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Autore: Theironlady    17/05/2018    3 recensioni
" Ti capita mai, di ripensare al giorno in cui ci siamo conosciuti? "
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fujiko Mine, Goemon Ishikawa XIII
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Quanto sei bella, cherìe! Dai, dammi un bacio! >> 
Barcollando, il famoso ladro teneva Fujiko sottobraccio e più tentava di avvicinare il volto al suo, più lei lo respingeva, o almeno ci provava.
<< Lupin, non starmi così appiccicato! >> esclamava, mentre lui insisteva e insisteva, riuscendo alla fine a raggiungere le sue labbra e le assalì brutalmente, nonostante lei le tenesse serrate.
Jigen e Goemon stavano dietro di loro, silenziosi. Quasi non si sentiva la loro presenza e fu così anche quando, arrivati in albergo, Lupin non si fece troppi complimenti nel trascinare con lui la sua bella, per consumare la notte con lei.
Quella sera aveva bevuto un po’ troppo, non abbastanza tuttavia da perdere completamente la ragione e permettere a Fujiko di sfuggirgli per l’ennesima volta; la voleva e l’avrebbe avuta ad ogni costo.
Per lei infondo, una notte di sesso non sarebbe stata un grosso problema. Lupin dopotutto era un bravo amante; passionale e intenso, e il mattino successivo le avrebbe perfino permesso di scappare via con parte della refurtiva.
Quindi lo assecondò, seppur controvoglia, e riuscì a concludere l’amplesso nella maniera più rapida possibile. Quando fu soddisfatto, il ladro si addormentò di botto. Non le aveva detto una parola, non l’aveva guardata neppure, e di questo fu stranamente sollevata.
Le rese finalmente possibile alzarsi, togliersi da quelle lenzuola impregnate dell’odore di lui, che non voleva sentirsi addosso.
Fece dunque una doccia rapidissima, prima di uscire dalla stanza.
Voleva dormire. Era stanca, e cercò un posto qualsiasi dove potersi sdraiare, dimenticare per un attimo tutto quanto e lasciarsi cullare dal buio che la circondava.
Scelse un morbido futon arrangiato sul pavimento, e si coricò silenziosamente sopra di esso, cercando di stringersi quanto più le fu possibile, per non disturbare il sonno del loro caro samurai.
Jigen stava in un’altra stanza tutta per sé, e probabilmente disturbare lui sarebbe stata un’idea perfino peggiore. Non sapeva quanto sarebbe stato capace di odiarla se lo avesse svegliato nel cuore della notte, e forse ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
Chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi. Si concentrò sul silenzio, portò la sua mente ad un posto lontano dove potersi immaginare, lasciarsi avvolgere da esso e finalmente addormentarsi.
Si vide su una spiaggia dei caraibi, in costume da bagno e sotto un largo ombrellone. Davanti a lei soltanto il mare cristallino che si estendeva per chilometri. Nessuno stava lì oltre lei, nessuno a disturbare la sua quieta solitudine, la sua pace interiore.
Fu il sogno stesso a cambiare, prima che potesse accorgersene, facendole rivivere i momenti che poco prima aveva vissuto con Lupin, in camera da letto.
Quello la fece svegliare di soprassalto, come schiacciata da una scena che non voleva ripetere ancora, e quando i suoi occhi si spalancarono avvertì su di lei lo sguardo di Goemon, che la fissava intensamente nel buio.
Nel vederla tanto sorpresa, il samurai corrugò la fronte ma non distolse gli occhi da lei.
<< Mi dispiace di averti spaventata. >>  si limitò a dire questo, mentre lei, ormai calmata, gli sorrise.
<< Sono io a doverti chiedere scusa, per essermi infiltrata nel tuo futon. >>
Goemon balbettò qualcosa che Fujiko non riuscì a comprendere, strappandole una leggera risata non perché lo trovasse ridicolo ma piuttosto irrimediabilmente adorabile.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, in cui il samurai aveva distolto lo sguardo per sopprimere quell’imbarazzo che si era impossessato di lui. Poi si calmò nuovamente, ed esalò un profondo sospiro.
<< Fujiko… >>
<< Mh? >>
<< Ti capita mai, di ripensare al giorno in cui ci siamo conosciuti? >>
Goemon ci aveva pensato eccome. Tanto spesso da aver impresso nella sua mente ogni gesto, ogni frase che lei gli aveva detto. Gli capitava perfino di sognarla, nelle notti in cui si sentiva solo e avvolto dal silenzio, e lì rivedeva quel vecchio treno in cui l’aveva incontrata, e a quanto l’aveva trovata bella, controvento e con quell’abito a righe.
Gli aveva detto che viaggiava sempre, perché non trovava nessun posto che le appartenesse davvero; proprio come lui, un samurai dell’epoca moderna, strappato dal passato e gettato nel ventesimo secolo, dove ogni cosa lo faceva sentire di troppo e fuori posto.
Soltanto con Fujiko, Goemon si sentiva se stesso, e forse, avrebbe osato dire, completo.
Che si fosse invaghito di lei, era palese a entrambi, anche solo per quello che aveva cercato di dirle quando aveva scoperto chi lei fosse davvero, e che lei gli aveva impedito di concludere, interrompendolo con un bacio.
E quel bacio Goemon se lo sentiva ancora sulle labbra, nonostante fosse passato talmente tanto tempo da fargli dubitare dei suoi ricordi, lasciandogli l’impressione di averlo creato lui, con la sola forza della sua mente.
<< Sì, mi capita. >>  rispose, voltandosi verso di lui per guardarlo negli occhi. Lo conosceva bene; avrebbe avvertito il suo imbarazzo anche se non avesse potuto vederlo, chiaramente rappresentato dal rossore sulle sue gote.
<< E tu ? >>
Lo vide annuire timidamente, tenendo gli occhi bassi come per paura di guardarla, come se non ne avesse la forza.
Erano passati anni, da quando era stato tanto vicino a Fujiko l’ultima volta. Non le aveva quasi più parlato, nonostante avessero condiviso parecchie avventure insieme agli altri, però mai la sua attenzione si era soffermata su di lei, né mai avrebbe sperato che lei gli si avvicinasse ancora, anche soltanto un’altra volta.
<< Sai, non sei costretta a fare tutto questo. >>  asserì con tono estremamente serio.
<< A cosa ti riferisci? >>
<< A Lupin. Il modo in cui si comporta con te, intendo. Non sei costretta a ricambiarlo, ad andare con lui pur di ottenere qualcosa. Potresti essere molto più di questo, Fujiko Mine. >>
Per quanto semplice, la frase che le aveva detto la colpì; come se infondo non ci avesse mai pensato, di avere un’alternativa.
<< E cosa potrei fare altrimenti, essere la tua fidanzata? >> lo chiese quasi ridendo, prendendolo un po’ in giro.
<< Sì, potresti. >> rispose, quando riuscì a dissipare l’imbarazzo. << Potrei portarti via da qui, abbandonare questa vita da criminali, sempre alla ricerca di qualcosa che non otterremo mai. Perché, Fujiko? Perché non partiamo insieme, io e te? prima dell’alba, prima che gli altri si sveglino … >>
Goemon non sapeva dove avesse trovato il coraggio di dirle quelle parole. Forse se le teneva dentro da così tanto tempo che non gli fu difficile, finalmente, rivelarle quello che più avrebbe desiderato fare al mondo e che da anni sopprimeva dentro di lui.
<< Se venissi con te, dove mi porteresti? >> gli domandò lei, mentre, intanto, gli si avvicinava lentamente, fino a sfiorargli il collo con le labbra. Lo avvertì tremare lievemente.
<< Al mare, alle Hawaii. E poi in Giappone, dove ti mostrerò gli antichi templi, le foreste, e ti insegnerò a meditare, se lo vorrai. >>
Fujiko gli sorrise.
<< Va bene, amico samurai. >> rispose allora, con un sussurro. << Portami con te. >>
Lui le strinse la mano, intrecciando le dita a quelle di lei.
Restarono in quel modo, l’uno di fronte all’altro, coi volti tanto vicini da condividere il respiro, finché l’alba sopraggiunse e li risvegliò da quella dimensione unicamente loro, in cui erano rimasti tanto piacevolmente da non essere riusciti ad abbandonarla.

 
   
 
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