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Autore: Fisico92    20/05/2018    1 recensioni
Un viaggio di Routine dalla Terra alla Luna di quello che è poco più di un fattorino spaziale si trasforma in qualcosa di molto diverso quando durante il tragitto accade un imprevisto che mette in pericolo la vita dell'astronauta.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai Ljunbo non aveva più contezza della velocità con cui stesse passando il tempo. Era perso tra i suoi pensieri e non badava nemmeno al suo orologio da polso. Tentò di ridestarsi un attimo, di ritornare lucido, per quanto potesse.

L’indicatore dell’anidride carbonica segnava un allarmante quindici percento, possibile che fosse per quello che stesse impazzendo? Non avrebbe avuto alcuna colpa se non altro. No, non era possibile, con un simile valore sarebbe morto già da un pezzo, doveva essere sballato come tutti gli altri valori del computer. Per fortuna il sistema vitale era escluso dal computer centrale, e anche quello aveva un suo indicatore.
Quello segnava un valore completamente diverso, non livelli normali ma ancora accettabili, non era ancora tempo di preoccuparsi per quello.

La luce andava via via riempiendo di nuovo l’orizzonte della nave, la Terra cominciava a sembrare più grande, una decina di ore ancora e avrebbe saputo se era in una traiettoria giusta per intercettarla, per aggrapparsi disperatamente a lei, o se l’avrebbe irrimediabilmente mancata. Qualche ora e tutto si sarebbe deciso, sempre che non fosse già spacciato.


Un altro tentativo di ristabilire le comunicazioni con la base, nessun esito, era ancora solo.

Con la luce riflessa dalla Terra ora anche le stelle parevano, paradossalmente, risplendere di più. Ora il buio non faceva più paura, anzi concentrandosi su quei puntini bianchi era splendido lasciarsi cullare in quel cielo ricco di vita.

Era un uomo tra le stelle, quanta potenza poteva esserci in questo pensiero. Era stato a centinaia di migliaia di chilometri di distanza da dove era nato, era una distanza letteralmente impensabile, non la si poteva immaginare neanche sforzandosi di essere fantasiosi. Si era staccato dal pianeta sul quale la natura e il fato lo avevano inchiodato a forza. Ma lui no, lui, e con lui la razza umana non avevano accettato questo limite, erano stati in grado di vincere una forza naturale.

E non come Icaro, gli uomini avevano sfidato gli dei e ora potevano guardarli da pari a pari. Lui forse, come la figura del mito, avrebbe pagato un duro prezzo, ma la sua specie avrebbe continuato. L’avamposto lunare ormai era pienamente in funzione, quello era il primo passo per averne poi uno equivalente ma più in grande su Marte. Poi magari sarebbe toccato alle lune di Giove e dopo ancora chissà, nulla era a loro precluso, c’erano solo altre barriere divine da superare, via via sempre più lontane.


Ora Ljunbo non era più spaventato, era paradossalmente euforico.

Poteva essere il livello di CO2? Ora non importava. Probabilmente aveva avuto ragione fin dall’inizio, lui era spacciato, fin da quando era finito fuori rotta. Non sarebbe cambiato nulla, qualsiasi cosa avesse fatto dopo sarebbe morto in ogni caso, ma ora non importava, non gli importava più.

Non dormiva ormai da trenta ore, da più di cento ore senza contare i brevi sonni inquieti, ma neanche questo importava, non era affatto stanco.

Se non gli importava di morire non poteva certo importargli di essere stanco. Ma poi sarebbe realmente morto? Era qui, in mezzo alle stelle, su una scatola di pochi metri cubi, in condizioni assolutamente avverse, estreme, eppure era ancora perfettamente in salute, forse era lui stesso un dio, e un dio non può morire. D'altronde contro ogni probabilità era ancora vivo, questo qualcosa voleva pur dire.


Si avvicinava il momento della verità, la Terra era sempre più prossima, presto avrebbe dovuto eseguire l’eventuale manovra di rientro. Forse valeva la pena di cominciare i preparativi per eseguirla, anche se non sarebbe cambiato nulla. Ljunbo si preparò ugualmente.

La Terra ora era veramente vicina, avrebbe ancora potuto tranquillamente mancarla, se non altro però non aveva sbagliato di molto.

Era tranquillo, nulla poteva andare storto, ormai lo sapeva, ne era convinto.

Pochi minuti alla verità. Qualche altro secondo e avrebbe dovuto eseguire il rientro. Riaccese la radio. No, che stupido, non doveva fare quello, doveva sbloccare la sicura del comando di accensione per utilizzare quel poco di carburante rimasto e aggiustare l’angolo di ingresso. La radio nemmeno serviva, non funzionava più. Ma cosa importava, la radio, l’accensione dei razzi, cosa era veramente importante e cosa no.

Doveva attivare la sequenza, si forse doveva. Così, perché non farlo, non sarebbe cambiato nulla ma una voce gli diceva di farlo, doveva attivare la sequenza, si era quasi un imperativo doveva.

“Attivare la sequenza, Moontrip-47 Bravo attivare la sequenza di rientro ora, Moontrip-47 Bravo correggere l’angolo di ingresso!”

Le urla della radio ridestarono Ljunbo dalle sue allucinazioni. Tolse via in un attimo il pulsante di blocco e attivo immediatamente i razzi, contò cinque secondi, poi lascio.

“Moontrip-47 Bravo, hai eseguito con un minuto di ritardo, attendiamo conferma per la traiettoria. Moontrip-47 Bravo ci ricevi?”

“Qui… Qui Moontrip-47 Bravo, confermo ricezione della radio. Credevo fosse fuori uso.”

“Pare essere tornata a funzionare. La prossimità col pianeta deve aver aiutato. Moontrip-47 Bravo confermiamo che sei su una corretta orbita di rientro sulla terra. Ripeto, Moontrip-47 Bravo qui B-A-C-C, sei nella giusta finestra per il rientro sulla terra. Presto perderemo di nuovo le comunicazioni a del rientro in atmosfera.”
Dalla base attesero una risposta che non arrivò, Ljunbo non sapeva cosa dire, non sapeva nemmeno se quanto stava accadendo fosse reale.

“Moontrip-47 Bravo, ti confermiamo che ora sei su una corretta traiettoria di rientro, ora non devi più fare nulla. Presto inizierà il silenzio radio, Moontrip-47 Bravo dai conferma della ricezione?”


“Qui moont… confermo la ricezione, ci vediamo a Terra.” Disse Ljunbo prima di spegnere la radio. Tutto sommato pare che se la sarebbe cavata davvero. Non era più certo delle sue facoltà, ma, incrociando le dita, non avrebbe più dovuto fare nulla. Rimise con l’ultimo briciolo di lucidità che gli rimaneva tutte le sicure. Era meglio così, si fidava veramente poco di se in quel momento. Meglio svagare la mente e pensare ad altro. A Terra lo aspettava il milione che aveva pazientemente messo da parte. Forse, visto l’incidente, avrebbe potuto richiedere anche qualcos’altro in più. Ma si, avrebbe fatto una comoda vita sulla Terra, chi glielo faceva fare di tornare lassù.


...e la storia finisce qui. Per chi è giunto fino a qui spero che la storia gli sia piaciuta. Sono sempre pronto a ricevere impressioni, commenti e critiche. Ciao e alla prossima.
   
 
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