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Autore: Blackwell    19/05/2018    0 recensioni
Alexandria ha dichiarato guerra ai regni vicini. Per realizzare il suo piano di conquista, la regina Brahne si è dotata di un esercito di potenti creature magiche note come "Maghi Neri". Queste creature, golem senza cuore fabbricati con la "nebbia", sono 10 volte più forti di un essere umano ed esperte nell'uso della magia nera.
Un giorno però accadde qualcosa di inaspettato. Alcuni Maghi Neri presero coscienza e si svegliarono.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il colpo di mortaio rimbombò nell’arido campo fino a terra, provocando un cratere che sprigionava odore di zolfo e morte.
La strana creatura respirava con affanno, come un bambino appena nato che emetteva i suoi primi sospiri. Attorno a lui  vi erano solo tre cose: fuoco, dolore e morte. La terra era arida, secca, bruciata dai fuochi della battaglia. Abbassò lo sguardo e vide qualcosa di cui non si era accorto prima: la faccia di un soldato, ricoperto di sangue, che lo fissava con gli occhi spalancati. La sua bocca semichiusa emetteva gli ultimi respiri, mentre alzando il braccio quasi carbonizzato tentò di puntare il dito contro di lui. Il mago nero, di fronte a quell’immagine, cadde nello sconforto. Non riusciva a respirare, il suo corpo era come imbambolato. All’improvviso, una voce iniziò a sussurargli nella testa. Diceva: “corri!” e così fece. Scappò via come rincorso da una legione di diavoli. Scappò dal campo di battaglia, dal fuoco, dal sangue, finchè non inciampò e cadde in una fossa. Rotolò giù per una cunetta, non molto profonda per fortuna, e si ritrovò davanti a una coltre di alberi. Si ripulì dalla polvere e fu allora che si accorse che le sue mani erano sporche di sangue. Si guardò intorno e l’angoscia lo travolse ancora una volta. Si sentiva come un uccello fuori dalla gabbia, vissuto in cattività fin dalla nascita. Ora era solo, in un mondo sconosciuto e ostile. Ma soprattutto senza un ricordo e senza un’identità. Chi sono? Dove mi trovo? Cosa mi è successo? Cosa farò adesso? Queste domande rimbombarono nella sua testa e si mischiavano tra di loro come in un vortice nell’oceano. Era talmente assorto nei suoi dilemmi che non si era accorto della presenza alle sue spalle.
D’istinto si voltò e  ciò che vide lo lasciò incredulo. Una creatura, del tutto uguale a lui, lo stava fissando. Non capiva ancora il perché, ma quella presenza lo rese più sereno.
- Dove sono? Cosa è successo?
- Io – esordì l’altra creatura- Speravo lo sapessi tu.
Non fece in tempo a rispondere che il rombo di una granata, esplosa una trentina di metri di distanza, li colse di sorpresa e il convinse a scappare nel bosco.
La selva era fitta e buia, non si scorgeva un palmo dal naso, eccetto i luccicanti occhi gialli dei due maghi. Per farsi luce, uno di loro accese un fuoco sulla sua mano.
- A proposito. Io sono il Mago Nero n.163. E tu?
- Io sono il n.288 … Aspetta – entrambi si fermarono di colpo.
- Che c’è?
- Come faccio a saperlo?
- Cosa?
- Il mio nome. Non ricordo nulla di me. Chi sono, dove sono nato, perché mi trovo qui. Eppure ricordo come mi chiamo. Non è la stessa cosa per te?
Il n.163 apparve titubante – In effetti neanch’io ricordo molto, ma non ci avevo fatto caso, prima d’ora.
Rimasero per qualche istante fermi nelle loto elucubrazioni quando un rumore minaccioso risvegliò la loro attenzione. – Che cos’era? Un mostro? - Il n.288 si avvicinò al cespo dove proveniva il fruscio con la mano aperta pronta a sprigionare Fire, ma lo stupore lo colse quando si trovò faccia a faccia con altri due maghi neri del tutto simili a lui. Erano leggermente diversi dal 288 e dal suo amico 163.  A parte il caratteristico cappello da Merlino, i due indossavano una veste nera col colletto e i risvolti delle maniche color rosso, mentre ai piedi portavano delle calzoni bianchi e un grosso cinturone sulla vita. Il  n.288, invece, indossava una veste viola con bottoni d’oro e dei calzari da bardo gli coprivano le gambe. Anche il n.163 era agghindato diversamente dagli altri maghi. Era più simile a quello del n.288 ma a differenza degli altri era più magro e al posto dei calzoni indossava una calzamaglia castana e delle scarpe da Aladino.
- Chi siete? – chiese il n.288
- Salve, non abbiate paura. Non vogliamo farvi del male. Io sono il Mago Nero n.36
- Io invece sono il Mago Nero n.56 – disse il mago nero continuando idealmente la frase del suo amico.
- Vi abbiamo visto mentre scappavate dal campo di battaglia – disse il n.36 – Perciò siamo venuti a cercarvi.
- Anche voi eravate lì?
- No. E’ da tre giorni che siamo nascosti in questa foresta – disse il n.56.
- Seguiteci – disse il n.36 – vi portiamo nel nostro rifugio.
Sentendo di potersi fidare il due maghi neri seguirono i loro nuovi amici. Dopo una breve camminata, interrotta da qualche attacco da parte dei mostri (tutti risolti con commisurati colpi magici) e qualche inciampo per terra, finalmente il quartetto di maghi arrivò a destinazione. Si ritrovarono in una sorta di accampamento improvvisato, con delle di tende raggruppate in modo circolare e un falò al centro dell’area. Accampati davanti, al fuoco c’era un mago nero che con un bastone di legno in mano controllava la fiamma. Alzò lo sguardo e notò la presenza dei due nuovi arrivati, con un cenno della mano gli invitò ad avvicinarsi.
- Sono loro i due nuovi?
- Sì, n.49. Li abbiamo trovati mentre vagavano per il bosco.
Si avvicinò ai due maghi, e senza dire nulla li guardò negli occhi a lungo:- Vi siete svegliati da poco, vero? – disse all’improvviso a entrambi.
- Svegliarsi? Che significa? – domandò il n.288.
- Vi spiegherò tutto domattina. Ormai è tardi, e voi sarete stanchi, immagino – con un gesto il n.49 invitò il 163 e il 288 a sedersi accanto al fuoco. Lì, fecero la conoscenza di altri maghi neri come loro. Oltre infatti al n.49 appena conosciuto, fecero amicizia col n.32, il n.33, il n.111 e il n.192. Il n.49 aveva appena finito di riscaldare la cena – avrete bisogno di rimettervi in forze. Mangiate anche voi – gli porse uno strano insetto affumicato – E’ la mia specialità. Scaraburi flambè. Assaggiateli, contengono tante proteine.
- Proteine? Cosa sono? – chiese il n.163
- Sono cose che fanno bene al corpo.
- Il n.49 sa tante cose – disse il n.56 cantilenando
- Su, prendete - Il n.288, che da qualche minuto sentiva una fitta allo stomaco non si lasciò pregare. Il n.163, seguì a ruota.
Terminata la cena, arrivò l’ora della nanna. Il n.49 chiese a chi spettava il turno di guardia. Nessuno però se lo ricordava, così decise che per quella  notte il turno di guardia sarebbe spettato al n.33, il quale si lamentò perché aveva già fatto il turno due giorni prima. Il n.49 gli rispose che però ormai tutti i membri della compagnia avevano svolto almeno un turno di guardia e che comunque - due giorni fa erano due giorni fa, mentre oggi è oggi.
Dopo aver montato la tenda per gli ospiti, i maghi neri poterono abbandonarsi a un tranquillo riposo.
 
La notte fu lunga e tormentata per il n.288. Non appena chiudeva gli occhi una serie di strane immagini senza senso gli apparivano davanti, scomparendo all’improvviso ogni volta che gli apriva.
Il mattino dopo, ancora spossato, chiese al n.49 di spiegargli alcune cose.
- Vedo che sei già sveglio. Hai dormito bene?
- Non proprio. Ho visto delle cose strane che non mi hanno lasciato dormire.
- Cose strane?
- Sì, strane immagini che mi apparivano in testa.
- Niente di grave. Hai avuto un sogno.
- Sogno? Che cos’è? – chiese il n.288
- Sono cose che vediamo quando ci mettiamo a dormire.
- Ed è una cosa buona o cattiva?
- Dipende. Sei fai bei sogni significa che sei felice. Se ne fai di brutti, significa che sei triste. Cos’hai sognato?
Esitò a rispondere, la sua mente era ancora così confusa da non ricordare bene cosa aveva sognato quella notte.
- Ricordo solo uno strano animale, dalla pelle bianca e con un corno in testa. Galoppava lungo il bosco senza fermarsi mai.
- Hai sognato l’unicorno, quindi.
- Si chiama così? Ma cosa vuol dire?
- Non ti preoccupare. Anch’io ho fatto il tuo stesso sogno. Succede la prima notte quando ci svegliamo.
- A proposito. Ieri mi avevi detto che avresti spiegato cosa significa “svegliarsi”.
- Hai ragione – disse il n.49 annuendo – ti spiegherò tutto durante il cammino. Adesso però dobbiamo sbrigarci. Dobbiamo lasciare questo posto e dirigerci verso sud. Se restiamo troppo a lungo nello stesso posto gli umani potrebbero scoprirci.
Così detto, smontarono le tende e si misero in cammino, verso l’inizio dell’avventura.
   
 
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