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Autore: sofismi    20/05/2018    1 recensioni
Con il cuore che si sgretola chiudo la lettera, il groppo in gola si fa più fastidioso e pesante, e io che conosco già il futuro che mi spetta mi dispero guardando con quanta velocità sto cadendo. E mentre aspetto di colpire il suolo la busta è già arrivata a destinazione, è stata già aperta e letta, e il verdetto è oramai sulle labbra di tutti. 

Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    Con il cuore che si sgretola chiudo la lettera, il groppo in gola si fa più fastidioso e pesante, e io che conosco già
il futuro che mi spetta mi dispero guardando con quanta velocità sto cadendo. E mentre aspetto di colpire il suolo
la busta è già arrivata a destinazione, è stata già aperta e letta, e il verdetto è oramai sulle labbra di tutti.
    
Cammino tranquillo sulla sabbia fredda dell’inverno pensando e aspettando l’ora della mia fine. Oltre a me ci
solo un uomo e un bambino: il vecchio ha un’aria vissuta, portata con orgoglio su un viso bruciato dal sole e dalla
salsedine, e paziente ascolta il figlio.
    
“E le stelle si sono spente davanti ai miei occhi, trentadue stelle!” racconta con superbia celando una
saggezza non comune a quell’età.

    Ascoltando distratto quelle poche parole che riesco a capire mi sembra che tutto dentro di me torni a posto.
È ovvio: le stelle si spengono, riappaiono, e poi si spengono di nuovo. Tutte e trentadue. E su questo nessuno può
fregarci.
    
Quando ormai il marinaio e suo figlio sono lontani dentro di me si insinua la consapevolezza di non aver
vissuto abbastanza, o perlomeno non tanto quel bambino, e  subito mi rendo conto di essermi dimenticato che cosa
stavo cercando. Torno quindi sui miei passi, e questa volta mi concentro su di lei, l’unica. Penso a quante opportunità
ho perso, a quanto tempo ho sprecato. Avrei potuto essere con lei su questa spiaggia, e invece per
colpa della mia viltà sono solo. Per colpa della mia pusillanimità mi sono ritrovato a nascondermi dietro ad un pezzo
di carta e qualche goccia di inchiostro, dimostrandole che non sono un uomo ma bensì un ragazzino, se non
un insetto, di quelli più spregevoli. Ora capisco perché non abbia risposto, e non posso darle torto: una donna nobile
come lei non dovrebbe mai avere a che fare con esseri subdoli e piccoli come me. Ho provato a superare le mie paure,
ho provato a rubarle un bacio, ma con la mia flebile lettera non ho fatto altro che scavarmi una fossa ancora più profonda
di quanto non fosse già. D’altra parte non è questo che mi tormenta, la pena che più mi appesantisce è la consapevolezza
di aver infangato il suo nobile nome con la mia stoltezza. I sensi di colpa mi tengono sveglio la notte, sono arrivato al
punto tale da farmi salire la febbre a causa dei miei tormenti, e mi sveglio sudato, nel mio letto, incapace di qualsiasi
cosa. Per questo motivo mi trovo qui, in pieno inverno, sull’orlo del mondo. Qui, dove inizia il mare.

    Secondo la tradizione del posto il mare porta via il dolore, molti giovani innamorati vengono qui spinti dalle loro pene,
e molti finiscono con il non tornare più. Io, però, che sono uno straniero, non credo a certe sciocchezze.
Da dove vengo io il mare non guarisce nessuno, ognuno i suoi demoni li affronta sulla terra ferma. Eppure eccomi,
con gli occhi rivolti verso le onde, nella speranza che mi salvino dalla vergogna. E urlo, sebbene la mia voce non la
senta nessuno, nonostante la coscienza di essere caduto in errore, malgrado il mio destino si sia ormai compiuto. Urlo.
    
Questo è un paese di sciocchi, mi ripeto. Il mare libera i polmoni, non la mente. Qui sto sprecando il mio tempo, e
come loro sono uno sciocco anch’io. Non mi libererò mai del peso di quella lettera se non aspettando che venga
dimenticata, e dimenticandola a mia volta. Andrò via da qui, qui non c’è più niente per me. Nasconderò a tutti la
mia vergogna, la mia mostruosità, e rinascerò, migliore di quanto non sia stato finora.

    Mentre mi incammino verso la strada del ritorno mi sento sbriciolato, come se non avessi più una mia identità.
Mi sono trasformato nelle mie azioni, non sono più quello che ero qualche giorno fa. Mi sono trasformato in quella
lettera, in quelle parole, in quel rifiuto. E le loro risate mi pesano sulle spalle, e nel petto. E gli altri guardandomi
vedono quella lettera, quelle parole e quel rifiuto. E sentono quelle risa, le sentono anche loro. 
    
Vorrei nascondermi, cancellare le mie azioni, invece mi limito a scappare rimanendo fedele a quella che è la
mia vera natura. Sarò un codardo tutta la vita, e la mattina mi guarderò allo specchio e mi odierò, incolpandomi delle
mie sfortune senza mai imparare a conviverci.

 


  
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