgo e delle eventuali difficoltà a integrarsi. Mi sento quasi cattiva ad aver dipinto un bambino così solo e a tratti abusato e mentre Aleksej faceva il bullo e lo picchiava avevo lo stomaco stretto, davvero. Però…ecco, secondo me questa è una storia che andava raccontata. Ora che ho in testa il suo background (e quello di Potya!) sono pronta a vederlo crescere e a creare per lui nuove storie e scenari più rosei, ma sentivo davvero il bisogno di scrivere queste scene. Spero vi piacciano, o meglio: spero che amerete Yuri come lo amo io.

 

 



Questa fanart è stata realizzata dalla mia meravigliosissima fratella Nemesis01 (https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=22656) all'interno del gruppo facebook "Boys Love - Fanfic & Fanart's World". Io adoro il suo stile e voglio un gran bene a lei, quindi il fatto che si sia messa a disegnare per me vale doppio. <3  Grazie mille fratella, non sarò mai in grado di sdebitarmi come si deve per tutte le grafiche che mi hai fatto fino ad ora. 
   
 
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