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Autore: Hypnotic Poison    23/05/2018    3 recensioni
A Thousand Worlds To Break Our Hearts: The End.
« Ah, voglio, voglio, voglio! Quindi proprio non l'hai capito che è proprio questo che vi causa così tanti problemi. E io che pensavo che magari questi viaggetti vi avrebbero fatto capire qualcosa. Così ottusi... Costanti delusioni, voi umani. Sappiate, però, che solo perché lasciate questo posto, non significa che esso lascerà voi. » [...]
«Fatemi capire bene. Siete andati su Gea per cercare una caverna magica, dove avete incontrato una specie di strega in un labirinto uscito dal nulla, che vi ha fatto vedere solo mondi alternativi in cui non siete insieme?»
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Mint Aizawa/Mina, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A thousand worlds to break our hearts'
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EPILOGUE: THE ONE WHERE WE CAN CHOOSE




Saturday


Il mondo sembrava sottosopra.
Se quello era davvero il mondo.
Qualcosa tirava all'altezza dell'ombelico, risucchiandoli, comprimendoli, il rimbombo di suoni e scene che si fondeva alle loro carni bruciando senza sosta tutto ciò che incontrava.
«Non ho più voglia di giocare.»
«Good luck, kitty cat. See you around.»
C'era dolore fisico, c'erano cuori in mille pezzi, c'era la sensazione di vuoto allo stomaco durante un giro della morte sulle montagne russe, la scarica di adrenalina che ne seguiva e l'euforia della libertà mista a paura. C'era il pizzicore dei graffi sulla pelle e delle lacrime sulle guance, la nausea di una trottola senza sosta e l'ottundimento da mille pensieri che si moltiplicavano accartocciandosi furibondi senza risposte, soluzioni, decisioni.
« Per una volta, avresti fatto tu un passo verso di me. »
Tutto continuava a girare, girare, su se stesso e sottosopra, e si rivoltava, un vortice di luce e immagini senza tregua che si avviluppava intorno a loro come un serpente, avanti e indietro, e poi avanti di nuovo. Occhi dappertutto, e sorrisi, e urla, e finte risate, e unghie, e ancora occhi, e ricordi, come rami appena sbocciati che si intricavano a loro e tiravano feroci, avvolti come spire che mozzavano il fiato nei polmoni in fiamme.
Basta.
«Sei caduta nella trappola delle tue favolette, conosci il principe azzurro e nel giro di un anno decidi di sposartelo.»
Basta.
«Ma ho smesso di essere l’unico che scende a compromessi.»
Basta!
I palmi di Ichigo batterono sul sentiero di terra color ocra, la pelle morbida che stridette all’attrito, e lei riprese coscienza del peso del suo corpo, del dolore alle ginocchia premute per terra, dei muscoli indolenziti. La testa continuò a girarle e si costrinse a tenere gli occhi chiusi per controllare la nausea, lo stomaco raggelato e il cuore pesante, e quelle lacrime che sentiva già pizzicarle le palpebre.
Quanto era durato?
Le immagini continuavano a vorticarle in testa implacabili, ognuna una scheggia nel petto, un frammento di rabbia per la sua testardaggine e i dubbi e tutte le volte che non sapeva dire di no.
Una risatina divertita e squillante, quasi a conferma, spezzò il silenzio.
«Viaggetto interessante, vero?»
Yuko stava passeggiando languida in mezzo a loro, a passi larghi e tranquilli, le code del vestito che sfioravano i quattro in terra. La sigaretta, nel suo beccuccio, continuava tranquillamente a rilasciare nuvole di fumo, senza parvenza di starsi consumando.
« E poi non ditemi che non vi avevo avvertito! »
Kisshu si lasciò cadere di schiena, a braccia aperte, cercando di riempire i polmoni e borbottando sottovoce: « Vaffanculo te e la tua risatina del cazzo. »
Yuko, ovviamente, poté sentirlo, ma si limitò a scuotere le spalle gongolante mentre ritornava al suo trono sospeso in aria: « Ah, ve l'avevo detto che voi siete il mio passatempo preferito. Così sciocchi, ingenui. Pensate sempre di sapere cos'è meglio per voi e non accettate ragioni. È così intrigante vedervi cadere. »
Ryo si alzò su gambe instabili, cercando gli occhi di Ichigo e porgendole una mano per aiutarla a tirarsi in piedi, ma lei continuò a boccheggiare in ginocchio.
« L'hai fatto apposta? » domandò alla donna in fronte a loro.
Lei rise, una mano che le coprì la bocca rossa in maniera infantile: « Io? Non c'entro proprio nulla. Non so nemmeno cos'abbiate visto, anche se a giudicare dalle vostre facce, è andato tutto esattamente come vi avevo avvertito sarebbe andato. »
Appoggiò le braccia sui braccioli puntuti del suo trono nero, guardandoli con occhi stretti.
« Come pensate di sentirvi, ora? »
Ryo la ignorò, così come ignorò la nausea che gli stava stringendo lo stomaco, si accucciò vicino alla sua fidanzata e le scostò i capelli dal viso, afferrandola per le spalle: « Ichigo, forza, alzati, dobbiamo andarcene da qua.»
Lei si alzò come fosse un automa, gli occhi fissi sul terreno polveroso: « … voglio sapere se sono cose vere,» mormorò con un filo di voce, « Voglio … »
« Ah, voglio, voglio, voglio, » Yuko le fece il verso con una vocina acuta, alzando gli occhi al cielo con aria scocciata, « Quindi proprio non l'hai capito che è proprio questo che vi causa così tanti problemi. E io che pensavo che magari questi viaggetti vi avrebbero fatto capire qualcosa. Così ottusi, » appoggiò la guancia al pugno chiuso, sospirando scontenta « Costanti delusioni, voi umani.»
Kisshu non prese nemmeno la briga di correggerla nuovamente, più concentrato sul tirare in piedi una Minto che, contrariamente al suo solito, non aveva ancora spiccicato parola e sembrava più pallida del normale.
« Stai bene? » le domandò sottovoce, scostandole le ciocche disordinate che le cadevano attorno al viso per prenderglielo tra le mani.
Lei scosse la testa in una maniera che non voleva dire né sì né no, puntò lo sguardo anche lei verso il suolo mentre il labbro inferiore le tremò appena, senza che riuscisse a emettere suono.
« E' un po' tardi per preoccuparsi di questo, non credi, Kisshu? » commentò divertita Yuko.
« Tortorella? »
La mora lo ignorò, guardò da sopra la sua spalla la donna avvolta di nero: « Come ce ne andiamo da qua'? » domandò con voce roca.
« Minto. »
Kisshu la chiamò con tono più fermo, cercando di voltarle il volto quanto bastava, ma lei rimase stoicamente rigida, le iridi scure piantate in quelle divertite della padrona di quel posto. Questa rise ancora un po', mosse rapidamente le dita: « Avete già deciso di privarvi della mia compagnia? »
« Sinceramente non è la compagnia migliore che abbia mai avuto, » sibilò il verde, per poi riconcentrarsi sulla sua ragazza, « Mi vuoi rispondere? »
« Kisshu, smettila,» lei si scostò infastidita, allontanando le sue mani e facendo qualche passo di più verso Yuko, « Per favore, mi faccia uscire da qua. »
« E io che credevo che voi Mew Mew non scappaste mai, » replicò sarcastica la donna, controllandosi le unghie laccate di nero, «Credi che sarà così facile lasciare indietro i risultati della vostra stessa cupidigia?»
« Intanto andarcene sarebbe un ottimo passo avanti, » Ryo sbottò, i palmi ancora stretti attorno alle spalle di Ichigo, « Davvero, non credi di aver già ottenuto abbastanza divertimento per oggi? »
« Per me non c'è un oggi, o un domani, o un quando, Shirogane, » Yuko rise quasi con gusto, un movimento sinuoso del polso e la sigaretta che le ricomparve fumante tra le dita, « Ma se per voi è davvero così importante lasciare questo luogo… »
« Vorrei tornare alla vita reale, grazie. »
Yuko prese un lungo tiro, il fumo che volò fino ai quattro, poi sorrise in maniera inquietante: « Sappiate, però, che solo perché lasciate questo posto, non significa che esso lascerà voi. »
Kisshu aggrottò la fronte: « Cosa — ? »
Ma la donna aveva già schioccato le dita, avvolgendoli nella stessa luce abbagliante che li aveva inghiottiti all'andata. Il tempo di un battito di ciglia, della familiare morsa fredda allo stomaco, un tuono lontano, e si ritrovarono seduti tra i vapori umidi della grotta su Gea.
Il sibilo lento delle esalazioni non venne interrotto, erano troppo sbigottiti per poter davvero parlare, le interiora ancora rivoltate e acide, le teste pesanti e confuse. Ripercorsero in silenzio il sentiero che li aveva portati fino a lì, senza quasi utilizzare le torce dei cellulari, i segni rossi sulle pietre che diventavano via via sempre più visibili all'avvicinarsi dell'uscita. L'odore e la frescura dell'aria pulita li investirono sul volto come un toccasana, e si affrettarono ad allontanarsi da quel luogo buio.
Solo una volta all'aria aperta, Ryo studiò contemporaneamente l'orologio al polso e lo schermo del cellulare.
« Sono… passati soltanto quarantacinque minuti in tutto, » borbottò confuso, «Com'è possibile… ? »
« Direi che di cose impossibili ne abbiamo viste abbastanza, » esclamò acida e sardonica Minto, le braccia strette al torso, « Non saprei nemmeno più come stupirmi oramai. »
La punta di rabbia nella sua voce non risultò estranea nemmeno a Ichigo, che tentò di avvicinarsi all'amica, una mano tesa verso di lei: « Minto-chan, io …»
La mora, però, reagì come prima, scostandosi di scatto con fastidio e astio: « No. Ho odiato quest'idea dal principio, non c'è stato verso di farvelo capire perché come al solito avete voluto fare solamente come interessava a voi, e guardate in cosa ci siamo cacciati! »
« Passerotto, non è così — »
Kisshu venne interrotto dall'occhiata di pura collera che la mora gli rivolse, un po' troppo tremore salato nelle sue iridi, e lei si voltò di scatto, deglutendo il groppo che sentiva in gola prima di esclamare con voce roca: « Voglio andare a casa.»
« D'accordo, » scambiandosi uno sguardo con Shirogane, l'alieno riprese la testa del gruppo, camminando molto più veloce di quanto avesse fatto all'andata.
Anche in quel momento, nessuno osò proferir parola, avvertendo il cambiamento nell'atmosfera, il tumulto di pensieri che li aveva invasi. Ichigo si strinse di più nel cappotto che portava, ben conscia che il Sole di quel mattino stesse riscaldando il pianeta molto di più di quanto lei potesse avvertire, eppure non aveva il coraggio, in quell'istante, di avvicinarsi al corpo rassicurante di Ryo come faceva di solito. Rimase ultima, il fiato corto non per gli sforzi di quelle camminate, lo sguardo che oscillava tra la schiena del suo fidanzato e quella della sua migliore amica, a pochi passi da lei eppure così lontana.
Il destino gli risparmiò almeno di incontrare qualcuno, l'albero con il pannello per aprire il portale che si stagliò a pochi metri da loro come un totem di sollievo. Kisshu quasi schiaffò la mano sopra il tronco, e tutti e quattro si catapultarono fuori dal passaggio senza voltarsi indietro.
Si ritrovarono al Caffè così presto che nemmeno Keiichiro stesso era arrivato, approfittando degli orari più tranquilli del weekend. Minto quasi si catapultò fuori dalla dispensa, precedendo tutti gli altri fino alla porta sul retro, che aprì di forza appoggiandoci il suo peso.
« Cerchiamo di non distruggere le cose, magari, » commentò piano Ryo.
« Vai a quel paese, Shirogane, » rimbrottò la mora, « Se proprio ne fossi così preoccupato te la ripagherei.»
Kisshu intimò al biondo con un'occhiataccia di non azzardarsi ad aprir bocca, sfiorando una mano della sua ragazza: « Meglio se andiamo, eh? »
« L'hai capito, finalmente, » borbottò sottovoce lei, limitandosi a porgergli un dito.
Ichigo le lanciò uno sguardo colpevole, fece per avvicinarsi a lei: « Minto-chan, ascolta — » ci riprovò ancora, ma la mora scosse la testa, evitando di guardarla.
« Non avrei mai dovuto darti retta, Momomiya, » sibilò.
L'alieno fu svelto a stringerle il polso e teletrasportarli nel loro appartamento, mal sopportando anch'egli lo sguardo da cucciolo bastonato della rossa e ben sapendo che la situazione avrebbe solo potuto degenerare.
Il silenzio della loro casa – solitamente così accogliente e rassicurante - cadde su di loro come una cortina quasi minacciosa, una tensione palpabile che correva tra i loro corpi e che probabilmente non avevano nemmeno mai provato. E nessuno ebbe il coraggio di ammettere a se stesso che quella casa assomigliava terribilmente a una di quelle che gli erano state mostrate in quella folle mattinata.
Minto sbatté la sua borsetta a terra, rimanendo immobile nell'entrata, i pugni stretti lungo i fianchi e il volto verso il pavimento. Kisshu fece un sospiro, passandosi irritato una mano tra i capelli.
« Pensi che sia un deficiente per aver accettato quest'idea di merda. Dillo, su. »
La mora prima emise uno sbuffo poco convinto, poi fu presa da una risatina tra l'isterico e il cattivo: «Ovviamente sarebbe finita così. Non ne sono nemmeno stupita, guarda. Ovunque mi giri tu e Ichigo, tu e Ichigo, sempre tu e Ichigo. »
Un'ombra buia cadde sul volto dell'alieno: « Non abbiamo registrato altro, eh? »
« Sono stanca di avere sempre questa cosa sbattuta in faccia! » Minto non si accorse nemmeno di star urlando, sbattendo il piede a terra.
« Cazzo, Minto, sono passati quasi quindici anni. »
« Evidentemente no. »
« Secondo me ti fa comodo far fare sempre a me la parte del cattivo, quando sai benissimo anche tu cos'hai visto,» sbottò irato lui, seguendola mentre marciava furibonda verso il salotto, « Pensi sia stato così elettrizzante vedere una versione di te che se ne andava tra le braccia di qualcun altro? »
Lei si sentì punta sul vivo, l'orgoglio che reagì ruggendo: « Come se non si fosse capito benissimo che tu come al solito avevi fatto chissà quale idiozia. »
Kisshu sbatté rabbiosamente il palmo contro il muro, facendola sobbalzare: « Ma mi stai prendendo per il culo? »
« Vuoi forse negarlo?! »
« No, perché a me sembra di aver visto la nostra relazione andare a puttane perché la principessina è incapace di cambiare una virgola o fare un compromesso! »
Minto voltò il viso dall'altra parte, mordendosi un labbro: « Forse se fossi stato meno concentrato a far da cavalier servente a Ichigo… »
« Porca puttana, Minto, non provare a cambiare discorso! » la voce arrochita del verde rimbombò per l'intero appartamento, « Anzi, il problema è proprio quello, la tua totale incapacità di provare a cambiare qualsiasi cosa!»
« Se c'è qualcuno che dovrebbe cambiare qualcosa, quello sei tu! » strillò di rimando lei, « Sempre con le stesse fisse … ! »
« Sei tu quella con le fisse! Come se io non mi facessi il culo tutti i santissimi giorni per questa relazione, con te che al primo minimo dettaglio sbagliato o momento difficile ti metti a fare la stronza egoista. »
« Allora perché non te ne vai, eh? » Minto cercò di dargli una spinta, le gote infuocate e gli occhi che brillavano di rabbia, « Se è tutto così difficile per te! »
« Perché io non sono quello che si arrende al primo tentativo! »
« Evidentemente non hai fatto abbastanza tentativi con Ichigo, alla fine ha scelto Shirogane lo stesso. »
« Ah, oppure sì, al penultimo giro mi sembra di avercela pure fatta. »
La vide irrigidirsi prima di dargli una spallata e oltrepassarlo, diretta verso la camera da letto, di cui fece sbattere la porta. Kisshu fece un respiro profondo e si strinse l'attaccatura del naso, cercando di placare il sangue che gli ribolliva nelle vene.
« Questa situazione sta diventando paradossale, » esclamò a voce alta così che lo potesse sentire, un passo lento alla volta per recuperare la calma, « Vorrei solo farti notare che, in ogni caso, non siamo in nessuno di quei mondi che pensiamo di aver visto, e che io qui ho scelto te. Quindi smettila di comportarti da deficiente e stammi ad ascoltare, visto che proprio non puoi fare a meno di scappare senza poter ammettere che in realtà ti rode il culo perché ti hanno sbattuto in faccia quanto anche tu possa essere impossibile. »
« Io sarò anche impossibile, » Minto si voltò con odio verso di lui non appena udì il soffio leggero del teletrasporto che aveva imparato a riconoscere negli anni, « Ma almeno non sono un coglione che muore dietro ad una stronza che non si accorgerebbe di niente nemmeno se glielo scrivessero in fronte. »
Fu il turno di Kisshu di raggelarsi, un familiare tirare della pelle cicatrizzata sul suo petto.
« Vuoi proprio tirare fuori questa storia allora, eh? » mormorò con una collera che non riconosceva da molto tempo, « Allora sì, d'accordo, l'ho amata, e sì, perfetto, sono morto per lei. Bene, lo sappiamo. A volte vorrei che non fosse stato così, ma non ci posso fare nulla. Vuoi cambiare il passato, per caso, o vuoi metterti in testa che mi sono messo l'anima in pace da un sacco di tempo? »
« L'anima in pace?! » ripeté stridula lei, quasi sconvolta e ancora di più arrabbiata.
« Sai benissimo cosa intendo! »
« No, non lo so! »
« Senti, Minto, vaffanculo eh, » Kisshu l'aggirò, entrando dentro la cabina armadio che condividevano, «Ti stai comportando come se fosse successo davvero! »
« Mi sembrava tutto parecchio reale! »
«Ci fossi almeno andato a letto… ! »
Minto, che l'aveva raggiunto, si ammutolì di colpo, la bocca che si strinse in una linea sottile mentre due lacrime traditrici si affacciarono negli occhi scuri.
« Ti sarebbe piaciuto, eh? »
Il verde non riuscì nemmeno a guardarla, prese un borsone nero dal ripiano più alto dell'armadio e cominciò a gettarci dentro delle magliette a casaccio.
« Mi sono rotto i coglioni, » sibilò furente, gli occhi dorati anneriti, « Mi sono rotto i coglioni di dover essere trattato come se qualcosa che non è nemmeno successa fosse tutta colpa mia, e come se la verità di quello che provo non contasse un cazzo. Non vuoi ascoltarmi, bene, allora stattene per i cazzi tuoi. »
« Oh andiamo, vuoi fare il drammatico ora? » lei rimbrottò di rimando, senza ottenere risposta. Kisshu la oltrepassò, così furioso da camminare a passi pesanti verso la porta d'ingresso, il borsone gettato su una spalla. La mora lo seguì, il cuore che batteva violento contro al petto.
« Non abbiamo finito, sai! »
« Oh, invece sì, dolcezza, non ho intenzione di stare qui a prendermi dell'altra merda. »
« Kisshu, guarda che se esci da quella porta … ! »
Lui si voltò appena, guardandola sprezzante: « Ma dai, non dirmelo: non mi verresti a prendere. Figuriamoci, se la principessa si abbasserebbe mai a qualcosa di talmente ignobile. »
« Kis — »
Minto fece un passo avanti, ma lui le lanciò un ultimo sguardo carico di collera, e si chiuse la porta alle spalle sbattendola senza remore.


Ryo lanciò di nuovo un'occhiata alla fidanzata seduta nel sedile affianco, che non aveva ancora aperto bocca da quando avevano lasciato il Caffè. Aveva passato tutta la durata del tragitto in macchina fino a casa in silenzio, voltata il più possibile verso il finestrino, i lunghi capelli rossi che facevano da cortina per nasconderla quanto più potesse dalla sua vista.
Non che lui fosse di un umore migliore, visti i risultati di quella scampagnata. Già doveva ammettere di essere un rancoroso di natura, e doveva passarne del tempo prima che lui potesse andare oltre certe cose. Se poi determinate cose gli venivano fatte passare sottomano con immensa tranquillità e solo ed esclusivamente per colpa sua…
Fece appena in tempo a far entrare l'auto in garage e spegnere il motore, che Ichigo già caracollò fuori dall'abitacolo verso la scala che portava direttamente in casa, la borsa stretta al petto.
« What the… »
Ryo le corse dietro, per una volta contento che i suoi geni di gatto non si fossero completamente acquietati dopo tutti quegli anni, e la raggiunse appena oltre l'ingresso, afferrandola piano per un polso.
« Ichigo, aspetta, aspetta. »
La voltò verso di lui e, come si aspettava, aveva già le guance rigate dalle lacrime.
« Ho rovinato tutto! » pigolò disperata, quasi vergognandosi troppo per ricambiare il suo sguardo « Io volevo solo che – che fosse tutto… ! »
Ryo sospirò e la strinse a sé, sussurrandole piano all'orecchio perché calmasse i singhiozzi che la scuotevano.
« E' stata una stronzata, d'accordo, ma non è la fine del mondo. »
Ichigo gli si aggrappò alla camicia come un gattino affamato: « Non mi odi? »
Il biondo non riuscì a esimersi dall'alzare gli occhi al cielo: « Ovvio che non ti odio, scemotta. In questo preciso istante non sono molto contento né fiero di averti dato retta, e devo dirti che sono anche abbastanza incazzato per tutta questa questione, ma non posso odiarti, capito? »
La rossa replicò con un mugolio confuso, strusciando il viso contro il suo petto.
« Non doveva andare così… » sussurrò poi.
L'americano sospirò ancora, si spostò appena per prenderle il viso tra le mani: « Ichigo, ascoltami bene, » le asciugò un'ultima lacrima, piantando le iridi chiare nelle sue, « Non è cambiato assolutamente nulla, d'accordo? Tutto quello che abbiamo visto probabilmente non è nemmeno reale. D'accordo, ci vorrà un po' per riprenderci dallo shock, ma è tutto come prima. Quello che conta è qui e ora, nient'altro. Non c'è nient'altro. Io ti amo, e ho tutta l'intenzione di sposarti tra due settimane e passare il resto della mia vita con te, fanculo a impossibili mondi paralleli. »
Ichigo tirò su con il naso e poi annuì, abbassando di nuovo lo sguardo prima di stringerlo in un abbraccio, cercando il suo calore.
« I love you, Red,» le ripeté lui a bassa voce, lasciandole un bacio sulla testa.
Rimasero abbracciati ancora qualche istante, Ryo che continuò ad accarezzarle piano la schiena finché non fu sicuro che si fosse calmata un po'.
« Credo che andrò a farmi un bagno, » mormorò infine lei, passandosi un'ultima volta i dorsi sulle guance per cancellare il pizzicore delle guance.
« Vuoi che ti raggiunga? » le domandò il biondo.
Ichigo tentò di abbozzare un sorriso: « Magari dopo, ti spiace? Voglio solo… rintontirmi. »
« D'accordo, » Ryo le diede un buffetto sul naso, « I'll make us pancakes for brunch, alright? »
La rossa tentò nuovamente di sorridere e annuì pigramente, dirigendosi al piano superiore con lentezza. L'americano rimase a guardare la sua schiena, le spalle un po' incurvate, finché non sparì nel corridoio, poi lanciò la testa all'indietro ed esalò esausto.
« What the fucking fuck. »


**


Retasu asciugò con un panno l'ultimo piatto che le passò Pai e lo ripose accorta nella credenza, rivolgendo un sorriso di ringraziamento al marito.
«Abbiamo fatto un po' tardi stasera, » commentò lui, lanciando un'occhiata all'orologio appeso alla parete.
La verde si accarezzò sovrappensiero il pancione: « E' sabato, dopotutto, e c'era una marea di vestitini dei fratellini di Purin-chan ancora in perfette condizioni, non è stato semplice scegliere qualcosa senza di lei. E poi mi sembrava che tu e Taruto foste davvero impegnati con la Playstation. »
L'alieno ignorò quel commento e la seguì in salotto, pronto a rilassarsi mezz'ora con uno di quegli sciocchi programmi umani.
« Più che altro, non ho sentito né Ichigo-chan né Minto-chan, oggi, » continuò la moglie, aggrottando preoccupata la fronte, « Di solito il sabato sera facciamo sempre qualcosa… era oggi che dovevano andare su Gea? »
Pai sbuffò irritato: « Non mi dire che hanno continuato a dare retta a quella storia. I passaggi nel portale vengono controllati, lo sa quell'idiota di mio fratello? »
« Sono sicura che - » Retasu aveva già preso in mano il cellulare, quando il trillo del campanello l'interruppe. Si scambiò uno sguardo con il viola, incuriosita. « Non stavamo aspettando nessuno, vero? »
« Non che io sappia. »
Pai si alzò dal divano, incerto, e controllò dal buco dello spioncino un istante prima di sbuffare. Retasu lo guardò interrogativa, ma gli occhioni blu si tinsero di preoccupazione quando vide chi sostava dall'altra parte dell'uscio, grondante di pioggia.
« Kisshu-kun! » esclamò allarmata « Che succede? Che ci fai qui? Perché hai… ? »
Lui ignorò palesemente il fatto che la mewfocena si fosse concentrata sul borsone nero ai suoi piedi, e cercò di sbarazzarsi di quanta più acqua possibile sui gradini dell'ingresso: «Scusate l'interruzione e la mancanza di preavviso, ma… mi sarebbe molto comodo il vostro divano, per un po'. »
« Che hai combinato? »
Retasu lanciò un'occhiataccia al marito e lo costrinse a scostarsi così che Kisshu potesse entrare: « Non c'è nessuno problema,» si affrettò a incoraggiarlo, «Vai subito in bagno a farti una doccia prima che ti prenda la polmonite, ci sono gli asciugamani puliti nel mobiletto blu. Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo intanto? »
« Pesciolina, tu sei la migliore, ma sono a posto, grazie, » le rivolse una smorfia in cui lei non poté non scorgere la tristezza, « Mi basta solo un cuscino e dodici ore di dormita. »
« D'accordo, se cambi idea fammi sapere, non è un problema, » la verde gli ricambiò il sorriso, cercando di apparire rincuorante, « Ti preparo il tatami nella camera del bambino, tanto per altri tre mesi sarà vuota.»
Kisshu annuì appena, bofonchiando un grazie poco convinto, e si chiuse in bagno, il rumore dell'acqua corrente che seguì poco dopo.
« Io però vorrei sapere che diamine ha combinato prima di dargli asilo politico,» borbottò Pai.
Retasu gli diede un colpetto sul braccio: «Non vedi che faccia aveva? Deve essere successo qualcosa di grave. Dici che devo chiamare Minto-chan e dirle che è qui? »
« Qualcosa mi dice che è l'ultima preoccupazione di Aizawa, in questo momento. »
La moglie soppesò il cellulare che ancora stringeva, poggiandoselo contro al mento mentre rifletteva, poi lo sbloccò e digitò velocemente.


Ichigo era stesa sul letto a fissare il vuoto del soffitto quando il cellulare le trillò a pochi centimetri dall'orecchio. Lo cercò a tentoni con un grugnito, troppo spossata anche solo per girarsi di pancia, e se lo fece cadere sul naso non appena se lo portò di fronte.
« Ahia, » si lamentò da sola, digitando tre volte il codice prima di beccarlo.

Kisshu è qui da me. Ha una cera un po' brutta, sai se è successo qualcosa con Minto-chan?

 
Sentì il cuore affondarle colpevole nello stomaco; emise un mugolio incerto, appoggiandosi le mani sugli occhi come se ciò avrebbe contribuito a farla pensare meglio. Si sarebbe data una pacca in testa da sola. Fece un paio di respiri profondi, poi tese l'orecchio: anche se era sabato sera ormai avanzata, Ryo era chiuso nel suo studio probabilmente impegnato a scaricare la tensione con dei videogiochi – non che lei potesse biasimarlo, dopotutto, anzi, era stato così incredibilmente paziente con lei… e lei aveva bisogno davvero di starsene un po' da sola in silenzio, a riordinare i pensieri.
Rotolò giù dal letto e camminò a piedi scalzi sul largo tappeto bianco, sentendosi nervosa come non mai. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva litigato con Minto, e dopo quella mattina… prese un'altra boccata d'aria, raggiunse la finestra dal vetro bagnato e ci appoggiò la fronte, cercando un po' di frescura mentre scrollava lentamente l'elenco dei nomi in rubrica.
Il cellulare squillò a vuoto cinque o sei volte, ogni trillo un battito più forte del suo cuore, finché non si udì il click della linea che finalmente trovava risposta.
Ichigo sbatté le palpebre un paio di volte, a disagio per il silenzio dall'altra parte: « Minto-chan? »
Poté udire un po' di staticità, prima che la risposta arrivasse in un sospiro nervoso: « Dimmi. »
« Ehm, ciao, » Ichigo picchiettò l'unghia del dito indice contro al vetro, seguendo il tragitto di una goccia, « Volevo sapere come stavi, Reta-chan mi ha scritto perché — »
« Francamente, Ichigo, non mi interessa. »
La rossa rimase appena spiazzata, la voce gonfia dell'amica incapace di non far trasparire gli evidenti indizi del pianto: « Minto-chan, io… »
« Tu, tu, tu, sempre tu, » l'interruppe con astio la mora, « Lo abbiamo capito, direi, che questo è il problema, no? Volevi il tuo bel lieto fine, be', complimenti. »
Ichigo si morse il labbro inferiore, gli occhi che già cominciavano a pizzicare: « Lo sai che non volevo che… pensavo sarebbe stato… »
« Come, Ichigo, come?! » non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva sentito Minto strillare sul serio, « Devi crescere, è ora di smetterla di credere alle favole! Santo cielo, ma dopo tutto quello che abbiamo passato da quando avevamo tredici anni, tu davvero credevi che sarebbe andato tutto come nel tuo stupido libro? Per quanto io stessi con un diamine di alieno di un altro pianeta, la realtà delle relazioni è comunque molto diversa dalle tue fantasie di Cenerentola, quindi la prossima volta che ti fai assalire dal panico pre-matrimoniale, abbi la grazia di lasciarmi fuori e smetterla di rovinarmi la vita! »
Nonostante il gelo che le calò addosso nel sentire quelle parole, a Ichigo non sfuggì il riferimento en passant a Kisshu, che le fece stringere ancora di più lo stomaco in una dolorosa morsa. Era abituata alla tendenza al melodramma, a volte, di Minto, però…
« Mi dispiace, » balbettò, la gola stretta in panico, « Minto-chan, ma stai - »
« Lasciami stare, Ichigo, » la gelò la mora, e buttò giù il telefono senza darle il tempo di replicare.
Ichigo rimase ferma una manciata di istanti, il senso di colpa che pesava come un macigno su di lei, un presentimento di abbandono e solitudine che le assalì l'esofago, rendendole ardui i respiri e appannandole la mente.
La voce di Ryo che chiamò il suo nome dall'uscio della camera la fece sobbalzare, eppure non poté sopportare la vista del suo viso preoccupato, della sua postura rigida e tesa, della ruga tra gli occhi che le ricordava terribilmente certi sguardi che le aveva rivolto sofferente quando avevano avuto quindici anni. Scosse la testa e lanciò il telefono sul letto, sorpassandolo di corsa e rifugiandosi nella stanza degli ospiti, la testa che crollò sulle ginocchia strette al petto mentre crudeli lacrime di colpa le bruciarono le guance.



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Su le mani chi mi odia e pensa io sia un'autrice terribile! :D Buonasera carissimi,  il popolo ha parlato su Facebook e quindi ho mantenuto la promessa :3
Questo è il primo dei tre capitoli dell'epilogo così sudato di questa serie così crudele ;) Ovviamente io non mi pronuncio su come andrà a finire  perché altrimenti dove sarebbe il divertimento? :D
Intanto sappiamo che sono tornati a casa, vediamo chi arriva al matrimonio ;)
Grazie ovviamente a chi mi supporta e sopporta costantemente, la sezione è un po' calata in questi ultimi tempi ma credo sia normale, visto ceh sta arrivando l'estate ^^''''' Anche se una parolina fa sempre piacere <3 Prometto che mi saprò far perdonare in qualche modo LOL
Il prossimo capitolo non dovrebbe tardare molto, dipende dalla quantità di lavoro che mi appiopperanno! Datemi una quindicina di giorni almeno di pazienza, altrimenti i dilemmi si risolvono troppo in fretta :P
A presto e un bacione a tutti!

Hypnotic Poison


   
 
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