Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: WritingHobby    17/05/2018    0 recensioni
«Il caos è un mostro divoratore ed un giorno non lontano divorerà il mondo.»
Universi paralleli? Dimensioni incongruenti? L'oscurità non fa distinzioni tra chi divorare e chi meno, ma i discendenti dei Demoni Superiori combatteranno questo crudele Fato.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Alexandra Ritter, ma preferisco essere chiamata Lexa.»
La sua voce richiamò l’attenzione della mora che era andata a perdersi tra i dettagli del suo corpo.

Aveva una voce abbastanza calda, era uscita rauca, forse perché era nervosa, o forse perché non aveva ancora parlato tanto fino a quel momento.

«C’è un posto vuoto laggiù.» Indicò la professoressa il banco vuoto accanto a quello di Laurel, che in quel momento maledisse la sua compagna di banco che doveva mancare proprio quel giorno e slittò poco già lontano per l’agitazione che non riusciva a bloccare in una situazione del genere.

La ragazza nuova si avvicinò, lasciando scivolare giù dalla spalla il suo zaino nero e sedendosi quindi sulla sedia, per poi volgere lo sguardo alla mora.

«Piacere, sono Lexa.» Disse con un sorriso enigmatico e porgendo una mano verso Laurel. Quest’ultima cercò di sopprimere il suo nervosismo abbozzando un sorriso e stringendole la mano.

«Mi chiamo Laurel.» Dichiarò rimanendo bloccata in quella posizione, non sapendo esattamente quando lasciar andare la stretta e quindi fissando gli occhi affascinanti e misteriosi della ragazza accanto a lei.

La professoressa prese a spiegare argomenti che la classe non aveva mai sentito ed allora le due ragazze si girarono con le gambe sotto al banco e tirarono fuori un quaderno ed una penna per prendere appunti.

In realtà la mora non sapeva cosa stesse dicendo l’adulta, infatti la sua mano si muoveva per pasticciare disegni senza un apparente senso logico sul suo amato quaderno degli “appunti”, colorato principalmente da figure fatte in matita-

Al contrario la ragazza dai capelli corvini sembrava capire alla perfezione le parole della professoressa e riscriveva le parole sulla carta.

«Ipoteticamente in un universo parallelo a questo, le vite delle persone potrebbero essere completamente diverse e magari addirittura creature mistiche potrebbero popolare le vie delle città.» La donna iniziò a disegnare delle frecce sulla lavagna, aggiungendoci diverse righe e cerchi che teoricamente dovevano rappresentare diverse dimensioni.

Laurel sentì l’interesse apparire improvvisamente nel pensare che se fosse vissuta in un altro universo, magari poteva avere delle ali o essere figlia di un demone ed una ninfa. Era una ragazza da sogni improbabili e le venne da ridere di se stessa nel momento in cui si immaginò di svolazzare in cieli tappezzati da stelle diverse da quelle che vedeva ogni notte.

«E se esistesse veramente un universo parallelo tanto sviluppato da creare portali interdimensionali, potremmo avere l’occasione di incontrare delle specie mai viste.»

Spiegò con una esagerata allegria mentre segnava un collegamento tra gli universi disegnati alla lavagna.

Ormai quella era tutt’altro che filosofia, anzi, la mora pensò che la donna stessa solo parlando di assurdità affascinanti, ma nessuno nella classe osò disturbare la strana lezione, tranne la vicina di banco dai capelli corvini:

«E cosa potrebbero fare in questo universo? Se la loro dimensione è tanto sviluppata, che motivo avrebbero di venire qua? Pura curiosità e spirito d’avventura?»

Laurel la guardò parlare con uno sguardo che le sembrava già divertito che incuriosito, soffermandosi a capire il perché di quella domanda, poiché prendeva in considerazione il fatto che esistesse davvero una dimensione parallela, la quale era addirittura più sviluppata di quella in cui vivevano, il che era più che impossibile secondo la mora.

«Bella domanda Ritter, tu non vorresti, ipoteticamente, visitare un universo parallelo e vedere le diversità in un mondo relativamente simile al tuo?»

La professoressa rispose immediatamente, come se avesse capito al volo la domanda della ragazza prima che finisse di pronunciare le ultime parole e che avesse già preparato la risposta perfetta.

La compagna di banco annuì alle parole con un sorriso indecifrabile sulle labbra e continuò con la mano destra a scrivere parole sul suo quaderno.

Laurel alzò lo sguardo all’orologio appeso al muro, esattamente sopra la professoressa che continuava a spiegare argomenti assurdi, come teorie impossibili per illudere spazio e tempo.

Gli occhi della ragazza rimasero ad osservare le lancette dell’orologio che si rincorrevano ad una velocità che le pareva già che rapida del solito.

Subito dopo l’acuto suono della campanella giunse alle orecchie degli studenti, mentre la donna alla lavagna salutò e se ne andò senza aggiungere niente.

«Da dove vieni?» Chiese Clarissa, colei che si interessava sempre di tutto di tutti e neanche il tempo di mettere via il materiale scolastico, che Laurel si trovò la ragazza insieme ad un mucchio di adolescenti davanti al proprio banco, interessati alla nuova compagna.

«Ho vissuto in Europa negli ultimi sei anni, in stati diversi.» Replicò con una mostruosa tranquillità, al contrario della bruna che sarebbe stata schiacciata da agitazione e nervosismo.

Delle parole di ammirazione ed invidia si diffusero nel gruppo di persone, mentre la ragazza li osservava con un sorriso impassibile, che metteva addirittura inquietudine a Laurel.

La porta venne spalancata e la rumorosa voce del professore di educazione fisica sovrastò le discussioni degli studenti, i quali si sedettero ai loro banchi.

Fece l’appello, mentre la protagonista si preparava psicologicamente a subire due ore consecutive di educazione fisica.

«Ci saranno in parallelo tornei di pallavolo.» Annunciò l’uomo e Laurel tirò un sospiro di sollievo, per la fortuna di non dover fare i test atletici.

La classe, dotata di un animato chiacchierio, scese le scale, divisi in diversi gruppi che discutevano di diversi argomenti.

Laurel venne trattenuta da Alexandra, la quale apparentemente voleva integrarsi e, siccome era la sua vicina di banco temporanea, l’aveva seguita.

«Che carini i tuoi capelli.» Esordì passando una mano tra le ciocche castane dell’altra.

«Grazie.» Replicò leggermente imbarazzata la ragazza, abbassando lo sguardo e trovando all’improvviso particolarmente interessanti i propri piedi.

«Non ti mangio, puoi guardarmi negli occhi.» Ridacchiò Lexa con una voce relativamente sarcastica. Così Laurel alzò gli occhi verso sopra, realizzando quanto la ragazza fosse più alta di lei, erano almeno quindici centimetri ad occhio.

Fissò i suoi occhi che in quel momento sembravano voler sfociare in un dolce verde e volessero davvero mangiare i suoi, che erano così semplici e monotonamente marroni.

«Vedi? Mi piace essere guardata negli occhi.» Sorrise genuinamente la più alta.

La piccola sorrise di rimando, sempre con un leggero imbarazzo, e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore.

«Beh, ammetto che hai dei bellissimi occhi.» Rispose a voce bassa, ma abbastanza alta da essere sentita da Lexa.

«Sei adorabile.» Replicò quest’ultima leccandosi le labbra ed allungando il braccio sinistro per circondare le piccole ed esili spalle della mora.

«Sei sempre così piena di complimenti da fare?» Ridacchiò l’altra per evitare di mostrare ulteriormente il suo nervosismo ed il suo immenso imbarazzo.

«No, solitamente no. Penso sia tu.» Disse con una mostruosa tranquillità.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: WritingHobby