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Autore: yoshy81    15/05/2018    0 recensioni
La vecchiarda mi aveva avvertito, col suo ghigno strano e irridente, che avrei potuto combattere con tutta la forza che sarei stato in grado di trovare, ma che alla fine in un modo o nell’altro sarei giunto al cospetto della terra antica, in cui avrei trovato il mio destino ad attendermi. Come falena attratta dalla fiamma.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano la testa l’un l’altro
La testa piena di paglia. Ahimé!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell’erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina […]
 
Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto […]
 
E’ proprio così
Nell’altro regno della morte
Svegliandoci soli
Nell’ora in cui tremiamo
Di tenerezza
Le labbra che vorrebbero baciare
Innalzano preghiere a quella pietra infranta.
     
                                                               T.S. Eliot
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[…]
 
 
Non ricordo da quanto vago per questa immensa foresta. Il tempo è passato con inesorabile incedere al punto che non ricordo più da dove vengo e dove sto andando. L’unica cosa certa è che, oramai da quelli che sembrano anni, non mi imbatto più in luoghi abitati dagli uomini. Le città, in cui per placare la paura, a centinaia morivano urlanti tra le fiamme, lasciarono presto spazio ai villaggi, i villaggi ai piccoli paesini e i paesini agli sparuti accampamenti di boscaioli ai margini del mondo civilizzato. Quello che riuscivo a sentire dei discorsi sussurrati dagli avventori stretti intorno a qualche fuoco, da cui mi tenevo a debita distanza per non rivelare, con il mio odore, la mia natura diversa e maledetta, aveva a che fare con i segni rivelatori della fine dei tempi e con le strane notizie che sempre più di sovente giungevano dai remoti confini del mondo, da luoghi bizzarri, solitari e maledetti.
Oramai nemmeno quella flebile, ma pur sempre consolante vicinanza a coloro che erano stati i membri della mia razza mi è concessa: sono solo.
In realtà questo non è proprio esatto, ci sono volte, nel cuore della notte, in cui mi sveglio di soprassalto,  fissando il buio che circonda il mio piccolo fuoco e mi par di scorgere qualche strano movimento proprio dove termina la luce ed iniziano le insondabili tenebre notturne di questa landa dimenticata.
Ciò che mi segue, non mi pare farlo con intento minaccioso, ma piuttosto animato da una strana curiosità, cosa che mi spaventa forse anche di più.
La vecchiarda mi aveva avvertito, col suo ghigno strano e irridente, che avrei potuto combattere con tutta la forza che sarei stato in grado di trovare, ma che alla fine in un modo o nell’altro sarei giunto al cospetto della terra antica, in cui avrei trovato il mio destino ad attendermi. Come falena attratta dalla fiamma.
Quella terra corrotta che prima o dopo sarebbe venuta a tormentare i miei sogni. Ed io l’ho vista. Abbandonata e decadente, guglie sbrecciate a centinaia, volte come dita scheletriche ad artigliare un cielo rosso come il sangue, percorso da creature da incubo urlanti, oscene. Al di sotto di quella cacofonia allucinata riesco, ogni volta, ad avvertire un rumore più basso, rombante ed intermittente, come il pulsare incessante di un cuore nero e morto che ogni volta riesce con terrore a ricacciarmi nel mondo della veglia, alla mia solitudine, alla mia paura, ai dolori del mio corpo in disfacimento.
Non ricordo nemmeno il mio nome, chi ero, cosa facevo, chi amavo e chi mi amava. Mi sembra di ricordare che all’inizio presi a contare per cercare di non dimenticare chi fossi, per cercare di non perdermi. Tutto inutile. Persi per primi i ricordi della mia vita più recenti, poi anche quelli più lontani mi abbandonarono come la pelle di un serpente che, divenuta oramai troppo stretta, si secca e si lacera cadendo in pezzi. Ora mi trovo qui, senza passato,  senza futuro, incatenato ad un eterno presente composto di dolore, solitudine, paura. Soltanto un passo dopo l’altro, questo mi rimane, sotto il sole, sotto la pioggia, sotto la neve e il vento, solo un passo dopo l’altro verso una fine che nemmeno riesco a comprendere del tutto.
L’unica cosa che ricordo del mio passato sono le parole dettemi dalla vecchia strega in quell’antro buio. Parole che, come se possedessero una volontà propria, tormentano la mia mente in una litania continua e ossessionante, che a volte sembra voglia di proposito condurmi alla follia. Non ricordo cosa mi successe, ma la cosa  in cui mi sono ridotto non è nuova e non è risultato di sortilegi, stregonerie o negromanzia.
Già in passato, un passato paurosamente antico, il mondo fu percorso da creature come me. Un tempo in cui il mondo era sull’orlo dell’abisso e le colpe degli antichi dei flagellavano gli uomini, il cui torto era solo quello di essere depositari di un dono che a loro era stato negato. Questi dei, nella loro meschina avidità e nella loro, in qualche misura umana, paura della dissoluzione, decisero di prendersi questo dono con la forza, strappandolo prepotentemente a chi apparteneva di diritto, non dopo aver però infettato la terra con i loro patetici tentativi di conservare il potere. Generarono i demoni, oscene distorsioni dell’uomo e la magia, ottenuta calpestando la sacralità della luce e della vita. Tutto questo pare sia riportato in antichi tomi conservati sotto chiave in una certa cittadella di cui non ricordo il nome. Eredità mostruosa di un passato troppo sconvolgente, ma anche sconveniente, per chi li tiene custoditi, da divulgare a tutti.
Oramai sento vicina la resa, smetterò di lottare e in un modo o nell’altro, come la vecchia mi disse, mi ritroverò al cospetto dei cancelli decrepiti di quel regno morto, condotto come agnello sacrificale alla pira, condannato a scontare colpe di altri, ricevendo in premio l’oblio mentale che tanto mi solleverebbe dal fardello che sono stato costretto a portare finora sulle spalle. La vecchiarda mi aveva avvertito, col suo ghigno strano e irridente, che avrei potuto combattere con tutta la forza che sarei stato in grado di trovare, ma che alla fine in un modo o nell’altro sarei giunto al cospetto della terra antica, in cui avrei trovato il mio destino ad attendermi. Come falena attratta dalla fiamma.
Devo solo fare un passo, un altro ancora e un altro, un altro, un altro, altro, altro…     
 
 
   
 
 
   
 
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