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Autore: Guis_95    16/05/2018    0 recensioni
Selene è una ragazza come tante altre, frequenta l'ultimo anno di liceo, ha una famiglia normalissima e due amici a cui vuole molto bene, è la rappresentante del suo istituto. Trascorre le sue giornate tra scuola, compiti e la danza. Tutto sembra andare bene ma...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La mia vita è meravigliosa, sì meravigliosa, voglio iniziare così, perché è questo il principio della mia storia. LA MIA VITA E' MERAVIGLIOSA. Ho pochi amici, che adoro; due genitori che si amano e mi amano e tre fratelli (due sorelle e un fratello). Mio padre è un infermiere e si chiama Davide, mia madre è medico e si chiama Rachele; Annandrea è la maggiore e si è appena laureata in infermieristica e ha 23 anni, Irene ne ha 15 e frequenta il mio stesso liceo, il piccolo di casa ha 12 anni e si chiama Samuele, canta e suona il pianoforte divinamente. Io invece sono Selene, ho 18 anni e frequento l'ultimo anno di liceo, del quale sono anche rappresentante di istituto; sogno di fare il medico come mia madre, studio danza da anni e quello di luglio sarà quasi sicuramente il mio ultimo saggio. E niente, adoro la mia vita, l'ho già detto? Forse lo continuo a dire perché sono un po' brilla dopo la serata in discoteca appena trascorsa e sono in macchina con la ''bella vita'' di dj Antoine messa a tutto volume. Il viaggio per arrivare a casa mi sembra interminabile e spero che una volta arrivata io non faccia troppo rumore da svegliare qualcuno. In tutto questo ho dimenticato di presentare i miei amici, i miei compagni di vita: Federico che vorrebbe fare l'attore e Diana, che ancora non ha le idee chiare. Sono riuscita a coricarmi senza svegliare nessuno, insomma, dove è il mio premio? L'indomani mattina mi sveglia mia mamma che, come ogni madre che si rispetti, inizia a parlare e a farmi mille domande, ma l'unica cosa che riesco a dirle è ''un quattrosbagliato e un negronibianchi,grazie'' e mentre cerco di alzarmi dal letto cado a terra. -"signorina ti ricordo che quest'anno hai gli esami di Stato, non puoi continuare a far baldoria ogni sabato'' mi dice a mo' di rimprovero. -''ma dai - rispondo- siamo a novembre e poi lo sai che i miei voti sono sempre ottimi'' -'' questo lo so, ma ti devi impegnare, lo dico per te, perché so che ti aspetti il massimo e se non ci riuscissi per te sarebbe un brutto colpo, sai inoltre che a me del voto interessa ben poco, perché per me resti comunque la migliore''. Ora mi chiedo, come si fa a non adorare una donna così? mentre parliamo andiamo in cucina ed ecco che arrivano puntuali come un orologio svizzero le mie sorelle e mio fratello che dicono in coro ''grazie mamma'' con tono polemico. Ma lei si difende in modo eccezionale dicendo -'' questo discorso vale anche per voi, lo sapete benissimo'' ''forza Nano'' dico rivolgendomi a mio fratello ''suonami qualcosa'' ''disse la Polifema della famiglia alta un metro e cinquanta'' ribatte lui, ma non ha il tempo neanche di finire la frase, perché mia mamma lo rimprovera, infondo non è colpa mia se sono così. Andiamo in salone, si avvicina al pianoforte e inizia a suonare, nel frattempo è arrivata anche la nonna. Forse è arrivato il momento di raccontare una delle note dolenti della mia vita. Ecco, ho già i crampi allo stomaco. Torniamo indietro di cinque anni; un bel giorno, dopo essere tornata da scuola i miei genitori mi dissero che avrei dovuto fare dei controlli. Dopo aver perso una mattinata di scuola avevo anche dimenticato la faccenda, senza neanche pormi e porre loro troppe domande, pensai che fosse una prassi per i ragazzi della mia età: perdere un giorno di scuola per fare delle analisi, infondo capitava che qualche mio compagno un giorno non venisse a scuola per fare delle analisi, quindi per me era tutto nella norma. Ma circa un mese dopo, o due, non ricordo benissimo, perdonatemi, ma è successo tempo fa, mia mamma mi disse che avrei dovuto fare un'iniezione al giorno con una siringa, chiamata "penna" (simpatico come nome, vero? Forse qualcuno riderà, ma io facevo tutto tranne che ridere con quell'affare, ve l'assicuro; non ridereste neanche voi, lo so), disse inoltre che questa cura mi avrebbe fatto crescere un po'. Io mi sentivo un po' diversa dai miei compagni per la mia bassa statura e questo fatto accentuava la situazione, ma comunque non ero obbligata a dirlo a nessuno e poi crescendo un po', forse, avrebbero smesso di prendermi in giro, non mi avrebbero più appellata con nomi molto simpatici (simpatici quanto un'interrogazione di matematica di lunedì a prima ora, quando non sai nemmeno come ti chiami) cioè 'nana' oppure 'otto' (che sta per ottavo nano, l'avevo detto che erano simpatici, no?) per non parlare di alcune arpie della mia classe che, quando qualche ragazzetto che interessava a loro mi salutava e non salutava loro, non perdevano tempo a umiliarmi dicendomi allora ecco che una cosa positiva come un amico o un semplice ragazzo che mi salutava diventava per me motivo di disagio, di sofferenza, e mi chiedevo e chiedevo a Dio ''ma che ho fatto di male? ma perché proprio io?'', però io cercavo di essere forte, asciugavo le lacrime e tornavo in classe sorridente, sono sempre stata brava in questo. Quindi ero dispiaciuta perché ogni sera dovevo fare una puntura (dovevo farmela da sola, ma non ricordo la motivazione), però felice poiché sarei diventata come tutti. Ho sempre fatto credere agli altri di non offendermi quando mi prendevano in giro e ridevo anche io delle loro battute ma in realtà soffrivo molto, come ho già detto mi chiedevo il perché fosse toccata a me quella sorte ma adesso non importava più, io avevo la soluzione, io avevo la cura, che ho dimenticato di dirvi come si chiama, si chiama GH ed è l'ormone della crescita GH sta per 'growth hormone', sì esatto, è quello usato anche da Messi, il noto calciatore, e già ho qualcosa in comune con un calciatore, comunque dopo quattro anni e mezzo ho terminato la cura che mi ha fatto raggiungere l'auspicabilissima altezza di 152 centimetri. Dopo aver fatto l'ultima radiografia al polso ho potuto buttare quella odiata penna, senza la quale però non avrei potuto risolvere il problema, quindi, le devo molto. Certo, il cammino per l'auto-accettazione è stato lungo e difficile, e ancora non è terminato, giorno dopo giorno cerco di volermi sempre più bene, e forse ci sto riuscendo, non mancano i momenti di sconforto, ma quelli li abbiamo tutti e forse adesso posso definirmi quasi felice; si lo so che all'inizio di questa storia ho detto che ho ‘’una vita meravigliosa’’, e ce l'ho, ma ammettiamolo, chi è perennemente felice e soddisfatto della sua vita? Credo, e non ne ho certezza, solo gli stupidi. E poi quando l'ho detto ero un po' brilla ricordate? PS: giuro che non sono bipolare, ho detto che ho una vita meravigliosa perché sono una persona abbastanza positiva che cerca sempre l'aspetto migliore delle cose, anche quando magari c'è qualcosa di negativo, la vita di tutte le persone della terra è composta da mille sfumature, fanno parte dell'esistenza, non si potrebbe chiamare 'vita' se non fosse così, poi ovviamente c'è chi deve affrontare e superare più ostacoli e chi meno, e beh questa è la fortuna. Ah, quasi dimenticavo, sono anche celiaca, a questo punto mi sembra giusto esporre fin dall'inizio tutti i problemi che fanno parte della mia vita, così, via il dente via il dolore, ora lascio spazio alle cose positive e spero di viverne il più possibile. Dopo questa digressione possiamo tornare al presente. Adesso accanto a me ho mia nonna, vive con noi, è un punto cardine della mia vita, non so come farei senza di lei, con un sorriso illumina le giornate di tutti noi, credo che questo sia uno strano potere che hanno le nonne, cioè quello di illuminare la vita della famiglia. -''allora, super nonna, che cucini di buono per questa domenica di novembre?'' le chiedo io ''e soprattutto, che dolce? Perché... ovviamente ci sarà un dolce, no?'' Così inizia con l'elenco, pasta al forno, cotolette, insalata per contorno e bianco e nero. -''oh nonna, tu mi leggi nella mente, come sempre'' e l'abbraccio più forte che posso. -''no mia cara, ringraziando Dio ci sento ancora, dato che sei stata tu a pregarmi tutto il giorno ieri affinché io ti facessi queste cose oggi'' ok lo ammetto, è vero. Pranziamo tranquillamente e vado in camera mia a finire i compiti di inglese per lunedì, così ho mezzo pomeriggio libero; quando finisco passo davanti alla stanza di mia sorella Irene, ha la disperazione dipinta in volto ed è sul punto di avere una crisi di nervi e di pianto, le chiedo se ha problemi con i compiti, mi risponde di sì e inizia a piangere ''io non sono portata per lo studio come te, Annandrea, mamma o papà, io sono stupida'' perfetto, direi proprio che siamo in . - ''non sei affatto stupida'' la consolo, ''basta entrare nel meccanismo e non avrai problemi, che materia stai facendo?'' mi dice che sta facendo latino ed è arrivata alla perifrastica passiva; gliela spiego, l'aiuto a fare le frasi che aveva per casa e chiamo Diana. -'' ehi Kore che si fa?'' ok, breve pausa, io chiamo Diana così perché a volte somiglia a un tipo di statua greca, abbiamo studiato le korai in primo liceo (cioè il terzo anno del liceo classico) e da allora l'ho sempre chiamata così. -''ehi Selene, andiamo al 'Caffè Letterario'? Così ci prendiamo una cioccolata calda, lo chiamo io l'amico nostro,ok?'' Ah! La cioccolata, che si può desiderare di meglio in un freddo novembre se non una deliziosa, succulenta, calda, celeberrima cioccolata calda del Caffè Letterario? Il Caffè Letterario è un bar-pasticceria della città, dove vado sempre con i miei amici, è un posto particolare perché c'è anche una libreria, delle scrivanie dove poter studiare, per questo si chiama così, l'ho sempre considerato una 'genialata' e mi sa molto di , ma hanno dei dolci deliziosi e fanno una cioccolata eccezionale, in un sacco di gusti, fondente, al latte, nocciola, cocco, vaniglia, menta e al peperoncino, quest'ultima è la mia preferita. Dopo una mezz'oretta dalla nostra conversazione al telefono la mia Kore è arrivata a casa mia e in cinque minuti siamo al Caffè. Ovviamente Federico è in ritardo. -''Ecco che spunta l'uomo del gruppo!'' esclamo '' hai perso tempo perché dovevi sistemarti i capelli? non sapevi che mettere? aspetta, ci sono, il trucco, il trucco ti ha fatto perdere tempo'' lui mi risponde con una smorfia. Ognuno di noi prende il solito, io e Diana la cioccolata e Federico il tè. Ecco che Diana se ne esce con una frase che ci rovina la domenica, i suoi le fanno pressione su cosa dovrà fare dopo la scuola, perché a lei non piace molto studiare quindi i suoi le hanno proposto o una facoltà (ma deve mettere la testa a posto con lo studio e soprattutto fare una facoltà che le piaccia veramente) oppure lavorare nel negozio di abbigliamento dei suoi genitori, che secondo me, non è assolutamente una cattiva idea, soprattutto se si considera che non ha molta voglia di studiare. -''grazie tesoro'' le dico ''ora che hai trasmesso le tue ansie anche a me, anche la cioccolata mi sembra schifosa'' inutile dire che non è vero, ma devo farla sentire in colpa, non può mica tirar fuori gli argomenti peggiori per un diciottenne proprio davanti una cioccolata calda, ''ma non si fa, ma ti sembra il luogo, ti sembra il momento?'' continuo. Ora, mi toccherà sentire tutto il suo monologo sul fatto che noi non la possiamo capire perché abbiamo le idee chiare e io sono brava a scuola. -''si Diana lo sappiamo a memoria questo discorso, perché lo facciamo TUTTI I SANTI, STRABENEDETTI GIORNI!'' interviene Federico. -''ok ,ok basta, scusatemi, è che sono veramente stressata, mi fanno pressione i miei, e lo so che lo fanno per il mio bene, ma a volte sono veramente pesanti, e quando glielo faccio notare si dispiacciono e trascorrono tutta la giornata scusandosi con me, ma adesso godiamoci il nostro pomeriggio senza pensare al futuro, scuola, responsabilità... allo nostra!'' e alza in alto la tazza con la cioccolata, io e Fede la seguiamo, nessuno ci potrà abbattere, perché noi siamo una potenza, niente potrà succederti se accanto hai degli amici speciali con i quali affrontare questa vita, non può succederti niente, ne sono certa. Sono le sette di sera, ci salutiamo e ognuno prende la sua strada. Un vento frizzantino mi accarezza il viso e i capelli; sto bene, sono tranquilla. I miei piedi vanno in automatico, in maniera quasi meccanica, loro sanno la strada non hanno bisogno che la mia mente li guidi. Sto bene, questa passeggiata è quasi ristoratrice, ci voleva per completare in bellezza questo pomeriggio che ho appena trascorso con i miei migliori amici. Tra cinquecento metri c'è casa mia, rallento il passo, non perché io non voglia tornare a casa, anzi, ma voglio godermi proprio questa passeggiata, voglio godermi questa vita, questi anni, questi mesi, queste settimane, questi giorni, queste ore, questi minuti, questi attimi. Non sono sempre così riflessiva, ma chissà, forse è vero, che quando si è soli si diventa riflessivi. Sono di fronte la porta di casa mia, suono, apre mia sorella Irene. -''allora latinista'' dico io senza salutare nessuno ''hai tradotto bene? mia Cicerone?'' le dico ridendo -''Cicerone? e che c'entra ora Cicerone..'' risponde seriosa, mi guardo con l'altra mia sorella con uno sguardo di intesa e ridiamo, alzo le braccia in senso di resa e dico ''io ci ho perso le speranze!'' non possiamo far a meno di ridere, eccetto Irene e mio fratello, loro avevano lo sguardo perplesso. Sembra tutto perfetto, io, la mia famiglia, i sorrisi, sembra niente, ma in questi momenti mi rendo conto della mia ricchezza. Ceniamo con le portate rimaste dal pranzo, ma io mi sento ancora piena per la cioccolata, infatti non tocco quasi cibo. Poi arriva il momento di scegliere un film, ed è subito 'civil war' tra mio fratello e mia sorella, alla fine ha scelto mio padre, sette anni in Tibet, ma sul serio? A questo punto perché non Titanic, tanto a livello di pallosità siamo lì. Non aspetto neanche la fine del film e vado a coricarmi per prima, anche prima di mia nonna, ma tanto lei è più attiva di tutti noi messi insieme. Mi corico, il letto è congelato. Mi rannicchio su me stessa, porto le ginocchia all'altezza del petto, mi abbraccio, sembro quasi in posizione fetale, il letto inizia a riscaldarsi, è quasi tiepido, chiudo gli occhi, il buio, Morfeo mi accoglie tra le sue braccia, non sogno, o forse sì. Mi vedo, ma come è possibile? C'è un'altra me, aspetta, ce ne sono altre due. Mi stropiccio gli occhi, ora vedo bene, sono in una stanza piena di specchi. Non riflettono tutti la stessa immagine, o per lo meno, non riflettono tutti la stessa... me. Ognuna di loro ha un'espressione diversa: una ride, una piange, una è arrabbiata. Poi il buio pesto, non sono più nella stanza con gli specchi, è tutto nero, si sente solo un rumore, dopo un po' capisco cosa è, è il battito di un cuore, va velocissimo, improvvisamente di ferma. Apro gli occhi, ovviamente era un sogno. che significa? Adesso il cuore che va all'impazzata è il mio, mi tremano le gambe e sento un nodo alla gola, se non fosse che poi me ne vergognerei da morire andrei a dormire nel lettone con i miei genitori, in mezzo a loro, al sicuro. Quindi per tranquillizzarmi prendo il telefono, entro sui social per distrarmi, vedo l'ora: sono le quattro di notte, perfetto ho altre tre ore di sonno, chiudo gli occhi, e anche se a fatica mi addormento di nuovo. Driiiin , è la sveglia. Mi alzo e vado a fare colazione, la prima cosa che vedo è il sorriso smagliante di mia nonna. -''buongiorno cara, ti faccio il latte?''
   
 
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