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Autore: Padfootblack    11/05/2018    1 recensioni
E se Alex avesse intrapreso una relazione con una collega musicista? E se non fosse tutto così idilliaco?
Raccolta di song fic!
Dal testo:
Probabilmente si accorse del mio sguardo, perché si girò e sorrise imbarazzata, muovendo la mano come a salutarmi. Non riuscii a muovere un muscolo, aveva uno sguardo splendido. Era come se potesse leggermi dentro e mi persi in quel paradiso verde azzurro, fin quando non si voltò di nuovo verso gli altri. E la magia scomparve, ritornai nel backstage del club, attorniato da luci stroboscopiche e ombre penetranti, proprio mentre loro salivano sul palco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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*** Note dell'"autrice":
Buonasera!
Qui una Padfoot triste. Oggi è uscito il nuovo album, l'ho sentito solo una volta e non mi ha convinta, ma proverò a riascoltarlo nei prossimi giorni.
Che dire, la storia sta per concludersi, se Tranquility Base mi darà delle idee potrebbe uscire un altro capitolo, ma nel giro di poche settimane la storia terminerà. Il capitolo di oggi non è stato scritto su una canzone di TBHC (perché me ne è piaciuta solo una per adesso e questa cosa mi stranisce parecchio), ma su un b-side vecchissimo (vi lascio il link:
https://www.youtube.com/watch?v=nompB1PB85w), tristissimo ma davvero bello. Spero che il capitolo vi piaccia e spero di riuscire a chiudere la storia in modo degno, giuro che almeno una canzone di TBHC finirà in questa storia. Non vi tedio più. 
Buona lettura,
Padfoot
***

 


Despair in the Departure Lounge


Avevo sbagliato. La paura che Amy potesse tornare a farmi del male aveva vinto su ciò che provavo per lei e avevo scelto Taylor, l’unica che non mi aveva mai fatto soffrire. Avevo lasciato Amy in mezzo ad una strada ed ero tornato da Taylor, avevo preso una sbronza e le avevo chiesto di sposarmi. Non avevo trovato il coraggio di chiamare Amy per spiegarle la situazione così erano passati mesi interi senza sentire la sua voce. Erano state settimane intense, mi ero buttato a capofitto sulla musica, non permettendo a nessuno di intralciarmi. Avevo creato il primo album senza il suo aiuto, eravamo soltanto io e il mio pianoforte. E Taylor. Lei, che aveva avuto il coraggio di andare avanti nonostante avessi passato mesi e mesi con Amy. Lei, che mi aveva sopportato nelle nottate insonni, quando non trovavo la giusta melodia o i giusti testi da abbinare alle canzoni. Lei, che aveva finto di non notare l’indecisione nei miei occhi mentre viaggiavo da Los Angeles a Manchester una volta alla settimana. Non la meritavo perché mi amava troppo, ma era ciò di cui avevo bisogno. Avevamo recuperato tutto il tempo perso e così lei era diventata parte integrante dell’album.

It feels like she's just nowhere near
You could well be out on your ear
This thought comes closely followed by the fear
And the thought of it makes you feel a bit ill

Chiusi la porta dietro me, prendendomi un momento di pausa tra i flash dei fotografi e le loro domande insistenti. Era incredibile come riuscissi ad essere felice e il momento dopo una sola scritta poteva farmi tornare le vertigini e riportarmi alla realtà. I Supernova avrebbero pubblicato l’album il 5 giugno ed io non ne sapevo nulla. Preso dall’uscita di Tranquility Base, non avevo fatto caso che anche lei stava lavorando al suo disco. Ero sorpreso e avevo paura perché fra poche settimane sarebbe uscito un disco di cui io non conoscevo neanche una singola nota. Ma sapevo che era l’unico modo che Amy aveva per comunicare con me e che i suoi testi sarebbero stati pieni di rabbia e vendetta. Non sapevo se sarei riuscito a sopportare l’ascolto di una canzone scritta appositamente contro di me in radio, in televisione, in tutto il fottuto mondo. Non ero pronto a vedermi riversare addosso la sua rabbia per sentimenti che non ero riuscito a controllare. Avevo provato a chiamarla, ma non rispondeva. Mi odiava, questo era poco ma sicuro. Magari era già venuta a sapere del matrimonio e aveva deciso di cambiare numero. O magari non mi pensava, mi aveva già dimenticato ed era su un’isola a godersi la vita con qualcuno che si meritava la sua compagnia.

“Al?”mi chiamò Matt fuori dalla porta.

“Sì”la aprii e feci entrare il mio amico: “Stavo uscendo ...”

“Tutto bene?”mi chiese indagatore.

“Amy non risponde. La chiamo da tre giorni”

“Io sono in silenzio stampa”si giustificò.

“Dimmi solo se sta bene”

“Benissimo”. Sondai l’espressione del mio migliore amico per capire se mi stesse mentendo, ma sembrava vero. Stava bene, era questo l’importante. Avevo perso comunque ogni opportunità con lei.

“Non ha più il telefono”si fece scappare. Sentivo che voleva dirmi tutto, ma non poteva perché le aveva promesso di non farlo.

“In che senso?”domandai.

“Lo ha distrutto”

“Come?”

“Non so esattamente come, so solo che non ha un telefono”. Strizzai gli occhi, come se potessi entrare nella sua mente e leggere i suoi pensieri.

“Era arrabbiata, forse?”proposi.

“Chi lo sa”fece spallucce: “Comunque fra un po’ saliamo sul palco, quindi ...”

“Ha scoperto qualcosa?”

“Cosa avrebbe dovuto scoprire?”

“Matt, non fare giochetti”dissi serio: “Lo sa?”. Se avesse scoperto che avevo chiesto a Taylor di sposarla si sarebbe arrabbiata, avrei dovuto comunicarglielo io. Anche se non ci parlavamo da quella sera al pub, avrei trovato un momento per dirle del matrimonio. Se solo lei avesse risposto alle mie telefonate.

“Iniziamo un concerto fra dieci minuti, ti voglio concentrato”

“Fammi parlare con lei”

“Al”intimò. Aveva usato lo stesso tono di voce che usava quando Darling faceva i capricci. Sembravo davvero un bambino di cinque anni?

“Solo cinque minuti, non voglio il suo nuovo numero, voglio solo parlarle cinque minuti. Per favore”

“Taylor sta arrivando, guarderà il concerto da dietro le quinte”. Taylor. Taylor. Taylor. Ero proprio uno stupido. Dovevo lasciare perdere Amy e concentrarmi su Taylor, ma lo avrei potuto fare solo dopo essermi accertato che Amy sapesse da me la storia del matrimonio. Per stare bene con Taylor, dovevo chiudere in pace il mio rapporto con Amy.

“Cinque minuti”supplicai.

“Taylor”ribatté lui.

“Cinque minuti e le dico addio”promisi. Impossibile, non sarei mai riuscito a dirle addio, figurarsi farlo in cinque minuti. Ma Matt era un inguaribile romantico. Digitò un numero e tenne il telefono vicino all’orecchio: “Pronto? Salve, sono Matt, posso parlare con Amy? Grazie”. Salve? Perché non aveva risposto direttamente lei? Amy aveva forse una segretaria che le prendeva le telefonate adesso? Chi aveva chiamato Matt? Mi passò il telefono, mantenendo lo sguardo serioso e poi uscì fuori lentamente, come se ogni passo verso la porta fosse un segno che stava sbagliando a lasciarmi da solo in quella stanza con Brown al telefono.

“Ehilà, Helders!”esclamò felice. Dovetti appoggiarmi al muro per concentrare tutte le mie energie. Risentire quella voce mi aveva destabilizzato e non sapevo più cosa dire, non sapevo neanche chi ero e dove mi trovavo. Dovevo fare in modo che non mi attaccasse il telefono in faccia. Tossicchiai, preparandomi ad esibire le mie doti comunicative, ma lei sbuffò: “Lo sapevo”. Mi aveva riconosciuto. Dovevo convincerla in fretta a darmi un’occasione di parlarle, allora.

“Uccido Matt un giorno o l’altro”continuò. Aprii la bocca, ma non uscì nessun suono, il mio cervello era bloccato e non riusciva a produrre nessun pensiero razionale. Non so quanto restai fermo a fissarmi i piedi, in attesa di trovare qualcosa di carino da dirle.

“Più di cinque minuti per una frase mi sembra troppo, Turner”. Mi dispiace, Amy. Mi dispiace averti fatto soffrire quando avevo giurato di proteggerti, mi dispiace aver incrinato il nostro rapporto. Mi bagnai le labbra, ad un tratto sentivo la gola secca e avevo bisogno di acqua.

“Ho saputo del matrimonio. Congratulazioni”. Se prima avevo trovato anche solo un briciolo di coraggio per parlarle, ora non riuscivo neanche a pensare ad una possibile risposta. La volevo vedere, abbracciare e chiederle scusa di persona, questa cosa dei telefoni non aveva senso. Avevo sempre odiato i telefoni, finti aiutanti delle relazioni a distanza.

“Hai intenzione di parlare?”. Sì, ho intenzione di dirti tutto quello che mi passa per la mente, ma sono immobilizzato dalla tua voce, dalla tua franchezza e dal tono cattivo che riservi solo a chi ti ha fatto del male.

“Okay, è stato un piacere. Addio”. Non dirmi addio ancora una volta, non potrei sopportarlo.

“Ams”mormorai. Silenzio. Osservai la schermata, aveva già chiuso. Non ero riuscito a dirle nulla.

Yesterday, I saw a girl who looked like someone you might knock about with
And almost shouted
And then reality kicked in within us, it seems as we become the winners
You lose a bit of summat, and half wonder if you won it at all

Soldi, soldi, soldi. Ecco ciò che eravamo riusciti ad ottenere in questo mese: soldi e fama. Entrambi non mi servivano, sentivo il bisogno di qualcosa, ma non avevo ancora capito cosa. Musica, ispirazione, cinema, cercavo in tutto questo una via d’uscita, ma provavo sempre una sensazione di vuoto esistenziale. Cooks mi diede una pacca sulla spalla: “Su, Al, domani si torna a casa”. Osservai le vetrate dell’aeroporto di Manchester mentre aspettavamo le valigie. Quella sera avremmo suonato il primo concerto del tour inglese di Tranquility Base Hotel a Manchester. Senza lei. Non aveva mai mancato una nostra data quando eravamo venuti nella sua città, anzi, era sempre venuta ad accogliermi all’uscita dell’aeroporto. E ora chissà in quale posto del mondo si trovava. Si era dissolta come fumo e mi chiedevo se fosse davvero esistita. Avevo davvero incontrato Amy Brown nella mia vita? O era stato solo un sogno durato anni? Sapevo che Matt, Breana, Cooks e Nick conoscevano esattamente gli spostamenti di Amy, ma nessuno di loro mi informava a riguardo. Sentivo che tutti mi avevano voltato le spalle e che questa volta non mi avrebbero aiutato a ricostruire il mio rapporto con Amy. Sempre che ci fosse qualcosa da ricostruire, il nostro rapporto era ormai distrutto e tornare indietro era impossibile. 

“Cooks, io e te siamo cresciuti insieme”

“Non ti dirò niente”mi interruppe lui.

“Hai sentito il loro nuovo album?”. Annuì laconico, era proprio intenzionato a non dirmi nulla.

“È bello?”. Annuì ancora, restando in silenzio. Ovvio, a lui piaceva qualsiasi cosa sfornassero i Supernova. L’album sarebbe uscito a giorni e tutti nella mia cerchia lo avevano sentito: i miei colleghi, Breana, Rick, Miles, persino i genitori di Helders. Ma a me non era dato sapere nulla. Non l’avevo mai sentita così lontana, perfino quando era stata con Gallagher avevo avuto più contatti con lei.

“Continuate a non dirmi nulla”gli feci notare.

“Ti tocca aspettare solo qualche giorno, poi la sentirai ovunque”.

And don't say owt 'cause you've got no idea
And she's still nowhere near
And the thought comes closely followed by the fear
And the thought of it makes you feel a bit ill

Mi ero preparato alla rabbia incommensurabile, al sentimento di vendetta più forte che potesse esserci, ma non avevo ottenuto nulla se non depressione. Il nuovo album dei Supernova aveva dei suoni rigeneranti e freschi in questi anni in cui la musica commerciale era tutta autotune e frasi banali. Ma i testi erano la vera novità: Amy non era più arrabbiata, non lottava più coi demoni che aveva dentro la testa o contro le persone che facevano parte della sua vita. Amy era stufa e triste. Non cantava di odiarmi o di volermi far patire le pene che le avevo inflitto, vocalizzava su quanto la vita fosse vuota e priva di senso se si guardava alla bellezza e all’estensione dell’universo. Era, per l’ennesima volta, una nuova Amy che non aveva voluto avere a che fare con me.

Solo dopo un anno dall’uscita dei nostri album avevo trovato il coraggio di parlarle, mettendo da parte la paura e cercando di recuperare anche solo una particella del rapporto che avevamo avuto. Avremmo potuto essere amici e vederci una volta ogni tanto, discutere di musica e prenderci in giro come facevamo anni fa. Avevo fatto tappa a Sheffield, per vedere il concerto dei Supernova, nella mia città, dove tutto era iniziato e questa volta Amy non avrebbe potuto ignorarmi. Ero più nervoso di quando avevo calcato il palco per la prima volta dopo anni, ma cercavo di pensare a qualcosa che mi calmasse, alla mia musica. La porta della sala riunioni si aprì e restai immobile a fissarla in tutto il suo splendore. Stava bene. Indossava pantaloni di pelle, la sua solita maglia larga degli Smiths e aveva i capelli a caschetto perfettamente lisci e ordinati. Chiuse la porta dietro sé e mi riservò uno sguardo gentile. Non mi avrebbe urlato contro, non avrebbe pianto per ore perché era felice. Non ci eravamo sentiti per un anno e non l’avevo mai vista così tanto felice. Forse era questa la sua cura, staccarsi totalmente da me e vivere la sua vita. Forse non le ero mai stato d’aiuto in tutti questi anni.

“Primo concerto dopo anni, eh?”chiesi sommessamente.

“Già. Qualche consiglio?”domandò con voce pacata.

“Sii te stessa. Andrà benissimo”risposi fin troppo sinceramente. Mi ringraziò con un sorriso, ma non disse nient’altro. Feci qualche passo verso di lei, lasciandole il tempo di scappare se avesse voluto farlo, ma rimase ferma ad osservarmi.

“Hai sentito il nostro album?”chiesi. Annuì e non disse nulla, potevo leggere nei suoi occhi che non le era piaciuto.

“Critiche?”

“Un po’ pretenzioso”rispose divertita. Potevo accettarlo, era la stessa cosa che aveva detto Cooks quando aveva sentito le prime tracce che gli avevo presentato.

“E tu hai sentito il nostro?”chiese.

“Sì”risposi laconico.

“Critiche?”mi imitò ironicamente. Scossi la testa e mi fermai davanti a lei. Non potevo ignorare il battito cardiaco che aumentava, ma ormai avevo fatto una scelta e per la prima volta nella mia vita mi sarei comportato da persona matura. Avevo deciso di sposare Taylor più di un anno fa ed ero stato felice, abitavamo insieme in una villa fatta su misura per noi e non smettevamo mai di ridere. Era questo il nostro segreto.

“Addirittura”mormorò ancora più sorridente di prima: “Ti è piaciuto”

“I testi sono un po’ … pesanti”ammisi.

“Già, mi faceva parecchio schifo la vita in quel periodo”

“E adesso?”. I suoi occhi si illuminarono, sprizzando una gioia che non vedevo da decenni nel suo viso. Era bella. La felicità nella sua espressione la rendeva ancora più bella del solito.

“Adesso va tutto bene”rispose. Annuii, come a dirle che capivo perfettamente come si sentiva. Trovare la felicità dopo un periodo burrascoso era sempre stato utopico per noi due.

“Hai un telefono?”domandai e lei scoppiò a ridere: “Sì, ma ci sono solo dieci numeri dentro”

“Ah sì?”

“I miei genitori, Juls, Chris, Aaron, Breana, Miles, Matt, Cooks, Nick”. Feci a mente il conto, erano dieci, quindi non stava con nessuno.

“Sempre single”dissi pentendomene subito, non era proprio una frase adatta da dire in quel momento, soprattutto da parte mia. Ma lei rise ancora: “Esatto. E si sta benissimo. Tu, invece? Sposato?”

“No, sono troppo impegnato in questo periodo, noi … continuiamo a rimandare la data”. Volevo che il matrimonio fra me e Tay fosse perfetto, non importava quanto tempo ci impiegavamo ad organizzarlo, lei ci teneva che fosse tutto studiato nei minimi dettagli.

“Vieni al nostro concerto questa sera?”domandò e le mostrai il biglietto, provocando altra ilarità da parte sua: “Hai comprato un biglietto?”

“Non sapevo se tu mi avessi permesso di entrare o no”

“Ma certo, puoi seguirlo dal backstage!”scosse la testa, sempre più divertita: “Non ci posso credere, hai comprato un biglietto ...”

“Ams!”urlò una voce dal corridoio: “Cinque minuti e partiamo!”

“Arrivo!”urlò lei di rimando. Prese un mazzo di chiavi dalla libreria e mi sorrise: “Io devo andare, dobbiamo fare il soundcheck ...”

“Certo, certo”

“Le porte chiudono alle 21”mi informò: “Basta che chiami Rick e ti fa entrare senza fare problemi”

“Sicura? Perché ha passato mesi l’anno scorso a celarmi la tua presenza”. Fece spallucce: “Gli avevo chiesto di non farti sapere dov’ero ...”

“O cosa facevi”continuai: “O se fossi ancora viva”

“Sono diventata la donna invisibile per un periodo”ammise: “Non è stato male”

“Parla per te”. L’atmosfera cambiò immediatamente, passando da piacevole a malinconica. Amy alzò lo sguardo su di me e per un attimo vidi l’orgoglio brillare nei suoi occhi e mi aspettai la nostra solita litigata. Non avrei dovuto punzecchiarla in questa maniera, ma stavo cercando un qualsiasi tipo di reazione da parte sua perché non sopportavo di vederla così calma quando io ero preso da emozioni contrastanti.

“Mi dispiace”ammise lasciandomi senza parole. Si stava scusando? Lei? Mi lasciò così spiazzato che non riuscii a dire nulla per minuti interi, la osservavo come se fosse stata posseduta da un qualche spirito.

“Mi dispiace aver tenuto i contatti con tutti, tranne che con te”ammise: “E di essere letteralmente scomparsa per un anno. Mi dispiace non aver lottato per quello che c’era fra di noi, sette anni fa e l’anno scorso e per essere sempre scappata di fronte alle difficoltà. Ma sto imparando a non farlo, so che ci vorrà molto, ma sono sulla buona strada”

“Amy”dissi semplicemente, non trovando le parole giuste. Aveva gli occhi lucidi, ma un sorriso splendente. Aveva davvero trovato la sua strada senza di me. Era difficile da metabolizzare, mi ero sempre sentito utile nella sua vita e ora capivo che le avevo causato più sofferenze che altro.

“Scusa”mormorai: “Per tutto quello che ti ho fatto passare”. Lentamente, portai le mani al suo viso e poggiai i palmi sulle guance fredde. Avevo bisogno di sentire che lei fosse davvero davanti a me e che non stavo sognando. E lo capii soltanto perché sentii come delle scintille quando le mie mani toccarono il suo volto, come se mi avesse dato una scossa.

“Mi sei mancata”confessai passando il pollice sotto le sue occhiaie coperte dal trucco. “E sei stanca”

“E tu non hai ancora imparato cosa dire o non dire ad una ragazza”mi prese in giro. Sorrisi, era sempre capace di farmi ridere nei momenti più strambi.

“Scusa”ripetei.

“Lo so”disse semplicemente.

“Pensi che un numero in più potrebbe entrare nel tuo telefono?”

“Non credo, ha poca memoria”scherzò, ma gli occhi erano seri. Era stata bene in questo periodo senza me e lo avrei accettato. Avrei lasciato che continuasse la sua vita senza interferire nei suoi piani, perché era l’unico gesto possibile da parte mia dopo tutto quello che era successo.

“Pensi che potrei chiamarti col telefono di Matt qualche volta?”

“Potrebbe andare”

“Devo chiedere permesso a qualcuno prima di farlo?”

“A Juls. Lei sa sempre tutto”

“Siamo d’accordo, allora”. Sorrise mesta e la attirai a me senza pensarci due volte. Intrecciò le mani dietro il mio collo e affondai la testa sulla sua spalla, circondandole i fianchi con le braccia. Non mi ero reso conto di quanto mi fosse mancato il suo profumo fino a questo momento e del bisogno che avevo di sentirla vicina. Avevo cercato per mesi un qualcosa che mi mancava senza capire cosa fosse e ora ce l’avevo fra le braccia. Tutti gli sforzi che avevo fatto negli ultimi minuti nel pensare di doverla lasciare ora sembravano vani. Volevo chiamarla, volevo essere l’undicesimo numero sul suo telefono, volevo vederla quando ne avevo voglia. Ero solo un debole, era chiaro che lei stesse molto meglio senza di me e se davvero ci tenevo, avrei dovuto lasciarla andare.

“Al, non sto morendo”mi prese in giro: “Non sto neanche scappando. Ci rivedremo fra meno di tre ore”. Alzai la testa e fissai i miei occhi nei suoi, non trovando nulla da dire perché lei aveva già capito tutto.

“O mai più”propose sempre in tono scherzoso, ma con un fondo di verità questa volta.

“Stai bene”glielo feci notare e lei si limitò ad annuire. Poggiai la mia fronte sulla sua, sapendo che dovevo andarmene immediatamente per evitare di commettere degli errori di cui poi mi sarei pentito. A quanto pare questa volta sarei stato io a scappare e non lei.

“È giusto così”sussurrai.

“Lo so”rispose sincera.

“Buona fortuna”. Le diedi un bacio sulla fronte ed uscii subito da quell’ufficio, senza voltarmi a guardarla perché se lo avessi fatto, avrei abbandonato tutto per tornare fra le sue braccia. Stavo costruendo qualcosa di concreto fra me e Taylor che non potevo distruggere in un istante. Quello fra me e Tay era un progetto che avevamo iniziato anni fa e che dovevo portare a termine perché la amavo. Non ero più un ragazzino, non potevo continuare a guardare al passato e a sognare l’irreale: adesso avevo Taylor e nel suo modo lei era stata capace di darmi quello che nessuna mi aveva mai dato.

Despair in the departure lounge
It's one and they'll still be around at three
No signal and low battery
What's happened to me?

Amy stava costruendo la sua vita da sola, senza l’aiuto di nessuno, dopo anni di sofferenze. Io stavo costruendo la mia, dopo anni di incertezze. Lei era dedita alla carriera, avrebbe sempre e solo vissuto per la sua musica, io volevo altro oltre alla musica. Ero pronto a fare il grande passo e a sposare Taylor. Avrei sempre voluto bene ad Amy e quello che c’era stato fra noi avrebbe sempre influenzato ogni decisione della mia vita, ma era finita molti anni fa, ora dovevamo entrambi andare avanti. Quindi prima di rovinare ogni tipo di rapporto con lei, preferivo mantenere un’onesta amicizia piuttosto che perderla del tutto. Preferivo vederla una volta l’anno piuttosto che non vederla mai. Ed ero sicuro che, quando le acque si fossero calmate anche per lei, prima o poi ci saremmo ritrovati in uno studio, a settant’anni, a ridere della nostra stupidità giovanile e a lamentarci della musica contemporanea. Io mi sarei seduto al piano, lei avrebbe impugnato la chitarra e avremmo iniziato di nuovo a creare della musica perché era destino che le nostre anime si incontrassero per creare arte.

 

   
 
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