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Autore: SourBliss    13/05/2018    1 recensioni
Nascondere quel cristallo fu un errore madornale e Crash Bandicoot, insieme ai suoi fratelli, era cosciente di quello sbaglio. Ma se c'era una cosa che non riusciva a comprendere era il motivo per cui la gente lottava per averlo. Poteva essere il valore, la bellezza, o aveva una forza misteriosa capace di attrare gli ingenui e i maligni? Era giunto il momento di scavare per per far tornare a galla la verità, aprendo la porta a un'avventura nuova.
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AU ambientato in una città di un'epoca non ben specificata. Se trovate problemi nella lettura dei capitoli vi prego di avvisarmi, grazie.
Genere: Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 1

"La quiete dopo la tempesta"


La quiete si espandeva cautamente per tutta N.Sanity City in quella tarda mattina primaverile, ed essa quasi pareva una situazione paradossale per via della notte turbolenta che era passata, come se qualcuno avesse esaudito il desiderio di molta gente che quella notte stentava a dormire. La gente affollava i marciapiedi della città e pronti ad accoglierli erano negozi, mercatini e uffici da un ordione invidiabile. Seppur continuasse a persistere la longilinea fila di macchine, esse avanzavano fluidamente, senza creare intoppi che causassero un lanciante frastuono che sarebbe tornato ad assilare le persone che volevano godersi quella piacevole mattinata. La serenità non mancava neanche nella parte occidentale della metropoli: una piazza dal candido colore era popolata da giocosi ed audaci animaletti che correvano e sguazzavano dentro la fontana riposta al centro del piazzale, attorniata da allettanti sculture moderne che non passavano inosservate.

Ad ammirare tale vitalità era una ragazzina dal pallore cadaverico, seduta su una panchina a passarsi il dito meccanico sotto al naso per non starnutire. I lunghi capelli corvini erano fermati da due ferretti argentei che a fatica li trattenevano, facendone cadere piccole e sottili ciocche che le solleticavano il collo. Accanto a lei erano seduti due animali antropomorfi, entrambi con la schiena poggiata allo schienale ad osservare il panorama che li circondava, a differenza della ragazza che continuava a stare ricurva e con la testa trattenuta dalla mano destra, pensierosa.

«Nina, che ci facciamo qui?» chiese l'animale in camicia verde, guardando pietosamente una signora che ricorreva faticosamente il proprio cagnolino con il guinzaglio in mano. Benché egli aspettava una risposta dalla ragazza, il suo amico dalle sembianze di un dingo e un coccodrillo aveva preso la briga di colmare la sua curiosità, replicando amichevolmente:

«Gira la voce che qualcuno abbia trovato un cristallo violaceo in un buio vicoletto. Dovremmo...- il dingo-coccodrillo diede una veloce occhiataccia alla ragazza che aveva corrugato la fronte in segno di fastidio, alzando la voce per farle sentire l'ultima parola che aveva pronunciato -...DOVREMMO cercare l'idiota che ha deciso di prenderlo ma se continuiamo a oziare in questa panchina non prenderemo un bel niente. Per caso erro, Nina?»

E a quel rimprovero la fanciulla scattò in avanti, rimanendo alzata, dando le spalle ai due che la guardavano con curiosità, pronti a sentire le sue parole che si saranno rivelate grezze e arroganti. Fece una piroetta verso i suoi amici, incrociando le braccia sotto al petto e rivolgere loro la parola:

«Stare qui e vedere questa gente che rincorre i propri animali come idioti mi fa incazzare e le tue parole, Dingodile, stavano per farmi toccare l'apice della rabbia. Troviamo al più presto questo cristallo, almeno saremo a casa prima di pranzo e mio zio non si lagnerà come un moccioso»

I due seguirono immediatamente la ragazza, andando verso un bar-ristorante poco affollato dove prendere un buon caffè prima di iniziare le loro ricerche. E nell'istante in cui stavano per varcare la soglia della porta, Dingodile fu fermato dall'attenzione che aveva riversato in una giovane bandicoot dal pelo arancione: piccola, magra e dal bellissimo crine dorato. Era stato catturato da quell'innocente creatura che quasi gli pareva angelica ma la sua lucidità non fece tardi ad arrivare, venendo attratto dalle parole di una cameriera:

«Prego, accomodatevi e benvenuti nel bar-ristorante Aku Aku»

Il dingo-coccodrillo alzò lo sguardo per poterlo nuovamente posare nella giovane ragazza ma di ella non vi era più traccia.

La luce mattutina filtrava dalle sottili veneziane dal color panna, illuminando un grande e moderno ufficio arricchito di bonsai e mobili bianchi. Il leggero profumo di incenso si espandeva rapidamente, raggiungendo ogni singolo angolino e dare un senso di tranquillità a chiunque entrasse. Ma la confortevole sensazione era sopraffatta dalla preoccupazione di Coco, con le mani sulla scrivania e la fronte corrugata in segno di paura. Gli occhi verdi e lucidi rimanevano puntati sulla sedia in pelle nera dietro la scrivania in ciliegio, girata verso l'unica finestra della stanza dalle tendine alzate.

«Aku, te ne prego, dacci una mano»

E la sedia ruotò verso la ragazza, rivelando che, ad udirla, non era altro che una fluttuante maschera lignea dagli occhi gialli. La ragazza rimase in silenzio, gettandosi sulla poltroncina bianca che dietro si trovava. Un aura di disagio iniziò a circondarla, facendole abbassare lo sguardo per non incrociare quello serio della maschera.

«Coco, figliola, spiegami come sono andati i fatti. Ho bisogno di sapere cosa sia successo la scorsa notte, altrimenti non saprei come aiutarvi. Percepisco il tuo terrore ma cosa è che ti preoccupa così tanto?»

La ragazza sospirò, cercando di trattenere le lacrime che volevano uscire ad ogni costo e, con il timore che ancora annebbiava la sua coscienza, alzando la testa per potersi rilassare mentre i braccioli venivano stretti dalle sue piccole mani.

«Io e Crash passammo di fronte a un vicolo mentre stavamo percorrendo la via di ritorno. Notammo qualcosa luccicare e così ci avicinammo, scoprendo che si trattava di un cristallo, e così decidemmo di portarlo al sicuro. Inoltre, penso che qualcuno ci abbia visti.» Spiegò, cercando di essere il più sintetica possibile per non lasciar che Aku Aku cadesse tra le braccia della noia. Quest'ultimo inarcò un sopraccio, fluttuando via dalla sedia per alzare, magicamente, una veneziana.

«Chi vi ha visti?»

«Non saprei, quando mi girai per andarmene vidi una figura alta e grossa, con delle orecchie appuntite, che scappò non appena ci stavamo per avvicinare. Questi sono i tratti che maggiormente ricordo, poi il buio»

«Questo è un grosso problema. Ciò che non mi spiego è come quel cristallo fosse finito lì»

E alla fine di quella sentenza, Aku guardò la ragazza con una seria espressione. Era rimasto incredulo dopo aver udito quel racconto, non riusciva a credere che ci fossero ancora cristalli sparsi nella metropoli, soprattutto dopo che la loro caverna fu distrutta anni fa grazie a lui e l'aiuto di una cara amica. Ma chi era quella persona che ancora era in possesso di quei potenti oggetti? Eppure Aku era sicuro di non aver percepito la loro potenza dopo quell'atto distruttivo che dovette a tutti i costi applicare malgrado il suo rifiuto. Benché egli continuava a mostrarsi calmo sotto gli occhi di Coco, lo stupore e l'ansia erano sovrani nei suoi pensieri, incapace di fermarli. Ma non doveva rimanere fermo lì, a calcolare con minuzia quella situazione per poterne uscire vincitore, doveva agire e guidare i tre bandicoot alla ricerca della verità. Se c'era un'altra caverna era suo compito distruggerla, con o senza l'aiuto della sua giovane amica.

«Coco, alzati e chiama i tuoi fratelli. Questo è un guaio, un grosso e pericoloso guaio che non necessita solo il mio aiuto. I miei poteri sono limitati e da soli non piassiamo andare avanti. Preparate le valigie, andremo a trovare una vostra vecchia conoscenza.»

E quando Coco stava alzandosi dalla sedia, la vibrazione di un telefonino fu l'unico suono che aveva impedito al silenzio tombale di subentrare nell'ufficio. La ragazza si apprestò a rispondere al posto di Aku Aku ma non ebbe neanche tempo di pronunciare una parola che venne fermata dalla voce iraconda di Crunch.

«Coco, siamo nella merda! Apprestati a venire con Aku, qui rischiamo di morire!»

Ormai una cappa nera aveva preso possesso dell'appartamento ove i tre Bandicoot abitavano. Il fuoco si espandeva in ogni angolo e i tappeti si infiammavano come fossero carta, creando una barriera ardente che impediva la fuga a Crash e Crunch. E una figura longilinea si avvicinava lentamente a loro, muovendosi sinuosamente come fosse un serpente, lento ed aggraziato, pronto a chinarsi per prendere il brillante cristallo che si trovava poco distante dal bandicoot rosso.

«Quesssto lo prendiamo noi.»

«Fermo, non osare toccarlo!»

La figura del varano di Komodo si fece più chiara non appena egli si avvicinò al marsupiale, puntandogli vicino alla gola la punta della sciabola che rifletteva la faccia impaurita di Crash. Crunch strinse i denti ed arricciò il naso, ringhiando flebilmente per intimidire il nemico che stava sghignazzando.

«Altrimenti? Mi tagli la gola con la tua afilatisssima arma?» Sibillò il rettile con irritante lentezza, sorridendo malignamente mentre a passo svelto indietreggiava, voltandosi dopo che una voce lo aveva chiamato, lasciando i due fratelli a una morte lenta e dolorosa. Crash preso dal panico si agitava, correndo da una parte all'altra nella stanza per poter fuggire, schivando le fiamme goffamente. E quest'ultime si avvicinavano, mangiando qualsiasi cosa che dinnanzi a loro si poneva e i bandicoot, ormai con la schiena poggiata alla parete, abbandonavano l'unica speranza che avevano. Dove diavolo erano i pompieri? La polizia? Perché non arrivava neanche un misero soccorso?

Proprio quando l'unica speranza che avevano era andata in frantumi, l'opossum bionda incontrata da Crunch la sera prima entrò in stanza, cacciando il fumo con un esile braccio scoperto mentre si apprestava ad estinguere le fiamme con l'estintore. Prese Crunch e Crash dai polsi, tirandoli fuori da quell'inferno e lasciare loro respirare aria pulita.

«State bene? Siete feriti? Chiamo un'ambula-»

«Non ce n'è bisogno, grazie.» Rispose il grosso peramelide, interrompendola mentre continuava a tossire. Egli si voltò ma di Crash non vi era traccia. Era come svanito e Crunch si voltava impaurito alla ricerca del pelo arancio del fratello. Tre richiami ma nessuna risposta arrivò, neanche un semplice gesto con la mano guantata. Crunch sperava che il fratello non fosse corso via, rincorrendo i due nemici che avevano appiccato il fuoco all'appartamento. Ma quel suo pensiero non era altro che la realtà. Crash scendeva le scale con tanta velocità che era quasi arrivato al piano terra dell'edificio, nonostante fosse sicuro che non avrebbe trovato i due ladri, ma egli voleva a tutti costi uscire fuori da quel palazzo, non solo per respirare aria non contaminata ma per poter scorgere almeno qualche piccolo indizio che lo avrebbe indirizzato a quei lucertoloni verdi. Ma nulla apparì ai suoi occhi, solo la sorella che insieme ad Aku si avvicinavano sempre di più. E un senso di rabbia lo percosse, deluso del suo comportamento codardo che prima si era manifestato nella sua coscienza. Lui non doveva temere nulla, neanche le situazioni pericolose, doveva essere forte come il fratello per compensare la poca intelligenza che possedeva. Sapeva di non essere uno stupido e di non avere l'intelletto della sorella ma doveva essere forte, non doveva lasciare che la paura strisciasse nella sua coscienza.

«Crash, santo cielo, che è accaduto? State bene? Avete bisogno di aiuto?»

Quella serie di domande non riuscivano a tangere l'attenzione di Crash che muoveva la testa per guardare cosa si trovava dietro la figura della sorella. Ma nulla apparve e un moto di ira si manifestò dentro di lui, dandogli la possibilità di meditare e farlo concentrare al suo nemico, volendo far giustizia da fargli rimpiangere le sue gesta. Egli guardò Coco, stringendola a se mentre quest'ultima ricambiava, nascondendo il muso nel collo di lui per poter placare la paura. E all'abbraccio si aggiunse anche Crunch che  era uscito dal palazzo insieme alla giovane opossum, alla ricerca del fratello. Erano tutti riuniti e ad osservarli da lontano era la didelfida dai codini biondi, catturata da quella dolcezza che avrebbe voluto ricevere da quando era un infante, scaldandole il cuore.

«Va bene, va bene ragazzi, ora concentriamoci sulle cose serie. Coco, Aku, avete visto per caso dei varani di Komodo che scappavano?»

«Varani di Komodo?» chiese l'opossum avvicinandosi al gruppo, visibilmente interessata alla loro discussione. Lo sguardo di Crunch cadde nella sua figura, sciogliendo l'abbraccio per potersi avvicinare a lei e presentarla alla famiglia, poggiandole la grande mano sulla spalla.

«Ah, sì, lei è Pasadena. Mentre stavamo cercando Crash mi ha offerto il suo aiuto per uscire da questo guaio»

In segno di preoccupazione le orecchie di Coco si abbassarono, guardando Aku con la fronte corrugata. Davvero quella ragazza voleva offrire il suo aiuto, senza conoscere la disasteosa situazione la quale erano entrati?

«Pasadena, sei sicura di volerci aiutare? In questi giorni non stiamo passando dei momenti rosa e fiori, come hai appena visto ci hanno distrutto casa e non sappiamo dove andare»

Il trambusto delle sirene dell'ambulanza e della polizia si intensificò e una serie di macchine nere si fermò di fronte al palazzo, seguite da un furgoncino bianco e uno rosso. Esse si spensero e da una delle macchine scese un basso omino verde dagli occhi rossi e una gamba metallica, vestito in divisa e con un elmetto che gli copriva il capo.

«Coraggio racazzi, perlustrate l'area e il palazzo, non pertiamo tempo, ja.»

«Ebenizer?» Gli occhi di Pasadena si illuminarono e con una corsa raggiunse la figura del cyborg che alla sua vista aveva allargato le braccia, contento di quel piacevole incontro con una sua vecchia amica.

«Pasadena, cara, come ztai? Mi rallegra non vederti caput dopo quezto casino. Che è successo?»

«Ebenizer, quanto mi sei mancato!» Gli sorrise lei, abbracciandolo  con tutta la forza che aveva, arrivando a stritolarlo come fosse un povero peluche. Per alcuni minuti un silenzio imbarazzante si era creato tra i due, entrambi intenti a scambiarsi sorrisi amichevoli, ma Pasadena fu obbligata a rompere il ghiaccio, dovendo chiedere a malincuore un aiuto all'amico:

«Odio chiederti favori, a maggior ragione ora che ci siamo incontrati dopo tanto tempo...- ella si voltò verso i bandicoot, sospirando prima che continuasse il discorso -... Ti chiedo in ginocchio di aiutarci. Di nascosto se possibile» Propose con serietà, notando lo sguardo perplesso dell'amico che aveva inclinato la testa per guardare la famigliola alle spalle di Pasadena. Ebenizer pensò ai tempi passati, quando ancora lui e la ragazza erano uniti dalla passione di corse automobilistiche, e di quanto si fossero sostenuti negli anni, uscendo fuori dalle situazioni critiche che spesso colpivano il suo ex parco Motorworld, facendolo cadere quasi nel baratro. Benché lui e l'amica avevano preso strade differenti dopo che esso aveva raggiunto la bancarotta anni fa, entrambi non avevano mai lasciato che quel legame di amicizia e rispetto reciproco sparisse e in quel preciso istante, Ebenizer Von Clutch, non riusciva, non poteva tirarsi indietro di fronte a quella richiesta di cortesia: era a capo di una squadra di polizia, un uomo di tutto rispetto che aiutava i bisognosi, e Pasadena era la sua migliore amica che gli aveva sempre offerto supporto morale; doveva dare una mano a lei e ai suoi amici. Egli le prese le mani e la guardò negli occhi, pronto ad offrirle l'appoggio da lei richiesto, e quest'ultima gli sorrise, colma di felicità che a fatica riusciva a reprimere.

«Mi inventerò qualcoza per chiudere il caso, ja. Ora andate, ci penzerò io.»

E mentre Pasadena saltellava verso i nuovi amici, un medico si avvicinò al cyborg, in procinto di parlare, bloccato da un gesto della mano di quest'ultimo che osservava la ragazza contenta, desideroso di iniziare le ricerche nonostante ella non gli avesse parlato della situazione che i Bandicoot stavano passando. Il medico era rimasto perplesso, anche lui intento a fissare il gruppetto, mentre il poliziotto si stava incamminando verso la sua auto, facendo girare le chiavi nel dito e fischiettando una canzoncina che fin da piccolo aveva amato.

«Ragazzi, vediamo di non perderci in chiacchiere e apprestiamoci a partire, non vorremmo mica viaggiare nel cuore della notte, vero?» Chiese Aku Aku, fermando il continuo parlottare dei quattro giovani animali che gli avevano rivolto l'attenzione, udendo i pompieri che parlavano tra di loro mentre stavano svolgendo il loro lavoro, continuando a scendere e a salire nel palazzo.

«Prendiamo la macchina?»

«E mi par logico Crunch, sicuramente non ho la minima intenzione di usare i miei poteri per colpa della vostra poltroneria.» Lo rimproverò, udendo le  risatine di Pasadena che guardava il grosso peramelide dalle gote rossicce, preso dalla vergogna mentre si dirigeva insieme a Crash verso la macchina. Nelle labbra di Aku si accentuò un sorrisetto divertito e i suoi occhi si spostarono verso la strada quasi priva di auto. La poca circolazione di veicoli avrebbe fatto arrivare il gruppo alla meta in poco tempo, dando loro la possibilità di mettersi al lavoro e di iniziare le loro ricerche.

Coco osservava con occhi vispi la cartina geografica stropicciata che tra le mani teneva, ed essi non osavano smettere di muoversi, concentrandosi sul territorio rurale la quale lei e i suoi compagni di viaggio si trovavano, studiandolo nel dettaglio. Le colline erano ricoperte da grandi distese di fiori colorati e gli alberi sparsi non lasciavano che quel pacifico posticino rimanesse vuoto, proiettando la loro ombra per formare una piccola area che proteggeva dai raggi solari. A riempire quel grande tappeto dalla bassa erbetta era una piccola e carina casetta campagnola dai toni caldi, recintata e con accanto una capanna che ospitava qualche bovino, un container colmo d'acqua e un' altra casupola la quale uscivano pigolii e chioccii del pollame. Il profumo della paglia aveva raggiunto le narici dei visitatori e un piccolo cagnolino dal candido pelo li osservava da dietro la finestra della casa, impaziente di andare lncontro a loro per giocare.

«Non pensavo si fosse dato alla vita campagnola, scommetto che starà passando una vita tranquilla» Parlò la maschera mentre svolazzava verso il portoncino, seguito dai quattro animali antropomorfi che continuavano ad ammirare il posticino. Tutto era ben diverso dalla città: gli alberi erano di un bel verde acceso, così come il soffice prato, e l'aria era pulita e fresca. Un vero benessere per chi voleva passare la propria vita in pace. Pasadena bussò alla porta e il cagnolino che dentro la casa si trovava iniziò ad abbaiare, correndo in tondo ed  esaltato dall'arrivo di nuova gente, ma il chiasso che faceva fu interrotto dalle urla di un uomo che provenivano dal piano superiore dell'abitazione.

«Dudù, santo Dio, datti una calmata o ti lancio una provetta in tes-» La parola dell'uomo fu interrotta non appena i suoi occhi si focalizzarono sulle figure dei cinque ospiti che lo aspettavano dietro la porta. Egli scese di corsa le scale, aprendola, e i suoi occhi si spalancarono per quella sorpresa che non si sarebbe mai aspettato.

«Ciao Brio, è un piacere incontrarti dopo tanto tempo.»

   
 
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