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Autore: Uptrand    24/05/2018    13 recensioni
William Coats ha compiuto un atto orribile come persona, ma ordinario come soldato: ha ucciso una persona.
Adesso in qualche modo cerca di riprendersi.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non credevo che avrei provato questo, io e il mio gemello abbiamo fantastico infinite volte su come sarebbe stata la prima volta. 
Nella nostra mente tutto sembrava eclatante, divertente. Quanto mi e ci sbagliavamo. 
Quel fottuto bagno non mi è mai parso cosi distante, ma non capisco se è anche colpa delle mie gambe. Ho quasi l'impressione che non mi reggano, forse è davvero così. 
Sono sicuro di essere pallido e di star tremando. 
Mi fermerei, se non volessi mantenere quel minimo di decoro che mi impone di non vomitare in uno dei corridoi della caserma.
Finalmente trovo quella maledetta porta, mi infilo dentro e presto mi trovo davanti a l'unica cosa che in quell'istante mi possa dar sollievo. 
Il Water.
Mi chino in avanti aprendo la bocca, lascio che il mio stomaco faccia come meglio crede. 
Non ci va molto, posso dire addio al mio pranzo.
Qualsiasi cosa avessi ingoiato, ora galleggia nel gabinetto davanti a me. 
Non sto bene, per niente. 
Come fanno gli altri a sopportarlo? I miei genitori? I miei amici? 
Odio pensarci a quante volte devono averlo fatto. 
Non c'è stato niente di “figo”, lo definirei quasi ridicolo o patetico. Una serie di circostanze non calcolabili in cui l'aleatorietà della situazione aveva un peso enorme. 
Riecco il mio cervello che ricomincia a calcolare.
Non c'è però niente da calcolare. 
Ho ucciso un individuo, è stata la mia prima volta e adesso mi faccio schifo. 


Martyn Coats, colonnello dell'Alleanza dei Sistemi e assegnato ai servizi segreti di quest'ultima, rispose alla chiamata vedendo comparire sullo schermo del comunicatore il nome di suo figlio. 
« Ciao William. » disse e si fermò, l'espressione pallida e seria di suo lui lo preoccupò. Insieme a Henry erano due veri combina guai, tanto geniali quanto poco rispettosi delle regole. Entrambi con  occhi e capelli scuri che avevano preso da lui, mentre la carnagione chiara era un'eredità materna. 
Si erano arruolati da un paio d'anni nell'Alleanza, quest'ultima era pronta a fare carte false per averli al proprio servizio. 
Purtroppo questo formidabile duo aveva rifiutato ogni possibilità di lavorare nei servizi segreti, preferendo il classico ruolo di soldato. Avevano diciannove anni, ambedue nutrivano ancora qualche illusione sulla vita del soldato. 
« Ho ucciso una persona, papà. » affermò sconsolato il figlio. L'uomo si portò una mano sulla nuca, accarezzandosi i capelli rasi in stile militare. Un gesto abituale che faceva quando doveva riflette, qualcosa di cui ormai non si rendeva nemmeno conto. 
Come qualsiasi persona, Martyn per un attimo sentì il suo cuore esplodere pensando al peggio. Ma gli anni nel suo lavoro gli avevano insegnato a non saltare alle conclusioni. Aveva superato i cinquant'anni, non sarebbero certo divenuto un ufficiale dei servizi segreti se non avesse imparato qualcosa in tutti quegli anni. La lezione più importante: rimanere calmi. 
« Spiegati, per favore. » 
« Eravamo di pattuglia ai margini della colonia, quattro ore fa, ci viene segnalato che dei banditi si stavano dirigendo verso di noi su un mezzo rubato. A quel punto non saprei dire cosa è successo. So che li abbiamo avvistati, dopo ho solo immagini confuse con un sacco di rumori. Ricordo solo di essermi disteso a terra, aver preso la mira e un attimo dopo uno dei ladri ruzzolava giù dal veicolo. Non riesco a crederci di averlo fatto, ho ucciso una persona. Dopo mi sono avvicinato al suo cadavere, mi sono sentito in colpa mentre gli fissavo il volto. Mi sento malissimo. »
Martyn sospirò, sapeva che era un racconto orribile ma in un certo senso si sentiva sollevato. 
Aveva pensato al peggio, quando aveva sentito la confessione del figlio. Gli incidenti fatali potevano sempre capitare. 
In questo caso l'azione era stata perfettamente legale, era rincuorato da ciò e comprendeva il malessere del figlio. Ci erano passati tutti. 
« Hai scoperto che non solo nella guerra, ma anche nel semplice combattimento non c'è niente di figo. »
« Figo? È disgustoso. Ho sempre pensato che sarei stato in grado di farlo, dai racconti di guerra che ho sentito sembrava tutto così facile. »
« Ho vomitato per tre giorni di fila, la prima volta che ho ucciso. »
« Tu? » 
« Già e ti dirò, sono contento che anche tu ti sia sentito male. »
Quelle parole lasciarono il figlio sbalordito che chiese spiegazioni.
« Hai ucciso una persona, sei un soldato ma prima di questo sarei sempre un individuo con dei sentimenti. Sentirsi male, dopo averlo fatto, è la cosa più normale che esista. Significa solo che hai dei sentimenti, sarei stato molto più preoccupato se fosse stato l'incontrarlo. Il mio consiglio è solo quello di non focalizzarti su quanto accaduto o pensare di aver fatto male. Per i prossimi giorni non riuscirai a pensare ad altro, ma cerca di farlo. Non dico di dimenticare l'accaduto o di far finta di niente. Solo non lasciarti condizionare. Se può esserti d'aiuto: pensa che se tu non avessi sparato a lui, lui avrebbe sparato a te. Per adesso prenditi un po' di tempo. »
Andarono avanti a parlare per un po', alla fine William riuscì lo stesso a sentirsi meglio per aver condiviso i suoi sentimenti con il padre. 
Si era davvero sentito un mostro, era bello sapere che non era tale. 
Il suo omnitool squillò, una chiamata dal suo gemello. « Ciao Henry. »
« Fottuto bastardo! Raccontami tutto! » disse l'altro, entusiasta e felice.
Lui subito si rabbuiò « Non è stato divertente! » 
iI fratello ammutolì, l'aveva chiamato appena aveva potuto una volta informato da un messaggio ricevuto proprio da lui. Era ansioso di sapere, per la prima volta uno di loro aveva partecipato a uno scontro a fuoco. Non era uno dei tanti racconti che avevano udito.
L'altro sembro intuire qualcosa « Ti va parlarne? »
« Grazie fratello ma non adesso. Non ho voglia di ricordare. »
« Ok, ma se serve chiama quando vuoi. »
Un breve saluto e la comunicazione ebbe termine.
*****
 
Una settimana dopo William poteva dire di stare meglio, non a posto, ma era sulla buona strada. Pensava ormai poco a quell'evento, di notte dormiva nuovamente bene. 
Però a volte, spesso casualmente, quel ricordo ritornava violentemente alla memoria.
In quegli istanti quasi avvertiva la sua mente andare fuori controllo per un paio di secondi, il battito del suo cuore accelerava e mentalmente si poneva la domanda “ Come ho potuto farlo? “
Proprio come stava accadendo adesso, era nella mensa della caserma, in fila per il pranzo quando per due secondi parve congelarsi. I suoi occhi fissarono il vuoto. 
Poi tutto passò e lui si sentì nuovamente padrone di se stesso, nessuno parve essersi accorto di niente. Sospirò, chiedendosi cosa poteva fare. 
Distrattamente, da un televisore in sala, udì le previsioni meteo di quel giorno. A sentire la data, si ricordò che da domani e per tre oggi sarebbe stato in licenza. 
La sua mente tornò a fare quello che sapeva far meglio, ragionare per trovare soluzioni. Ne formulò una, solo il viaggio avrebbe consumato quasi del tutto il tempo a sua disposizione ma decise di provarci.

 
*****
 
Il giorno dopo era su Sur'Kesh, in uno dei locali dove i giovani andavano per divertirsi. Niente di particolare, tranne che per il fatto che erano per lo più alieni. I salarian, nativi di quel mondo, avevano idee di divertimento che si distaccavano leggermente da quelle più comuni nel resto della galassia. Non mancavano i loro simili, ma per lo più i frequentatori di quel locale erano alieni come lui. Anche per via della vicinanza alla prestigiosa scuola Zifas Obeno.
Lui attendeva in un salottino privato, questo era leggermente più in alto rispetto al resto del locale e una vetrata gli concedeva un'ampia visuale. Gli era stato detto di aspettarla lì. 
« Ciao William. » disse una voce femminile alle sue spalle, quando la porta si aprì.
Quando i suoi occhi si posarono sulla persona appena entrata, sentì chiaramente il suo sangue fluire altrove. Trish Weaver era davanti a lui, più bella e sexy che mai. 
Indossava un mini abito di colore turchese, con un'ampia scollatura e la schiena nuda. 
« Wow. » commentò lui. Era decisamente sorpreso, era stata lei a proporle quel posto e a prenotare quella stanza privata. Lui non ne avrebbe mai avuto i soldi. Non riuscì a chiedersi quali fossero le intenzioni di lei, una parte di lui sperava che la situazione prendesse una certa piega. 
Trish lo fissò intensamente per un istante, lui imprecò sapendo cosa significava quell'atteggiamento. 
« Mi dispiace, non sono venuta per il sesso. » disse la bionda. 
“Maledetto, linguaggio del corpo!” pensò lui, mentre in viso gli compariva un sorriso sghembo. Anche se era amico delle sorelle Weaver, il loro modo di fare spesso lasciava interdetti. 
« No, figurati, colpa mia...credo. » Non del tutto convinto di essere in colpa per qualcosa. Era pur libero di pensare quello che voleva? Anche qualcosa di sconcio su una cara amica, se oltre ad essere bella si presentava in quel modo. 
La capacità di lettura del corpo delle sorelle Weaver però permetteva a loro di intuire e comprendere molti pensieri non detti. Quando l'aveva vista, il suo corpo aveva reagito come si sarebbe aspetto da un maschio e il sangue era stato pompato dove gli impulsi lo volevano. 
« Tutto bene? Come procedono gli studi per diventare la prossima “Signora di Noveria”? »
Lei si sedette, accavallando le gambe. Lui la maledisse. 
« Non sono un genio, ma non mi posso lamentare. Grazie a te e a Henry che mi rispondete ogni volta che ho dei dubbi. È bello e comodo avere una coppia di geni per amici. »
« Non c'è di che. La tua fidanzatina asari, quand'è che ce la presenterai? O la presenterai in famiglia? » 
« Chissà perché ho l'impressione che mia madre non la prenderebbe bene, a sapere che faccio sesso. In ogni caso non è la mia fidanzata, è … »
« Cosa? »
« Una socia e amica con cui ho un'intesa sessuale. » 
« La differenza? »
La ragazza mise il broncio, gonfiando le guance « C'è! »
Lui sorrise « Ok, hai ragione, mi faccio i fatti miei. » 
« Veniamo al dunque, mi volevi parlare. Qui nessuno ci disturberà, da come ci siamo sentiti mi è sembrato di capire che volessi riservatezza. » 
« Non lo nego. » e le sedette accanto. 
« Quello che vorrei è un confronto onesto su un argomento, temo che tutti gli altri finirebbero per “addolcirmi la pillola.” Vorrei invece un parere razionale. »
« Su cosa? »
« Su cosa si prova a uccidere? »
Trish si fece seria « Perché io? »
« Mi sei sembrata la persona più adatta a cui chiedere. Come ho detto, altri farebbero di tutto per non farmi preoccupare. Cosi ho pensato a voi sorelle Weaver: Diana l'ho esclusa perché è la ragazza di mio fratello, è facile che lui venga a sapere qualsiasi cosa io le dica. In più perché... »
« Mia sorella manca della capacità di prendere le cose seriamente. Ho quasi l'impulso a chiederti scusa a nome suo. A volte mi chiedo cosa pensa di fare nella vita. » 
Lui sorrise sommessamente, a quell'affermazione era fin troppo veritiera su Diana. 
« Ci sarebbe Alexya? » commentò lei. 
« Come potrei dire...lei è... azione, pensiero, azione, pensiero... non lo so, non mi sembra la persona più giusta quando si hanno dei dubbi. Sarebbe un poco angosciante. »
Trish ridacchiò a quella descrizione della sorella che però le calzava alla perfezione.
« Quindi rimango io, solo per un fattore di esclusione? » 
« Assolutamente no, dopotutto penso che tu sia quella con il carattere più aperto a una discussione.  Considerando che vuoi succedere a Dasha, molte cose le dovrai risolvere disuctendo. »
« Sentiamo, cosa ti tormenta? »
 Fissandola, lui dichiarò « Ho ucciso una persona. »
Trish si fece attenta e William era sicuro che stesse leggendo ogni segnale del suo corpo.
« Come potrei aiutarti? » 
« Ho raccontato dell'accaduto ad altri, però ho la sensazione che manchi qualcosa. Che ci sia qualcosa di non detto. Mio padre mi ha raccontato della prima volta che ha ucciso, di come è stato male per tre giorni. Ho una sensazione indefinita che non riesco a comprendere. »
Trish fece qualcosa di inaspettato, si mise a cavalcioni su di lui. Lo guardava dritto negli occhi, mentre i loro corpi aderivano. 
William però non provava nessun piacere particolare, sotto quello sguardo era come se la sua anima venisse sezionata. 
Lei sorrise in modo pericoloso e seducente « È il piacere. »
« Cosa? »
« Nessuno di loro ti ha parlato del piacere provato nell'uccidere. » 
« È ridicolo, non ho provato nessun piacere e sicuramente non loro … »
Il pugno della ragazza si abbatte con forza sul divanetto, le cui parti interne di metallo cigolarono rumorosamente. Da qualche parte sembrò che una vite si fosse sfilata. La forza fisica che i poteri biotici conferivano a Trish, non era seconda a nessuna o da sottovalutare. 
« Non osare contraddirmi o pensi di poterlo fare? Sulla morte e uccidere so più cose di quante tu potrai mai impararne. Mi hai chiesto la verità, l'avrai. » 
Bloccato in quella posizione, lui deglutì a fatica. « Di che piacere parlavi? »
« Di quello di essere rimasto in vita. Non lo riconosci perché sei stato educato a vedere solo un fatto orribile, ti concentri solo su quello. Ti rifiuti di riconoscere il sollievo che ti da sapere di essere rimasto in vita, lo rifiuti perché nell'accettarlo ti sentiresti in colpa. La verità è che ogni volta che uccidiamo qualcuno, non importano le circostanze, ci sentiamo sollevati. Credi che tuo padre, visto che l'hai menzionato, non abbia esultato all'idea di essere rimasto vivo. Nell'uccidere c'è questo sottile piacere che la società civile c'impone di non riconoscere, perché nasce da un fatto ritenuto sbagliato. Viene accettato che a volte chi ci difende è obbligato a uccidere, ma non che i nostri difensori potrebbero esultare al riguardo. Eppure cosa ci sarebbe di male? È vivo, perché non potrebbe sentirsi felice di ciò? Perché un soldato non potrebbe gioire di aver ucciso tutti i nemici? Queste immagini non vengono mai mostrati dai mezzi di comunicazioni, troppo violente dicono. In quei casi, tutti si concentrano sulla gravità della situazione. Sguardi seri e visi tirati, in teoria carichi di significato. Ridicolo, una messinscena per il pubblico. »
« Cosa dovrei fare? »
« Esaltati! Grida, si felice di essere in vita. Lascia che il piacere t'invada la mente. Gioisci mentre quel fottuto bastardo che hai affronto è morto. Lo capisci, hai combattuto e sei vivo! Segui l'eccitazione, non mi sono certo vestita così a caso. L'unica cosa eccitante come il fatto di rimanere in vita è il sesso. Ricorda l'eccitazione di quei momenti, di quello che essa ti suggerisce.»
« Sono vivo. »
« Esatto, di quello che non hai mai osato dire. Fanculo le convenzioni sociali. Gioisci pure della morte altrui, se questo vuol dire che sei rimasto vivo. Bisogna gioire, i piagnistei del senso di colpa sono ridicoli. Ributtanti. » 
« Io... »
« Si? » 
« Porca puttana... »
« Ecco... »
« Sono vivo cazzo! Quel fottuto bastardo, figlio di puttana, è morto. Stronzo, hai avuto quello che meritavi. Io sono vivo, vivo, perché ero migliore di lui. Dio, che soddisfazione. Sentire il mio cuore battere, non è mai stato tanto bello come nei minuti successivi a quello che avevo fatto. La colpa è arrivata subito, ma i primi istanti ammetto di aver provato un'incredibile senso di leggerezza e tranquillità. » 
« Vero! Quel momento è magnifico. »
« Mi sento un super uomo e... » 
Lo schiaffo arrivò improvviso, zittendolo. Lui la guardò esterrefatto e dolorante.  Gli aveva fatto veramente male. 
« Adesso non esagerare. Esaltarsi troppo è da dilettanti, in genere non vivono mai a lungo. » e dopo l'ennesimo intenso sguardo chiese « Come ti senti? » 
« Dispiaciuto per quello che ho fatto, ma tutto sommato sereno. A posto con la coscienza. » 
« Contenta di esserti stata d'aiuto, ma... » 
« Ma? »
« Non pensi sarebbe il caso di confessare i tuoi sentimenti? Pensare ad altro in questi casi è d'aiuto.»
Lui s'irrigidì a quella frase « Di che stai parlando? »
« Smettila di fingere, non pensi che questo momento sarebbe adeguato? Tutti hanno bisogno di combattere per qualcosa di concreto e tangibile. I buoni propositi servono a poco. Credo che avresti bisogno proprio di una ragazza, per rimanere sulla retta via. »
William era a dir poco spiazzato. Che diavolo stava succedendo? Com'erano finiti a parlare di quello? Considerando che era un segreto di cui non aveva mai parlato a nessuno.
Trish si mosse stringendo le gambe, lui sembrò accorgersi solo ora dell'imbarazzante e compromettente posizione in cui si trovavano.  
« Se ti può tranquillizzare... » disse la ragazza « Così a tatto, da quello che sento, il tuo pene mi pare nella norma come dimensioni. So che per voi maschi è una questione importante, avete sempre qualche ansia al riguardo. Anche se ammetto di non essere un'esperta, le mie sole esperienze di sesso sono con un'asari. » 
Lui era rimasto con la bocca aperta, incapace di dire qualsiasi cosa. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto rispondere. Eppure, adesso che lei aveva menzionata il suo organo sessuale, sentiva bene come la sua erezione premesse da dentro i suoi pantaloni. Proprio sopra ad essa, le mutande di Trish Weaver. Con indosso quel mini vestito, non c'era abbastanza stoffa perché facesse da barriera. 
« Io... da quanto sapete? » riuscì infine a dire, deglutendo a fatica.  
« Dalla Grissom, in pratica da  anni. » 
« Solo voi, spero. »
« Anche Henry. »
« Mio fratello sapeva? » 
« Ovvio. » 
« E lei? » chiese con una punta di terrore.
« Non se ne è mai accorta. »
A quel punto gli venne un'idea « Se voi avete intuito cosa provavo, allora potevate farlo anche con lei! »
« Vuoi sapere cosa prova con te? » - disse Trish e sorrise - « Non funziona così, troppo semplice, se vuoi una risposta dovrai dichiararti di persona e senza sapere. » 
« Non lo farò mai, mi rifiuterà di sicuro. » 
Di fianco a William, il divanetto fu sventrato dalla mano della ragazza. « Mi pare di avertelo detto, trovo orribili i piagnistei. Cosa farai ora? » chiese lei, passandogli quella stessa mano fra i capelli.
Era sua amica, era certo che non gli avrebbe mai fatto male. Tuttavia... era uno dei biotici più potenti e fra le migliori assassini della galassia, in quel momento appariva minacciosa.
« Andrò! »
« Ottimo! » rispose lei raggiante.
« Per i danni al divanetto... »
« Non ti preoccupare, risolvo io. »
« Ancora una domanda: come ho la faccia? Dal tuo schiaffo mi fa ancora male. »
Trish sudò un attimo freddo, doveva aver leggermente esagerato. La guancia non solo era gonfia e arrossata, in alcuni punti stava diventando viola. Lo stampo delle dita di lei era quanto mai visibile. Aveva sperato che la situazione non fosse così brutta come le appariva, preferendo far finta di niente.  
« Io... tutto a posto, dirigiamoci allo spazio porto! »
« Vuoi andare sulla Terra! Adesso? » 
« Considerati i diversi fusi orari faremo quanto mai in tempo. » 
« Ma...» 
Sguardo terribile di lei.
« Ok. » 
Trish sorrise, adesso doveva trovare solo un modo per medicare quella guancia. 
*****

Essere accompagnato da Trish Weaver, aveva risolto ogni problema logistico. In appena sei ore erano sulla Terra, in Costa Rica, davanti all'accademia militare Alfonse Larke
« Mi fa male. » mormorò William, la guancia sinistra era terribilmente bendata. Inevitabilmente aveva scoperto quali fossero le sue vere condizioni. Trish aveva provato a rimediare dandogli del ghiaccio, non era bastato. 
« Mi dispiace. » ripete per l'ennesima volta lei. 
Erano all'ingresso, in segreteria dove dopo aver rilasciato le proprie generalità aveva spiegato il suo bisogno di parlare con uno dei cadetti della scuola. 
Attendevano, nel frattempo Trish si era opportunamente cambiata durante il viaggio. Indossava abiti sportivi, non per questo era meno avvenente.
L'avvertirono ancora prima di vederla, Trish alzò leggermente la testa. 
William invece fece un respiro profondo, sapeva bene quale senso di oppressione potessero esercitare. 
Alexya Weaver si stava avvicinando: magnifica e superba. Guardava dritta davanti se. Lo stesso volto di Trish, ma con un acconciatura diversa. Come tutti lì dentro, tranne loro due, portava indosso la divisa dell'accademia. 
Lui sentiva tutto il peso di quello sguardo su di sé. « Mi pare incazzata. » mormorò a Trish.
« Lo è sicuramente. » 
In men che non si dica gli fu davanti, ancora una volta sembrava che la sua anima venisse sezionata sotto quello sguardo indagatore. Come la sorella, Alexya stava studiando quello che il suo corpo trasmetteva. S'impose di rimanere fermo.  
« Oh beh, almeno hai intenzioni serie. Mi sarei arrabbiata, se fosse stato l'incontrario. Ricorda solo che si tratta della mia migliore amica. »
«  Se non fossero state tali, cosa avresti pensato di fare? »
Lei si limitò a dedicargli un'ultima fugace occhiata e ignorando la domanda, si rivolse alla sorella. « Ciao Trish! »
« Alexya. » 
Si abbracciarono e presero a parlottare.
« Ok, ma lei dov'è? » chiese lui.
« William! » la voce di Taiga risuonò forte e chiara, si voltò ritrovandosela abbracciata al collo. Non pote fare a meno di sorridere, notando come ella dovette mettersi in punta di piedi per riuscirci. 
La ragazza era di corporatura minuta, filiforme. Lui l'aveva trovata terribilmente graziosa. 
Sembrava fragile a prima vista, ma sapeva essere una “tigre” in certi momenti. 
« Ho saputo cosa ti è successo. Stai bene? » domandò lei staccandosi. A lui sembrò di perdersi in quegli occhi castani, dello stesso colore dei capelli, e in qualche modo si sentì tranquillizzato.
Lei provò un attimo di imbarazzo, di norma non si lasciava mai trascinare in quel modo. Poi perché la stava fissando in quel modo? Ma sapere di William l'aveva resa felice, dopotutto era un suo caro amico. Non le sembrò strano, però non aveva mai pensato di abbracciarlo in quel modo. Era stata un gesto istintivo. 
« Io... si, ecco, penso di si. Insomma ho parlato con Trish, mi ha dato dei buoni consigli. »
« Magnifico! » disse lei rivolgendo un'occhiata all'amica che alzò una mano sia per salutarla che per accettare i complimenti. « Quindi, cosa ti porta qui? »
« Una giusta domanda, ovviamente ha anche una risposta precisa ma... »
Una luce blu elettrico illuminò l'ambiente, facendo voltare entrambi verso la sua origine. Le due sorelle Weaver stavano brillando di potere biotico. 
« Che vi prende? » domandò Taiga, erano quasi ostili. 
William sibilò a denti stretti, non aveva via di fuga e lo sapeva. 
Guardo in avanti, prese il volto di lei tra le mani « Taiga tu mi piaci, sono innamorato di te, voglio essere il tuo ragazzo! » detto questo la baciò. 
Le sorelle Weaver annuirono soddisfatte di quella audacia, appena sufficiente per i loro gusti. 
William sentiva il vuoto più totale nella sua mente, si rendeva conto di cosa aveva fatto ma non ancora che era stato lui a farlo. 
Il cozzato lo prese sulla guancia lesa, mandandolo a terra mentre Taiga correva via urlando come un isterica. 
Henry, confuso e dolorante sul pavimento, la guardava allontanarsi senza sapere che fare. 
« Inseguila! » disse perentoria Alexya.
« Ma...» corse via, dopo lo sguardo omicida dell'amica.  
« Che problemi ha la gente a riconoscere un rituale d'accoppiamento? La femmina ha colpito il maschio, adesso lui deve inseguirla e sottometterla. Sempre se è un maschio all'altezza della compagna che sta inseguendo. Nessuno guarda più i documentari sugli animali, sono più esaurienti dei film porno sul tema dell'accoppiamento.» 
« Alexya, sorella, capisco perché sei ancora senza un compagno. » commentò Trish.
Lei rispose con una scrollata di spalle « Non mi interessa innamorarmi. Per il sesso ho risolto, ho comprato un vibratore. Anche se Taiga mi vieta di usarlo se lei è in stanza, non capisco quale sia il problema. » 
« Su questo ti devo dare ragione. » dichiarò seria la sorella, convinta anche lei che la società si facesse troppi problemi col sesso. 

 
*****

Intanto l'inseguimento era proseguito, Taiga era arrivata nel cortile ed era davanti alla chiesa.
Vide la figura del reverendo Golden china su un'aiuola « Reverendo mi aiuti, un maniaco mi insegue! » 
L'anziano prete di colore assunse un'espressione sbigottita « Cadetta adesso si calmi, entri in chiesa. Lì sarà al sicuro. » 
Lei corse dentro, rifugiandosi tra le sacre mura. Mentre il pover uomo non aveva idea di che stava succedendo. Era impossibile che un malintenzionato fosse entrato nella scuola, la cadetta Vega aveva dimostrato più volte di essere coraggiosa e di saper badare a se stessa. Inoltre con Alexya Weaver presente solo un pazzo avrebbe osato alzare un dito su di lei. 
Un forte rumore di passi lo fece voltare « Dove vai giovanotto? Non mi sembri di questa accademia. » 
« No reverendo. » gli rispose il presunto maniaco che aggiunse « Sono William Coats, sto cercando una mia amica. » Alzando ben la voce gridò « SI CHIAMA TAIGA E MI STA OSSERVANDO DA DIETRO UNA DELLE FINESTRE DELLA CHIESA! »
Il reverendo si voltò appena, giusto per vedere la testa della suddetta sparire. 
« Cosa vorresti dalla cadetta Vega? Mi pare che lei abbia tutte le intenzioni di evitarti. » 
« Già! Direi una risposta al fatto che io la amo e mi sono dichiarato. » 
« Beata gioventù. » disse ridendo il reverendo « Non credi che insistere troppo sia sbagliato? » 
« Temo che se tornassi indietro, senza aver concluso niente, Alexya me la farebbe pagare. » 
Il reverendo lo guardò attentamente « Entra pure. »
« Posso? Sul serio? » 
« Se conosci la cadetta Weaver, sai anche a quali rischi vai incontro se dovesse succedere qualcosa alla sua amica. » 

« Taiga? » mormorò William, spinto dalla sacralità del luogo a tenere una voce bassa.
Lei si era nascosta nel confessionale, non aveva idea di cosa stava facendo o come gestire la situazione. Era tutto ridicolo e strano, avrebbe voluto essere arrabbiata con William per quello scherzo crudele. Non si stava divertendo, ma in qualche modo era sicura che non fosse uno scherzo. 
Sentiva il cuore che le batteva a mille, il viso accaldato.
« Questo non può essere il maledetto “effetto ponte.” » Una volta, per prova, aveva baciato Alexya. Non aveva provato neanche un decimo di quello che sentiva adesso. 
« Taiga! » si senti chiamare appena fuori la porta. 
Lei schizzò fuori, era furiosa « William questo scherzo non è divertente? »
« Non sto scherzando! » 
« Io ti piacerei? Che assurdità! »
« Certo che mi piaci e cosa ci sarebbe di assurdo? »
« Perché non sono bella! Alexya e Trish sono belle, vuoi forse dire che preferisci me a loro? » 
« Certo, perché anche tu sei bella! » 
« Ridicolo, sono un tappo! »
« Allora? Vuol dire che mi piacciono le tipe basse. Non ci vedo niente di male? » 
« Vuol dire che sei un pervertito. Poi non ho seno, a voi maschi piacciono le tette che sobbalzano. Non mentirmi, ho visto come fisse le tette delle nostre amiche! » 
« Mi piacciono! Sono un uomo, guarderò sempre le tette così grosse da sobbalzare. Però sei tu che mi piaci, adoro le tue piccole tette. » 
« Non dire che sono piccole! » urlò la ragazza partendo all'attacco.
Lui fintò due pugni, Taiga sapeva come tirar pugni ma i tempi della scuola erano finiti e nell'esercito aveva avuto modo di allenare molto il fisico. 
« Sei stata tu la prima a dirlo! » 
Un'agile mossa e lui le bloccò entrambe le braccia. 
« Finiscila con questo scherzo, William. Mi ha stancato? » 
« Tu saresti stanca? Sono io quello che da anni è innamorato di una ragazza rompicoglioni, con un carattere di merda. Spinto a dichiararsi dalle minacce di morte di due assassine che abbiamo per amiche, perché troppo vigliacco per farlo. »
« Stronzo! Tu saresti stressato? Quando mi hanno raccontato cosa ti era successo, ho passato giorni interi non sapendo se chiamarti o meno. Per non parlare che devo badare ad Alexya e impedirle di fare qualche stronzata. In più, Isabella le ha svelato l'esistenza dei vibratori! »
« Avresti potuto chiamarmi, invece di giocare a fare la dura. »
« Perché, tu non potevi? Non mi pare di averti mai sbattuto il canale in faccia! »
« Non ti volevo far preoccupare! »
« Eh! Te ne preoccupi adesso? Con tutti i guai in cui tu e Henry mi ficcavate con le vostre ridicole avventure. » 
« Capirai, poi eravamo giovani e coglioni. » 
« Davvero? Cosa sarebbe cambiato adesso? »
« Che sono un coglione innamorato! » detto questo la lasciò, emise un sospiro profondo e si voltò allontanandosi. 
« Adesso dove vai? »
« Via, ritorno alla mia base, sono pur sempre un militare. Mi devo presentare in orario. Io ho fatto quello che dovevo, se non vuoi rispondere non posso farci niente. »
Lui e Trish andarono via, dopo un breve saluto ad Alexya. Tornò alla sua base operativa vero sera, aveva giusto il tempo di farsi una dormita completa prima di prendere servizio. Si sentiva esausto. 
L'ultima cosa che fece prima di andare a dormire, fu evitare una chiamata di suo fratello e inviare un messaggio a Trish per ringraziarla dell'aiuto che gli aveva dato.
Dopotutto era stata l'amica a rendere possibile quel viaggio, facendolo viaggiare gratis sulle navi da crociera della Noveria Corps. 

 
******

« Cosa pensi di fare ? » domandò Alexya all'amica.
« Non ti riguarda! »
« In tal caso, credo che William sarà un buon compagno di letto per me. »
« Non puoi farlo! » le urlò Taiga girandosi di scatto nella sua direzione.
« Perché non dovrei? William ha numerosi pregi, sessualmente non gli sono indifferente. Potremmo essere una bella coppia. » 
« Quando fai così sembri proprio una troia in calore! » e nel momento stesso in cui la diceva sapeva di aver detto troppo. Alexya si chinò verso di lei, uno sguardo feroce. 
« Semplicemente so sempre cosa voglio, non perdo tempo a nascondermi dietro scuse. » quindi azionò il suo omnitool. Un paio di squilli e …
« Pronto? » la voce di lui risuonò forte e chiara.
« Ciao William, ti interesserebbe... »
« Stronza! Lui è il mio ragazzo! » bastò la mano di Alexya sulla sua fronte per fermare lei e tutto il suo impeto. 
« William, tu mi piaci! » urlò forte e chiara Taiga.
« Direi che così può andare. » disse Alexya, lasciando andare l'amica « Ci andava cosi tanto a dichiararsi? » disse sorridendo, chiudendo la comunicazione e sdraiandosi sul letto. 
L'altra l'osservava imbronciata « Perché mi sento preso in giro? »
« Forse solo un pochino. »
« Cos'è che non mi dici? »
« Quando William ha contattato Trish, era facile intuirne il motivo: volevo qualche consiglio da chi sa uccidere. Trish ha contattato me, quindi abbiamo informato anche Diana e Henry. Abbiamo pensato che le questioni di cuore sarebbero state perfette, per non fargli pensare a cosa gli era successo. Dopotutto, avevamo sottomano la ragazza ideale per lui. » spiego sorridente, indicandola e facendola arrossire. 
« Quindi hai fatto la stronza per spingermi a scegliere? » 
« Più o meno, diciamo che non avevo voglia di aspettare giorni per una scelta ovvia. Ora, cosa pensi di fare? » 
« Per cosa? »
« Dopotutto adesso hai un ragazzo. » 
Solo allora quell'idea cominciò a farsi largo nella mente di lei. Sentì il bisogno di sdraiarsi sul suo letto, le girava la testa. Non riusciva a credere a cosa era appena successo, avrebbe almeno voluto togliersi quel sorriso idiota che sentiva di avere in viso. 
Desiderosa di avere almeno l'ultima parola con l'amica, si era messa nel frattempo messa a letto a sua volta, le disse « Adesso dovrai guardare da un'altra parte, se vuoi cercarti un ragazzo che soddisfi le tue voglie. »
Vide la sua espressione diventare seria « Esiste il sesso a tre. » dichiarò con noncuranza. 
Taiga l'osservo ammutolita e senza espressione. Dopo qualche istante si girò a darle le spalle per dormire. Non aveva nessuna intenzione di approfondire quell'argomento. 
Si promise di non cercare di aver più l'ultima parola con l'amica. 
Di nascosto, seppur sapeva non essere necessario, azionò il proprio omnitool sotto le coperte. 
Provando un'infinità di emozioni contrastanti, l'imbarazzo sopra ad ognuna mandò un messaggio a William:

- Domani, potrei chiamarti ad un'ora più civile? -

Non sapeva cose le stava prendendo? Davvero le piaceva William?
“Si!” mormorò la sua coscienza. La risposta le risuonò così forte nella mente che sembra quasi fosse stata pronunciata da qualcun altro. 
« Stai zitta! » disse quasi ringhiando a se stessa. Lei non aveva mai pensato di piacere a qualcuno. Sapevo solo una cosa, doveva parlare con lui e questa volta in maniera più calma.
Dimenticando di silenziare l'omnitool, lo squillò la svegliò. Fortunatamente non parve farlo con Alexya.

- Certo! -
- Scusa per il pugno. - 


Non aveva dormito molto, svegliandosi più volte e pensando a cos'era successo. Si era resa conto che non gli aveva chiesto scusa per quel colpo a tradimento. Da quel momento fu sicura di una cosa, non sarebbe riuscita a chiudere occhio per il resto della notte. 
***** 
 
William sedeva a gambe incrociate sul proprio letto, udendo il respiro degli altri soldati che condividevano la sua camerata. Stare sveglio e usare il proprio omnitool nelle ore di sonno era un'infrazione del regolamento, ma non lo preoccupava. Aveva fatto di peggio. 
Come usare un canale militare senza autorizzazione, per scambiare messaggi con Henry. Cosa che stava facendo in quel momento. Aveva deciso di contattarlo dopo lo strano modo in cui Taiga si era dichiarata, sentiva davvero il bisogno di parlarci. 

- Ti odio Henry! Sapevi tutto e non hai mai detto niente.-
- Ringraziami, ti ho aiutato a dichiararti. -
- Fottiti! -
- XD XD Hai pensato a cosa dire a zia Jack, quando saprà che sua figlia ha un ragazzo? -
- Sbagliato fratello, lei non lo saprà mai. Nemmeno nostra madre. Mi piace rimanere vivo. - 
- Scommetto che succederà l'incontrario. -
- Ti darei del bastardo, se non avessimo gli stessi genitori. -
- XD XD Comunque come ti senti adesso? -
- Meglio. -
- Uccidere è davvero così brutto? -
- Si. -
- Notte fratello. -
- Notte fratello. -


William si distese sul letto, in cerca di un sonno che sapeva non sarebbe mai giunto. Troppi pensieri gli agitavano la mente, decine di idee nascevano e morivano riflettendo su cosa avrebbe dovuto dire a Taiga quando l'avesse sentita l'indomani. 
Invece finì per addormentarsi lo stesso, con l'animo sereno. La sua mente per ora aveva smesso di tormentarlo, totalmente concentrata su qualcosa di molto più piacevole. 
Il ricordo sarebbe rimasto, ma ora sapeva come combatterlo e a chi chiedere aiuto.
« Amici...bastardi. » mormorò nel sonno, mentre un sorriso gli compariva in faccia. 
   
 
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