Storie originali > Generale
Segui la storia  |      
Autore: AlessandroConte    09/05/2018    0 recensioni
Storie varie brevi e lunghe, in prosa e in versi.
Genere: Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
LA  CURA
 
“La fatica di portare soldi a casa, dottore. Non ce la faccio, dottore!”
“Se ho ben capito” pondera lo psichiatra “lei è impiegato postale. Ha un lavoro. Di che si lamenta? Molti sono disoccupati.”
“Fortunati loro” sospira Lorenzo Caccavale, “almeno si riposano.”
“Scusi, lei da me che vuole?”
“Voglio superare l’insofferenza al lavoro. È chiaro, no?”
“Allora è facile. Si dimetta e così non lavorerà più.”
“Eh già! Bravo! E dopo i soldi da portare a casa chi me li dà?”
“Sa che lei è un bel tipo?
Se ne vada. Non posso aiutarla e questi minuti che ho perso glieli regalo. Contento?”
“No, che non sono contento. Io ho un problema di natura psicologica. Se non mi cura lei chi lo farà?
Lo so quello che costa un’ora con lei. Mi guarisca da questa mania e saranno soldi ben spesi.”
“Senta, non mi faccia perdere altro tempo. Non c’è cura per la sua … mania.”
“No, dottore. Non mi dica così.
Cosa mi resta?”
“Lavorare come tutti e guadagnarsi il pane che mangia anche se costa sudore della fronte.”
“E lei così mi aiuta?”
“Lo capisca. Per il suo problema, infingardaggine, mi consenta, non psicopatia, non c’è rimedio.”
Lorenzo lo guarda e quasi piange.
“Lo sa, dottore, che faccio dalla mattina alla sera? Timbro, passo nella macchinetta, rispondo a domande sceme se non irritanti, leggo, timbro, metto nella macchinetta, conto soldi, timbro, metto…”
“Basta, basta, ho capito. È un lavoro noioso e ripetitivo. Ma c’è di peggio, più noioso, logorante e faticoso.
Se ne vada. Non voglio niente perché per lei non ho un rimedio.”
“E quando torno a casa mia moglie mi assilla di pretese. È ancora più noiosa e insopportabile del lavoro.”
Lo psichiatra si alza, va nello sgabuzzino e ne esce con una fune.
“Ricordavo di averla” fa porgendola al Caccavale “e gliela regalo. Il rimedio per lei è questa, non potendole fornire una pistola.
Trovi un bel ramo e…”
 
Alessandro Conte
 
 
UNA  MOGLIE    
 
Nulla ci ho guadagnato a maritarmi.
Chi mai mi dice ‘brava, hai fatto bene!’?
Cerchi carezze e invece ottieni sgarbi,
le coccole le devi prenotare
ed il da fare è immane e senza fine.
   Single dovevo stare e allora forse
   avrei fatto valer le mie risorse.
 
Alessandro Conte.
 
 
L’ INCIDENTE         
 
Stavamo piangendo la morte di mamma io e mia sorella Sonia.
Ci avevano informato che si era schiantata con l’auto in compagnia di una persona priva di documenti. Pensai, ovviamente a Bruno suo convivente da una quindicina d’anni.
All’obitorio ci mostrarono la mamma sfigurata e ci mettemmo un po’ per riprenderci. Identificata lei dovevamo fare la stessa cosa con lui. Quando scoprirono il suo volto affermammo, quasi ad una voce:
“Sì, è Bruno, il suo compagno.”
“Brunella, forse” corresse il dottore con un mezzo sorriso.
“Come Brunella?” mi stupii.
Quello scostò maggiormente il telo e scoprì il cadavere interamente: privo dei vestiti maschili col seno e il pube in vista Bruno era proprio una lei.
“Claudia...” sussurrò, incredula, la mia sorellina. Io ero attonita, senza parole nè pensieri e fu un vero tormento passare poi dalla polizia a spiegare cose che ignoravamo.
Ponendo in secondo piano le nostre consuete attività restammo insieme due giorni a casa di mamma; di Bruno, veramente, dato che i soldi provenienti da tre profumerie erano suoi.
Non potevamo fare a meno di tornare a quattordici anni prima e, sicure che di mamma avremmo sempre avuto da parlare e piangere, si continuava a girare coi pensieri e coi ricordi su di lui. Lui, sì, perchè era stato sempre un uomo per noi, un uomo importante.
Dopo la separazione dei nostri genitori eravamo state affidate a un istituto religioso. Fu Bruno a toglierci di là e a volerci con loro due per ricostituire una famiglia. Un paio di anni dopo papà riuscì a ottenere il nostro affidamento.
“Claudia, eravamo tutte donne in casa” osservò mia sorella.
“E che ne sapevamo, Sonia? io dodici anni, tu dieci. Aveva pure una voce mascolina, almeno mi pare.”
Non riuscivamo proprio a entrare, retrospettivamente, in quello stato di cose. Sembrava tutto complicato.
“Li vedevamo a letto stretti stretti, ‘azzeccati’ dicevamo, ti ricordi?” e rivissi sia la situazione che l’invidia che sentivo. “Non riesco proprio a pensare che non stessero insieme come marito e moglie.”
“Li sentivamo fare eh, Claudia?”
“Come no? io mi ci attizzavo, ti confesso.”
“Io pensavo a lui e mi facevo, Claudia.”
“Lo  so, lo so. Io temevo, o speravo, che ne so?, di sentirmi strusciare il coso da qualche parte prima o poi. Non l’ha fatto, certo, ma ricordo che ci stringeva volentieri, ci toccava, ci baciava in bocca; e sì, a me sì.”
“Davvero? e mamma?”
“Quando lo fece la prima volta minacciai di riferire ma non l’ho fatto. Mi dava i soldi.”
“Puttana.”
“E che vuoi? Mi piaceva pure, non era mio padre, era grande ed era pure bello.”
“Per forza, era femmina.”
Lo avremmo fatto in seguito ma, allora, nessuna delle due volle rimarcare che con Brunella mamma era sempre raggiante di felicità.
 
Alessandro Conte
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Vi do appuntamento a mercoledì prossimo, 16 maggio, con altre storie)
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: AlessandroConte