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Autore: Everytimeilookforu    14/05/2018    0 recensioni
Arabella Styles, 17 anni, non sopporta dover vivere nella stessa città di Luke Hemmings -alto e per certi sensi strano ragazzo- dopo il suo trasferimento. La sua migliore amica Jo ed il suo fidanzato Calum proveranno in tutti i modi a farle risultare Luke quantomeno simpatico. Ma Arabella, testarda e riservata, cercherà di allontanarlo in tutti i modi dalla sua vita, non volendolo intromettere in certe questioni personali. L'arrivo di Collin, dal fascino misterioso, scombussolerà sicuramente la situazione tra i due, facendo affezionare Arabella platonicamente. Cosa succederà?
QUASTA STORIA È PRESENTE SUL MIO PROFILO WATTPAD, con lo stesso nome. (@everytimeilookforu)
Genere: Drammatico, Satirico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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14 Gennaio 2016.

 

Non so esattamente come si cominci a scrivere un diario, ne ho intenzione di averne uno, sarò onesta. Ho solo bisogno di sfogarmi con qualcuno a cui possa confidare tutto. 

Alla mia età suppongo che fare determinate cose sia normale, giusto? Perché allora tutto sembra così perennemente sbagliato ai miei occhi? Cioè, mi spiego meglio, faccio cose normali, ma se lo sono perché appena una settimana dopo quella stessa cosa mi sembra così fuori dal comune?

Forse dovrei solo far convergere la mia normalità alla normalità di tutte le altre persone? Sembrerò pazza, ma credo di avere qualche problema a distinguere cos'è normale da anormale. E forse è proprio colpa mia, forse sono cresciuta facendo cose sbagliate da sempre. Forse per una quindicenne fare determinate cose non era così giusto, ma ora che ne ho diciassette perché quella stessa cosa mi sembra ancora così sbagliata? Credo di voler cambiare, ma cambiare è una cosa giusta o sbagliata? Perché insomma, il cambiamento può essere visto in due maniere totalmente opposte tra loro. Cambiando potrebbe andare ancora peggio, ma anche meglio, ma allo stesso tempo peggio. 

Forse dovrei cambiare per gli altri, il mio carattere saccente ed introverso non va giù mai a nessuno, motivo per cui riesco a portar avanti come unica relazione affettiva quella con la mia migliore amica, Josie; ai miei occhi lei appare così perfetta. È il mio opposto: così solare, simpatica e bella. Sempre piena di amici. Ma alla fin fine a lei vado bene, non avrei motivo di cambiare per lei, potrei addirittura non piacerle più dopo. Ma allora perché il cambiamento è così importante per tutti? Ora che ci penso non ci trovo nulla di buono.

Josie mi dice sempre che trovarmi un fidanzato mi farebbe addolcire, ma io lo reputo così stupido. Fidanzarsi? Che idiozia. Io non voglio dipendere da nessuno nè tantomeno appartenere a qualcuno, non voglio limiti alla mia vita ed odio, e sottolineo odio, quelle smancerie rivoltanti che a volte noto nelle relazioni di quegl'idioti che frequentano il mio stesso liceo. A me piace il sesso, lo dico apertamente, non sono come quelle ragazzine che si nascondono dietro una maschera da santarellina pudica; se trovo un ragazzo carino che ci prova con me perché non dovrei farci sesso se è ciò che entrambi cerchiamo? Insomma, magari domani muore e potrei sentirmi anche in colpa. 

Sono solo realista. Non cerco niente di speciale da nessuno, non voglio delusioni, mi piace essere spensierata nel limite che mi concedono i problemi che già ho. 

Mi piacerebbe essere ciò che sono nei miei pensieri, ma purtroppo, non lo sono. Ma io-

 

«Arabella» riecheggia la voce di mia madre nella mia stanza, facendomi voltare immediatamente nella sua direzione. Chiudo repentinamente il quaderno, ponendo al suo interno la penna che stavo usando, monto su un sorriso sforzato, guardando mia madre avvicinarsi alla mia scrivania. 

 

«Cosa stai facendo?» chiede, sospetta.

 

«Oh, uhm...» di certo non posso dirle "oh, niente, parlavo di quanto mi piacesse fare sesso con sconosciuti e trattar male persone senza alcun motivo" «sto scrivendo... una storia su di una bambina che vive in campagna e che ha per amici, mh, due galli bianchi» spiego, insicura delle mie stesse parole, facendo sembrare quest'ultima informazione più come una domanda. Potevo fare decisamente di meglio. Roteo un po' gli occhi, cercando di non guardarla, ma inevitabilmente punto il mio sguardo nel suo confuso e faccio un altro sorriso storto e colpevole, mi sento come una bambina che ha appena fatto qualcosa che non doveva fare che cerca di nascondere il misfatto, «è per la scuola», puntualizzo poi. 

 

«Eviterò di farti domande per non farti inventare ulteriori bugie, comunque,-sospira- Josie ti sta aspettando giù»

 

Appena lo dice schizzo giù dalla sedia, infilo le mie scarpe e prendo una felpa, scendendo di corsa le scale. 

 

«Jo!» grido, andandole incontro, lei mi sorride prima di far scontrare le nostre mani due volte, darci un pugno ed una spallata. Questo è il nostro saluto, privo di ogni forma di femminilità, come noi. 

 

Usciamo da casa mia, imboccando una stradina che porta al centro di Canberra, non prima di aver cominciato uno dei nostri soliti discorsi privi di ogni morale ed intelligenza di ogni forma. 

 

«Domani c'è una festa a Bowral e Calum ci sara, quindi dobbiamo andarci.»

 

Oh, no. 

 

Calum. Calum Hood, il suo fidanzato di Sydney. Si conoscono ormai da anni e solo quest'anno hanno capito di non poter essere "semplici amici", che stronzate. Calum è uno dei figlio di un collega di lavoro del padre di Josie e si incontrarono proprio a Sydney durante un viaggio di lavoro di quest'ultimo dove aveva deciso di portare con se tutta la famiglia. Da quando si frequentano conosco vita, morte e miracoli di questo Calum ed in realtà non capisco neanche perché stiano insieme, insomma, lei è molto più bella, teoricamente lei è molto in tutto più di lui. 

 

«Jo, hai la minima idea di dove sia Bowral? È a quasi due ora da qui! Come dovremmo arrivarci?» le faccio notare, alzando leggermente la voce e agitando le mani come in preda a degli spasmi epilettici. Non mi reputo una persona molto agile.

 

«Sì! E tu hai una patente, ricordi? Ti prego, dobbiamo andarci!» piagnucola.

 

«Sì, ho una patente ed anche una famiglia che a mala pena mi fa andare a scuola da sola, ti ricordo» puntualizzo, insomma, sono cose che dovrebbe sapere meglio di me ormai. 

 

«Menti, sei brava a farlo» mi invoglia ancora Jo. Forse non ci siamo capite. Non è elogiandomi che mi convincerà, pft... so di essere bravissima a mentire.

 

«Josie, mia madre sembra uscita da CSI Miami, le mancano solo degli orribili occhiali da sole e strane inquadrature, non mi crederebbe neanche se usassi la scusa più realistica che conosca» 

 

«Dille che dormi da me, semplice ed efficace. Arabella, tesoro, le vie semplici sono sempre le migliori» 

 

Dopo trenta secondi annuisco, sbuffando, io non voglio andarci davvero.

 

——

 

Aggiornamento del giorno 15 Gennaio, 23:35: sì, continuo decisamente a non voler essere a questa festa. 

 

In un certo senso speravo che mia madre non mi desse il permesso di "restare a dormire a casa della mia amica Josie" anche perché ho preso la sua macchina. 

 

Per carità, a parte musica di merda, puzza di sudore, ragazzi in calore ed io che fungo da palo umano, nessuno sta meglio di me

 

La mia quarta birra sta decisamente andando a sottolineare questo gradevole stato d'animo in cui mi trovo. 

 

Accartoccio tra le mani il bicchiere ormai vuoto di birra, lanciandolo alle mie spalle, alzando leggermente le spalle. 

 

È ora che l'uccellino Arabella apra le ali e si allontani dal suo nido, per svolazzare su qualche bel ragazzo. Ed esempio, prima ne ho visto uno davvero carino con una bandana bianca tra i capelli e delle spalle davvero sexy, magari lo cerco e... chissà.

 

Questo posto è decisamente enorme e ciò mi ricorda che è tempo di andare a fumare. Questo pensiero mi fa capire che sì, sono vicina all'essere brilla.  Prendo un'altro bicchiere di birra in cerca del bagno. Sento la mia testa più leggera ed un ghigno si dipinge sul mio volto, era da un po' che non percepivo questa sensazione. 

 

Quando finalmente trovo il bagno ci entro, senza pensarci due volte. Un ragazzo piegato sulla tazza del cesso attira la mia attenzione e prima che io possa uscire -tornando a far finta di niente- questo si accascia sulla parete perpendicolare a quella del wc, puntando i suoi occhi vitrei nei miei. Pulisce la sua bocca con una manica della sua camicia ed io non posso che guardarlo leggermente schifata. Spero di non essere anch'io così quando sono ubriaca. 

 

«Uhm... stai bene?» domando, esitando leggermente. Non m'interessa davvero, però mi sta guardando e ciò mi da fastidio. 

 

«Tu... sei... un vaso di fiori» biascica singhiozzando leggermente, alza un sopracciglio e socchiude gli occhi, come accecato da una forte luce. 

 

Ridacchio e chiudo la porta alla mie spalle, andandomici a sedere vicino. È decisamente carino: biondo, occhi azzurri e labbra assolutamente invitanti, nonostante sia seduto sembra molto alto e di corporatura asciutta, le sue spalle così larghe mi piacciono decisamente tanto. 

 

Lo bacerei se non avesse appena vomitato.

 

 «Lo prenderò come un complimento» porto il bicchiere di plastica alle mie labbra ed il tipo alla sola vista dell'oggetto sembra aver un altro conato di vomito. 

 

«Ma quanto hai bevuto?» domando, crucciando le sopracciglia; per essere in questo stato vuol dire che si è dato da fare un bel po'. 

 

Lui alza un dito cominciando ad agitarlo nel nulla, puntandomelo contro. 

 

«Tu... sei...-» ripete di nuovo come una cantilena, ma lo blocco. 

 

«Arabella» termino la sua frase. 

 

«Io Luk...e» singhiozza un'altra volta, guardandomi di sottecchi«Aa... ra... be...» scandisce lentamente, guardandomi con un ghigno che definirei tutto tranne che seducente. 

 

«Sì, Arabella, ma va detto in tre secondi, altrimenti non risulto essere la stessa persona.» lo prendo in giro, sorridendogli divertita.

 

«Arabel- Oddio, MA QUELLO È UN MICROFONO!» urla quasi sconvolto questo Luke, cominciando ad agitarsi, fino a quando non afferra lo scopettino del cesso dal suo contenitore e lo avvicina alla bocca. Ah. 

«Figo, c'è un microfono nel bagno di questa fottutissima casa»

 

23:50: voglio decisamente essere cremata e buttata in mare alla mia morte, grazie a tutti. 

 

«Arabella, io sono un cantante!» esulta elettrizzato, iniziando a fare strani gargarismi. 

 

«Oh mio Dio, amo i cantanti, Luke fammi sentire qualcosa» è così appagante sfotterlo.

 

Unica gioia della serata uguale a: sconosciuto in stato confusionale che mi dedica una canzone di Bon Iver alternando strani sussurrii ad urla e falsetti vergognosi.  

 

Credo di star capendo perché la mia vita faccia così schifo. 

 

Quando finisce d'evocare il diavolo spalanca le braccia, abbassando il capo come per ringraziare il pubblico in visibilio nella sua testa ed io per poco non vomito perché la mia guancia proprio in questo momento è i contatti con uno schifosissimo spazzolone da cessi. 

 

Ma cos'ho fatto di male nella mia vita precedente?

 

   
 
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