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Autore: WritingHobby    15/05/2018    1 recensioni
«Il caos è un mostro divoratore ed un giorno non lontano divorerà il mondo.»
Universi paralleli? Dimensioni incongruenti? L'oscurità non fa distinzioni tra chi divorare e chi meno, ma i discendenti dei Demoni Superiori combatteranno questo crudele Fato.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Il caos è un mostro divoratore ed un giorno non lontano divorerà il mondo.»

L’oscurità si espandeva ad una velocità assurda ed il pianeta appassiva all’incontro con essa.

La frase pareva essere stata pronunciata dal buio stesso e continuava a rimbombare nell’atmosfera.

 

 

Il rumore assordante dell’ostinata sveglia sembrava di voler trapanare le orecchie della ragazza raggomitolata sotto le morbide e calde coperte.

Mugolò qualcosa di incomprensibile ed alzò un braccio per spegnere il fastidioso oggetto.

Dopo una manciata di secondi strisciò fuori dal letto, il quale era troppo comodo da essere abbandonato, camminò con l’andatura di un cadavere fino al bagno e si guardò allo specchio.

Sbadigliò alla vista di sé stessa e maledisse mentalmente i suoi capelli castani spettanti all’aria.

Agguantò con una mano il suo spazzolino color verde primavera e con l’altra il dentifricio, appoggiando quest’ultimo tra le setole e facendo una leggera pressione sul tubetto.

Lasciò andare il contenitore del dentifricio e mosse la mano con lo spazzolino in modo più che svogliato, facendo scivolare il gusto di menta a destra e sinistra, sotto e sopra tra i suoi bianchi denti.

Successivamente si sciacquò la bocca e si pulì il viso con dell’acqua, riuscendo per qualche secondo ad uscire dal sonno che le stava addosso, come il cielo sopra le spalle di Atlante.

Rialzò lo sguardo al proprio riflesso, realizzando di essere più in disordine di quanto pensasse. Così allungò la mano alla spazzola e la fece passare tra i capelli, cercando di slegare i nodi che le arrecavano dolore.

Poi lasciò la stanza per dirigersi nuovamente alla sua camera da letto, si piegò per cercare il telefono buttato da qualche parte sulle coperte e quando riuscì a trovarlo e sbuffò rumorosamente nel momento in cui lo accese e lesse 7:45 sullo schermo.

Si fiondò, se così si può dire vista la sia lentezza a causa del sonno, al suo armadio e prese i primi capi che adocchiò, ovvero dei jeans neri con strappi simmetrici sulle ginocchia ed una felpa larghissima dello stesso colore.

Passò al cassetto sulla destra e cercò un paio di calzini bianchi uguali, poi, dopo averseli messi, camminò fino al soggiorno, dove aveva lasciato le sue scarpe preferite il giorno precedente.

Vide le sue Vans completamente nere e se le infilò ai piedi, l’unico rumore nell’intera casa erano i suoi lenti passi diretti alla cucina.

Il bicchiere di vetro tintinnò contro la bocca della bottiglia d’acqua e la ragazza portò le labbra al liquido, facendolo scivolare giù per la gola.

Diede un’occhiata all’orario e fece uno scatto verso camera sua per infilarsi la giacca in pelle, rigorosamente nera, e prendere lo zaino turchese, reggendolo con la spalla destra.

Si mise gli auricolari collegati al cellulare e chiuse a chiave il portone ed il cancello.

Lasciò la casa camminando sulle note di “Time Is Running Out” ed arrivando davanti all’edificio scolastico preceduto da un viale costeggiato da alberi di pesche in fiore, colorando l’ambiente di un dolce rosa.

Il venticello muoveva i suoi capelli bruni, facendoli continuamente cadere davanti al viso della ragazza, la quale doveva spostarsi ogni volta la ciocca dietro all’orecchio.

«Buongiorno Laurel.» Una voce acuta strillò il nome della povera ragazza assonnata, la quale per sfortuna stava scegliendo la canzone successiva.

Alzò gli occhi e sollevò il braccio per togliersi le cuffiette, mentre la voce della ragazza si avvicinava pericolosamente.

In quella breve manciata di second non poté far altro che fissare i capelli mossi e chiari della ragazza ed invidiarli dopo averli confrontati con i propri.

«A te Lily.» Rispose Laurel abbozzando un sorriso che sembrava triste in confronto all’espressione allegra sul viso dai lineamenti perfetti e due cristalli color ghiaccio incastonati nella cavità oculare dell’altra.

«Strano non vederti entrare un’ora dopo il venerdì.» Commentò la ragazza dai capelli chiari accennando una risata e volgendo i piedi verso verso l’entrata dell’istituto.

«Ah, è venerdì oggi?» Sbuffò rumorosamente, iniziando ad imprecare in tutte le lingue che conosceva a bassa voce. Era la morte per lei la prima ora del venerdì, non riusciva a reggere la professoressa di fisica alle otto di mattina, le faceva saltare in aria il cervello e non poteva permetterselo per sopravvivere all’intera giornata.

«Ho sentito che c’è una nuova nella nostra classe.» Disse Lily con una leggera emozione che traspariva dalla sua voce, metre le sue gambe salivano le scale per l’ingresso ed il suo sguardo si spostò sull’enorme orologio nell’atrio. «È tardi, sbrigati!» Aggiunse prima che Laurel potesse dire qualsiasi cosa, questa venne trascinata per un braccio al piano superiore e successivamente al corridoio a sinistra, dove era eretta la porta della loro classe.

La campanella posta esattamente dietro di loro suonò con tutta la potenza e le due si coprirono le orecchie addolorate dall’acuto suono.

Oltrepassarono l’uscio e videro i loro compagni di classe senti in cerchio sui banchi, erano particolarmente uniti nonostante le varie differenze tra di loro, e le die ragazze di aggregarono ad esso.

«Speriamo non sia una cessa.» Commentò con la sua voce rude Michael, il più robusto della classe. Sembrava, a prima vista, uno dei ragazzi “tutto muscoli e niente cervello”, ma era il più bravo in matematica. Tuttavia era un ragazzo pieno di pregiudizi, in particolare sull’aspetto fisico delle donne.

«Sempre un piacere assistere alla tua finezza.» Ridacchiò il ragazzo accanto a lui com un tono sarcastico. Scosse la testa per togliersi i capelli biondi dal viso, mentre il resto della classe rideva per la conversazione.

«Buongiorno.» Irruppe con voce potente una donna che nessuno aveva mai visto.

Mormorii sulla presenza della persona al posto dell’odiosa professoressa di fisica tempestavano l’atmosfera dell’aula.

«La professoressa Robinson è malata, io sono un’insegnante di filosofia e devo anche presentarvi una nuova studentessa della scuola.» Annunciò mentre si dirigeva alla cattedra per appoggiare la borsa sulla sedia e cercare un pennarello nero per la lavagna del colore opposto.

«Ah, si. Anche io sono nuova qui, mi presento: Leila Fairwick.» Arcuò le labbra in u sorriso enigmatico mentre scriveva il proprio nome sulla lavagna bianca.

«E invece lei è» Esordì muovendo velocemente le gambe alla porta, aprendola e facendo cenno ad una sconosciuta di entrare.

La ragazza superò il varco sotto gli schizzinosi occhi di tutti gli adolescenti che la scrutavano dalla testa ai piedi, pure l’assonnata Laurel era una di loro, anzi, il suo sguardo correva in un’osservazione mostruosa.

Si soffermò sui suoi capelli corvini che le cavano sulle spalle leggermente più larghe del suo busto e si bloccò per un momento che le parve infinito ai suoi occhi di un grigio che tendeva all’azzurrino.

La leggera camicia in flanella rossa era sbottonata e copriva le sue braccia lasciate scoperte dalla maglietta a mezze maniche completamente nera.

Le gambe erano avvolte da jeans neri stretti e strappati, dopo qualche attimo Laurel pensò fossero uguali ai suoi, ma tornò subito a fissare i suoi occhi dalle iridi affascinanti.

«Alexandra Ritter, ma preferisco essere chiamata Lexa.»

 

   
 
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