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Autore: DewoftheGalaxy    27/05/2018    1 recensioni
Assisi. Convento di San Damiano. 1225
Francesco è a San Damiano, ospite di Chiara e delle sue consorelle, per riposare e farsi curare da loro.
La sua salute è ormai compromessa da anni ed è proprio qui, nel piccolo convento, che durante l'ennesima febbre malarica i ricordi ritornano.
Ricordi di una vita.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Chiara….mia dolce e bella Chiara, di sicuro ora proverai pena nel vedermi in questo stato: sfinito, esausto, colpito da mille malanni.

 

 

Pianticella mia, sorella mia. Noi due siamo fratelli in Dio, quasi gemelli direi, visto che ci capiamo con un solo sguardo.
Puoi capire molto di una persona guardandola negli occhi.
Quant’è vero.

 

E io ti amo Chiara, ma non di quell’amore.
Ti amo come amo gli uccelli del cielo e gli animali della terra, ti amo come amo le montagne con le cime coperte di neve e i torrenti cristallini, ti amo come amo i campi di papaveri e di grano e la luce che filtra fra le cupole verdi degli alberi.

 

Ma perché l’amore deve essere per forza di quel tipo?
Perché è così difficile accettare che l’amore non possa essere anche un fuoco, sì un fuoco, di cui le anime bruciano per un Padre che ci ama?
Cristo é morto e risorto per amore.
Ed era, ed è, l’amore più bello di tutti.

 

Oh Chiara….

 

Mi fanno male le Ferite, le Piaghe, mi sanguinano.
Stigmate, le Ferite di Cristo crocifisso, un avvenimento mai successo in tutta la storia.
Poteva riceverle un Padre della Chiesa, oppure un santo martire ed invece… è successo a me.
Ma perché? Perché io? Io sono solo un pazzo, un folle, un giullare di Dio, sto al dì sotto del pezzente, sono solo terra.
Perché io? Non lo saprò mai.

 

Tu Chiara dici che é perché ho amato tanto.
Io non lo so.
So che mi fa male il costato, mi sanguina, lo sento.
E sento pure la tua mano, Chiara, che mi pulisce e mi cambia le pezze zuppe di sangue.
Solo tu e Frate Leone sapete di queste Ferite, nessun altro, é un segreto e nessuno dovrà scoprirlo fino alla mia morte.

 

 

Mi ricordo di averti vista tante volte da bambina sai? Una figurina bionda che seguiva la madre o le amiche mentre andava al mercato o in chiesa.
Forse abbiamo parlato, quando tu eri bambina, ma non ricordo.
Forse ti sei unita anche tu all’euforia generale che prendeva noi giovincelli quando cadeva la neve, ma non ricordo.
Sento un caldo insopportabile che non mi fa pensare bene.

 

Dove sono gli stracci freddi? Ne ho bisogno! Ho caldo, tanto, tanto caldo!

 

Ma per fortuna arrivano presto e la loro presenza mi ristora.

 

Un ricordo di noi due ce l’ho Chiara ed é quello del nostro primo vero incontro, poco prima che scoppiasse la guerra ed i tumulti con i nobili.

 

Tu eri una ragazzina che correva fra le viti con un cesto in mano, di prima mattina, quando le allodole cantavano e la città si risvegliava.
Io un ragazzo a cavallo ed appena tornato da una notte di baldoria con gli amici.
Ti notai e scesi da cavallo.
Ti bloccai nel tuo cammino.

 

<< Ma buongiorno madamigella… >>

 

Tu mi risposi solo con un cenno del capo e cercasti di svignartela.
Io ti segui.

 

<< Ehi aspetta! Dove vai? >> 

 

<< In un luogo.. >> Rispondesti soltanto tu che continuasti a camminare.

 

<< Tu sei Chiara vero? La figlia di Favarone di Offreduccio degli Scifi! Io sono… >>

 

Ti girasti. << Francesco di Pietro di Bernardone, sì lo so. Tuo padre é il mercante più ricco di tutta Assisi e fornisce le stoffe alla mia famiglia… >>

 

<< Vedo che sei informata. >>

 

<< E tu vedo che non mi vuoi fare il sommo piacere di andare via >>

 

Sorrisi. << Tosta la ragazzina... >>

 

Sbagliai a pronunciare quelle parole perché poco dopo mi tirasti un calcio sul piede.

 

<< Non ti azzardare mai più a chiamarmi ragazzina capito? >>

 

Mi massaggiai il piede. << Capito…Ma io ti seguo lo stesso. >>

 

E così fu: tu continuavi a camminare ed io a seguirti.
Ero curioso e ficcanaso come tutti i giovani della mia età.

 

Dopo un po’ ti fermasti e ti girasti verso di me ancora una volta.
Il tuo volto non era più irritato come quando ti avevo chiamato “ragazzina” poco prima.
Era calmo.

 

<< Per favore… >> Mi chiesi tu con voce tranquilla e gentile, ma che lasciava trasparire il fatto che ormai ti eri arresa alla mia presenza. << Vai via… >>

 

<< Ma perché?.. >> Non capivo. << Devi per caso incontrare un spasimante segreto? >> 

 

Io risi, tu per niente.
Sospirasti.

 

<< Almeno non dire a nessuno quello che stai per vedere.. >>

 

Giurai di mantenere il segreto e dopodiché andammo un poco avanti, fino a un mucchio di rovine e teli.
E dove c’erano dei lebbrosi.

 

Lebbrosi.
Io li detestavo, mi facevano disgusto, non potevo sopportare la loro vista.
Tu invece Chiara tirasti fuori dal cesto del pane e cominciasti a servirli e pulire le loro piaghe.

 

<< Lebbrosi?… >> Riuscì a dire soltanto io, la voce mi era morta in gola.

 

<< Sì, lebbrosi. >> Rispondesti tu come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

Io me la diedi a gambe.

 

Ci rincontrammo molte volte in seguito, soprattutto dopo la guerra quando io cominciavo ad aprire gli occhi ma……a ripensarci ora a quell’episodio, in questo delirio febbrile, mi viene da sorridere.
Non avevo ancora capito allora il valore della carità, dell’amore fraterno.
No, non avevo ancora capito, ma tu sì.

 

Tu Chiara sapevi tutto prima di me.
Sbaglio o sotto le belle vesti indossavi un cilicio e una ruvida stoffa da serva? Sbaglio o rifiutavi i cibi più gustosi e li destinavi invece ai poveri?
Tu avevi già incontrato Cristo, a me invece ci vollero la guerra, un periodo di malattia e dei sogni per farlo.

 

Chiara, Chiara, mia bellissima Chiara, tu sei una luce di nome e di fatto, una luce che cerca di nascondersi nel chiostro ma che fuori illumina tutto.
Una colomba bianca e pura, una principessa del Suo Regno, un’amante della povertà.

 

Stammi vicino ora Chiara, te ne prego, come hai sempre fatto.
Ora ho bisogno di te più che mai, vedi come sono….ti prego, ti prego.

 

Continua a pregare per il mondo, mia pianticella, continua ad essere nel mondo pur non facendone più parte.

 

Sento qualcosa sulle labbra. Cos’é? É caldo e buono e mi fa venire sonno.
É latte.
Mi stai dando del latte per caso? 

 

Percepisco la tua mano che mi solleva il capo, il bordo di una ciotola sulle labbra e delle gocce che mi colano dal mento.
Bevo avidamente e subito dopo sento una salvietta che mi pulisce bocca e mento.

 

Il latte mi tranquillizza ma non riesco a deglutirlo.
Allora sento la tua mano morbida e profumata massaggiarmi la gola per farlo.

 

<< Stai calmo. >> Ti sento dire. << Il latte é per farti dormire meglio. >>

 

Le palpebre mi si fanno pesanti e sbadiglio, mentre per poco riesco a vedere la tua immagine non sfocata, ma vivida, che mi sorride premurosa alle luci di San Damiano.
Deve essere notte, o sera. Non lo so, ma vedo che ci sono accese tante candele.

 

Cercando si trattenere, inutilmente, un ultimo sbadiglio, cerco la tua mano.
Tu me la prendi, la stringi e mi sorridi ancora di più.

 

Poco prima di entrare nel mondo dei sogni sento un tuo bacio sulla mia fronte calda.

 

<< Buonanotte e sogni d’oro Chicco. >>

 

Buonanotte e sogni d’oro anche a te, pianticella mia.

   
 
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