Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Angelo_92    20/05/2018    1 recensioni
"Io chi sono?" chiesi confuso.
Siamo proprio fatti così, di anima e di corpo fusi fino a diventare una sola cosa. L’anima cerca sempre il suo corpo e la sua realtà, non può farne a meno.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
FUGA E RITORNO ALLA REALTA' 
 

Le mattonelle del vialetto sembrava quasi che stessero ondeggiando. Sentivo che il mio corpo si stava sollevando da terra; ero sempre più leggero. Tentai invano di aggrapparmi a qualcosa, mentre il mio corpo s’innalzava. Cominciai a urlare, ma non per paura, forse per lo stupore.

Guardai il cielo e poi abbassai lo sguardo verso quel luogo che stavo per abbandonare. Non riuscivo a riconoscerlo, non era più lo stesso. Non focalizzavo ciò che mi circondava, le immagini non erano più nitide e i colori erano sfocati, non vedevo affatto bene. Vedevo che il tutto lentamente si faceva sempre più piccolo. Gli oggetti erano quasi indistinguibili, i colori difficilmente percettibili. Avevo un gran mal di testa. Strizzai gli occhi per tentare di placare quel senso di smarrimento estremo. Nella mia mente balenavano immagini stranissime e indefinibili; non capivo cosa fosse reale e cosa fosse, invece, frutto della mia immaginazione. Sentivo il corpo, ormai, molto distante da terra. Sebbene non vedessi più immagini, colori, odori, suoni, mi sentivo incredibilmente vivo, più di prima. Non stavo morendo, anzi, era come se stessi esplodendo di vita. Compresi che stavo semplicemente guardando il mondo con l’anima, avendo ormai abbandonato quasi del tutto i sensi del corpo umano. Mi sentivo in bilico tra il reale e l’irreale, diretto in quel luogo in cui l'anima è libera dai vincoli di questa realtà, pronta per separarsi da tutto. Mi sembrava di avvicinarmi a Dio, o forse stavo diventando io stesso Dio.

Posso affermare con assoluta certezza che non mi sentivo né felice, né triste; non provavo alcuna emozione. La felicità è una risposta, chimica e razionale, a qualcosa di reale. Adesso era come se fossi su un piedistallo; da lì la mia anima, come una vecchia megera con la sua sfera di cristallo, scorgeva ogni dettaglio di quel luogo terreno che era sotto, lontano da me.

Potevo vedere con grande limpidezza, senza però avere percezione dei dettagli che costituivano quella realtà, in basso, dal mondo da cui provenivo, un uomo che camminava verso una casa, che faceva proprio quello stesso percorso che facevo io prima sparire da lì. Il suo aspetto semplice, goffo, spontaneamente simpatico, mi diede qualche strana e indefinibile sensazione, anche questa non umana. Lui era reale, io non lo ero. Ciò mi fece ridere, ma di una risata strana, anche questa non umana. Ridevo di quel signore, della sua piccolezza, quasi nullità, di quella sua misera carne che era diventata la sua prigione, schiavo del suo stesso corpo, mentre io, sul piedistallo, mi sentivo libero. Socchiusi gli occhi e smisi di guardare quello stupido mondo, per concentrarmi su ciò che mi circondava in questo nuovo posto. Adesso la mia anima è libera di esprimersi in tutta sé stessa, priva del corpo a contenerla, può girovagare in questo luogo irreale ed inesistente, senza spazio e senza tempo.

Non potei non percepire la presenza di fili invisibili, così vicini ed intrecciati tra loro, da costituire la complessa trama di un tessuto. Compresi subito che erano proprio essi a unire questo strano mondo, che considero irreale, con la realtà da cui provenivo. Su quegli stessi fili avevo camminato, ma non con le gambe, per arrivare al piedistallo sul quale mi trovavo. Improvvisamente, mi parve pure di sentire una musica. Non la stavo ascoltando con le orecchie, era invece la mia anima a percepire tutte le vibrazioni di tutte le cose di questo luogo irreale. Mi ricordava molte canzoni che avevo ascoltato, ebbi così la conferma che la musica è una delle più potenti espressioni della nostra anima. Non avevo desideri, pensieri, preoccupazioni, ero nella più amena serenità. Come Dio, più di Dio, finalmente so cosa sia il paradiso della Bibbia. Non sarei voluto andar via nemmeno per tutto l'oro del mondo, stavo tremendamente bene.

Tornai a osservare quell'uomo lontano, e, improvvisamente, sentii una strana sensazione, come un tocco. Era giù, nella realtà da cui provenivo, mi faceva sorridere. Lo guardavo, ma non so con quali occhi, ero libero da tutti i sensi umani. Riconobbi alcuni colori, riuscii a distinguere il colore grigio dei suoi capelli, il colore marrone del suo giubbotto. E poi tornai a guardare verso me, mi sentivo semplicemente libero. Ero libero ma invisibile a me stesso. Attorno a me c'erano altre anime e io interagivo con ognuna, senza usare alcun senso umano. Il nostro era un contatto intimo, interiore, era una sensazione immensa che di certo, almeno nei miei ricordi umani, non aver mai provato, qualcosa che non appartiene al genere umano. Tentai spontaneamente di afferrare qualcosa, ma non avevo mani, mi sentii deluso.

Ancora quell'uomo era laggiù, si muoveva con grande lentezza, e notai dettagli esteriori che prima non ero più capace di osservare: è come se stessi tornando a vedere le cose attraverso la vista umana. Presi stranamente a tremare, avevo paura. Cominciavo a sentire emozioni umane, non mi sentivo più Dio. Ero spaventato e anche molto nervoso. In un attimo capii che stavo per abbandonare quel mondo ultraterreno, divino, per tornare nella realtà. No, non volevo lasciarlo, stavo così bene. Eppure mi mancava il senso del tatto, il rumore dei miei passi. Quel senso di realtà, era qualcosa di così volgare, ma necessario.

Il viaggio stava finendo, ero in bilico, stavo per cadere dal piedistallo. Quell’uomo sembrava diventare più grande, crescere, mentre i colori si facevano più vividi e reali. L’uomo si avvicinava a me, sempre di più, o io mi avvicino a lui; adesso mi sembra quasi di toccarlo, di investirlo. Mi misi ad urlare. La sua bocca era enorme, i denti grandi, gialli, imperfetti, pronti a farmi male. Erano così strani per me che ero un'anima, ma li riconobbi come paurosamente familiari. Mi sentivo a casa. Mi stava inghiottendo, mi stava masticando. Sentivo i suoi denti trafiggermi la carne. Provavo forti dolori. Era la realtà che si stava nutrendo di me, masticandomi in una dolorosa eppure confortante morsa. Era il corpo che si chiudeva attorno alla mia anima. La bizzarra agonia durò poco tempo, e poi, mi sentii di nuovo umano, reale, con i piedi per terra.

Vedevo il sole in alto, emetteva una luce fioca. Sentivo anche un soave profumo di rose, alcuni rumori lontani, e alcune voci vaghe. Sentii tossire quell’uomo panciuto, vidi alcune rughe sul suo volto. Era mostruosamente reale. Vidi espressioni del viso di cui avevo dimenticato l’esistenza. Sentii un sapore leggermente amaro di saliva e un fastidio leggero alla pancia. Vidi i suoi passi imperfetti, che comprimevano il terreno sottostante, lasciando una traccia indelebile del suo passaggio. Quanti meravigliosi dettagli ha questa realtà. C’era un tenero ciuffo d’erba, che sembrava volersi innalzare al cielo, fuggire dalla sua realtà; il passo deciso dell’uomo lo schiacciò e uccise così ogni suo sogno di gloria. Io, invece, ero tornato alla vita terrena, per me non esistevano più piedistalli. Il mio breve viaggio, ormai terminato, non mi aveva reso più felice, ma mi sentivo nuovo e diverso. Avevo provato sensazioni non umane, forse migliori delle nostre. Tuttavia in quel luogo irreale, fatto solo delle nostre anime, non volli mai interrompere il legame con questa realtà e soprattutto con quell'uomo che mai smisi di voler guardare; il legame che ha la nostra anima con il nostro corpo e con la vita terrena è indelebile, non possiamo sfuggire dalla nostra vita, quindi il ritorno alla realtà era ineluttabile. Quei fili che tengono assieme reale e irreale sono molto più di quel che sembrano.

Siamo proprio fatti così, di anima e di corpo fusi fino a diventare una sola cosa. L’anima cerca sempre il suo corpo e la sua realtà, non può farne a meno. Era strano, adesso sentivo pure un leggero dolore alla schiena, era come se il mio corpo mi comunicasse continuamente la sua esistenza. Che luogo meraviglioso è la realtà, con tutti i suoi difetti. Nonostante mi sentissi reale, non avevo ancora la totale percezione del mio corpo. Abbassando lo sguardo riuscivo a vedere il mio ventre. Era grosso, più di quanto ricordassi. Le mie braccia erano piene di grasso, la pelle pendente, decisamente imperfette. Le mani erano sgraziate, grosse, pelose, e anche sporche. Tornai a guardare attorno, ma quell’omone panciuto non c'era. Portai lo sguardo verso l'ambiente intorno, riconobbi il giardino di una casa privata a me ben nota.

“Io chi sono?” chiesi confuso.

Ascoltai i rumori dell’ambiente, sentivo voci varie, e poi una gentile voce che diceva: “ Andrea, ciao, accomodati, entra pure”.

Andrea. Questo era il mio nome. Era così che mi interfacciavo con la realtà oggettiva. Abbassai lo sguardo verso terra, rividi dietro di me quelle stesse orme rilasciate da quell’omone panciuto. Quell’uomo panciuto ero io, non ne avevo più alcun dubbio.

“Bentornato alla realtà, Andrea” mi dissi.

Sorrisi, sentii il viso contrarsi. Non ricordavo più tale sensazione, era come un miracolo. Feci un altro passo. Stavo bene; il mio corpo, seppur vecchio, lo avrei tenuto per sempre stretto a me finché la morte non me lo avrebbe strappato via.

“ Ciao, grazie dell’invito!” esclamai, e mi chinai per baciare mia suocera.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Angelo_92