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Autore: Sherry_4869    13/05/2018    1 recensioni
"Ancora una volta il piccolo Sherlock Holmes in miniatura dai grandi occhiali la aveva salvata dalla sofferenza. "
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Hiroshi Agasa, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una piovosa mattinata di Ottobre. Ai si era appena svegliata, si preparò, ancora intontita dal sonno, il suo caffè mattutino. Quella mattina però non si sentiva molto in forma: Sentiva dentro la testa qualcosa annodarsi, e sentiva di avere lo stomaco sottosopra. Doveva essere per la movimentata serata del giorno prima…
FLASHBACK
Gin le sorrideva con aria compiaciuta, lei era attaccata al muro da lui.
Era di nuovo nel corpo di Shiho, era piena di ferite e Gin le aveva già sparato per indebolirla, ma facendo attenzione a non colpirla in punti vitali. Voleva ucciderla con le sue mani, voleva godersi il momento in cui l’avrebbe tolta di mezzo, e non voleva rischiare di anticiparlo e perderselo.
... Ma quel momento sembrava ormai essere arrivato.
La ragazza, in un corpo da donna, ferita su tutto il corpo, piena di rabbia e rassegnazione allo stesso tempo, aveva una pistola puntata alla tempia...
Era la fine.
“S-sai Gin...” Disse a fatica la ragazza.
“Sì, Sherry?” le rispose Gin con un diabolico sorriso.
“il farmaco... Il farmaco con cui hai ucciso quel famoso detective in quel Luna Park…”
“Certo! Il tuo prodigioso farmaco con cui ho spezzato la vita di Shinichi Kudo!”
“Ecco... Vorrei non averlo mai creato...”
“Non puoi cambiare ciò che è stato, mia cara Sherry. E in ogni caso non ha più importanza, fra pochi secondi non avrai più alcun senso di colpa” esordì Gin, appoggiando il dito al grilletto della pistola, mantenendo stampato sul viso sempre quel terribile sorriso compiaciuto: “Perché finalmente ti ucciderò con le mie mani!”
I suoi occhi brillavano, gli occhi di un criminale senza scrupoli che muore dalla voglia di uccidere.
Gli occhi di Sherry erano ormai spenti, non riusciva quasi più a parlare, provava dolore. Dolore fisico e morale, e molta, molta collera.
Avrebbe solo voluto provare a vivere una vita normale, la vita di una ragazzina delle elementari. Ma non le era permesso.
Quando pensava che ormai, da un momento all’altro, sarebbe passata a miglior vita, vide qualcosa muoversi alla sua sinistra... ... In pochi secondi Conan scagliò una pallonata alla mano di Gin che gli fece volare via la pistola.
Gin stesso si scansò, lasciando Sherry cadere a terra senza energie, riversa sul freddo, gelido pavimento di quel terrazzo in cima alla torre di Tokyo. Iniziò a sentire le gocce di pioggia che le bagnavano il viso, sentì Gin urlare: “Vodka, corri, dobbiamo andarcene!”, poi un forte dolore al petto, non riusciva più a respirare. Era l’effetto del farmaco, stava scadendo, presto sarebbe tornata bambina.
Doveva correre a nascondersi, ma non poteva. Non ce la faceva. L’ultima cosa che sentì furono le sirene della polizia, poi più niente.
Sì risvegliò due ore dopo, di nuovo nel corpo di Ai. Era quasi mezzanotte, si trovava nel suo caldo letto: “M-ma... Sono...” e si guardò un po’ attorno: “Sono viva...”.
“Sì, sei viva, Ai” la ragazza si spaventò: Conan era appoggiato al muro in fondo alla stanza, con la testa china a fissare il pavimento e le braccia incrociate: “Ora dimmi, Ai, cosa volevi fare?? Volevi mettere fine alla tua vita? Volevi smettere di scappare e dargliela vinta!?”. Il bambino era così arrabbiato... “Lo so Conan, mi dispiace…” disse Ai con la voce tremolante. Conan le si avvicinò e si sedette sul letto della ragazza: “Mi hai fatto preoccupare... Non farlo mai più!”. Ai avrebbe voluto rispondergli, ma sentì un’improvvisa fitta alla testa: si stava sentendo di nuovo male, e non capiva perché. Conan si agitò: “Oh cavolo!! Stai ancora male! Cerca di sdraiarti, vado a chiamare il dottor Agasa!!”. Il ragazzo corse fuori dalla porta, e lei crollò.
FINE FLASHBACK
La serata per lei era finita così. Guardò la sua tazzina e il caffè ma... Le si era chiuso lo stomaco. Capì che non sarebbe riuscita a mandarne giù neanche un sorso, e non lo bevve. Pensò che avrebbe potuto cominciare a studiare anche senza caffè, in fondo non aveva molta scelta. Si sedette alla scrivania e prese il quaderno dove teneva tutti gli appunti riguardanti l’APTX4869, ma non appena lo aprì capì che probabilmente avrebbe faticato, e non poco: non riusciva a leggere nulla. Le parole erano sfocate e tremolanti. Ai si guardò una mano. Pure quella la vedeva male: “mh... Accidenti... Non mi sono ancora ripresa da ieri sera, non posso crederci” e si portò una mano alla fronte. Il suo stomaco era stretto, e la gola era tappata da un nodo. “Forse... Forse mi aiuterà risciacquarmi la faccia” la ragazza entrò nel bagno. Prima, quando ci era entrata, nonostante lo specchio fosse davanti a lei, non aveva fatto caso al suo aspetto, e quando vi rientrò quasi si spaventò da sola: i suoi capelli castani erano spettinati, il suo colorito era cadaverico, le sue guance erano graffiate, i suoi occhi verdi erano lucidi e su tutto il corpo era piena di cicatrici. Lo sapeva. Lo sapeva già di essere piena di ferite, Gin le aveva sparato almeno sette volte, ma non si era ancora accorta di come l’avesse ridotta la sera prima. Dopo essersi sciacquata la faccia, Ai prese una spazzola e tentò di rimettere a posto i capelli. Di certo non le avrebbero fatto guadagnare un aspetto normale, ma almeno sembrava che fosse un po’ meno conciata male. Aveva ancora addosso il suo pigiama, costituito da un pantaloncino nero e una maglietta nera. Il nero. Il colore che aveva fatto parte di tutta la sua vita. Ciò che viene sempre associato a tutto ciò che è negativo: le tenebre, la morte, l’oltretomba... Per lei significava semplicemente l’organizzazione criminale di cui era stata membra fin dalla nascita, quel qualcosa che malediceva costantemente, ciò che le aveva portato via la famiglia.
Mentre faceva queste riflessioni, la porta d’ingresso si spalancò di colpo. La ragazza non fece neanche in tempo a chiudere la porta del bagno che aveva lasciato aperta, non aspettando visite: era Conan: “Dottor Agasa!!!” lo chiamò: “Come sta Ai?!”. Sul volto della ragazza comparve un sincero sorriso. Stava per dirgli ‘sono qui’, avrebbe voluto. Alzò un braccio: “Con...” improvvisamente ebbe forti vertigini. Conan se ne accorse, e le corse incontro “Ai! Che ti succede?” la ragazza continuava ad ansimare appoggiata al ragazzino che non sapeva cosa fare. Lei tentava di parlare, ma non ci riusciva. Tutto attorno a lei lo vedeva muoversi lentamente e in disordine, iniziò a vedere sempre meno. “Co... Conan... Io...” Conan la interruppe: “Non parlare, non sforzarti, ti riporto a letto”. E in quel momento Ai crollò tra le sue braccia, praticamente svenuta. Il ragazzino la prese in braccio e la appoggiò sul letto mettendole un cuscino sotto alla testa. La ragazzina non aveva smesso di ansimare, il suo volto era contratto in un’espressione di sofferenza, non muoveva un muscolo, era tutta sudata e aveva iniziato a tremare. Il ragazzo, preoccupato, le toccò la fronte: “sei molto calda Ai, mi sa che ieri a causa del freddo ti sei presa la febbre, vado a prendere il termometro!” Conan scattò in piedi e corse a prenderne uno. Ai non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti, ma avrebbe voluto dirgli ‘no, ti prego! Non lasciarmi da sola!’, ma parlare era uno sforzo che in un momento simile non avrebbe osato fare. Conan tornò poco dopo con in mano uno straccio bagnato, glie lo mise sulla fronte e subito dopo le misurò la temperatura: “Ai... Ci credo che stai male! Hai 40,8, è davvero alta, chiamo subito il Dottor Agasa, se è andato a fare la spesa non lo disturberà una chiamata, tu intanto cerca di dormire. Dormire? Anche dormire sarebbe stato uno sforzo troppo grande. Stava soffrendo, avrebbe voluto mettersi a piangere e pure le lacrime che erano in procinto di bagnarle gli occhi le causavano forte dolore fisico. Si sentì ancora una volta mancare, e quando si risvegliò era già ormai pomeriggio. Si alzò lentamente dal cuscino, e si rese subito conto di stare meglio. Conan stava dormendo appoggiato al letto, con le ginocchia a terra, sembrava distrutto. La ragazza sorrise, anche il Dottor Agasa si era appisolato, e sul comodino che lei aveva di fianco c’erano delle medicine. Ancora una volta il piccolo Sherlock Holmes in miniatura dai grandi occhiali la aveva salvata dalla sofferenza. ‘mio piccolo grande detective’ pensò lei, quando si rese conto che lui si era addormentato... Tenendole la mano.
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Bene bene, buon pomeriggio a tutti!! Riguardo questo testo ho solo da dire: lo ho scritto di getto, non è studiato, lo ho scritto tutti in un giorno (anzi, in una sera) nel giro di poche ore e non ho l'HTML. questa sarà in realtà la "versione in brutta" credo, siccome tenterò di ripubblicarla in futuro ma con l'HTML, quindi risulterà sicuramente più gradevole da leggere, quindi questa sarà una specie di versione di prova, un'anteprima, del resto è la prima storia che pubblico su questo account. Ora è praticamente l’una del mattino e sono distrutta.  Spero vi piaccia!! Recensiteeee!!!
   
 
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