Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    26/05/2018    2 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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21. Un'importante rivelazione

Per quanto mi fosse piaciuto rimanere a dormire lì accanto a lei, sentivo il bisogno di terminare quella lunga giornata dal mio amato per raccontargli quella lieta novità. Era tardi, ma certamente l’avrei trovato sveglio, forse addirittura si aspettava una mia visita.
Presi lentamente la mia chitarra e, in punta di piedi, mi avviai nell’ala dell’edificio in cui risiedevano gli alloggi dei superiori.
Bussai cautamente alla sua porta. E mentre attendevo il suo arrivo ripensavo a quel dolcissimo abbraccio. Quanto mi era mancata la mia amica, quanto avevo voluto stringerla così forte a me!
Levi aprì la porta, accogliendomi con indosso solo i pantaloni bianchi della divisa e l’imbracatura slacciata per metà, che ricadeva penzoloni lungo le gambe.
Lo guardai senza fiato, color pomodoro, rendendomi conto che lui, volendo, avrebbe potuto sicuramente indossare qualcosa addosso prima di aprire, invece di presentarsi in maniera così trasandata e inopportuna.
-Ma tu apri così la porta alle persone? – domandai attonita.
-Chi può mai pensare di venirmi a rompere le scatole a quest’ora, se non tu?
Non seppi che credere, la mia attenzione di colpo ricadde sulla sua corporatura asciutta e altamente allenata, nemmeno mi preoccupai che aveva iniziato a guardarmi abbastanza infastidito.
Mi trascinò dentro, non dandomi tantomeno il tempo di tornare nel mondo reale, presa da mille quanto ambigue fantasticherie. Che effetto aveva quell’uomo su di me!
Lasciai la chitarra sul letto, voltandomi per guardarlo di nuovo. Eccetto per il suo solito fare infelice e burbero, era assolutamente perfetto: la sua pelle bianca come il latte - imperfetta a causa di piccole cicatrici cosparse soprattutto lungo la sua schiena - il cui colore contrastava quello della pietra che portava al collo, sembrava essere di porcellana, i muscoli lo invigorivano ancora più del dovuto. I miei desideri da innamorata improvvisamente si erano risvegliati: senza pudore, non mi astengo dal rivelare che avevo una voglia assoluta di aiutarlo gentilmente a liberarsi da quell’asfissiante divisa, di baciarlo fino allo sfinimento. Di fare l’amore con lui in quella piccola e umile stanza, troppo fredda per due amanti. Di colpo mi accorsi di quanto avrei voluto ritirarmi in una piccola casa lontano dalla vita militare per passare ulteriore tempo con lui.
Ma dovei risvegliarmi da quel mondo illusionistico: non ero in quella casetta lontana, bensì in una caserma, pronta a raccontargli quel meraviglioso avvenimento di giusto qualche ora prima.
-Hai qualcosa da dirmi? Altrimenti non saresti venuta a bussare così impertinente – notò lui.
Gli sorrisi, avvicinandomi lentamente a lui. Una piccola parte del mio cervello mi implorava di rimanere lucida, ma la ignorai del tutto, iniziando a baciarlo con un’immensa foga, un gesto che lo sorprese parecchio, soprattutto quando lo avevo avvicinato a me tirandolo per la collana.
La sua piccola e odiosissima statura divenne molto più fastidiosa. Avrei preferito continuare sul letto, distesa, il suo corpo sul mio. Invece mi limitai a quel bacio carico di passione.
Per quanto inizialmente parve sentirsi imbarazzato, Levi iniziò a contribuire con la medesima partecipazione. Mi tenne allo stesso modo, prostrandosi quanto più potesse verso di me, le sue mani poggiate sui miei fianchi mi causarono un’infinità di brividi.
Mi mancano le parole per poter descrivere quelle emozioni così forti e intense. Se solo quel bacio fosse continuato per tutta la notte! Ma io e lui avevamo imparato bene a farci bastare quel poco quanto prezioso tempo a nostra disposizione, che consumavamo chiacchierando, ironizzando, ricordando, per cui ero ben consapevole che ci sarebbero state ben altre occasioni per spingerci, se lo desiderassimo, anche oltre.
Non riuscendo tantomeno ad avere il comando su me stessa, nonostante abbia già riferito in precedenza che l’autocontrollo è tutto nella mia professione, avevo deciso di prolungare la durata di quel dolce momento di intimità: ecco che le mie labbra avevano lentamente lasciato le sue per spostarsi sulla mascella; cominciai a lasciargli una scia di baci giungendo fino alla sua clavicola nuda.
Lui portò una mano sui miei capelli, facendo sobbalzare il mio cuore, mormorando qualcosa che io non fui in grado di capire. Claire, fu l’unica parola che ebbi modo di comprendere.
Poco dopo, accadde qualcosa di puramente inaspettato per me: mi accorsi che quello che sembrò un rigonfiamento all’altezza della sua vita premeva impertinente contro di me.
Entrambi ci rendemmo conto all’unisono di quell’inopportuna “presenza”, allontanandoci di scatto l’uno dall’altra. Levi, rosso in volto, mi diede le spalle, rimanendo immobile a distanza di un metro da me.
Le mie orecchie fischiavano. Mi morsi il labbro, pietrificata. Facendo mente locale di quanto appena accaduto, ricordai di quella caratteristica puramente maschile che io e Petra, durante i nostri anni di addestramento, avevamo appreso dalle nostre compagne di corso più grandi. E noi, ingenue, faticavamo a crederci!
Mi venne da ridere, nonostante il cuore mi stesse letteralmente scoppiando nel petto. Alla fine, non trattenni una lunga e fragorosa risata, coprendomi il volto con una mano.
-Mocciosa di merda, finiscila! – protestò lui, a braccia conserte.
-Non si può neanche ridere? Come se non fosse una cosa abbastanza divertente – continuavo a ridere spensierata. –Ahaha, se solo si sapesse che…
-Non dirlo nemmeno per idea! – urlò, le sue guance erano color porpora.
-Il tuo segreto è al sicuro, con me. Non ci terrei a vederti soggetto di ulteriori derisioni. Già la tua bassezza fisica non ti aiuta molto – smisi per un istante di ridere. –Niente di personale, ma sono troppo felice: dimmi, Levi, sono la prima ragazza in assoluto capace di procurarti un’erezione? Questo mi rende la donna più fiera delle mura!
Non mi trattenni una seconda volta, spanciandomi sul letto.
-Prova solo a raccontarlo a qualcuno e ti uccido – mormorò, rosso di vergogna. –Poi, la colpa è tua e delle tue voglie adolescenziali.
-Hey, non sono stata certo io a chiederti di svegliare il tuo amico laggiù, e comunque non sono più un’adolescente, per quanto mi consideri tale – ribattei con serietà. –Tu ti sei piazzato davanti a me a petto nudo. Credi davvero che me ne sarei rimasta buona a non fare niente?
Provò a dire qualcosa, poi mi liquidò passandomi davanti. –Vado a darmi una rinfrescata. Non combinare altri casini, non provare nemmeno ad entrare nel bagno. Sei pericolosa.
Ridacchiai. –Lo farò solo se mi prometti che farai presto – mi schiarii la voce. –Devo parlarti di una cosa importante.
Doveva aver capito già tutto. Mi osservò comprensivo, avviandosi velocemente nella sala da bagno.
Lo attesi pazientemente esercitandomi con gli accordi da me ideati poco prima, ripensando alla mia amica addormentata.
Levi tornò da me con indosso un comodo pullover nero, ch’egli era ancora intento a sistemarsi.
-Uffa, che ti sei messo a fare quella roba? Eri molto meglio prima – scherzai spensierata.
-Che mocciosa – commentò lui, raggiungendomi. –Cos’hai di tanto importante da dire?
Gli sorrisi. –Io e Petra abbiamo fatto pace.
Bastava dirgli questo perché capisse. Ormai si era reso conto di quanto fosse importante la mia amicizia con quella ragazza, forse doveva accorgersi che quella sera le cose si erano messe in ordine solo per come mi ero presentata davanti la porta di camera sua.
Mi prese per mano. –E’ meglio così. Era orribile vederti così depressa, anche se facevi di tutto per nasconderlo. Questa storia ti ha visibilmente distrutta.
Non potei che dargli ragione. –Scusami per essermi comportata in modo insopportabile anche con te. Non meritavi di sorbirti tutta la mia malinconia.
-Non farlo – proferì. –Non è stato difficile, per me, capire come ti sentissi.
Gli sorrisi. Non mi aspettavo che ricambiasse il gesto, d’altronde non lo fece, ma era sbalorditivo vedere come i suoi occhi fossero posati su di me e non modificavano nemmeno per un secondo la loro direzione.
-Hai portato con te la chitarra – osservò lui. –C’è Mike, qui a fianco. Saresti davvero così crudele da svegliarlo? Io comunque non avrei niente in contrario.
Mi incupii. –Io non lo sapevo! – scoppiai improvvisamente a ridere. –Non lo farei mai.
Si alzò. –Allora andiamo da un’altra parte. Sul tetto non ci dovrebbe dare fastidio nessuno.
Approvai. Lo seguii fuori dalla sua stanza con una candela.
-Vedi di non fare casini – mi intimò lungo le scale.
Ero pronta a ribattere per avermi reputato, come sempre, tanto ingenua; cambiai idea quando cercò lui la mia mano, aiutandomi a salire i gradini più in fretta.
Una volta giunti sull’ampio tetto della caserma, luogo in cui avevamo avuto modo di “conoscerci” per la prima volta, il mio sguardo si soffermò sul cielo sopra di me: da diversi giorni non aveva fatto altro che regalarci continui temporali e foschie che il lettore proveniente dalle regioni settentrionali delle nostre mura ben conoscerà. Invece, quella sera ci eravamo imbattuti nel cielo notturno più brillante di sempre.
Iniziai a osservare incantata quello spettacolo meraviglioso.  -Ma è vero? – non mi astenei dal domandarmi.
Non ricevei risposta dal mio compagno, che mi aveva posato dolcemente la mano sul viso, chiedendomi di guardarlo.
I nostri volti erano nuovamente vicinissimi. Come desideravo che quel momento durasse per sempre! Oh, quante emozioni era in grado di svegliare dentro di me ogni misera volta quel piccolo soldato!
Intrecciò nuovamente le mie dita tra le sue, invitandomi con gentilezza a sedermi accanto a lui sul bordo del parapetto.
Il suono della mia chitarra finalmente poté disperdersi senza timore nell’aria. Nel frattempo, egli aveva iniziato a studiare lentamente la mia particolare capigliatura. –Avevo capito fin da subito che avevi fatto pace con lei. Non sei assolutamente in grado di acconciarti i capelli in questo modo.
Mi sistemò meglio il ciuffo, lasciandomi una carezza sulla guancia.
–Me ne infischio delle tue umiliazioni. Tanto so benissimo che hai un cuore tenero, anche se pare tutto il contrario – giudicai.
-Me lo hai già detto – osservò lui.
-Perché è così – continuai. –Stamattina non ho avuto modo di accorgermene: davvero sei stato tu a soccorrermi davanti a tutti, quando sono caduta per la strada?
Guardò la evidente medicazione che mi era stato ordinato di non rimuovere. –Guarda cosa ti sei fatta. Non hai idea della brutta botta che hai preso.
-Invece lo so. Fa malissimo – gli spiegai. –Ti ringrazio per avermi aiutata. Soprattutto per esserti preoccupato così tanto.
Distolse lo sguardo, osservando il cielo stellato.
-Ti va di cantare? – gli proposi, dopo avergli rubato un piccolo bacio. –Mi renderesti davvero felice, te lo assicuro.
Ci pensò qualche secondo, poi disse di sì.
Allora lo invitai nuovamente a darmi le spalle, in modo che potessi farlo anche io. E iniziai a intonare quella che ormai era divenuto il nostro canto.
Anche quella notte reputai favolosa quella voce calda e straordinariamente intonata che risultava tanto contraddittoria al suo modo di essere. Ciò che più adoravo è che egli aveva preso la decisione di rivelare solo a me quel lato tanto nascosto della sua personalità, tremendamente dolce e protettivo.
Se agli altri appariva, come aveva detto Lex, un riccio chiuso tra i suoi aculei, per me lui era solamente un semplice ragazzo costretto a vivere una tragedia dopo l’altra, che pian piano, da come mi rendevo conto, aveva deciso di esprimersi proprio con la sottoscritta.
-Sei assolutamente incredibile, ma come fai? – vi venne da chiedere, dopo aver terminato l’esecuzione.
-Non ne ho idea – proferì lui. –Forse è merito tuo.
Gli sorrisi gratificata, prima di provare nuovamente la canzone a cui stavo lavorando precedentemente. Nonostante non mi fossero venute in mente altre parole, questa volta mi risultò più semplice coordinare il testo con la melodia della chitarra.
 Io e te
a parlare per tutta la notte
Noi, compagni, con storie da raccontare
 
-E’ nuova?
Annuii. –Soprattutto, è mia – dopo averla ripetuta più e più volte, mi fermai, poggiando la chitarra al mio fianco. - Non l’ho ancora finita, però.
Levi ebbe finalmente l’opportunità di abbracciarmi. –Parla di noi, è così? – mi sussurrò lentamente.
-Vero – confessai, lasciandomi cullare dalle sue braccia possenti, poggiando la testa sul suo petto. Chiusi gli occhi, godendo ogni istante di quel momento assolutamente piacevole e magico, in cui io e lui eravamo i protagonisti assoluti di quella notte stellata. –Quanto ti amo, Levi – mormorai, sorridendo spontaneamente.
Ringraziai la mia magica “peculiarità” uditiva, che mi aveva permesso di percepire l’accelerazione del battito del suo cuore.
Levi posò le labbra sulla mia fronte, avvicinandomi ulteriormente a sé. Forse furono proprio tutte quelle attenzioni che mi stava rivolgendo a farmi venire voglia di dormire proprio lì, accoccolata a lui. –Fammi rimanere accanto a te per sempre, ti prego – gli supplicai, sentendo che da lì a poco sarei seriamente crollata.
-Sei così stanca – constatò, prendendomi in braccio per far sì che riposassi proprio sopra di lui.
Quel giovane mi faceva sentire letteralmente in paradiso. E il paradiso io l’ho sempre interpretato con quella realtà in cui l’uomo era un essere libero dal male, in cui si poteva effettivamente vivere una vita tranquilla e libera, in cui noi avremmo potuto urlare al mondo intero di amarci. Un luogo dove noi, che soffrivamo la morte inutile di coloro che combattevano al nostro fianco, potevamo finalmente vivere felici.
Ricordo vividamente il momento in cui, ancora sveglia, gli avevo sussurrato:-Quanto vorrei vivere lontano da qui, in un posto tutto nostro in cui non ci dobbiamo più preoccupare dei giganti. Quanto vorrei fare l’amore con te per ore e ore, per poi farti ascoltare tutte le canzoni che conosco e parlare con te fino allo sfinimento. Desidero una vita del genere, non chiedo altro.
Probabilmente il giorno successivo mi sarei pentita delle infinite stoltezze che gli ero andata a dire, cose che mi erano venute spontanee a causa della disperazione di dover essere costretta ad accettare quella miserabile condizione di vita da quando ero nata.
-Un giorno succederà – parve aver detto lui, solo due attimi prima che potessi addormentarmi tra le sue braccia.
 
 
Inutile riportare al lettore il sollievo e la gioia da me provati dopo quella sera. Nessuno, nemmeno Levi, sarebbe mai stato in grado di rimpiazzare la compagnia della mia cara amica, la mia dolce e adorata Petra, con la quale avevo e continuavo a condividere le mie gioie, le mie paure, le mie preoccupazioni ma anche tantissimi momenti spassosi.
Difatti, non mi asterrò dal raccontare un episodio assai divertente che io e Petra avevamo vissuto qualche tempo dopo. Durante una solita mattina, in cui noi eravamo indaffarate con i compiti più noiosi della caserma, eravamo intente a dirigerci nell’ufficio del Caposquadra Mike per fargli recapitare un’importante comunicazione da parte di Hanji.
Camminavamo senza fretta, percorrendo i vari corridoi chiacchierando animatamente di qualsiasi cosa ci passasse per la mente, come non avevamo mai mancato di fare.
-Hai seguito il mio suggerimento di avvicinarti a lui?
-Ma di chi parli? – domandava infastidita la mia piccola compagna.
-Di Oruo, no? Alla fine ti vuole bene, è così evidente.
-Claire, adesso non ricominciare.
Ridacchiai, stringendola forte; ma ad un tratto svoltammo l’angolo, raggiungendo il lato della caserma in cui risiedevano gli studi dei vari ufficiali. Davanti alla porta del suo, Mike poggiava le mani sulla parete, impedendo alla minuta Nanaba, rimasta bloccata tra il muro e il massiccio corpo del fidato amico di Erwin, di poter allontanarsi dal Caposquadra.
Per quanto io e Petra fossimo rimaste immobili proprio davanti a loro, costretti a osservare la scena, i due non sembrarono affatto rendersi conto di noi, preferendo far danzare le loro lingue in quello che poteva essere definito un bacio tutt’altro che casto.
Prima che Petra potesse esclamare qualsiasi cosa, coprii la mia e la sua bocca usando entrambe le mani, nascondendoci lontano dagli occhi dei due veterani.
Intimai alla ragazza di far silenzio, benché avessi una grande voglia di ridere. La condussi in tutt’altro luogo, e piombammo nelle cucine apparentemente vuote, dove potei finalmente esprimere apertamente le mie considerazioni su quanto appena visto.
-La signorina Nanaba… - iniziai.
-Il Caposquadra Mike – concluse lei.
Ridemmo, arrossite. –Potrebbero punirci per quello che abbiamo fatto. Non avremmo dovuto precipitare lì in quel modo – pensò lei.
-Che cosa? – sbottai. –Ci sono gli alloggi, dove possono fare tutto quello che vogliono. Che senso ha pomiciare davanti gli uffici? La colpa sarebbe nostra? Piuttosto mi faccio divorare da un classe quindici metri se non è vero ciò che dico.
-Il Caposquadra Mike, - ribadì, ridacchiando, -sapevo che tramava qualcosa con lei.
Ripensai al modo in cui quest’ultimo guardava teneramente la soldatessa e non potei fare a meno di sorridere. –Già, in effetti non era così difficile da capire. Nanaba è davvero fortunata, accidenti.
-Claire! – mi rimproverò. –Il capitano non gradirebbe sentirti dire queste cose.
Nel frattempo, il cuoco della Legione si era fatto vivo, chiedendoci a cosa fosse dovuta la nostra presenza nelle cucine.
Petra tremava dalla vergogna, fui io a prendere la parola. –Il Comandante Erwin ci ha chiesto di preparare del caffè per lui e il caporale. Stanno avendo proprio ora un’importante discussione nell’ufficio del Comandante – inventai.
Egli mi guardò interdetto. –C’è bisogno di quattro mani per preparare del caffè?
Non avevo idea di cosa rispondere, tantomeno mi aiutò l’arrivo di Levi dall’ingresso che conduceva alla mensa. –Petra, Claire, che ci fate qui?
Il cuoco gli riportò quanto avevo affermato.
-Strano a dirsi, perché ho terminato il mio incontro con Erwin circa un’ora fa – non mi fu d’aiuto il piccolo soldato.
Divenni più rossa del solito, maledicendolo.
-Ad ogni modo, Erwin mi ha domandato di cercarti – mi disse lui. –Credo sia una cosa abbastanza importante, l’ho visto molto serio quando ha chiesto di te.
Gli imploravo con lo sguardo di spiegarmi, ma comandò alla povera Petra imbarazzata di tornare alle sue mansioni, mentre io mi diressi nell’ufficio del Comandante.
Bussai alla sua porta, ricevendo molto presto l’invito ad entrare.
Erwin sedeva sempre dietro la sua scrivania e poggiava il mento sulle mani incrociate.
Portai un pugno sul cuore. –Buongiorno, Comandante.
-Ciao, Claire. Prendi una sedia, ho bisogno di parlarti di qualcosa di molto importante.
Col cuore in gola, feci come mi aveva chiesto. Prelevai un posto a sedere, conducendolo di fronte alla scrivania del generale, assolutamente spaventata.
-Spero di non aver fatto niente di grave – mi lasciai scappare, tesa. Nel frattempo, avevo intravisto un grosso libro verde scuro poggiato sul tavolo proprio davanti a lui.
-No di certo, Claire. Sta’ tranquilla, oggi non parleremo affatto di lavoro – cominciò Erwin. –Piuttosto, voglio che tu risponda ad alcune domande. Potresti per favore dirmi il nome di tuo padre?
Sobbalzai. A cosa era dovuta quella domanda del tutto decontestualizzata? E perché, tra tutti, era stato proprio il Capitano di Divisione a volerlo sapere?
-Mio padre si chiama Ivàn Hares. Non ho rapporti con lui da sette anni, da quando è improvvisamente scomparso – risposi, tenendomi le mani.
-Molto bene. So che chiederti di tuo padre può sembrarti strano, Claire, ma, sempre se tu vuoi, potresti parlarmi un po’ di lui?
Mi grattai la fronte, pensandoci qualche secondo, cupa in volto. –Mio padre era unico figlio di Victor e Concha Hares. Si sposò con Catherine May, mia defunta madre, venticinque anni fa. Ebbe due figli: Lexander, oltre che me un paio di anni più tardi. Non conosco esattamente le sue svariate carriere professionali, ma ricordo che, quando ero piccola, lavorava in una fabbrica di sigari. Poi abbandonò questa professione e iniziò a gestire assieme ad un tale che viveva a Karanes, nostra città natale, una piccola biblioteca poco frequentata.
Alzai gli occhi, incontrando quelli di Erwin, che mi osservavano con grande attenzione.
-Mi verrebbe da descriverlo come un uomo abbastanza solitario, che spesso era anche in conflitto con alcuni cittadini del distretto, eppure voleva un gran bene alla sua famiglia. Aveva una forte passione per la musica, che è riuscito a trasmettere anche ai figli. Me ne rammarico così tanto, signore, ma non sono in grado di dirle altro riguardante mio padre.
Rimase in silenzio per qualche secondo, infine rispose: -No, va bene così. Ti ringrazio infinitamente.
Ero molto confusa, mi chiesi quale fosse il motivo per cui egli si era così tanto interessato alla storia del mio genitore. Intravidi un barlume di speranza: che fosse colui che mi avrebbe finalmente raccontato la verità dietro la scomparsa di mio padre?
-Comandante, mi scusi tanto, perché mi ha chiesto proprio di lui? – domandai incerta.
Erwin alzò dal tavolo il libro verde, me ne mostrò la copertina. –Ho appena trovato questo diario di mio padre nella mia vecchia casa natale – parlò. –Lui faceva l’insegnante, ricorreva molto spesso a libri del genere per appuntarsi i vari argomenti delle lezioni che intratteneva con i suoi alunni, tra cui me. Sono riuscito a pervenire solo questo, che è incompleto. Dovrebbe risalire all’ultimo che aveva iniziato a scrivere, prima di morire. Qui sopra c’è il nome di Ivàn Hares.
Non sapevo neanche cosa pensare. Cosa c’entrava mio padre con il diario del defunto signor Smith?
 –In riferimento a cosa?
Erwin aprì il tomo, sfogliandolo con cura. Mi mostrò una nota scritta con una grafia molto elegante.
 
Le sue teorie sono davvero brillanti. Sembra davvero intenzionato a scoprire altro grazie a Catherine.
 
Lessi e rilessi quella nota più volte, provando un senso di stupore e di paura nel leggere l’ultima frase.
-Mia madre si chiamava Catherine – enunciai, iniziando a tremare. –“Intenzionato a scoprire altro”… Mi sento così turbata, Comandante. Non ho idea di cosa tutto ciò possa mai significare.
Doveva aver notato la mia esagerata apprensione. E come non rinnegarmi? Quell’uomo mi aveva letteralmente spaventata da che avevo messo piede in quella stanza!
-Non mi aspettavo che la pensassi diversamente. Sappi che neanche io sono stato in grado di capire a cosa sia dovuto il legame tra mio padre e il tuo. Non preoccuparti. Comprendo la tua agitazione, ecco il motivo per cui sono disposto a schiarirti un po’ le idee.
Schiarirmi le idee? Cosa aveva intenzione di raccontarmi?
Erwin richiuse il libro, riponendolo sulla scrivania. –Ma, Claire, mi prometterai che non farai parola con nessuno di quello che ti dirò. –aggiunse con serietà. -Nemmeno con le persone di cui ti fidi ciecamente.
Deglutii, sudando freddo. –Glielo giuro, non lo farò.
 
 
Spazio autore: buonasera, carissime e carissimi (se ce ne sono XD).
Eccomi di ritorno con un bel capitolo… Non so quanto reputare cretina la prima parte su una scala da uno a dieci (Levi direbbe undici :P ). Certamente, ancora una volta ho dimostrato il mio attaccamento per Erwin: ci sarà una piccola svolta nella storia dopo l’ultima parte di questo capitolo, qualcosa che cercherà in parte di allacciarsi ad alcuni aspetti dell’Arco della Rivolta (narrazione ripresa poi dalla vicina terza stagione! *sclera come Hanji*). Ma non vi anticipo troppe cose. Purtroppo, devo annunciarvi che ci saranno scarse probabilità che riesca a pubblicare un nuovo capitolo sabato prossimo. Il motivo? Non ho avuto tempo di scrivere altro! XD Non garantisco niente, ci sono alcune probabilità che ciò non accada, per cui aspettate comunque un prossimo aggiornamento.
Detto questo, vi abbraccio con affetto. Buon sabato!
 
 
 
  
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