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Autore: LarkaFenrir    24/05/2018    1 recensioni
Raccolta di creazioni di vario genere, basate su un prompt casuale
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   Il tuo protagonista è un uomo sul finire dei trent'anni, che sa essere molto schivo. La storia comincia in un ristorante. Un amico intimo ha una malattia terminale. È una storia di vendetta. Il tuo personaggio fa il passo più lungo della gamba.
 

   - Di cosa volevi parlarmi?
   Continuo a giocare con il bicchiere mezzo vuoto di vino, mentre il sole di mezzogiorno crea riflessi rossastri sulla tovaglia. Li osservo sovrapporsi, cambiare forma e intensità, imitando il vortice dei miei pensieri.
   All'altro capo del tavolo Rian aspetta, gli occhi che cercano i miei.
   - …ho aspettato così tanto - esito, continuando a spostare il peso sulla sedia di vimini. Non sono mai stato bravo con le parole. Non è dato dal mio essere timido, nè dalla mancanza di fiducia o nella difficoltà a relazionarmi con gli altri. Credo che il vero problema sia insito nelle parole stesse. Cambiano forma continuamente… si nascondono, mentono. Anche quando riesci finalmente a scovarle, a trascinarle fuori dal loro tana, non sarai mai certo della loro vera natura. Finchè non verranno liberate di nuovo. Finchè non si saranno rivelate all'altro. Finchè…

   - Senti, per quante volte ti dovrò chiedere scusa? Mi dispiace. Non avrei dovuto arrivare in ritardo… sai come vanno queste cose. - No, non lo so. Non ho mai avuto un demone che abitasse la mia stessa pelle. Non l'ho mai sentito masticarmi le ossa. - Quanto hai aspettato, comunque? Venti, venticinque minuti? Il tempo non ha più importanza, nella mia condizione. Forse potresti imparare una cosa o due. Dacci un taglio e arriva al punto.
   
Devo zittire i pensieri. Rimetterli in ordine, prima di far trasparire una qualsiasi emozione. È Rian. È sempre stato un impaziente bastardo. Un approfittatore. L'uomo che ti ha rovinato la vita. La malattia non è bastata a redimerlo. È solo un concentrato di bugie, esacerbato dalla sorte avversa e dalla miseria. È Rian. È Rian. È Rian.
   
- Undici anni. - sussuro, alzando per un attimo lo sguardo. Lo vedo sbattere brevemente le palpebre in maniera confusa, un momento di incertezza. Mi concentro di nuovo sul bicchiere, sulle sue ombre infuocate. Il loro calore si trasmette al petto.
   - Non… non ho…
   - Undici anni! - la mia rabbia esplode, diventa solida e vibrante, si concentra in un singolo movimento. Il pugno sbatte con forza, sul tavolino di vetro. Un paio di persone si voltano. Calmo, devo rimanere calmo. Fisso i ricami sulla tovaglia. Ci sono delle briciole di pane, di fianco al piatto vuoto. Calmo.
   - Kate… - biascico. Un mormorio. Un lamento. Si mischia nelle onde rossastre. Una nuova cascata di sangue, il calore si spande al viso. Alle braccia.
   - Undici anni fa. Kate – cerco di mantenere il controllo. La mano comincia a contrarsi, rovesciando un po' del contenuto del bicchiere. Afferro il bordo del tavolo, lo sguardo fisso. - Me l'hai… rubata.
   Comincio ad annaspare. La vista annebbiata, cerco di aggrapparmi alla realtà. Un luccichio cattura la mia attenzione.
   - No. - Bugiardo. - Sappiamo entrambi che non è andata così. - Zittozittozitto… – E sappiamo anche perchè ti ostini a crederlo.
   Lo scintillio della lama è accecante. Mi brucia la retina. Mi invita, come il canto di una sirena.
   - Ci stavamo frequentando. Noi…
   - Stronzate! - Rian si alza di scatto. Un fremito di dolore gli fa quasi perdere l'equilibrio. - Sono sempre le solite stronzate, con te. Ne abbiamo già discusso. Ogni maledetta volta che mi chiedi di parlare, si arriva a questo. Speravo che questa volta sarebbe stato diverso. Sei un cazzo di disco rotto! - Sta' zitto. - Lo sai che se n'è andata quando ha cominciato a capire chi eri veramente. Cosa eri veramente. - Calmo. Calmo. Calmo.
   Il suo sorriso. I suoi capelli mossi. Rossi, come il veleno che mi scorre nelle vene.


   È un attimo.
   Il suo profumo, quella sera di metà maggio. Quando l'ho incontrata.
   Due settimane. Due misere settimane. Mi ha lasciato, fingendo che non ci fosse nessun altro nella sua vita.
   Oh, tesoro. Sapevamo entrambi che non era vero.
   
Le notti passate in macchina, sotto la sua finestra. Il tradimento.


   
- ...non è colpa mia! Potevi smettere. Potevi dire basta. Avresti potuto cambiare la tua vita, invece sei sempre rimasto un falli...
   
Un tonfo.
   
È tutto ciò che un corpo produce, dopo essersi accasciato su sè stesso. Lo fisso per un attimo, affascinato.
   
Un tonfo, ed una cascata rossa.
   Osservo meravigliato quel miracolo vermiglio. La stessa identica sostanza scorre nelle mie vene. Mi pulsa nelle tempie. È contenuta nella bottiglia sul tavolo.
   Mi abbandono sulla sedia, stanco.
   Un'altra cascata. Questa riempie il bicchiere.
   Dovevo controllarmi.
   
La testa tra le mani. Il rimorso.
   Dovevo controllarmi.
   
Un grido, una porta sbattuta.
   È avvenuto tutto troppo in fretta.
   
Delle mani mi scuotono, mi strattonano, mi tengono fermo.
   Il demone si sarebbe dovuto divertire per un po'.


 


   Prima storia con cui inauguro un nuovo esperimento, oltre che raccolta. Neanche a dirlo, la mia mente ha automaticamente voluto che finisse male… e che la vendetta non fosse propriamente giustificata. Forse.

   
 
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