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Autore: Reginafenice    12/05/2018    2 recensioni
Ho immaginato come, qualche mese dopo la morte di Elizabeth, Ross avrebbe potuto reagire ad un incontro non pianificato con il frutto della suo adulterio, Valentine, e quali sentimenti avrebbe suscitato in lui l’avere a che fare concretamente con quel figlio mai riconosciuto una volta messo finalmente di fronte alla realtà che, per quanto dolorosa, lui non è mai stato in grado di accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Valentine e Demelza riuscirono ad arrivare al cancello che proteggeva l’antica casa dei Poldark con estrema difficoltà, tanto per lei quanto per lui, che non capiva a cosa fosse dovuto il dolore che la portava a stringere sempre più forte le redini del calesse, combinando quel gesto a delle urla soffocate, chiaramente trattenendosi dal lamentarsi ad alta voce per non farlo spaventare. Demelza fermò il cavallo e fece sì che il calesse si arrestasse proprio di fronte all’elegante inferriata dell’edificio, ma si accorse di avere le gambe bagnate e dovette riconoscere di essersi cacciata davvero in un bel pasticcio.

“Valentine, credo che tra poco potremmo non essere più soltanto noi due qui sopra…”

Il bambino immaginò che si stesse riferendo al piccolino che stava nella sua pancia, “Posso chiamare la mia balia e dirle di aiutarti oppure dimmi tu cosa posso fare. Ma non trattenerti dal voler urlare per me, se ti fa stare meglio fallo pure!”

Demelza trovò la forza di sorridere, “Grazie, tesoro. Credo che la cosa migliore da fare sia avvisare qualcuno lì dentro che c’è una donna che sta per partorire e poi, se ti va, correre a Nampara per ordinare a Prudie di alzarsi da quel maledetto letto e avvisare Dwight di venire immediatamente. Ti ricordi di lui, vero?”

Valentine non se lo fece ripetere due volte, si precipitò dentro casa spiegando tutto a Catherine, la bambinaia assunta da George per badare principalmente a Ursula, la quale corse subito a preparare la stanza degli ospiti per poter accogliere Demelza. Poi dispose che le cameriere preparassero acqua calda e asciugamani puliti e successivamente si fece accompagnare nel punto esatto in cui si trovava la partoriente da un Valentine sagacemente provvisto di torcia.

Demelza fu lieta di vedere una donna accorrere in suo aiuto e iniziò a tranquillizzarsi. Questo era realmente l’ultimo scenario che avrebbe mai potuto immaginarsi per la nascita del suo quarto figlio.

“Catherine ti aiuterà, fidati di lei. E’ bravissima con noi, quindi ti lascio in mani sicure. Vado…”

Tenendosi appoggiata alla balia, Demelza fece un passò in avanti verso di lui, “Non lasciarti mai prendere dallo sconforto, perché tu sei un bambino molto speciale e potrai contare sempre su di me. Grazie per tutto quello che stai facendo per noi, Valentine.”

Ross si trovava ormai a metà strada quando intravide davanti a sé una figura particolarmente bassa avvicinarsi con in mano una flebile luce per illuminare il suo cammino. Andava a passo svelto, come se scappasse da qualcosa o cercasse disperatamente qualcuno per essere soccorso.

“Serve aiuto?” Urlò per farsi sentire.

“Sì, ma tu chi sei?”

“Piuttosto, dimmi tu chi sei…” Ross strinse gli occhi, cercando di capire se la voce che aveva sentito appartenesse davvero a quello che credeva un bambino.

Finalmente arrivò il momento in cui furono abbastanza vicini da riconoscersi a vicenda. Rimasero immobili a fissarsi, poi Valentine accennò un sorriso, “Ciao Ross, credevo che non ti avrei mai più rivisto…”

Ross scese da cavallo e si avvicinò ancora di più al piccolo, “Almeno ho trovato uno dei due! Cosa ci fai qui da solo e dov’è mia moglie?”

“Mi ha mandato da Prudie per dirle di avvertire il medico. Lei è una donna forte, ha anche provato a resistere ma poi ho dovuto chiamare Catherine perché stava troppo male.”

“O mio Dio! C’è per caso quell’imbecille di Tom Harry a controllare Trenwith, questa sera?”

“No, è ancora a Londra con mio padre.”

Ross soffiò sulla fiamma che Valentine aveva con sé e, dopo avergli accarezzato la guancia, lo fece montare sulla sella e insieme corsero a Killewarren.

Demelza era pronta a partorire suo figlio, sdraiata sul letto di quella famosa stanza in cui lei e Ross avevano trascorso il primo Natale della loro vita coniugale. Nei momenti di tregua il ricordo della felicità di quel giorno, quando era incinta di Julia e del sollievo provato dopo aver annunciato a Ross la sua seconda gravidanza, in un’atmosfera natalizia tristemente più cupa della precedente, contribuì a ricaricare le sue energie in attesa di conoscere il nuovo bambino. Era ai suoi figli e a Ross che pensava durante le fasi più acute del travaglio, all’amore immenso che provava per loro.

Si contorse nel letto e afferrò con forza le lenzuola, mentre la dolce Catherine faceva del suo meglio per incoraggiarla a non mollare, tenendole spesso la mano. Da lontano riusciva a sentire il pianto di Ursula, cui forse mancava la sua adorata tata, nonostante qualcun altro la stesse accudendo nella sua cameretta. Sebbene le due situazioni non fossero paragonabili, Demelza ripensò alla notte in cui Elizabeth morì dando alla luce proprio quella piccolina che singhiozzava da lontano. La storia del parto prematuro di Elizabeth aveva delle falle piuttosto evidenti, ma rimaneva il fatto che la sua morte fosse un evento indicibilmente tragico e immaginare di poter subire la stessa sorte la fece spaventare parecchio.

“Signora, mi da il permesso di controllare a che punto siamo? Sono stata una levatrice in passato e ne capisco di queste cose. Lei mi sta dando l’impressione di voler aspettare prima di iniziare a spingere, ma se il bimbo vuole nascere…”

Demelza scosse la testa, “Mi scusi, ma preferirei aspettare che arrivi il mio amico. Avere un viso conosciuto mi aiuterebbe di più a calmarmi, però non pensi che non mi fidi di lei, anzi la ringrazio davvero…ahi, accidenti! Ma non so per quanto ancora posso andare avanti così!”

Dwight arrivò giusto in tempo perché la scorta di sopportazione di Demelza non si esaurisse completamente. Il medico fu l’unico ad essere ammesso nella stanza, mentre Ross e Valentine dovettero aspettare nel corridoio. Pochi istanti dopo, il medico aprì la porta e la socchiuse nuovamente per parlare con Ross, “Hai sposato una donna testarda, amico mio!” Si rivoltò le maniche della camicia per poter procedere più comodamente all’assistenza della sua paziente.

“Lei sa che sono qui?”

“Dai, sbrigati ad entrare! Tra non molto sarai di nuovo padre…”

Dwight rimase con Valentine e lo esortò ad andare nella camera di Ursula, ma lui protestò per rimanere. Allora Ross gli disse che sarebbe tornato da lui non appena avesse finito di parlare con Demelza. Anche lui fu sommerso da tanti ricordi, memorie dolorose di un’ultima notte trascorsa in quella stanza con il peso della responsabilità di avere un altro figlio da crescere e il dubbio di non aver ancora smesso di desiderare la moglie di suo cugino.

Inizialmente, Demelza non lo vide perché teneva gli occhi chiusi per rilassarsi. Catherine gli cedette il posto e allora, temendo di rimanere sola, aprì istantaneamente gli occhi provando un incredulo piacere nel riconoscere l’uomo che le stava accanto, “Ross…lo so quello che pensi. Hai tutto il diritto di essere furioso con me.” Si inumidì le labbra secche con la lingua e pregò l’anziana governante di darle un bicchiere d’acqua.

Ross le sistemò i capelli scompigliati e la baciò intensamente sulla bocca, “Tu non immagini quante cose spiacevoli vorrei dirti, ma adesso hai una scusa più che sufficiente a convincermi di rimandare a un momento più opportuno.”

Demelza cercò la sua mano e intrecciò le dita nelle sue, “Ti amo, Ross.”

“Ci credo, perché so di amarti allo stesso identico modo. Coraggio, c’è una nuova vita che freme di nascere e tu glielo stai impedendo…”

Dwight fu costretto a interrompere i loro prolungati scambi di effusioni per evitare che il feto ne risentisse, “Ora devi andare. Ci penso io a questi due!”

Ross e Demelza si guardarono per un’ultima volta sorridendosi a vicenda, poi lui tornò da Valentine e lei consentì finalmente a Dwight di intervenire per aiutarla a partorire, dal momento che le spinte erano diventate ormai inevitabili.

Valentine finse di non accorgersi che Ross stava piangendo, mentre si accomodava accanto a lui su un divanetto attaccato alla parete del corridoio.

“Come sta?” Chiese il piccolo.

“Meglio di quanto mi aspettassi, grazie a Dio! Dobbiamo tutto a te, Valentine.”

“Ho semplicemente ricambiato il favore che tu mi hai fatto e quindi adesso siamo pari. Se mio padre non ti ha nemmeno ringraziato per avermi salvato la vita, tocca a me rimediare ai suoi errori. Penso che anche la mia mamma lo avrebbe fatto.”

Elizabeth, quel nome risuonava in continuazione nella testa di Ross da quando aveva nuovamente messo piede nella casa in cui l’aveva vista per l’ultima volta. Tuttavia, l’immagine di Elizabeth che custodiva ancora dentro di sé non aveva niente a che vedere con il suo corpo inerme adagiato su un letto di morte, tutt’altro: era un’immagine senza tempo e senza spazio, costruita sul ricordo della freschezza indimenticabile del primo amore e della bellezza che purtroppo aveva portato via con sé. Ross, come Valentine, aveva dovuto dire addio a sua madre quando era ancora un bambino e vivere facendo a meno di una delle figure più importanti della sua vita, ma di certo non aveva avuto anche la sfortuna di avere un padre come George.

Di fatto, Valentine aveva già una vita molto diversa da quella che lui aveva vissuto, eppure l’esperienza di avere un padre come Joshua gli era valsa tutto il prezzo della povertà , se confrontata a un’esistenza patinata e vuota di contenuti fondamentali, come la generosità, il rispetto, la clemenza e l’amore. Come sarebbe diventato da grande quel bambino? Se in lui scorreva il suo stesso sangue e quello di Elizabeth, almeno in teoria, non avrebbe dovuto preoccuparsi più di tanto, ma la sensibilità dei bambini risente dell’influenza degli adulti che stanno loro accanto, non deriva soltanto dalla genetica.

“Un tempo io e tua madre eravamo molto amici, poi siamo addirittura diventati parenti. Ti dico questo perché se ti interessa sapere qualcosa di più su di lei io potrei raccontarti delle storie, nelle rare occasioni che avremo di incontrarci in futuro. Penso che tu abbia capito che io e tuo padre non andiamo per niente d’accordo…”

Il bambino annuì, tenendo gli occhi bassi, “Sì, lo so. Quando domani saprà cosa ho fatto si arrabbierà moltissimo con me e con Catherine.”

“Deve proprio saperlo?” Gli fece l’occhiolino.

Ci fu un silenzio improvviso che allarmò entrambi. In realtà Demelza era stata discreta nel manifestare il dolore atroce che stava affrontando, ma Ross sapeva precisamente quale significato attribuire a quella quiete. Dwight, infatti, apparse poco tempo dopo sereno e felice, accompagnato dalle urla del neonato che aveva aiutato a far nascere.

Ross scattò in piedi, mordendosi le labbra per trattenere l’emozione, “Allora?”

“Credo che Clowance non ne sarà entusiasta. Posso congratularmi con il papà della bellissima bambina che è appena nata?”

Valentine rimase seduto sul divanetto, con un’espressione di sollievo enorme. Dwight si intrattenne di nuovo con lui intanto che il neo papà andava a conoscere la sua piccolina.

“Dwight te l’ha detto?” Demelza si illuminò in viso nel vederlo entrare lì dentro.

“Cosa posso dire? E’ una vera Poldark, nata casualmente nella più antica casa rappresentativa della mia famiglia. Posso salutarla oppure la vuoi tenere tutta per te?”

Demelza aveva un’aria pacifica ed esausta al tempo stesso, pur rimanendo incantevole come sempre. Consegnò la bambina al suo papà, invitandolo a sedersi vicino a lei.

“Mi dispiace che i bambini non possano vederla subito. Sarei molto felice se tu andassi a prenderli…”

"Valentine mi ha detto che George dovrebbe tornare domani, quindi perchè no?"

Ross sfiorò con un dito il nasino di sua figlia, accorgendosi di quanto già gli somigliasse. Questa analogia non sfuggì neanche a Demelza, “Suppongo che tu stia godendo immensamente in questo momento. Dopo Clowance, bramavi una femminuccia identica a te, negalo se ne hai il coraggio!”

“Hai detto bene, mi compiaccio immensamente di questa cosa. Ma come faccio a non amare anche una bambina che è identica alla donna che amo oltre ogni cosa al mondo?”

“Ed io un bambino che è spiccicato a suo padre. Jeremy sarà sempre la mia gioia…”

Demelza sospirò e appoggiò la testa sulla sua spalla, “Valentine è straordinario, Ross. Spero che tu lo riconosca, dopo quello che è successo.”

“Sfortunatamente è impossibile cambiare quello che sarà il corso della sua vita, lo sai..”

Demelza si lasciò sfuggire una lacrima amara, “Non oso chiedere tanto, ma posso dirti che cercherò in qualsiasi modo di aiutarlo qualora ne avesse bisogno. Per quanto possa sembrarti impossibile.”

Ross sorrise sarcasticamente, “No, non ho bisogno di garanzie per sapere che quando ti ostini a fare una cosa, nemmeno la ragione può farti cambiare idea...” La baciò con intenso trasporto, dimenticandosi di tutta l’angoscia che aveva provato una volta scoperto il suo folle piano e le conseguenze che ne erano scaturite.

“Ti va che sia lui il primo a vedere nostra figlia?” Come c'era da aspettarsi la sua risposta fu affermativa, dunque Ross rimise la neonata tra le braccia di Demelza, sforzandosi di staccarsi da lei, ormai perdutamente innamorato di quel pulcino.

“Aspetta, non le abbiamo ancora dato un nome!” Ross si fermò sull’uscio della porta.

“Io sono del parere che possa provarci anche lui. Chiamalo, potrebbe proporre qualcosa di inaspettato.”

Ross lanciò un’occhiata nel corridoio, pur rimanendo nella stanza. Vide che Valentine aveva cambiato completamente il suo stato d’animo e questo lo indusse a nutrire per lui un affetto che non aveva mai provato prima.

“A Demelza farebbe piacere presentarti la nostra bambina.” Gli fece segno di avvicinarsi e, quando il piccolo si ritrovò a un passo da lui, lo prese per mano per introdurlo nella stanza. Quel semplice gesto inondò Ross e Valentine di un’inaspettata felicità.

“Ciao, avvicinati ancora di più…da lì non riesci a vederla bene.” Demelza allungò una mano per convincerlo a sfidare la sua paura e toccare la neonata, per dimostrargli che avrebbe superato quella prova egregiamente, senza forzature ma con la più ferma convinzione che, in pochi istanti, lei sarebbe riuscita a fargli cambiare idea su quanto aveva detto a Killewarren.

La dolcezza con cui Demelza si rivolse a lui lo spinse a fidarsi di lei e a sistemarsi sul letto per apprezzare meglio l’incanto del prodotto del loro amore, “Quindi ci è andata bene, per fortuna!” Posò un bacio sulla fronte della bambina, come se fosse sua sorella.

“Certo! Soltanto per merito tuo, Valentine. Sei ancora troppo piccolo per capire quanto sia importante quello che hai fatto in modo che accadesse oggi, in questa casa fonte di ricordi infelici e meravigiosi al tempo stesso…”

Valentine si rivolse a Ross, “Spero di avere la fortuna di incontrarvi di nuovo. Salutatemi Clowance e Jeremy e dite loro che mi hanno dato tanto nel poco tempo in cui ci siamo conosciuti e che mi piacerebbe che mantenessero una buona opinione di me, anche se non dovessimo vederci per mesi o addirittura per anni.” Fece per andarsene, ma Ross lo fermò.

“Questa piccola peste non ha ancora un nome. A te come piacerebbe che si chiamasse?”

Valentine si portò un dito alla bocca, riflettendo attentamente su cosa dire, “Quando ho aperto il libro che mi ha dato Clowance, sono stato catturato subito dal titolo di una favola. Magari è un segno, non lo so, ma ha qualcosa a che vedere con il nome della mia mamma, in un certo senso…”

Ross sbiancò per l’eventuale reazione di Demelza, sicuro che non avrebbe mai accettato di chiamare sua figlia come l’amante di suo marito. Tuttavia, Demelza non si scompose e incoraggiò Valentine a continuare.

“La storia si intitola: ‘La rosa di Isabella’ "

Demelza contemplò la creatura che aveva in braccio e dichiarò con entusiasmo, “Sì, Isabella è una bellissima variante di Elizabeth e io amo le rose, non è vero Ross? Mi ricordano una vecchia canzone che, tanto tempo fa, dedicai all’unica persona di cui mi sono davvero innamorata nella mia vita.”

“Isabella Rose suona bene.” Disse Ross, emozionato e quasi sul punto di piangere di nuovo.

Da quello sguardo lucido, Demelza riuscì a capire cosa stesse pensando e sentì il bisogno di dargli una spiegazione, “Ross, nella vita tutto si trasforma. Per te questo nome sarà l’inizio di una definitiva forma di accettazione e di evoluzione dell’amore che provavi per lei, mentre per noi sarà la conferma del sentimento che ci legherà per sempre e che, grazie alle tempeste più burrascose che abbiamo superato, si è fortificato sempre di più. Se ci pensi, Isabella Rose è la sintesi perfetta della nostra storia d'amore.”

L’indomani sarebbe stato un ritorno alla routine per Valentine, ma l’aver vissuto quell’episodio così eccitante e ricevuto tanti onori da parte di due persone di cui provava una stima smisurata lo spinse a vedere con ottimismo il suo domani. Il tempo non avrebbe mai cancellato il cambiamento emotivo che la sua vita aveva subito grazie a quei due individui: la neve dell’inverno si era arresa al calore del sole, portatore di una sconosciuta primavera, e il fiore che Ross aveva trovato a limite della morte in una fredda carrozza nel mese di gennaio aveva finalmente iniziato a sbocciare, innaffiato da un amore di cui non aveva mai sentito parlare prima di allora.
   
 
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