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Autore: summer_time    27/05/2018    1 recensioni
L'Unione ambisce da quando è nata al Soldato d'Inverno, una leggenda vivente ma nascosta a tutti: addestrato a sopravvivere, a combattere, a uccidere ma soprattutto ad obbedire, sarebbe la risorsa militare perfetta per avere finalmente il controllo totale e assoluto sui territori e sui pianeti. Le più alte cariche lo bramano ognuna per sè, una guardia silenziosa e letale capace di simulare un omicidio per suicidio; l'Esercito lo chiede per sè, una macchina da guerra instancabile e sempre operativa, in grado di allenare nuove reclute; il Museo Generale lo vuole per sè, un umano ancora in vita dopo la Quarta guerra Mondiale, dopo la criogenesi a lunga durata, dopo la distruzione più totale, portatore di antiche culture.
Ma il Soldato è stato problematico fin da subito e la sua mente non è cambiata: che provino pure a manipolarlo, a tentare di sedurlo, a controllarlo. Il Soldato non si è spezzato una volta, non lo farà mai, se credono di averlo in pugno e di comandarlo a loro piacimento si sbagliano: è così che vuole far credere, osserverà ogni dettaglio, stringerà alleanze, vedrà tutti i punti deboli. E poi attaccherà.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
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Dicono del Soldato d’Inverno che ami la compagnia delle altre persone e che rida tanto.
Dicono del Soldato che nessuno riesce a stare al suo passo in missione.

Pianeta Unione, sede del Concilio. Millesettecentosessant’anni dopo la fine della Quarta Guerra Mondiale e cinquecento anni dopo la nascita dell’Unione.

Beatris rimase così delusa dal pianeta più sicuro e potente dell’intera galassia, che non smise di borbottare in francese per tutta la durata dell’atterraggio. S’immaginava un grande pianeta, completamente trincerato dietro a navi spaziali da guerra, confini pattugliati ogni secondo e richieste infinite per l’atterraggio: invece si trovava davanti una palla composta da edifici bianchi e grigi, non più grande della Luna, circondata da qualche asteroide e da qualche stazione per le navi dell’Esercito. Insomma una vera e propria delusione: la prima impressione dell’Unione non aveva suscitato in lei altro che reazioni negative. Sapeva che quel pianeta serviva esclusivamente come ufficio dell’Unione, dell’Esercito e come sede abitativa degli alti vertici: in ogni caso non era colpita. Come se la sua delusione non fosse abbastanza, Dimitri aveva speso gli ultimi due giorni tallonandola ovunque lei andasse, dalla palestra alla mensa, aveva persino bussato alla sua porta la sera precedente per parlare – ovviamente il tutto in maniera molto discreta, gli dava il merito di sapersi nascondere a un occhio poco allenato: Beatris però era stata addestrata a capire se qualcuno la pedinava e Dimitri avrebbe dovuto ricordarselo. Non era una semplice ragazza, lei era il Soldato d’Inverno e avrebbe messo al suo posto quello sbruffone senza tante cerimonie. C’era stata persino una volta in cui l’aveva visto avvicinarsi e presa dal nervoso, aveva acceso il suo mp3 e se n’era andata ballando e cantando ad alta voce: la sua faccia confusa era stata una benedizione inaspettata, se ci pensava sicuro si sarebbe messa a ridere a crepapelle.

Imitando Kurt e Jhosha, allacciò le cinture di sicurezza nel mentre la nave Cristallina procedeva cautamente con l’atterraggio: al contrario della volta in cui – spaventata e afflitta – si apprestava a lasciare la Terra, in questa non ci furono scossoni o leggeri tentennamenti, solo una dolce pressione sul petto. Il tutto non era durato neanche un minuto, Beatris pensò che avessero realmente fretta di portarla davanti al Concilio altrimenti non si spiegava tutta questa foga: il che implicava che il tempo per lei per fuggire stava iniziando a scadere. Scosse leggermente la testa mentre mugugnava ancora in francese, piccoli insulti e imprecazioni che sapeva nessuno avrebbe capito.

“Beatris abbiamo ancora una ventina di minuti prima di sbarcare. Ti consiglio di vestirti bene, incontrerai il Concilio subito.”

La ragazza annuì pensierosa mentre Lion nella sua testa scaricava le molteplici mappe dei vari palazzi dell’Unione.

“Come faremo con i miei due bauli? Sono le uniche cose che ho e voglio portarmele dietro.”

“Potresti ridurli e metterli in tasca, così non dovranno neanche preoccuparsi del loro scarico e trasporto. Che dici?”

Beatris annuì alla proposta di Kurt. Il ragazzo le porse una piccola pistola dalla canna lunga: l’unico pulsante presente innescava una reazione chimica che creava un raggio laser, quasi incolore, al quantico, riducendo di dimensioni qualsiasi cosa. Le raccomandò di essere prudente, gli organismi viventi se colpiti si trovavano le parti colpite completamente atrofizzate o, nei casi più gravi, morivano per le complicazioni dovute. La ragazza sogghignò internamente, segnandosi di rubare quell’oggettino così carino e mortale: avrebbe detto a Kurt che l’aveva dimenticato in camera o perso, a seconda della situazione. S’incamminò verso la sua stanza sperando che nessuno, soprattutto Dimitri, la disturbasse.

҉҉҉

Kurt vide Beatris arrivare quasi di corsa nel mentre si sistemava i lunghi capelli castani all’indietro. Doveva averli sicuramente piastrati perché erano fin troppo lisci e del gel li stava tenendo saldamente lontani dal viso truccato. Era sistemata a dovere tranne che per la tuta arancione che stonava allegramente con la serietà del trucco: il ragazzo inarcò un sopracciglio alla ricerca di spiegazioni. Non fece in tempo a chiedere nulla che, non appena Beatris si fermò davanti a lui, la tuta scomparve per lasciare posto a un elegante completo femminile nero.

“Meglio?”

Il moro annuì: se doveva presentarsi al Concilio, tanto valeva presentarsi bene. Avrebbero pensato loro a parlare per lei, Beatris doveva solo starsene tranquilla in disparte e annuire di tanto in tanto.

“Ricorda: stai accanto a me o a Hool, dietro al Dottor Kçasip, al Capitano Fuq e a Dimitri Stokovich. Jhosha sarà dietro di te, insieme al braccio destro di Fuq e ad altri soldati dell’Esercito. Non ti agitare, non entrare nel panico, non tentare la fuga e non parlare.”

“Addirittura. Vedrò di tenerle presente tutte come se fossero le mie uniche ragioni di vita.”

Kurt schioccò la lingua in disapprovazione al tono sarcastico usato dalla ragazza: non aveva neanche idea di quanto quel minuscolo posto fosse pericoloso, di come l’avrebbero fatta a pezzi se avesse provato anche solo un tentativo di ribellione: Kurt sapeva che non c’era nulla con cui scherzare e il cadavere del suo amico Conrad glielo ricordava costantemente.

Conrad era un mercante di strada, uno di quelli che sopravviveva vendendo qualsiasi tipo di oggetto, da piccole batterie a oggetti di antiquariato; mai andato contro la legge, mai avuto debiti con i strozzini della città, l’unica macchia nella sua vita era essere senza fissa dimora. La polizia che pattugliava le strade ormai lo conosceva e non lo disturbavano ma lo tenevano costantemente sottotiro, pronti a spedirlo dal primo rivenditore di schiavi se avesse commesse un passo falso. E alla fine lo avevano ucciso con un colpo secco in testa, quando si era rifiutato di mostrare per l’ennesima volta i documenti.

L’apertura dello sportello principale lo riscosse dai suoi ricordi: Beatris lo stava fissando incuriosita, ma non chiese nulla e Kurt ne fu più che sollevato. Quando scesa dalla Cristallina una strana eccitazione prese a scorrergli nelle vene: i suoi genitori sarebbero stati fieri di lui? Cosa ne sarebbe stata della sua carriera ora che avevano riportato il Soldato – no non il Soldato, lei era Beatris – di nuovo in vita? Cosa lo attendeva? Glorie, onori, medaglie o forse riconoscimenti ufficiali. Ne sarebbero stati tutti orgogliosi e soprattutto invidiosi: tutti i suoi ex compagni di corso l’avrebbero invidiato e avrebbero pagato oro pur di essere al suo posto. Nessuno aveva creduto in James quanto lui e ora ne traeva i frutti di quella caccia al tesoro. Man mano che percorreva i grandi saloni e i corridoi marmorei, sentiva un sorriso vittorioso spuntar fuori dalle labbra, un sorriso che sapeva da rivincita, da soddisfazione, da orgoglio e da consapevolezza di aver fatto la storia: lui, il Dottor Kurt Hollander, esperto in lingue antiche e nella loro traduzione, aveva contribuito a salvare il Soldato d’Inverno.

Spostò il suo sguardo a sinistra e vide Beatris camminare fiera e composta, senza una minima traccia di emozione sul suo viso di porcellana. All’eccitazione si accompagnò allora un leggero brivido, nato da un sentimento che non comprendeva appieno, una sorta di paura primordiale: già, loro avevano recuperato il Soldato ma ricordava bene l’ologramma nella stanza della ragazza, di come li avesse avvertiti di stare attenti al Soldato e di non tradire la sua fiducia. Inoltre non avevano trovato le famose parole che avrebbero piegato mentalmente il Soldato, né tra i fogli nella stanza né tra le tracce che avevano permesso il suo recupero. Erano come scomparse, cancellate per sempre. Un’operazione troppo precisa per poter essere casuale.

Il seme del dubbio s’instillò nel cuore del giovane e lì prese radice, nonostante fosse per lui semplicemente ridicolo anche solo il pensiero. Eppure, ora che lo aveva formulato, non riusciva più a toglierselo dalla testa e dovette sforzarsi fisicamente nel non trascinare Beatris in uno dei corridoi secondari, bloccarla e farle sputare fuori la verità: le parole non c’erano più, completamente distrutte, neanche una minima traccia e solo una persona poteva averle imparate così bene da sapere chi le conosceva, come cancellarle per sempre da qualsiasi archivio e nel frattempo far credere di aspettare ordini. Se il Soldato era riuscito a spezzare il precedente controllo mentale, cosa o chi gli avrebbe impedito di fare lo stesso?

L’eccitazione del ritrovamento era completamente sparita, sostituita da una luce di comprensione - e forse terrore: voleva urlare a tutti di fermarsi, di legare la ragazza che tranquillamente stava camminando accanto a lui, di sbatterla dentro una cella e di buttare la chiave. Neanche se l’avessero fatta schiava, sarebbe rimasto tranquillo: avrebbe trovato un modo per fuggire e venire a cercarlo per fargliela pagare. Il respiro gli mancò improvvisamente, sentiva il cuore accelerare e il sudore impregnare i palmi delle mani: ma ormai erano arrivati nella sala del Concilio e lui non poteva più fare niente per placare il suo dubbio anzi, il suo terrore cieco.

҉҉҉

Il salone era alto e bianco, decorato da affreschi, statue, bassorilievi e colonne finemente decorate. Nella parete opposta alla porta da cui erano entrati, era presente una lunga balconata rialzata, dove tutti i membri del Concilio li stavano attendendo, comodamente seduti e serviti. La prima cosa che colpì Beatris fu l’odore d’incenso, molto forte, mescolato a quella che doveva essere vaniglia: un’abbinata pessima per il suo povero naso, già in passato martoriato dalla polvere e dall’odore di sangue e morte. I suoi futuri nemici stavano squadrando il gruppo eterogeneo alla sua ricerca mentre ogni soldato presente in stanza era armato e reattivo al minimo ordine: le armi che portava addosso avrebbero potuto non bastare, non aveva portato proiettili d’emergenza. Strinse la mandibola, facendo stridere leggermente i denti tra di loro, rumore che non sfuggì a Hool, poco più avanti di lei, che voltò la testa nella sua direzione lanciandole un’occhiata interrogativa.

Vide il Capitano Fuq e il Dottor Kçasip avanzare al centro della stanza e si preparò mentalmente: se si fosse presentata la possibilità, avrebbe colto l’occasione per fuggire. In quel preciso momento o in uno dei futuri giorni. Nessuno avrebbe più fatto alcunché né su di lei né sul Soldato.

“Concilio, la missione è giunta a buon termine. Il recupero del Soldato d’Inverno non ha riscontrato nessun incidente di percorso o rallentamento. Il soggetto è sano ed è stato analizzato nell’infermeria della nave Cristallina. È pronto per servire la causa dell’Unione.”

Ah, adesso l’Unione aveva anche una causa. Qual era, la conquista dell’Universo?

“Chiedo che il Soldato venga adibito all’Esercito, per l’allenamento dei soldati già formati e per l’addestramento delle nuove reclute. Sarebbe un’opportunità unica per l’Unione per incrementare il suo potere militare e per favorire la giustizia."

“Con tutto il rispetto per il Capitano Fuq, che ringrazio per il supporto essenziale fornitoci durante la spedizione, credo che il Soldato non dovrebbe essere rinchiuso in un campo qualsiasi di addestramento. La missione del suo recupero è stata voluta dal Museo Generale, da me in particolare, per analizzare e scoprire le usanze dei nostri antenati che noi abbiamo dimenticato. Senza la sua vitale testimonianza, non sapremmo mai cos’è accaduto realmente durante la Quarta Guerra Mondiale e delle cause che spinsero i nostri avi a lasciare il pianeta madre, il pianeta Terra.”

“Che altruisti!”

Beatris assottigliò gli occhi non appena Dimitri aprì bocca: sperava quasi in un conflitto, avrebbe saputo chi uccidere per primo, la sua voce la stava irritando ogni giorno di più.

“Che gentiluomini. Ognuno che pensa al bene comune: chi all’Esercito e alla sua potenza e chi al Museo e alla conoscenza. Quanto siete bravi e quanto siete ipocriti. Io invece non mi nascondo! Io sono una persona onesta e voglio continuare a esserlo!”

Se c’era una cosa che Beatris non poteva non ammettere, era che Dimitri Stokovich ci sapeva dannatamente fare nei discorsi: il tono della voce, le pause tattiche per la suspense, lo sguardo pieno di compassione per i due sfidanti. Non c’era niente fuori posto e una persona normale avrebbe finto per dare ragione a lui, in barba a cosa Beatris avesse dovuto compiere sotto sua richiesta.

“Io lo ammetto. Lo ammetto perché sono onesto e perché credo nell’Unione e nella sua meritocrazia. Voglio il Soldato. Lo voglio perché mi difenda da coloro che vogliono la mia morte, lo voglio perché ho un commercio di schiavi internazionale da tenere in piedi e la concorrenza è sempre dietro all’angolo. Voglio il Soldato, anzi direi persino di pretenderlo, come cauzione dell’Unione nei miei confronti per tutti i danni subiti, per tutte le minacce di morte che io e la mia famiglia siamo costretti a leggere ogni giorno: devo proteggere il mio stesso sangue!”

La ragazza vide i vari membri borbottare tra di loro, chiaramente divisi su dove collocarla. Le voci tacquero quando uno di loro si alzò e richiese la sua presenza: la volevano lì davanti, sotto il loro occhio critico per accertarsi che fosse reale. Con calma si distaccò da Kurt e Hool e il ticchettio dei tacchi risuonò fino a che non fu accanto al Capitano: alzò lo sguardo perfettamente tranquilla, una maschera di porcellana contro le loro menzogne, attendendo la loro reazione e le loro domande. Come per tutti i presenti, li vide aggrottare le sopraciglia, chiaramente sorpresi e forse confusi, magari anche arrabbiati: come poteva una ragazza essere uno spietato assassino. Quello che Beatris ipotizzò essere Stokovich senior, si alzò in nome del Concilio.

“Lei è il Soldato d’Inverno?”

“Si.”

“Non le credo.”

Beatris sorrise quasi incredula. Non le credevano? Seriamente? Sorridendo, decise di rispondergli a tono.

“Non è un mio problema se non mi credete.”

“Negli archivi che abbiamo recuperato, non si menzionava del fatto che il Soldato fosse una donna!”

“Gli archivi parlano del Soldato e, a meno che voi non abbiate una grammatica tutta vostra, il nome è maschile e maschile sono gli aggettivi a lui dati. Il fatto che io poi sia il Soldato, è un’altra questione.”

“Non provi neanche a fare la sbruffona con me, guardie! Allontanate questo essere dalla mia vista!”

Quattro delle dodici guardie presenti si fecero avanti, spudoratamente felici di quell’incarico così semplice. Beatris si guardò attentamente attorno prima di decidere su come agire: chiaramente sarebbe finita nelle mani di Dimitri se non avesse opposto resistenza, al contrario se le avesse neutralizzate avrebbe avuto una chance per mostrare la sua pericolosità ma avrebbe attirato gli occhi su di sé subito. Che fare… non era una codarda, non si sarebbe tirata indietro da uno scontro. Credevano fosse un impostore? Non aveva perso ogni persona cara per farsi dire che era una maledetta bugiarda. Che lo spettacolo avesse inizio, si sarebbe divertita e avrebbe sfogato un po’ lo stress accumulato.

Vide due guardie avanzare decise verso di lei e non appena furono abbastanza vicine, Beatris tirò una forte gomitata sul pomo d’Adamo della guardia alla sua sinistra per poi tirare un pugno al naso della seconda guardia. Nel mentre entrambi erano sorpresi, Beatris venne rivestita dalla sua armatura e sentì i coltelli doppi pronti all’uso: li estrasse delle tasche e pugnalò contemporaneamente le guardie al cuore, trapassando il leggero corpetto in cuoio. Distolse perciò la sua attenzione dei nuovi cadaveri per spostarla alle due guardie del quartetto ancora vive: con una precisione chirurgica, lanciò uno dei due coltelli, dritto verso l’occhio sinistro della guardia più vicina, incominciando a correre verso l’altra, scartando improvvisamente di lato colpendolo alle coste. Sentì le grida di dolore di entrambi, musica per le orecchie del Soldato che si mise a canticchiare per la contentezza: parò con l’avambraccio la lancia della guardia, afferrandola poi con la mano, continuando a colpire le coste con la mano libera fino a sentirle rompersi, dando quindi il colpo di grazia. Sangue cominciò a spillare la bocca del malcapitato a causa del perforamento dei polmoni da parte delle costole: il Soldato lo trapassò la gola con la lama del suo coltello, venendo bagnata dal liquido caldo e rosso, per troppo tempo lontano dai suoi vestiti. Passò poi alla guardia ancora a terra, gli tolse il coltello dall’occhio, portandosi dietro il bulbo e parte del nervo oculare, per poi piantargli la lancia del suo commilitone nel cuore, freddandolo all’istante.

Non pensando neanche alla guardia più vicina, lanciò la lancia e trapassò da parte a parte una quinta guardia, facendola cadere sul pavimento in un lago di sangue. Caricò una sesta e settima guardia in contemporanea, rinfoderando i coltelli e prendendo il suo laccio di acciaio: era un regalo della sua ex squadra, poco prima della loro ultima missione e del suo congelamento. La corda guizzò tra le sue mani a mo’ di lazo, afferrando per il collo il suo avversario a destra: l’altro tentò un affondo con la spada ma il Soldato lo scartò lateralmente e, trascinandosi dietro il suo commilitone, riuscendo a mettergli la corda al collo. Rise poi prima di incrociare i due capi del laccio in una morsa soffocante: con un forte strattone, il cavo trapassò la gola, tagliando la testa al giovane uomo. Il corpo cadde a terra privo di vita, mentre gli schizzi di sangue erano finiti sul suo corpetto nero; l’altra guardia allacciata al lazo, invece, era in ginocchio, con il volto ormai blu per la mancanza di ossigeno: il Soldato estrasse un piccolo pugnale dagli stivali e gli tagliò la gola, venendo irrimediabilmente sporcato dal sangue della carotide e della giugulare. Erano presenti ancora cinque guardie, intenzionate ormai a farla fuori. La più vicina la freddò con la pistola miniaturizzante che Kurt le aveva dato in mattina, vedendola contorcersi a terra dal dolore. Schivò delle frecce scagliate dalla guardia più lontana e s’incamminò verso il quartetto rimasto: con il lazo nella tasca sulla schiena, il Soldato decise di usare il corpo a corpo, per sgranchirsi un po’ le ossa.

La prima guardia era un omaccione, un armadio fatto solo di muscoli: avrebbe perciò puntato alle articolazioni, gli unici punti visibili abbastanza accessibili da essere rotte. Schivò e parò i suoi poderosi pugni per poi disloccargli la rotula del ginocchio destro: le urla di dolore smisero di colpo quando il Soldato gli prese la testa tra le mani e canticchiando, gli fratturò le vertebre del collo girando violentemente la testa della sua vittima. Usò il suo corpo inerme come scudo contro le frecce e come distrazione per le sue penultime vittime: gli lanciò addosso il corpo del gigante, utilizzandolo poi come pedana per sorprenderli da dietro e trapassare entrambi con le lame dei suoi coltelli. Li finì squarciando a entrambi la gola. Non si accorse però dell’arciere che, abbandonato arco e frecce, lo caricò e lo buttò a terra: il Soldato immobilizzò subito la mano che teneva un pugnale dritto alla sua gola mentre con l’altra mano tentava di distrarre abbastanza l’avversario per permettergli di ribaltare la situazione. Era finito nella pozza di sangue delle prime guardie uccise e i capelli sciolti di Beatris si stavano impregnando tutti di sangue: li avrebbe dovuti lavare, di nuovo. Concentrandosi, incominciò a schiacciare con le dita gli occhi dell’arciere e mentre questi allentava la sua morsa sul pugnale, il Soldato raddrizzò la lama dello stesso verso l’alto e, arpionando i capelli dell’arciere, spinse la sua testa contro la sua stessa arma, più e più volte, fino a che non lo sentì più muoversi.

Togliendosi il cadavere da dosso, il Soldato guardò dritto negli occhi ogni membro del Concilio: vedeva di nuovo la paura, la sua cara e vecchia amica. Sorridendo serafico si avvicinò alla balconata mentre ancora tutti loro trattenevano il respiro: il massacro era durato a malapena cinque minuti e il Soldato si sentiva abbastanza in forze per uccidere ancora.

“Sono abbastanza vero per lei ora?”

҉҉҉

Se avesse dovuto scegliere il momento della sua vita da eliminare per sempre dalla sua memoria, Hool avrebbe voluto togliere la carneficina che il Soldato aveva appena compiuto. Dodici guardie erano presenti all'inizio e dodici cadaveri giacevano a terra nel sangue alla fine. Guardò la figura minuta avanzare lentamente e si rendeva sempre più conto di come tutte le leggende sul Soldato d’Inverno fossero vere, fossero così reali, tanto da farlo tremare. Il Soldato si ergeva da solo, avvolto nel nero come la Morte stessa, sorridente e coperto di sangue dei suoi nemici mentre le note della canzoncina che cantava ancora riecheggiavano nella stanza. Fu lì che Hool pregò per la prima volta, pregò di essere ucciso velocemente.



 

ANGOLO AUTRICE

Ebbene, Beatris è arrivata davanti al Concilio e ha incominciato a fare i primi danni. Non poteva lasciarla carina per sempre no? Il Soldato è una parte di lei :) Fatemi sapere che ve ne pare!

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