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Autore: Briciole_di_Biscotto    24/05/2018    1 recensioni
Cominci il canto mio dalle Muse Elicònie...
Hai mai sentito della storia di come la Morte finì con l'innamorarsi e imparò a vivere?
No? Vieni, siedi con me. Lascia che ti racconti questa storia di sonno e vita, dove la morte diventa la più pura forma d'amore.
Ditemi questo, o Muse…
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hypnos, Thanatos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cominci il canto mio dalle Muse Elicònie... 1

Hai mai sentito della storia di come la Morte finì con l'innamorarsi e imparò a vivere?
No? Vieni, siedi con me. Lascia che ti racconti questa storia di sonno e vita, dove la morte diventa la più pura forma d'amore.

Ditemi questo, o Muse… 1



All'inizio fu il Caos. 
Poi Gea materna, e il buio Tartaro; ed Eros, ch'è fra tutti i Celesti il più bello.
Dal Caos nacquero quindi Erebo, e Nyx la nera.
E poi Nyx, unita al fratello, generò Ètere ed Emera. 1

E dopo di loro Thanatos crudele e Hypnos misericordioso.

Nyx, loro madre, li diede alla luce insieme, l'uno poco dopo l'altro. E non sarebbe servito essere Dei per percepire quell'indissolubile legame che la nascita aveva loro donato. Si avvicinò Eros, che più di tutti si sentì da loro attratto e dal loro legame, e li benedisse:
che il duro cuore di Thanatos s'ammorbidisse per Hypnos,
che il morbido animo di Hypnos si facesse scrigno per il fratello,
che s'amassero oltre la comprensione dei mortali, oltre l'eternità dei Celesti.
Aprirono gli occhi, i due divini infanti: l'uno aveva iridi sanguigne, l'altro chiare gemme. E come mossi da antico richiamo, prima ancora che la madre o il padre, prima ancora che Eros il quale ancora li scrutava soddisfatto, voltando insieme il capo incrociarono gli sguardi, così che la prima cosa che videro in vita fu l'un l'altro. 
E volere di Eros si compì. 

Crebbero insieme, e Gea fu il loro smisurato campo di gioco e le Ninfe loro compagne, sotto lo sguardo vigile d'Urano; Nyx li vegliò nel sonno ed Emera portò loro il giorno, Erebo ascoltò i loro lievi passi dalle tenebre del mondo infernale (e gli parve che la gioia dei suoi figli fosse anche sua) ed Ètere contò i loro respiri.
E passando la loro fanciullezza lontani da ogni male, non si accorsero di come il loro mondo idilliaco fosse da tempo pronto a crollare.


Urano aveva rinnegato ed imprigionato tutti i suoi figli, timoroso che potessero usurpargli il potere; ironia della sorte, li aizzò così  contro di sé più di quanto avrebbe potuto fare se semplicemente li avesse amati. Crono, liberati i fratelli Titani e con l'aiuto della madre Gea, si dirigeva ora a porre fine alla tirannia del padre.
Thanatos ed Hypnos, appena ragazzini, osservavano la scena dall'alto del cielo, comodamente adagiati su una costellazione, al sicuro nell'abbraccio della Notte.
“Credi sia stata una buona idea far addormentare così Urano?” la voce del minore, appoggiato contro la spalla del fratello, tradiva una punta di rimorso, sebbene non troppo marcata: sapeva che sarebbe accaduto qualcosa di male ad Urano, le facce dei suoi figli parlavano chiaro, ma non comprendeva ancora di quale entità. Oh, se l'avesse saputo, mai avrebbe acconsentito al favore richiestogli da Gea.
Thanatos fece per scrollare le spalle, ma si fermò prima di disturbare il fratello e farlo scostare e optò per un verso disinteressato: ”Qualsiasi cosa abbiano intenzione di fare, se la merita.”
Hypnos si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato ed annuì piano, consapevole della veridicità di quelle parole. Si limitò quindi ad accoccolarsi meglio contro il fratello, beandosi del suo calore, e rimase con lui ad osservare lo spettacolo della prima rivoluzione della storia della Creazione. 
I Titani giunsero da Urano, lo bloccarono e subito Crono brandì il proprio falcetto, dono della madre in vista di quel preciso evento, e senza esitazione lo evirò. Un verso disgustato sfuggì alle labbra di Hypnos: commentava la scena che si svolgeva sotto ai suoi occhi, esprimeva il suo dissenso per un'azione tanto turpe, e Thanatos non si lasciava sfuggire una sola parola, non per rispondergli, non per dire la sua.
E Hypnos continuava a parlare, indisturbato dal silenzio del fratello maggiore: poiché sapeva che Thanatos era taciturno, di poche parole, ma che lo ascoltava, lo ascoltava sempre. E ne aveva conferma in quei lievi tocchi lungo la schiena per rassicurarlo, nella gentile stretta sul suo polso per calmarlo, nel braccio che si allungava a cingergli la vita per consolarlo. E sapeva, Hypnos, che finché ci fossero state quelle lievi attenzioni, Thanatos lo avrebbe sempre ascoltato.
“Numi, lo stanno facendo letteralmente a pezzettini. Sarà arrabbiatissimo quando si sveglierà.” sbuffò contrariato. “Credi che si arrabbierà anche con me? Per averlo addormentato, dico-“ si voltò  verso il fratello con una smorfia contrariata, ma nel vedere l'espressione sul volto di Thanatos la voce gli morì in gola. Thanatos aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, osservando con aria confusa e quasi sgomenta un lungo filo che fluttuava docile di fronte ai suoi occhi.
Hypnos sussultò sorpreso alla vista, e istintivamente afferrò con forza le mani di Thanatos, impedendogli di toccare il filo: seguendolo con lo sguardo, si notava che l'altro capo scendeva giù fino alla Terra, congiungendosi col corpo smembrato di Urano. Hypnos fece tornare lo sguardo sul fratello: “Non toccarlo.” lo supplicò. Non sapeva perché lo stesse supplicando, né cosa temesse sarebbe potuto accadere, ma aveva l'orribile impressione che sarebbe stato un assai sgradito punto di non ritorno.
“Devo.” Thanatos sembrava avere la stessa sensazione, perché il suo tono era un misto di rassegnazione e scuse. E forse, eccitazione. 
“Lo so. Non toccarlo.”
Thanatos scosse piano il capo senza guardarlo, il suo sguardo per la prima volta tutto per qualcos'altro che non fosse il proprio fratello. Si liberò dalla presa di Hypnos senza alcun ripensamento, e oltre ad un lieve spasmo delle spalle non diede segno di aver sentite il suo lamento di dolore. Spalancò le ali nere, non ancora possenti come quelle della madre, e si librò in volo avvicinandosi al filo che ancora fluttuava placidamente a mezz'aria.
Ignaro delle grida animalesche dei Titani sotto di sé, consapevole dello sguardo supplice del fratello alle sue spalle, allungò la mano per afferrare il capo del filo, e questo si mosse verso di lui come attratto da una forza statica. Nel momento in cui le sue dita si richiusero sul filo, Thanatos sentì una scarica attraversarlo, e il filo si recise di netto da Urano.
Il filo cominciò a scorrere per raggrupparsi in un'ordinata matassa. E se all'occhio di chiunque altro il movimento fu talmente veloce da essersi concluso in un battito di ciglio, per Thanatos il mondo sembrò rallentare: poté scorgere, a mano a mano che il filo passava tra le sue dita, l’intera esistenza di Urano racchiusa in esso, dalla nascita fino all'ultimo istante.
Terminata la carrellata di ricordi, Thanatos si ritrovò a stringere fra le mani quel piccolo gomitolo, ma che pesava come nient'altro al mondo. Allungo in avanti la mano che lo teneva, e la spalancò: la matassa precipitò giù verso la Terra, ma non si fermò lì. La oltrepassò fino a giungere nel luogo più oscuro e profondo del mondo infernale, dove Tartaro ne prese possesso e lo sigillò, affinché nessuno potesse provare a farlo tornare.
Thanatos, che era rimasto a fissare la caduta della matassa nel Tartaro con sguardo attento, sussultò nel sentire una mano posarsi sulla propria spalla. Si girò di scatto, una mano protesa in avanti pronta ad afferrare chiunque si trovasse alle sue spalle, prima di fermarla a mezz'aria ad un soffio dalla gola del fratello, che lo osservava sgomento.
“Cos'è stato?” domandò Hypnos, quasi timoroso.
E in tutta risposta, Thanatos liberò la risata che gli solleticava la gola. Strinse a sé il fratello con trasporto, mentre sentiva tutto il corpo in fibrillazione, l'adrenalina che scorreva nelle vene e la follia negli occhi.
E morte fu.



Sotto il regno dei Titani e la guida di Crono, il mondo vide l'apice del suo splendore.
Hypnos, che aveva sempre amato la quiete, si dilettava nel passeggiare per i campi verdi e le folte foreste incontaminate, a portare riposo alle creature che lo abitavano. Nacquero gli uomini, e Hypnos li amò: apprezzava la loro dedizione e il duro lavoro, e la sera quindi calava su di loro a donare un dolce sonno ristoratore.
Thanatos, d'altro canto, mal sopportava quella situazione di quiete in cui il mondo vergeva. Dopo la morte di Urano, la Terra era diventata un paradiso terrestre, e la morte l'aveva abbandonata tanto velocemente come ne era giunta. Una sola volta, per l'essere più crudele, ma abbastanza per intossicare l'animo di Thanatos e tormentarlo con un impellente desiderio: ancora, ancora, ancora…
Teneva lo sguardo ben fisso sugli avvenimenti dell'Olimpo, e pazientava con la promessa che presto la sua brama di vite da recidere sarebbe stata soddisfatta. E gli veniva da ridere nell'osservare Crono e la sua stoltezza, nel rendersi conto di come nient'altro fosse che degno figlio di suo padre, e forse anche peggiore.
Lo osservava divorare i suoi figli, uno dopo l'altro, senza pietà, timoroso per il suo trono, ignaro di come i suoi figli fossero ancora in realtà vivi nel suo stomaco. Thanatos lo sapeva, o del resto sarebbe stato lui stesso a recidere definitivamente il filo della vita di quei fanciulli.
E pregustava il momento in cui si sarebbero finalmente sollevati contro il padre, magari squartandolo dall'interno, e dandogli la possibilità di allungare la mano e recidere un'altra vita. E il pensiero lo eccitava, gli mandava una scarica di adrenalina tutt'in corpo.
“Ancora li osservi?”
Thanatos sussultò sorpreso dall’inaspettata voce alle sue spalle, ma si voltò tranquillamente avendola riconosciuta. “Sono esilaranti.”
Hypnos sospirò piano, scuotendo il capo contrariato, ma non rispose. Si limitò a sedersi accanto al fratello, poggiandosi a lui, e cominciò tranquillamente a raccontargli della propria giornata. Il racconto era sempre uguale, monotono di giorno in giorno, e ogni tanto Hypnos si ritrovava a pensare che forse Thanatos non era del tutto in torto nel cercare un cambiamento, una svolta alla propria vita.
Il racconto, dunque, era noioso, ascoltato troppe volte fin nei dettagli, e Thanatos non gli prestava attenzione, troppo occupato ad osservare gli Olimpi distruggersi con le proprie mani. 
Ma ogni tanto c'era una carezza impercettibile, una lieve stretta, l'ombra di un sorriso sulle sue labbra, e Hypnos sapeva di essere ascoltato. Quando il racconto finiva, era il momento per loro madre di far calare le tenebre: allora Thanatos distendeva distrattamente una delle possenti ali nere e con attenzione l'avvolgeva attorno al fratello.
“Dormi.” Sbuffava senza neanche guardarlo, e Hypnos si addormentava con un sorriso beato sulle labbra, cullato dal calore del fratello e da una silenziosa promessa d'amore. 



E come Thanatos aveva predetto e sperato, i figli di Crono si ribellarono al governo del padre. Questa volta fu una vera e propria guerra, nella quale Dei e Titani si scontrarono senza pietà, e morirono in molti tra Ciclopi ed Ecatonchiri, ed altre creature estranee al conflitto che ne vennero ingiustamente coinvolte.
Thanatos vagava per il campo di battaglia intoccato da qualunque arma e illeso da qualunque masso venisse scagliato dai giganti dalle cento braccia. Avvolto nel proprio mantello, invisibile agli occhi degli Immortali, avanzava indisturbato tra la calca recidendo vite una dopo l'altra, con sadico piacere e immensa soddisfazione. Rideva nel bagnarsi di icore dorato, e gli occhi vagavano famelici alla ricerca della prossima vittima, e se mai sopravvisse speranza al suo passaggio, fu la sua: che questa guerra non avesse mai termine.
Quando infine si allontanava dal campo ricoperto di cadaveri al termine della giornata, però, giungeva la quiete: suo fratello era sempre lì ad aspettarlo.



La prima volta che vide Thanatos tornare ricoperto da capo a piedi di icore dorato e sangue scarlatto, Hypnos rimase inorridito.
Boccheggiò un paio di volte, a corte di parole – o forse erano così tante che, accavalandosi l'un l'altre, faticavano ad uscire – e gli occhi che andavano riempendosi di lacrime. Senza che nemmeno se ne rendesse conto, sollevò una mano e la abbattè sul volto di Thanatos con un violento schiocco, così veloce che il fratello non ebbe il tempo di sottrarsi.
Non che ci avrebbe provato, comunque.
Thantos fu però abbastanza veloce da afferrarlo per il polso della mano con cui era stato schiaffeggiato prima che Hypnos potesse voltargli le spalle e andarsene. La mano si strinse sull'esile polso spinta da una scarica d'adrenalina completamente diversa da quella provata in battaglia.
Poteva la Morte avere paura? 
Ora Thanatos ne aveva la risposta. Aveva visto lo sguardo disgustato e ferito di Hypnos: uno sguardo che non avrebbe mai voluto dover vedere, e men che meno se rivolto verso di sé. Aveva sentito la guancia andare in fiamme quando era stato colpito – da Hypnos, che non avrebbe fatto del male ad una mossca e il quale tocco era sempre la più lieve delle carezze – e l'aveva visto muoversi per allontanarsi.
E si era sentito invadere dal terrore.
Sarebbe finita così, dunque? Hypnos, l'unica persona di cui si fosse mai curato, l'unico essere che avesse mai amato, l'unico individuo sano di mente che lo aveva mai amato; suo fratello, con cui condivideva i più incofessabili segreti e le più belle memorie, che era stato con lui fin dal primo istante senza lasciarlo mai, che era stata la prima cosa che Thanatos avesse visto in vita sua e che era sempre stato convinto sarebbe stata anche l'ultima…
Il suo tesoro più prezioso lo stava abbandonando?
In un gesto disperato lo aveva attratto a sé, stringendolo fra le proprie braccia come se ne andasse della propria vita e macchiandolo di icore e sangue; lo sentì tremare violentemente contro di sé, il riverbero dei suoi singhiozzi che gli solleticava la gola e faceva più male di qualsiasi ferita.
Fu Hypnos a staccarsi per primo dall'abbraccio dopo un tempo inquantificato, gentile ma deciso, e Thanatos chiuse gli occhi per non dover guardare: ecco, si disse, ora se ne andrà per sempre.
E invece fu raggiunto da un lieve tocco in punta di dita sulla guancia offesa, che lentamente ma in modo deciso si trasformò in una dolce carezza. “Thanatos. Guardami.”
Il tono era gentile ma perentorio, e Thanatos si ritrovò ad ubbidire, aprendo gli occhi e incrociando lo sguardo con quello del fratello.
“Sei ferito? È icore tuo?”
Thanatos scosse piano il capo, timoroso di vedere di nuovo il disgusto nei suoi occhi, e fu sorpreso quando invece l'unica reazione che ottenne fu un sospiro sollevato: “Grazie al cielo.”
Poi lo prese delicatamente per mano: “Vieni.” disse, trascinandoselo dietro senza dargli il tempo di ribattere, e lo portò fino al fiume. Continuò a guidarlo finché non si ritrovarono entrambi immersi nell'acqua fino alla vita. Hypnos si liberò della propria tunica, mostrando il proprio corpo slanciato e la pelle candida spruzzata di lentiggini, e la bagno per bene, prima di cominciare a passarla sul viso del fratello, eliminando fino all'ultimo residuo di sangue ed icore. Fece ugualmente con le braccia, sfregando abbastanza forte da arrossargli la pelle, in un infantile moto vendicativo; Thanatos lo lasciò fare senza un lamento, e non si ritrasse nemmeno quando Hypnos cominciò ad adoperarsi per levare anche la sua tunica nera, gettandola da qualche parte a riva prima di cominciare a passare il panno anche lungo il petto e le spalle.
“Ecco qua – disse infine – fresco e pulito”. Sorrideva, ma sembrava sul punto di scoppiare di nuovo a piangere, e Thanatos si disse che forse non ne valeva poi la pena.
Tutta l'adrenalina dei campi di battaglia, l'eccitazione del recidere le vite, il senso di onnipotenza che lo pervadeva nell'avere l'ultima parola su uomini e dei, non valevano la pena di vedere suo fratello in quello stato.
Thanatos non era mai stato bravo con le parole – quello era Hypnos – e l'unico modo per comunicare davvero era sempre stato attraverso le azioni, guidato dalla propria impulsività. E per questo, desideroso di confortare Hypnos, si ritrovò a stringerlo a sé e chinarsi in avanti fino a che le loro labbra non si unirono.
Fu una sorpresa per entrambi, ma fu ancora più sorprendente come sembrò che finalmente tutti i pezzi tornassero al loro posto, attraverso il contatto delle loro labbra e dei loro corpi che si incastravano così  bene da far sembrare che non fossero mai stati destinati ad essere separati da principio.
Era così perfetto, così giusto, che Thanatos impiegò diversi istanti a rendersi conto di ciò che aveva appena fatto. Quando la realizzazione lo colse, fece per ritrarsi di scatto esalando qualche scusa sconnessa. Ma prima che potesse allontanarsi sentì le mani di Hypnos prendergli delicatamente il volto, e il suo corpo premersi nuovamente al proprio, sopperendo a quella mancanza che Thanatos aveva avvertito nel momento in cui si era fatto violenza staccandosi dal bacio.
Sentì la risata deliziata di Hypnos riverberare nelle proprie orecchie e attraversargli la schiena fino al cuore, e poi giù nello stomaco, e si disse che mai, in tutta la sua immortale vita, aveva mai sentito suono più bello.
Hypnos lo guardò divertito, rivolgendogli un sorriso intriso di una dolcezza totalmente nuova. “Fa silenzio” mormorò, prima di attirarlo a sé e baciarlo nuovamente. Questa volta Thanatos non ebbe esitazioni a far scendere lentamente le proprie mani lungo quel meraviglioso corpo, assaporandolo e scoprendolo di nuovo come se non l'avesse mai conosciuto prima d'allora, fino a farle posare sui fianchi esili, che sentiva avrebbe potuto facilmente rompere se solo avesse rafforzato troppo la presa.
E invece scoprì in quelle mani, nate per portare morte e distruzione, una delicatezza e una gentilezza che mai avrebbe creduto di poter reclamare come proprie. Scesero ancora, andando a posarsi sulle natiche di Hypnos e stringendole per poterlo sollevare; Hypnos assecondò i suoi movimenti, allacciando prontamente le gambe intorno ai fianchi di Thanatos e avvolgendo le braccia attorno alle sue spalle, senza mai smettere di baciarlo.
Uscirono dall'acqua, e delicatamente Thanatos fece distendere Hypnos sul prato, sovrastandolo. Ruppe il bacio per potersi staccare appena e poterlo ammirare in tutta la sua bellezza: la pelle candida ora lievemente arrossata, gli occhi languidi di desiderio ma nondimeno pieni di una dolcezza rivolta solo a lui, il corpo sinuoso accaldato. Qualcosa che, Thanatos sapeva, mai nessun altro avrebbe avuto la possibilità di ammirare. Non lo avrebbe lasciato andare. Mai.
Hypnos allungò una mano per picchiettargli gioiosamente la fronte con un dito: “A che pensi?”
Thanatos scosse piano il capo: pensava a tutto e a niente, a quanto lo amasse, a come sarebbe stato disposto a dare via tutto, anche l'euforia delle battaglie, la sensazione del sangue che caldo colava lungo le mani, ciò che aveva bramato per così tanto tempo. Avrebbe distrutto la propria stessa vita, la vera essenza della sua esistenza, pur di non doverlo mai più vedere così scosso per colpa sua. Pur di renderlo felice.
Ma Thanatos non era mai stato bravo con le parole, quindi si chinò nuovamente su Hypnos per baciarlo, sperando che le sue azioni bastassero per fargli capire quanto davvero lo amasse. Sapeva che lo avrebbe capito.
Quella notte si rivendicarono come l'uno dell'altro per l'ennesima volta nella loro vita, e per la prima volta.
E si amarono come mai nessuno si amò mentre da qualche altra parte nel mondo, così grande ma per loro così piccolo, i Titani e gli Dei portavano odio e guerra. Ma quella notte nessuno morì, e nemmeno nei giorni a venire, perché la Morte fu troppo impegnata a vivere.



Thanatos non scese più in battaglia, non portò più la morte, incapace di deludere il fratello. Ma ogni giorno che passava trovava sempre meno pace: le sue possenti ali nere fremevano al desiderio di calarsi senza pietà sul campo, le sue mani bruciavano alla mancanza di sangue su di esse, e il suo corpo era teso dalla mancanza di adrenalina.
Non lo mostrava, non lo avrebbe mai mostrato ad Hypnos, ma Hypnos sapeva comunque. 
Hypnos era seduto tra le coltri, carezzando gentilmente i lunghi capelli corvini del fratello, addormentato accanto a lui. Sorrise dolcemente nel vedere come anche la Morte, nel sonno, potesse apparire vulnerabile; ma i suoi occhi racchiudevano malinconia, nello scrutarlo con amore, nel vedere le spalle tese anche nel sonno. 
Scostò lo sguardo dal fratello, spingendolo oltre ogni umana possibilità, e vide la guerra: vide Dei e Titani scannarsi, figli ferire i padri, padri dilaniare i figli, in un'eterna spirale di tradimento e sofferenza dove il sonno non era più un piacere, ma una debolezza. Una guerra senza fine, dove non si ergevano vincitori.
Nessuno moriva, come era logico che fosse, e tutti prima o poi tornavano in battaglia, distrutti ma instancabili, pronti a protrarre il conflitto per il resto dell'eternità se necessario. 
Perso nella visione di tale raccapricciante spettacolo, Hypnos non si accorse che la mano tra i capelli del fratello si era fermata. Thanatos invece sì. Thanatos aprì gli occhi e gli rivolse uno sguardo, scoprendolo intento a scrutare qualcosa che, chiaramente, non lo aggradava. Seguì il suo sguardo, e sospirò piano,  prima di allungare una mano verso di lui e posarla dietro il suo collo, in modo da tirarlo giù accanto a sé e baciarlo dolcemente.
“Non ci pensare.”
Hypnos rimase in silenzio per qualche istante, scrutandolo attentamente come se nei suoi occhi potesse trovare la risposta ai più grandi misteri dell'universo, prima di sospirare rassegnato: “Dovresti andare.”
Thanatos si ritrovò a fissarlo confuso, prima di sgranare leggermente gli occhi: “Dovrei?”
“Dovresti”. Hypnos sorrise tranquillo, stavolta, e si sporse a baciarlo.
Thanatos lo strinse a sé come se fosse la cosa più preziosa al mondo – lo era – e indugiò a lungo prima di lasciarlo andare. Si guardarono negli occhi per istanti che parvero infiniti, prima che Thanatos mormorasse “Ti amo”. E aveva mmai detto qualcosa di più vero.
Hypnos sorrise ed annuì: “Anche io”.
Non si dissero nient'altro mentre Thanatos si levava dalle coltri, rivestendosi velocemente, e non si voltò indietro prima di uscire per dirigersiin battaglia. Hypnos gliene fu grato: non sapeva se sarebbe riuscito a non trattenerlo.
Hypnos rotolò tra le coperte, crogiolandosi nel calore ancora presente di Thanatos. Si posò un braccio sugli occhi, per impedirsi di osservare il campo di battaglia, e una lacrima gli solcò il volto. Ma sorrideva.
Se doveva amare Thanatos, lo avrebbe fatto fino in fondo, completamente. Lo avrebbe accolto nella sua interezza, con il suo lato gentile che solo Hypnos conosceva e il mostruoso aspetto che avrebbe invece mostrato al mondo. Non sarebbe di certo stato lui a tarpare le ali del fratello, negandogli ciò che era nato per fare.
Thanatos avrebbe portato morte e sofferenza, e Hypnos lo avrebbe seguito alleviando il dolore col sonno. E alla fine della giornata sarebbero stati solo loro due, due ragazzi, e un letto che prometteva amore.

 
E volere di Eros si compì




1 Passi tratti più o meno letteralmente dalla Teogonia di Esiodo

NdA: dopo qualcosa come un anno e mezzo che non posto nulla su efp, ritorno con questa cazzatina invadendo anche il fandom della mitologia greca e facendo ribaltare gli autori classici nella tomba. Nonostante questo, sono contenta di essere tornata: il fatto di non riuscire a concludere nessuna storia e, di conseguenza, non riuscire a pubblicare niente cominciava a demoralizzarmi un po'.
Detto questo, grazie per aver letto fin qui ecco, vi meritate un biscotto. E soprattutto un grazie speciale a Lia, grazie alla quale è nato questo sclero e sono riuscita a sbloccarmi, anche se un poco, anche se per poco. 
Spero ti piaccia.
  
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