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Autore: LDstories    09/05/2018    1 recensioni
2984, questa la malattia mentale in cui è classificata Michelle, che vivrà una settimana in TSO, presso un ospedale. In mezzo al clima di durezza però, ci sarà spazio anche per l'amore.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2984

Era circondata, tutti i medici erano accerchiati attorno a lei.
"Sul braccio" disse.
Ormai non rispondevano nemmeno più di no.
"Non voglio che vediate il mio culo." Una risata breve si distinse in mezzo a quel clima.
Quell'atmosfera si era creata dopo che la ragazza, Michelle, aveva rifiutato la pastiglia e sputato le gocce a terra.
Non sembrava averli convinti, lei cominciò a indietreggiare, dopo il loro avanzamento, senza rendersi conto che in quel modo si era ritrovata sdraiata sul letto, dopo pochi minuti e loro passati tanti tentativi erano riusciti a strapparle la borsetta di mano.
Quando vide l'ago da puntura, si scatenò in lei il panico. Nel frattempo era arrivata anche qualche guardia giurata. Cominciò ad urlare, di un urlo stridulo:"Aiuto! Che cazzo è quella cosa! Aiuto, aiuto!" Per il suo pensiero quella era un' iniezione letale. Poi si calmò, nella sua mente, avevano scambiato quella con un semplice sonnifero. Non era troppo lontana dalla realtà, era un sedativo, per lei che era stata, si, ribelle, ma non violenta o agitata; di una calma sregolata, ferma nella sua posizione e nelle sue decisioni.
Tutto si fermò, le fu iniettato il siero e sembrava tornata la normalità. Si allontanavano, medici e guardie giurate, come non fosse successo nulla, come fosse una scena che vedevano tutti i giorni.
Solo colui che era a capo, si fermò con un altro medico, sull'orlo della porta:"Non può dormire qui" disse. "Qui ci dorme Angelo."

Capitolo 2
Aveva chiesto, visibilmente svuotata, dove fosse la sua camera, questa era collocata in fondo, sulla destra. C'era anche un altro letto. Michelle non si fece domande.
Uscì, perché non riusciva a dormire, c'era un orologio che indicava le 17. Infondo trovò una fila verso un carrellino, stavano distribuendo la merenda. Lei, che aveva fatto solo colazione, si aggiunse alla colonna di persone, arrivato il suo turno prese uno yogurt, un pacchetto di due biscotti e un pacchetto con una fetta biscottata. Tutto ciò che era disponibile, ma solo una volta. Non si azzardò a chiedere del pranzo, non si azzardò a chiedere nulla.
 Li mangiò in sala da pranzo o d'aspetto o quel che era.
Arrivò il tardo pomeriggio e riprovò a dormire, ma pensava solo a tutte le occasioni, gli appuntamenti, gli incontri che si stava perdendo.
E quel tempo le servì per notare solo una macchia nelle sue lenzuola. 
Le erano anche arrivate le mestruazioni, pensò, con un bagliore di speranza, che non potevano internarla con il ciclo. Ma non lo disse a nessuno. Ripensò al:" Questo lo puoi tenere" riferito al portafoglio che le era stato buttato in mano, durante lo svuotamento della sua borsa, mentre lei diceva che la stavano derubando. Rivide le due pastiglia di enantiyum, ancora al suo interno. Aveva le sue cose, ma non disse nulla, perché lei era una guerriera ed avrebbe lottato.

Capitolo 3
Venirono a portarle medicine e sonnifero, un sollievo, per lei che di sicuro, a quel punto, avrebbe dormito. I suoi pensieri così non suggerivano però, erano una tortura. Lei si trovava all' interno di un posto nel quale qualcun altro l' aveva subita e le parlava attraverso le voci...

"Buongiorno!" Disse un dottore, accompagnato da un altro, con un barlume di cose in mano.
" Dobbiamo prelevati del sangue, ieri con l'infermiera c'è stato un... Intoppo e vogliamo verificare che tu, come lei, non abbia preso un' infezione"
Neanche il tempo di pensare:"Quante balle" che erano già sul suo braccio, a prenderle del sangue.
"Se non muoio adesso, non muoio più" si disse, mentre prelevano l'ennesima fiala.
"Abbiamo finito" annunciarono, soddisfatti, i medici.
E se ne andarono via, non prima di riferirle, che, nell'altra stanza, era pronta la colazione.
Fu allora che li vide: gli altri.
Arrivarono in grosso gruppo verso di lei ed erano accanto a un medico. Lei andò dritta per la sua strada e prese di nuovo tutto, yogurt, biscotti e fetta biscottata.
Poi sentì il bisogno che la soddisfava, fino giorni prima, a molte ore del giorno: quello del caffé.
Le si avvicinò, mentre introduceva soldi nella macchinetta, un ragazzo, che soffriva, in maniera evidente di problemi di saliva e deglutizione, non sapeva come definirli.
Lo guardò e le ricordò un ragazzo che le piaceva fino a tempo prima, era solo più basso e con più pancia.
"Ne puoi prendere uno anche a me?" Le chiese, con parecchia difficoltà, tanto che lei si dovette avvicinare con l'orecchio per sentirlo e lui si ripetè.
"Certo! Quale vuoi?" Lei interruppe il suo procedimento, pronta a cambiare ordinazione. Lui le indicò il cappuccino. Lei premette il numero.
"Grazie" le disse e non ebbe il bisogno di ripetersi.
"Come ti chiami?" Gli chiese lei.
"Angelo" rispose e aggiunse:" E tu sei Michelle"
Lei gli sorrise.
Lo prese sottobraccio mentre lui all'orecchio le diceva: "Noi andiamo via, con la moto. Solo io" si indicò " e te", la indicò.
"Però vedi Angelo..." Si dovette interrompere.
"Angelo" il caporeparto fece cadere le sue braccia "Non importunarla!"
Prima di sentire il suo braccio abbandonarla, Michelle disse prontamente: "Non mi sta importunando!"
Il capo reparto scosse le spalle e i due, braccio a braccio, continuarono a proseguire.
La ragazza lo portò verso la porta di emergenza a destra: "... Ti stavo dicendo, vedi da qui non si può uscire" spinse con forza la sbarra, poi tornò indietro, sempre con lui, verso la porta sinistra di emergenza. Premette sempre sulla parte rossa, ma non si aprì: "Hai visto? Non si riesce a uscire, come facciamo?"
Capitolo 4
Quella notte si alzò alle 5 e andò a fumare. C' era una sala per fumatori, che somigliava a un forno crematorio modernizzato. Si sedette a una panchina e a fine sigaretta... Cadde di lato, alla sua destra, sentì solo un:"Oh".
Si rialzò e camminò faticosamente fra la mente annebbiata e le gambe che procedevano a zig zag. Poi ricadde a terra. Si mise sul letto e pensò che almeno uno svenimento le avrebbe potuto garantire il sonno.
Non si sbagliava.
Appena sveglia, si avviò verso le macchinette e senza che lui le dicesse nulla, gli prese un cappuccino. Non avevano mai lunghe e profonde conversazioni, anche a causa delle difficoltà di Angelo, ma lui gli piaceva e gli faceva una tenerezza che lei, dura, non aveva da tempo con gli uomini. Lui, per aiutarla, continuava a indicare e gesticolare, mentre la sua bava arrivava sempre al tovagliolo che indossava perennemente di sotto. Si trovavano anche a disegnare insieme, quando era l'ora dell'arte, prima di cena, anche se i posti a cena erano assegnati e lei non era vicina a lui, ma, a dire il vero, non lo vedeva mai durante i pasti. Questo diminuiva ancor di più il tempo che passavano assieme.
La interruppero mentre lo stava pensando, era arrivato suo padre.
"Papà, ho bisogno di più sigarette"
"Eccolo il soggetto pericoloso" disse lui scoppiando in una risata.
"Non sto scherzando, non me ne basta uno al giorno"
"Te le devi far bastare, in ogni caso qui ci sono i soldi."
Lei li prese, doveva pur sempre provvedere anche ad Angelo.
Poi riprese il discorso: "Oh, ma quanti pochi ne hai... Be' come mai? Non ho molto tempo, oggi hai il colloquio con Meneretti."
Quel colloquio arrivò.
"Posso uscire?"
"No."
"Allora posso andare, questo colloquio è inutile." 
Lasciò l' impronta della risata del capo dei medici impressa nell'aria.
Capitolo 5
Fu notte quando sentì dei passi veloci e rumorosi è si svegliò, chi li aveva provocati era nella sua stanza. La nuova arrivata le chiese"Hai una sigaretta?" "No, le ho finite anche per me" rispose Michelle " Si che hai una sigaretta" rispose la ragazza con tono minatorio, cominciando ad avvicinarsi a lei ed esprimendo lamentele, si calmò solo quando Michelle tirò fuori il suo pacchetto vuoto e in toni calmi si spiegò: "Vedi? Le ho finite anch'io. Pure io le ho chieste oggi" la nuova arrivata sembrava averla ignorata, si mise ad aprire il suo armadietto, ma non si apriva.
Così inizio a dare pugni e calci allo stesso e a tirarlo oltre limiti umani e aveva i pantaloni abbassati, segno che anche lei era stata sedata. "Perché il tuo si apre e il mio no? Eh" Intonò sempre minacciosa e Michelle provò a spiegarle che anche il suo non si apriva e glielo fece, anche in questo caso, vedere. "Bugiarda!" Le replicò quest' ultima, ma proprio in quel momento, entrò qualche infermiere. "Cosa succede quando dentro?" Rispose Michelle: "Vuole aprire il suo armadietto, le ho spiegato che anche il mio non si apre, ma non ci crede" "Gli armadietti restano chiusi e il tuo è vuoto, Alessia. Non provarci" le disse un medico donna fermandolo il suo braccio:"Non serve a nulla, non c'è niente" poi rivolse in toni bruschi a Michelle:" Tu hai bisogno di qualcosa? Se lo vuoi aprire devi venire da noi. Ora noi andiamo, non vogliamo più casino." Alessia provò ancora ad aprirlo, quando uscirono e la tenne in piedi tutta la notte, facendole domande insensate, sembrando fatta, come forse era, si disse Michelle, che le rispose pazientemente.
Si svegliò e offrì il solito cappuccino ad Angelo. Vide Alessia avvicinarsi a lei e cercare di prenderle dei soldi, lei si tirò indietro. "A lui si, a me no?' chiese in toni solo lamentosi. "Mi da fastidio, quando qualcuno tenta di prendermi dei soldi senza chiedermi nulla, Alessia" replicò in modo serio Michelle. Poi le chiese:"Cosa vuoi?" "Prendo io" "Cosa vuoi?" La ragazza a quel punto parlò e Michelle mise i soldi dentro la macchinetta e le prese, controvoglia, ciò che lei desiderava. "Grazie" si sentì rispondere, mentre la ragazza se ne andava.
"Chi è?" Chiese Angelo, spalancando gli occhi.
"Si chiama Alessia" riferì Michelle.
"Non mi piace, mi sta antipatica" Michelle lo tranquillizzò prima che potesse scoppiare a piangere.

Michelle, come tutti i giorni, aveva intenzione di lavarsi. Trovò il capo reparto e gli disse:"Vorrei farmi la doccia, dove posso?"
"Nel tuo bagno!"
"Si, ma, il primo giorno... L'acqua era arrivata fin qui" Michelle indicò il pavimento oltre la porta del bagno.
"Ehm hai ragione."
"Mi lavo a pezzi?"
"Ehm, forse è meglio se ti lavi a pezzi"
Quei "Ehm" la facevano quasi ridere, forse trovava in fondo, in fondo, che quel medico fosse uno spasso, anche a suo padre piaceva, voleva che fosse il suo psichiatra, una volta l' aveva detto anche lui, mentre erano tutti e tre nel suo ufficio, ma Michelle aveva replicato:"No, per amor del cielo" lui si era fatto una lieve risata, spenta abbastanza presto, per poi chiederle:"Perché no?" Ma poi guardando suo padre aveva aggiunto:"No... Io non posso, ma... Grazie"
La risposta al "Perché no" era semplice, nella testa di Michelle era lui che l' aveva messa e la teneva lì dentro.

Fu proprio il padre che vide poco dopo, alla fine della loro consueta conversazione le disse:
"Mi raccomando, non dare dei soldi e non fidarti di Alessia."
Capitolo 6
Quanto ancora doveva stare lì dentro? Prima disegnava tutto il giorno, ora solo durante l' ora d'arte e non era la stessa cosa. Ma ne avrebbe avuto occasione, quella sera.
Però era ancora prima mattina, Alessia era in giro e lei cercava di starle lontana il più possibile.
Tornò ai suoi pensieri: Angelo, il ritorno ed altre cose, erano quelli più gettonati.
Uscì fuori e andò a fumare, non aveva più sigarette e le chiese, gliele davano sempre gentilmente.
Arrivò il mattino, prese le solite medicine che le portavano a letto, il capo reparto una volta le aveva detto:"Il papà ci ha riferito che le altre ti facevano ingrassare e non le vuoi, ecco, queste non fanno ingrassare". Poi andò a prendersi il caffé e il cappuccino per Angelo che era a braccetto con un' infermiera, lo facevano sempre, da quando lo aveva fatto lei. Le faceva piacere e pensava, indubbiamente, che con lei non fossero così teneri. Ma non provava nessuna gelosia, in nessun verso. Era solo contenta.
Nel pomeriggio arrivò suo padre e notò che i colloqui con il capo reparto si stavano intensificando.
"Posso avere un giorno libero?" Chiese Michelle.
"No." Rispose lui.
"Bene, questo colloquio può finire qui."
"Michelle!" Richiamò suo padre, mentre lui scoppiava in un'altra delle sue brevi risate.
"Guarda che è molto bravo, Michelle" le disse suo padre mentre lei stava tornando dentro. Lui a momenti lo venerava. "Sisi papà." Si ribellò Michelle. "Io sarei stato felice se fosse stato il tuo dottore, ma lui dice che non può. Gli hai fatto qualcosa? Non ti voglio più con la Tovezzi che ti ha portata qui" "Nemmeno io mi voglio con lei." Rispose Michelle sinceramente.
Arrivarono le otto e un quarto di sera e lei non riusciva a prendersi il suo ennesimo caffé. Erano due volte che la macchinetta si mangiava i suoi soldi.
"Non va" disse lei ad Angelo.
"La spengono dopo le otto" riferì lui, indicandole un cartello.
"E adesso come faccio? Ci avevo messo i miei soldi!"
"Puoi scriverlo, se vai da loro ti danno un foglio."
Lei si avviò subito, ringraziando Angelo.
"Scusate, la macchinetta mi ha mangiato i soldi"
"E noi cosa possiamo farci? Mica gli avrai messi dopo le 8? Noi a quell'ora la chiudiamo"
"Mi hanno detto che posso richiedere un foglio"
"Toh" le diedero foglio e penna.
Subito dopo, sentì un ragazzo andare lì:"Servono anche a me!"
"Ancora Andrea? Tieeni."
E pure successivamente, un' altra ragazza chiese l'armamentario.
I 4 o 5 che li avevano richiesti, si ritrovarono in sala da pranzo a scrivere.
Sofia, prima di tutto, si sfogò con un disegno.
Poi scrisse nel Ps. Che lo aveva fatto perché le mancava disegnare ed erano stati i primi foglio e penna che vedeva da quel tempo.
Nello scritto normale mise invece i soldi che la macchinetta si era presa.
Capitolo 7
A presta mattinata, Michelle si avviò subito verso la macchinetta, voleva vedere se i suoi soldi c'erano ancora, ma così non era.
Nell'aria poteva sentire un sonoro:"Complimenti per averci scritto un bigliettino, lo abbiamo inviato al cazzo che ce ne frega... Le faremo sapere. Lo abbiamo inoltrato alla luna" perché nessuno le faceva sapere nulla.
"Ti hanno ridato i soldi?" Le chiese Angelo gustandosi il suo cappuccino.
"No" rispose Michelle, che passò tutta la sua giornata con lui ed in quel modo, la giornata finì in un soffio.
La mattina dopo il capo reparto la voleva vedere, ma lei non era ancora pronta.
Cercò Angelo tutto il giorno, ma non lo vide fin quando stava andando, appunto, dal capo dei medici, nel tardo pomeriggio.
I loro volti si trovarono molto vicini, a un soffio. Poi fu richiamata e gli disse: "Io vado, ci vediamo dopo.
C'era anche suo padre.
"È per la tua immensa felicità che te l'annuncio, dopo una settimana, sei dimessa."

Capitolo 8- Capitolo finale.
Michelle dormì per tutto il viaggio, ma quando la risvegliarono trascinandola all' interno di un altro ospedale e non a casa, ritrovò parte della sua attenzione.
"Dunque Michelle" si trovava all'interno di una specie di ufficio:"...Che bel nome
...Ti va di restare un po' di tempo qui?"
"No. Voglio solo andare a casa, papà, portami a casa."
"Temo non si possa."
"Ma il mio volere non conta a nulla? Io voglio andare a casa!"
"Mi permetto di considerarti incapace di intendere e di volere.
... Tu vai di là, noi sbrighiamo delle cose coi tuoi genitori."
Michelle si alzò lentamente, sentiva le sue gambe cedere. Avrebbe mai più rivisto Angelo? Non aveva nemmeno il tempo per pensarci, ma ne avrebbe avuto più del necessario. Però, in quel momento, non era così. Voleva una sigaretta, però le negarono pure quella, lì c' erano degli orari.
Si sdraiò sul letto e riuscì solo a pensare una cosa: L'incubo non era finito.
 
 
Nota dell'autrice: Non l'ho proprio riletto, ma auguro una buona lettura!
   
 
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