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Autore: RoloChan105    12/05/2018    1 recensioni
"So parecchie cose su di te, mano di Noxus; le voci corrono, le persone parlano, ma la fonte non è mai affidabile. Dicono che tu sia un mostro, ma anche un uomo che in passato, è stato capace di amare. Dicono che sei una vera macchina da guerra, ma hai imparato da solo l’arte di sopravvivere. Dicono che tu sia senza anima, ma questo, lo dubito.
Non saresti qui altrimenti. "
-Darius x Quinn-
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darius, Quinn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

Apro la porta della locanda e una nuvola di polvere, mi da il benvenuto.

Non c’è più luce al suo interno, né il caldo che da sempre aveva caratterizzato quel posto.

La guerra è arrivata anche qui e la vecchia locanda, era ormai solo un vecchio e lontano ricordo. Faccio un passo avanti e osservo i bicchieri e i liquori malamente sparsi, così come le sedie ed i tavoli, per terra. I vetri sono spaccati, con sguardo attento, noto anche quelle che dovevano essere delle chiazze di sangue. Faccio un passo avanti e le mie suole, calpestano i frammenti di vetro e di schegge di legno. Il solo rumore del vento è quanto si ode al momento.

Sospiro lanciando un occhiata verso la parte che solitamente, occupavo per mangiare. È tutto distrutto. Il mio sguardo si sposta. Non può farne a meno...

Osservo le scale o quel che ne rimane. Il corrimano è rotto, ma sembrano ancora agevoli per raggiungere il piano superiore.

Non c’è nessuno ad ogni modo all'interno del complesso: di questo, ne sono sicura.

Ad ogni mio passo, i salini scricchiolano e fanno strani rumori.

Il mio rifugio... il mio luogo sicuro...

Chiudo gli occhi e con un sospiro, finisco di salire le scale.

Le stanze sono aperte, le porte sono sfondate. Alcune finestre sono rotte, molti letti sono ribaltati, così come le lenzuola e i cuscini.

Le piume sono sparse ovunque, la mobilia è distrutta.

Cerco la camera meglio messa e mi stupisco di trovarne una che sembra essere stata risparmiata dal passaggio della guerra. Era quello il mio obbiettivo originale: soggiornare per riposare.

Un lungo viaggio mi aveva tenuto impegnata e la strada verso casa era ancora lunga.

Non ero preparata al fatto che queste terre adesso, non erano più neutrali.

Tocco la porta e un letto abbastanza in ordine mi si presenta davanti. Sembra come se qualcuno fosse stato interrotto...

Entro, la luce della luna è la sola illuminazione possibile. La stanza è spoglia ma anche lì, come nelle altre, la polvere è presente ovunque. Mi metto a sedere e spero che il letto, continui a sostenere il mio peso. I ricordi mi affollano la testa.

Il tuo volto è la prima cosa a cui penso.

Chiudo gli occhi e ripenso all’ultima volta che ci siamo visti. È passato un anno, se non ricordo male... o forse due. Il tempo vola...

Le cose sono cambiate...

Un tonfo mi fa rizzare in piedi e sobbalzo quando ti vedo all’entrata che con la tua stazza e l’armatura, blocchi il mio passaggio.

-Questo è territorio Noxiano-mormori con il tuo solito tono duro. Con uno sguardo serio, mi alzo e mi avvicino. Forse tutta la locanda può essere caduta nelle mani di Noxus, ma non questa stanza.

-Non tutto... non qui.- mormoro fermandomi a qualche centimetro da te.

Te lo ricordi?

Ricordi quando me lo dicesti tu?

Eh, Darius?

Resti in silenzio.

Non dici una parola.

Mi osservi, resti impassibile, per poi, chiudere la porta alle tue spalle.

Con una mossa, allunghi una mano e mi afferri il braccio.

L’altra mano invece, la porti al mio volto che con brama, fai combaciare con il tuo.

Sfioro le tue labbra.

Finalmente.

Le dischiudo facendo uscire un sospiro di sollievo.

Chiudo gli occhi e tu, fai altrettanto, lasciandoti trasportare dal momento.

Mi baci, mi stringi a te. Fai combaciare il mio corpo contro il tuo.

L'armatura che indossi è fredda, dura.

Mi avvicini al muro e veloce, le tue mani mi spogliano della mia uniforme.

Via l’elmo, via il mantello. Faccio cadere la mia arma e qualche fibbia.

Tu mi imiti, non staccandoti dalla mia bocca, togliendoti i guanti e quei dannati spallaci. Rumorosamente, la tua corazza cade al suolo facendomi per un attimo pensare se questo pavimento ci reggerà oppure no.

Lesto, le tue mani, tornano a cercarmi: i miei seni sono ancora intrappolati dal corpino, le mie grazie ancora coperte dai pantaloni.

Non vuoi perdere tempo.

Mi vuoi.

La cosa è reciproca.

Volevo scoprirti da quella notte. Sentire le tue labbra, scoprire il tuo sapore, provare la sensazione di essere tra le tue braccia, ascoltare la tua voce così bassa e roca mentre gemi e chiami il mio nome. Infine, i miei pantaloni cedono e tu, hai armeggiato abbastanza con la tua armatura da liberarti i calzoni.

Mi sollevi, mi avvicini di più a te.

Riesci a sollevarmi senza fatica. Mi sostieni per le cosce e posso sentire la tua virilità premere per entrare.

Con entrambe le mani, mi aggrappo al tuo mantello mentre tu, scosti il tessuto delle mie mutande per poter entrare.

Una spinta poderosa e sei dentro di me.

Un gemito, esce dalle mie labbra che tu, veloce e impaziente, ti riappropri.

La tua lingua è calda, la sfreghi contro la mia, facendola danzare, seguendomi, esplorandomi la bocca.

Il tuo sapore mi fa impazzire Darius... E impazzisco di più quando inizi a muoverti.

Spinte decise, forti, impazienti.

Anche tu senti quel che sento io?

Questo bisogno impellente?

Questo volerti anche se è impossibile?

Ma qui possiamo.

Qui.

Solo qui.

Ti sento affondare in me, fino in fondo, più e più volte.

Ansimo contro la tua bocca, gli occhi non riesco a tenerli aperti.

Infine, il tutto esplode quando raggiungo l’apice del piacere. Mi stringo con forza a te e tu, fai altrettanto quando vieni.

Il tuo seme mi riempie poco a poco per poi scivolare via con te quando lento, mi fai scendere a terra.

Ansimiamo, entrambi.

Le mie gambe tremano e con forza cerco di reggermi alla parete dietro di me.

Mi osservi.

Hai i capelli disordinati, il volto rosso dallo sforzo e dal piacere. I tuoi occhi... mi fissano con intensità.

Di più.

Ne vuoi di più.

E così anch’io.

 

 

 

Le lenzuola sono sparpagliate attorno a noi.

Il mio volto è contro il tuo petto che si alza e si abbassa ritmicamente per lo sforzo e per la fatica che abbiamo fatto.

Una tua mano e insinuata tra i miei capelli in un chiaro gesto d’affetto. Non sei il tipo da coccole, neppure io ma apprezzo.

-Non pensavo di trovarti...-Parla dopo ore passate a darci piacere.

-La locanda...-la mia voce è un po’ roca- quando è stata distrutta?- Ti sento sospirare per poi scuotere le spalle.

-Un anno fa...-Mi spieghi tenendo gli occhi chiusi. -Non pensavo che Noxus sarebbe riuscita ad arrivare anche qui...-

-Quindi adesso, questi sono territori Noxiani?- domando e tu annuisci.

-Si...- sospiro e lo puoi sentire anche tu.

-Dunque...questa è l’ultima volta che potremo vederci...- Non mi rispondi, ma so che è così. Questi secondi, minuti, ore... saranno tutto ciò che ci rimarrà.

-Quinn...-Mormori il mio nome.

-Guarda che lo so...- lo precedo alzandomi a sedere.

-So di non poter ambire a nient’altro, così come tu, con me.-

-La mia posizione è diversa dalla tua.- spieghi e hai lo sguardo puntato al soffitto. Vorresti dirmi tante cose...idee, proposte...qualcosa di cui pentirsi.

-Lo so.- socchiudo gli occhi - altrimenti, non saresti mai venuto qui...- Conosco la storia del Trifarix, così come i tuoi doveri verso Noxus e ciò che rappresenti.

Mi ero informata ed immagino, tu abbia fatto altrettanto.

-Dovevo pensarci prima...- Ammette alzandosi a sedere.

Mi osservi, seghio con lo sguardo le cicatrici che costellano il mio corpo e pure io, faccio altrettanto.

Siamo persone votate alla guerra, la pace per noi, sarà solo una chimera. Entrambi siamo un simbolo e una speranza.

Ti avvicini e mi baci.

Un bacio diverso.

Un bacio di addio.

Ti alzi e inizi a vestirti.

Ti osservo e in pochi attimi, ti raggiungo facendo altrettanto.

Questa volta, ce ne andremo entrambi.

Ancora con molte domande, ma senza, almeno questa volta, nessun rimpianto.

La prossima volta che ci incontreremmo, probabilmente, sarà faccia a faccia in guerra.

E baci, carezze, domande e sorrisi, rimarranno segregati nelle nostre memorie e tra le lenzuola di una vecchia locanda abbandonata.

 

 

 

   
 
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