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Autore: emmebelloc    24/05/2018    1 recensioni
La tentata vendita di un tanto improbabile quanto reale, venditore di pubblicità.
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parcheggio l’auto in pieno sole di fronte al bar. Sono giorni che lo tengo d’occhio. Hanno cambiato gestione, stanno ristrutturando e non c’è niente di più facile che vendere pubblicità ad una nuova attività. Da quando mi sono licenziato da operatore al tornio cnc mi occupo di marketing. Le vetrine del bar sono tappezzate da vecchi quotidiani. Sono giorni che passo, la porta l’ho sempre trovata chiusa e bussando, nessun artigiano è venuto ad aprirmi per comunicarmi il numero di telefono del titolare. Il tempismo ha un ruolo fondamentale sulla percentuale di riuscita della vendita. Pubblicizzare l’inaugurazione assicura un 90% di probabilità di concludere, se il locale è già aperto diventa 70%. Se passa un mese dall’apertura la percentuale scende al 30%. Se dopo tre mesi il locale non ha sufficienti clienti, la probabilità di fargli firmare un contratto pubblicitario risale al 90%, la stessa percentuale del respingerti il pagamento delle fatture. Avvio la preparazione psico-fisica per l’appuntamento a sorpresa. Con sette respiri violenti per l’ossigenazione del cervello, mi accorgo di esagerare quando a pugni chiusi, tossisco e sputo una foglia aspirata da terra che mi si era incollata in gola. Scendo dall’auto, chiudo la portiera, riapro la portiera e risalgo. Non è una buona idea parcheggiare l’auto di fronte al bar, potrebbero vederla. Ha vent’anni, la carrozzeria è ammaccata, graffiata, grattuggiata, abrasa, scolorita, attaccata da uno stormo di picchi rossi. Non la lavo da quattro anni per paura che si sciolga. Verifico che radio, ventola e luci siano spente per permettere alla batteria di fornire tutta la potenza disponibile esclusivamente al motorino d’avviamento. Giro la chiave dell’accensione. Il suono di un gatto in fuga con una lattina legata alla coda, di un bambino che con un cucchiaio di legno pesta forte su di una latta e di un barbiere che affila il rasoio sulla cinghia di cuoio, mi confermano che il motore si è acceso. Alla musica di un tango zoppo danzato da bielle e pistoni, riparcheggio in una via laterale dietro ad un cespuglio ricoprendoo tetto e cofano con arbusti secchi. Sostituisco gli occhiali da sole con quelli da vista e mi avvio a piedi alla meta controllando che la patta dei pantaloni sia chiusa. E’ il mio giorno fortunato, la porta del bar è semiaperta. Allungo il collo nel pertugio ed entro con la stessa discrezione di Diabolik nel furto di diamanti al museo. Li vedo, sono in tre a ridosso di un tavolino appoggiato a gambe all'aria su di un altro tavolino. Stanno cercando di infilare l'ultima vite, sorella dell'ultima vite che non si riesce mai a svitare, che assicurerà le gambe al piano del tavolo. Mi avvicino e li osservo. A operazione d'avvitamento conclusa la mia vista li spaventa in un muto urlo di terrore in posizioni innaturali. Il basettone biondo rockabilly molla la mascella fino ad appoggiare il mento al tavolino, il paccioccotto in tuta blu aggrappato al tavolino valuta le vie di fuga con rotazioni della testa da fare invidia al gufo, il terzo immobile nella stessa posizione di chi alzatosi dal water si accorge dello stronzo che gli è rimasto attaccato al culo solo quando come foglia d'autunno da mezzo chilo centra in pieno le mutande calate. Saluto e senza presentarmi, chiedo del titolare. Nessuno parla, nessuno si muove, nessuno respira. Non riescono ad inquadrarmi, non capiscono chi io sia, sento la loro paura. Non vesto tradizionale. Vesto elegante ma scombinato. Come un uomo nudo che scappa correndo attraverso le bancarelle del mercato, arraffando capi d’abbigliamento a vanvera tanto per coprirsi e far cessare le urla stridule delle vecchiette appena uscite dalla messa. Necessitando di una borsa che raccolga listini e contratti, mi è parsa una buona idea avvalermi di una di quelle borse da bici che si attaccano al manubrio della bicicletta. Guardano me e la borsa, la borsa e me e percepisco il loro disorientamento per la borsetta da ciclista che porto a tracolla che non riescono a decifrare. Le traiettorie degli sguardi corrono veloci come su un circuito di Tron, la palpebra di un occhio sbarrato vibra, una goccia della fronte esplodendo fa plic. Godo il quadretto in silenzio immaginandomi ufficiale della finanza, dell'inps, dell'inail, dell'asl del ciuli fruli o giuli. Quando mi presento, gli immaginari spettatori seduti in sala per godersi questo film udirebbero il suono di un grande gong d’ottone di fine round, suonato da un lottatore di sumo col pannolone, che fa di tutti noi, famiglia riunita per il pranzo di Natale. Mai ricevuta tanta accoglienza nel vendere pubblicità. Il giorno dopo, sul giornale lessi del loro arresto. Nascondevano il vecchio titolare del bar nel congelatore. Forse pensavano fossi della squadra omicidi.
   
 
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