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Autore: tyurru_chan    08/05/2018    0 recensioni
“Tu non c’eri. Non sai cosa ha fatto nostro padre, Nathaniel.” [...]
Era bastato l’errore di un solo uomo, a condannare secoli di eroismo e giustizia.
[Nathaniel/Cousland centric]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Custode, Nathaniel Howe
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Tu non c’eri. Non sai cosa ha fatto nostro padre, Nathaniel.”
 
Parole cariche di rammarico, astio malcelato in esse, sillaba dopo sillaba, intrise di un dolore profondo. Il maggiore degli Howe interdetto, contemplava sua sorella Delilah con sguardo spento, inespressivo.
I giorni felici da infante, i ricordi di famiglia, l’orgoglio di appartenenza ad una casata di nobili protettori, infondo, non erano mai davvero esistiti.
Era bastato l’errore di un solo uomo, a condannare secoli di eroismo e giustizia.
 
 
 
“Io… devo porgerti le mie scuse.”         
Il capo chino, mesto, uno sguardo colpevole nascosto dalle lunghe frange scure ad adornarne il viso dal medesimo tratto spigoloso, ereditato dal ramo paterno.
La giovane Cousland lo scrutava meditabonda; il cuore serrato, chiuso in una muta morsa di dolore mai pronunciato apertamente.
Non vi era risentimento nei suoi riguardi, non ve n’era mai stato. Non per l’infida serpe che aveva distrutto tutto ciò a cui ella più teneva.
“Non vi è nulla da perdonare, stai già scontando a sufficienza colpe non tue, amico mio.”
-Amico.-
Un fremito lo percosse al suono di quella parola, impercettibile, come il sibilo di una freccia appena scoccata da mani esperte. Mai avrebbe immaginato una tale considerazione da parte di colei che, inizialmente, aveva accusato di ogni propria sventura.
Non aveva scusanti per la propria personale ignoranza dimostrata nei suoi riguardi, non ne desiderava riceverne in nessun frangente.
“Dissento. Ho molto di cui fare ammenda, comandante.”
Stoico, impassibile, si raddrizzò con il busto, trovando infine il dovuto coraggio di incrociarne lo sguardo, senza mezze misure.
Scorgeva in esso solo una comune sconfinata ed immensurabile tristezza.
In cuor suo, desiderò non disturbare oltre quell’anima tormentata dai propri indelebili ricordi.
Non ricevendo alcuna risposta, prese posizione per congedarsi con un accennato inchino formale; comune forma di rispetto da soldato semplice al proprio superiore.
“Nathaniel.”
Si bloccò al sentir pronunciare il proprio nome, con un tono così familiare, addirittura gentile.
“Si, comandante?” disse voltandosi.
“Chiamami per nome quando siamo soli. Tutte queste formalità non sono necessarie.”
Un sorriso tirato, stanco, ma comunque unicamente a lui rivolto.
E per un momento, il giovane Howe si sentì ancora più in colpa verso se stesso e gli orrori compiuti dal padre, più di quanto interiormente riuscisse ad ammettere.
“L-lady Cousland…”
Un colpo di tosse a nasconderne il palese imbarazzo, una fuga in piena regola ne susseguì. E giurò, di rimando, di aver udito un lieve risata alle proprie spalle far eco nel corridoio, nel mentre si allontanava il più velocemente possibile da lei.
 
 
 
“Ehi, piccolo Howe.”
Un Oghren raggiante e per nulla sobrio come suo solito lo avvicinò al tavolo, durante il santuario pasto serale.
“Lucido e in ottima forma come sempre noto, nano.” Canzonò il moro senza mezzi termini, masticando una consistente fetta di carne dallo stufato di bronto appena cotto.
“Ah-ah! Divertente! Non mi starai diventando come quel maghetto agghindato che non sta mai zitto?” rimbrottò con una sonora pacca ad una spalla, talmente ben assestata, che quasi lo portò a strozzarsi del boccone appena ingerito.
“Ehi! Guarda che ti sento!” un seccato Anders poco più in là, rispose per le rime alle calunnie appena ricevute con gesti poco cordiali.
Nathaniel sospirò, mandando giù in un sol sorso dell’idromele dal proprio boccale.
Il nano fece altrettanto, pulendosi la barba con un gesto secco del palmo.
“Di un po’, che ne pensi del nostro bel comandante in gonnella, eh?” una gomitatina ammiccante, condita di risatina dai toni decisamente poco ortodossi.
E il giovane arciere, spiazzato, rischiò il soffocamento per la seconda volta in pochi minuti.
“Un ottimo comandante, direi.” Ammise, schiarendosi la gola, titubante dalla pericolosa piega presa dal discorso.
“Chissene frega di quello, intendo, è una donna, sai? E pure niente male… gliela daresti una botta o due di la verità. Te lo leggo negli occhi eh-eh!” Sghignazzò in preda all’euforia da alcol più totale, una risata sguaiata in cerca del proprio boccale da riempire con altro nettare di puro malto.
“Sono un uomo, una bella donna sortirebbe quell’effetto a chiunque.” Acconsentì in tono neutro, evitando qualsivoglia dubbia provocazione.
Quel nano non gli dispiaceva, ma era fin troppo invadente nel suo di troppo.
“Ma lei è diversa, merita tutto il nostro rispetto e ha tutta la mia ammirazione.” Concluse con fierezza, alzandosi infine dal proprio posto e dirigersi senza remora alcuna nelle proprie stanze, incurante delle sinfonie ruttate poco aggraziate del nano di sottofondo.
 
 
 
La ritrovò di vedetta su una delle torri della veglia, un ampio corridoio di pietra a dividerli dal bilico dell'altitudine.
“La fortezza resisterà, è stata costruita per questo.” Un appello spontaneo, una guerra ormai alle porte ad abbattersi nefasta contro essa.
“Nulla è invalicabile per sempre.” Una risposta incerta a sua volta, lo sguardo della custode pendeva da un punto elevato della veglia, perso fin dove orizzonte le concedesse di contemplare.
Nathaniel si ritrovò, suo malgrado, nel contemplarla distrattamente.
Analizzare, studiare, agire; era sua abitudine fatta sul campo di battaglia. Ma in quel frangente era totalmente inopportuno.
Col tempo trascorso assieme ne aveva appreso ogni movenza, gesticolarità, persino quel buffo modo di fare che aveva quando, in preda all’imbarazzo, arricciava una ciocca di capelli color caramello attorno al proprio indice, per riflettere sul da farsi.
Inoltre, non aveva mai prestato particolare attenzione prima di allora, di quanto ella fosse minuta, persino troppo magra sotto certi aspetti, almeno per i suoi personali gusti. I fianchi morbidi eran coperti dal fine corsetto di cuoio, mentre il seno, per nulla prosperoso come si pensava, era costretto saldo nella tenuta da battaglia. Aveva un fisico snello, asciutto, diverso dal tipo di donne molto più appariscenti e in carne, di cui aveva goduto la compagnia tempo addietro.
Dopo un lungo momento di reciproco quieto silenzio, ella si accorse di quello sguardo indagatore su di sé; inclinò il capo appena verso il suo sfacciato osservatore, un gesto usuale di quando analizzava qualcosa che non le riusciva di comprendere.
“Qualcosa non va?” chiese, infine, incuriosita da tanto interesse.
Nathaniel si scostò appena, assottigliando lo sguardo in due fessure, meditabondo.
“Niente, solo… ti immaginavo diversa. Le nobildonne che ricordo sono alquanto più femminili ed aggraziate.”
Storse il naso civettuola ella, avrebbe potuto persino offendersi per un tale commento alla sua persona. E invece, rise, di gusto.
“Mia madre me lo ripeteva, in continuazione. Non troverai mai marito, se pensi solo ad allenarti con la spada!” Una reazione inaspettata a cui il compagno custode si ritrovò del tutto impreparato.
Sorrise di rimando, trattenendo per quanto poteva di figurarsi la scena e riderci a sua volta. Non che potesse dire altrettanto; la sua, di madre, tutto era stata fuorché gentile ed affettuosa nei suoi riguardi.
“Ricordo quando cercarono di promettermi in sposa a tuo fratello minore.” Ruppe l’ennesimo silenzio la lady, in balia dei propri ricordi.
“Per sua fortuna non è stato così, sarei stata una moglie tremenda.” Replicò confidente, ormai la mente a viaggiar in memorie reticenti; rise nuovamente, portandosi il palmo alla bocca, per non apparire troppo sciocca.
“Thomas sarebbe stato un uomo fortunato ad avere una donna eccezionale come te al suo fianco.”
Affermò sincero il custode, persino con una punta d’invidia al pensiero.
La sua comandante parve persino accorgersene, rimuginando su tali parole, come a deciderne sentenza di giudizio, su tale argomento.
“Non ha più importanza, ormai.” chiuse il discorso, con ritrovata malinconia nel tono.
Non era più la figlia minore dei Cousland a parlare, ma il fiero comandante dei custodi grigi di Amaranthine.
L’arciere mesto, pose il palmo della propria ruvida mano sulla spalla della fanciulla, un tocco cortese, una vicinanza dettata da solidale comprensione.
Uno sguardo confuso lo trafisse, portandolo sull’immediato a pentirsi di cotanta temerarietà mostrata.
Occhi di un verde opaco, una liquefatta lucentezza sfumata in essa, altro dettaglio a cui solo in quel preciso istante fece caso. Una vicinanza pericolosa, deleteria.
 “Scusatemi, comandante. Non volevo importunarvi in tal modo.”
Dovute distanze riprese, come se si fosse scottato col fuoco.
La Lady annuì lieve, un sospiro esausto a sfuggirle, rivolgendo lo sguardo verso il nulla dell’orizzonte a spandersi.
 
“Se non Thomas, mio padre avrebbe potuto persino destinarla a me. Che triste ironia.”
 
Non poté fare a meno di pensare il maggiore degli Howe, se solo il fato avesse condotto diversamente le azioni del suo onorato padre.
Non vagò oltre la propria personale fantasia in proposito, la considerava troppo incauta, persino per se stesso.
  
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