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Autore: shilyss    12/05/2018    30 recensioni
SPOILER INFINITY WAR!
Il dio dell’inganno sapeva bene qual era il piano di Thanos. Ne era venuto a conoscenza quando, smarrito e ferito dopo essere precipitato giù dal Bifrost, era finito nella sua corte folle. Loki, che pure era il dio del caos, aveva sentito un brivido corrergli lungo la schiena, quando lo aveva scoperto.
Le riflessioni di Loki dopo aver consegnato il Tesseract.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Loki, Thanos, Thor
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Solo una promessa, fratello
 
 
Lo Stormbreaker si alzò nel cielo di Wakanda abbattendosi sul petto del Titano, incuneandosi nell’armatura, fracassandogli il petto, lo sterno, i polmoni. Se solo Thanos non avesse indossato il guanto o se Thor avesse mirato alla testa, probabilmente sarebbe morto. Ma così non era stato.
 

“Avrebbe dovuto ucciderlo,” sospirò la donna. “Ha mancato un’occasione che, forse, non si ripeterà.”

Loki Laufeyson, o meglio l’ombra che ne era rimasta, le rivolse un’occhiata lunga, attenta. “Voleva guardarlo negli occhi.”
Lo disse con una punta di fierezza nella voce arrochita, e di compiacimento. Thor stava vendicando la sua morte, e non aveva importanza che il colpo non fosse andato a buon fine. Si era risollevato dalla disperazione o, per meglio dire, aveva trovato in essa la forza necessaria per combattere ancora. Non era stata una mossa geniale, il dio dell’inganno ne convenne, ma Thor era un guerriero fiero e intrepido e fissare il proprio avversario negli occhi, scrutare quelle pupille troppo simili alle proprie, era una necessità che capiva, comprendeva. Un bisogno tipico degli Asi, e Loki era un Ase. Si era accomiatato da questo mondo riconoscendolo, solo che l’ingresso nell’altro, nel Regno dei Morti o nel Valhalla dove lo aspettavano per brindare alla sua fine di guerriero, era un passo che sembrava gli risultasse difficile.

Tossì, come se il collo spezzato gli potesse dare ancora fastidio.

“Attraversa il fiume,” disse la donna mostrandogli la parte del volto sana, bellissima, di ragazza. Occhi verdi negli occhi verdi. “Il tuo tempo è concluso. Il tuo corpo è disperso nello spazio infinito, immortale (1). Tuo fratello ti ha abbracciato e ha pianto sul tuo petto immobile, mentre l’astronave che avevi rubato era ormai in fiamme. Ha chiuso i tuoi occhi spalancati tenendoti con sé fino a quando non ha perso i sensi. È stato un addio degno, dopotutto. Sei morto con onore, Loki di Asgard, figlio di Odino.”

L’Ase aggrottò le sopracciglia, cercò di recuperare il ricordo già sbiadito, sfumato, della sua fine troppo rapida e breve. Il fiume dei morti ribolliva a pochi passi dai suoi stivali. Avrebbe dovuto attraversarlo. Smettere di essere ciò che era – o non era più – e trasformarsi in un’ombra. Le porte del Valhalla lo aspettavano invitanti, socchiuse, imponenti. C’era stato un momento in cui aveva pensato di non esserne degno e aveva provato una sorta di fiera soddisfazione, in quel pensiero; in un certo senso, vi si era rifugiato.


 
Avrebbe potuto salvarsi. Negare di avere il Tesseract. Il prezzo sarebbe stato vedere Thor morire, osservare il Titano mentre gli fracassava la testa e poi fuggire lontano, in attesa di essere ammazzato nel crepaccio di qualche luna nascosta. Lo sguardo vagò sul fiume dove ribolliva una schiuma bianca, tossica, venefica.
 
“Sarai sempre il dio dell’inganno, ma potresti essere qualcosa di più.” (2)
 
Diceva la Voluspa, l’antica profezia del Ragnarok, che Loki avrebbe raggiunto Asgard su una nave piena di guerrieri indegni. Così era stato. Da Sakaar aveva portato con sé i ribelli guidati da Korg. La predizione continuava oscura, sostenendo come il dio dell’inganno avrebbe contribuito alla distruzione del suo mondo svegliando Surtur, il Gigante di Fuoco di Muspellheim. Anche quello aveva fatto, perché Asgard non è un luogo, ma un popolo, e prima che la città d’oro degli Asi bruciasse, aveva sottratto dalla Sala delle Reliquie quel cubo dall’immenso potere che alcuni chiamavano Tesseract e altri Gemma dell’Infinito. Per cosa? Per consegnarla al Titano.

Avrebbe potuto salvarsi. La sua mente svelta e analitica si era messa a vagliare, una dopo l’altra, possibilità e aspettative. Con l’aiuto di Heimdall e con la forza di Hulk, quella creatura dissennata, Loki sarebbe riuscito forse a prendere tempo, quello necessario per fuggire, liberare Thor, scappare in un luogo abbastanza sicuro dove poter elaborare un piano ed evitare la catastrofe, impedire lo schiocco.

Il dio dell’inganno sapeva bene qual era il piano di Thanos. Ne era venuto a conoscenza quando, smarrito e ferito dopo essere precipitato giù dal Bifrost, era finito nella sua corte folle. Distruggere metà dell’universo era parsa un’idea assurda persino a lui: nient’altro che le farneticazioni di un essere troppo potente, annoiato o mentalmente disturbato, che credeva di riportare l’equilibrio nel mondo seminando morte e distruzione senza una ragione, nel nome di una casuale equità. Loki, che pure era il dio del caos, aveva sentito un brivido corrergli lungo la schiena, quando lo aveva scoperto. La presunta missione del Titano possedeva la devastante cecità che solo chi cerca di giustificare i propri crimini sotto gli ideali, può vantare. Spezzando arbitrariamente legami di ogni tipo, infrangendo la speranza, Thanos non avrebbe attirato altro, su di sé, che guerra, distruzione e morte. Per questo l’Ase era scappato, mascherando la fuga sotto a una sconfitta.

Dalla sua posizione privilegiata sul limitare del fiume infernale, Loki osservò il Titano avvicinarsi all’ultima gemma, quella dell’Anima.
 

“Lo farà,” sentenziò la donna mostrandogli la parte marcia e devastata del viso (3). “Lo sta per fare. Metà universo diventerà polvere.”

“Lo so,” fu la risposta lenta e distante di quello che era stato il dio degli inganni.

“Sapevi anche che saresti morto?” s’incuriosì la donna.

“Mi stai chiedendo se il mio è stato uno studiato sacrificio o un tragico errore di valutazione?” domandò Loki come se non gli importasse affatto, con voce persa e distante. Cercò Thor e lo individuò nella mischia di una battaglia che, forse, avrebbe voluto affrontare anche lui. Vide la nuova arma brillare nel sole africano di Wakanda, ammirò la destrezza con cui il dio del tuono la brandiva. Bel colpo, fratello.

“Sono curiosa. Sì. Raccontami com’è stato.”

Loki lingua d’argento rise improvvisamente, buttando il capo all’indietro.
 

Avrebbe potuto salvarsi, almeno per un po’. I membri dell’Ordine Nero non gli avevano sparato subito in testa, come aveva inizialmente creduto. Si erano limitati a tenerlo sotto tiro, perché sapevano che lui riconosceva il valore del Tesseract, era riuscito a individuarne la natura e, forse, sapeva persino dove fosse. Quello era l’unico vantaggio suo e di Thor. Tornò a massaggiarsi il collo; non credeva che, nella morte, potesse ricordare il dolore, l’aria che mancava, lo strazio del corpo che si dibatteva invano, il terrore capace di fargli morire in gola le ultime rune che, forse, lo avrebbero salvato. Sulle labbra sottili, appena segnate da una cicatrice antica e biancastra, si disegnò un ghigno furbo, feroce.

Spostare l’attenzione su di sé fu un errore calcolato. Thor doveva vivere. Ricordò di aver tirato fuori il cubo e averlo consegnato al Titano: un gesto necessario, inevitabile, che pure aveva azzerato quasi del tutto ogni sua possibilità futura di ingannare, tramare, beffare. Il Tesseract era tornato ad essere ciò che era, la Gemma dello Spazio, e aveva trovato posto sul guanto di Thanos, aumentandone i poteri e la forza a dismisura. Eppure non era ancora la fine. Suo fratello era stato sconfitto e piegato, ma avevano ancora Hulk, e poi c’erano il suo ingegno e la capacità che aveva, innata, di mutare le situazioni sfavorevoli e le sconfitte in occasioni, opportunità. Se la preziosa, debole e lontana Midgard era la prossima meta di Thanos, lui lo avrebbe convinto a dargli una seconda occasione. Sarebbe stato la sua guida e poi, magari, con un po’ di fortuna, una sorta di consigliere. Il sottile equilibrio tra verità e inganno che avrebbe creato, sarebbe stato in grado di minare, dall’interno, il folle piano del Titano e permettere a Thor di disperdere le altre Gemme. Così, forse, l’Universo avrebbe potuto salvarsi.
 

La donna inclinò il viso mostrandogli, ancora, la parte del volto marcia (3). “Da quando le sorti dell’Universo ti stanno così a cuore, Loki Odinson o Laufeyson?”

L’Ase smise di raccontare e si avvicinò a lei con passo fiero e altero, le spalle diritte. Sembrava offeso, ma il sorriso storto e una luce divertita nei suoi occhi suggerirono alla dea della morte come l’altro fosse, in realtà, soddisfatto da quella domanda.

“Non è mai stato l’Universo. Non sono un’idealista.” Esitò, si inumidì le labbra sfiorandosi con un brivido invisibile il collo in cerca dei segni del Titano. Non era più niente, adesso, e utilizzare il tempo passato riferendosi a se stessi era qualcosa di davvero strano, decise. “Morire di terrore, crepare di paura al solo pensiero che Thanos possa davvero schioccare le dita, attendere che sia un pazzo a decidere della mia esistenza: questo non ho potuto sopportare. Sono stato Loki di Asgard, ero il legittimo erede di Jotunheim, il figlio di Odino, il dio dell’inganno: non ho voluto morire da servo, come un volgare suddito, ma da Re. Libero.”

Le porte del Valhalla luccicavano lontano, il fiume infernale pareva quietarsi per lasciarlo passare. La dea della morte scrutò il viso affilato e severo di Loki cercando di fargli sciogliere quel nodo che gli impediva di passare oltre. Il custode della Gemma dell’Anima se n’era andato e Lingua d’Argento, se non stava completamente mentendo, ometteva e travisava, confondendo la verità, piegandola alla sua personale visione.

“E poi,” disse la dea della morte quasi con dolcezza, “tuo fratello era stato sconfitto. Gli hai mentito per l’ultima volta,” mormorò quasi con dolcezza.

 
Te lo prometto, fratello. Tornerà a splendere il sole su di noi.
 

Loki Laufeyson, o meglio Odinson, non rispose immediatamente. Rimase in silenzio per un tempo lunghissimo e, se avesse avuto ancora la possibilità di respirare, avrebbe trattenuto il fiato. Ma Thanos gli aveva spezzato il collo facendogli inghiottire le ultime sillabe che gli erano rimaste in gola. L’allusione a Thor gli fece aggrottare la fronte e distogliere gli occhi da quelli della dea, per spostarli sulle acque venefiche del fiume infernale che non voleva attraversare.

“Cosa vuoi che ti dica, Hela?” insinuò retorico chiamandola, per la prima volta, con il suo nome. “Che morendo ho salvato mio fratello, proteggendolo dall’ira di Thanos? Distogliendo da lui l’attenzione di quel mostro folle e senza senno e puntandola su di me, l’ho salvato?”

Aveva parlato in fretta, con la stessa rapidità con cui aveva catturato l’interesse del Titano poco prima di essere ucciso. Non avrebbe potuto salvarsi, e lo aveva capito quando Thanos aveva rifiutato il suo aiuto, raccontò con voce ferma e distante. È il caso a decidere dove nasciamo, di chi siamo figli, a quale terra o pianeta apparteniamo, ma la morte no, quella è possibile sceglierla, a volte.

Non avrebbe potuto salvarsi, e allora aveva fatto quella promessa vana e, visto che doveva morire e nessun incantesimo lo avrebbe protetto, aveva accarezzato l’idea di andarsene combattendo. E la cosa gli era piaciuta. Ad alta voce, si era deciso a risolvere l’antico conflitto che lo aveva visto opporsi strenuamente a Odino e agli Asi e, facendolo, i suoi occhi si erano incontrati, per l’ultima disperata volta, con quelli di Thor, che aveva capito.
 

“Sono Loki di Asgard… figlio di Odino… Dio dell’inganno. Ti offro la mia immortale fedeltà.”
 

Lui e Thor avevano combattuto, giocato, studiato, riso, mangiato, insieme. Erano stati alleati inseparabili e avversari, persino. Il Titano era riuscito a sconfiggere suo fratello nonostante governasse i tuoni e le saette e fosse uno tra gli esseri viventi più forti dell’intero Universo. Deglutendo, Loki si era avvicinato a Thanos evocando dal nulla uno dei suoi pugnali affilatissimi, che maneggiava con infinita maestria. In quel contesto, si trattava di un’arma inutile, ovviamente. Loki lo sapeva, lo aveva calcolato. Nell’ultimo sguardo che aveva rivolto a Thor c’era anche questo, il muto addio che precede un sacrificio necessario, inevitabile. Era nato nella gelida Jotunheim che lo aveva rifiutato e, se non fosse stato per Odino, sarebbe morto su un picco di ghiaccio. Aveva scoperto la verità sulle sue origini e si era sentito tradito, ingannato, beffato, ma avrebbe scelto come morire.

Quand’erano bambini, lui e Thor si cacciavano spesso nei guai. Loki ricordava ancora come la sua lingua lunga e affilata, sagace e insolente, lo avesse messo mille volte in situazioni rischiose. Colpa delle battute irriverenti che gli salivano naturalmente alle labbra. Suo fratello lo aveva difeso sempre, ogni volta, vincendo puntualmente le sfide che gli si paravano davanti, e quando aveva smesso di difendere Loki perché l’ingannatore aveva imparato il fatto suo, si era messo a difendere Asgard e i Nove Regni. Fino a Thanos. Per questo, scelse il pugnale. Thor doveva vivere, l’ira del Titano avrebbe dovuto scatenarsi contro lui solo. Il seidr gli avrebbe permesso di scappare, forse, ma senza il dio del tuono quello dell’inganno avrebbe finito per perdersi, l’Universo sarebbe stato decimato. E poi, Thor lo aveva già visto morire due volte: avrebbe potuto sopravvivere anche a una terza, per quanto terribile fosse stata.
 

La dea si guardò attorno. “È arrivato il momento,” sussurrò severa. I capelli neri lasciavano intravedere ancora l’altra metà del suo viso, quella marcia e decomposta. L’acqua del fiume infernale si riempì di bolle, si increspò come se fosse scossa da una corrente interna fortissima. Loki tornò a guardare verso Midgard e Wakanda, in attesa. Strinse i pugni, batté le palpebre e, in quello stesso istante, Thanos schioccò le dita, l’Universo perse la metà esatta dei suoi abitanti.
 

Il dio dell’inganno non era che un’ombra, ormai: non poteva più tremare né sentire la fame o il dolore, ma qualcosa nel suo petto si incrinò e ruppe, quando il potere del Guanto e delle Gemme fu rivelato in tutto il suo orrore. Boccheggiò, anche se non poteva respirare, come se il suo spirito cercasse di suggerirgli le stesse sensazioni che avrebbe provato se fosse stato ancora vivo. Cercò Thor e, inizialmente, non lo trovò e pensò che la sua morte fosse stata vana. Sentì di nuovo il Titano che lo afferrava per il collo, togliendo ogni energia a quella sua bocca bugiarda, avvertì ancora la stretta implacabile che lo aveva soffocato. “Scegli molto male le parole,” gli aveva detto, e lui non aveva potuto fare altro che fissarlo e scalciare, mentre le lacrime gli invadevano gli occhi chiari e la vita lo abbandonava. Thanos aveva stretto finché non era stato assolutamente certo che il suo collo fosse stato spezzato.

Quando era morto aveva stritolato ancora, e poi lo aveva gettato a terra come fosse una bambola rotta, un manichino inerme, un oggetto spaccato e inutile. Lui, che era nato per essere Re. Strinse i denti al pensiero di quel gesto sprezzante e crudele, terribile. Il suo spirito avrebbe vagato per l’eternità in attesa di una sepoltura degna e ricordando l’affronto subito dai suoi resti, ma mentre l’astronave saltava in aria Thor si era liberato, lo aveva afferrato per una spalla e aveva pianto su di lui lacrime calde, amare, disperate.
 
 “Tuo fratello è ancora vivo,” lo avvertì Hela, e gli indicò il punto della radura dove Thor, a bocca aperta, era rimasto a fissare i suoi compagni d’avventura svanire, diventare nient’altro che polvere. “Ora puoi varcare le soglie del Valhalla e brindare con i padri di Asgard. La tua morte non è stata vana.”

Il fiume era in piena, ma Loki Odinson non guardava più il cancello del Regno dei Morti, ormai spalancato e pronto ad accoglierlo; fissava il mondo in basso, piuttosto, quella Midgard prostrata e distrutta dove Thor era in ginocchio sull’erba, sgomento e sconfitto, per ora.
 

“Thanos non sarà mai un dio,” sorrise l’Ase piegando le labbra in un sorriso beffardo. “Ha agito come se lo fosse, ma non lo è. Oggi ha vinto, ma domani perderà.”

“Anche gli dèi a volte perdono,” gli fece notare Hela. “E muoiono. E a volte lo fanno da eroi e devono dimenticare, lasciarsi andare.”

Gli occhi verdi di Loki vagarono sulla radura distrutta, devastata; la sua mente svelta e acuta tornò a ragionare elaborando nuovi piani e trame. “L’inganno non può morire,” sentenziò, “e di quello io sono il dio. Ma cos’è l’inganno, Hela?” incrociò le mani dietro la schiena e le girò attorno come avrebbe fatto il predatore con la preda, con passi lenti, studiati.
“Illusione,” replicò l’altra.

L’Ase scosse la testa. “Trucco, stratagemma, soluzione. L’arte di piegare la realtà ai propri desideri. Volevi la verità, Hela, ma hai chiesto una cosa che non esiste. L’audace sceglie la sua fetta di verità e la fa propria, e per lei vive, combatte, muore”
“Perché hai sacrificato la tua vita, Loki Odinson? Perché hai permesso che il Titano ti strangolasse fino alla morte?” La voce della dea era diventata fredda, glaciale, venata da una punta lievissima di sospetto.

L’Ase le rivolse il suo sorriso più bello. “Perché non volevo convincere Thanos, ma te. Cancella il mio nome dal Libro dei Morti (4). Lascia che torni. Ti ho riservato i miei incantesimi migliori, oppure faremo un patto.”

La sua voce suadente, capace di irretire, convincere e stregare, superò il frastuono del fiume infernale ormai stracolmo di anime, insinuandosi dentro la signora di Hel con la stessa intensità di una freccia scagliata con perfetta, assoluta, precisione.

La dea si riscosse, come se si fosse appena risvegliata da un sogno. “Era vera. La promessa che gli hai fatto, intendo.”
Loki si allontanò dalla sponda del fiume. “La definirei una speranza, dato che mi serviva comunque la tua gentile collaborazione,” precisò. “Ma sì,” affermò deciso, “su di noi tornerà a splendere il sole.”

 
Fine
 
Caro Lettore,
È la mia prima incursione in questo fandom. Io scrivo abitualmente in quello di Thor, quindi forse non ci siamo ancora mai incontrati. Ho visto Avengers: Infinity War ormai ben due settimane fa. Quando credo che il trauma sia passato, puntuale quello ritorna a farmi visita. Inizialmente, non volevo scrivere niente sull’argomento, ma negli ultimi tre giorni ha iniziato a ronzarmi in testa questa storia consolatoria, sia per il finale, che per la rielaborazione di certe frasi e taluni gesti del dio dell’inganno su cui ancora mi interrogo (e continuerò a farlo a lungo, temo). Come vedi, alla fine ho inserito una nota di speranza. Avrei dovuto e voluto scrivere molto di più, ma questa fanfic è venuta fuori di getto, l’ho scritta in poche ore e voglio proportela così com’è.
Se vorrai lasciarmi una tua impressione o condividere il dolore per la dipartita traumatica del dio dell’inganno – io al cinema mi volevo strappare le cornee – te ne sarò grata, e te ne sarà anche la Fatina dell’Ispirazione, che suggerisce trame e, senza il tuo sostegno, perderà la sua luce. Ed è pure tanto triste per la fine di Loki e per quella maledetta ecatombe. Sigh!
P.S.
Ho scritto anche un’altra mia personale visione di come sarebbe potuta andare la vicenda di Infinity War: la trovi sul fandom Thor e il suo titolo è “Oltre lo specchio.” L’ho scritta prima di vedere il film e… per paradosso, è quasi più consolante. Ho detto “quasi”.

 
  1. È una citazione di X Agosto, una poesia di Pascoli.
  2. La battuta è una citazione di Thor: Ragnarok. Ce ne sono anche altre, prese da Thor: The dark world. Le riconosci tutte?
  3. Stavo dandolo per scontato… c’è un po’ di mitologia norrena stiracchiata ad arte, in questa fanfiction. La vera Hela, la Regina del Regno dei Morti norreno (che non ha quasi nulla a che vedere con la Hela di Ragnarok), è caratterizzata dal fatto di avere metà viso di ragazza e metà no. In quasi tutte le culture, inoltre, esiste un fiume infernale. L’esempio greco è quello più noto. La Hela di questa fanfiction non è la Hela di Ragnarok.
  4. C’è una cosa simile nei fumetti Marvel.
S.
   
 
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