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Autore: NyxTNeko    29/05/2018    3 recensioni
Roma, 37 d.C.
Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo...fino a quando il potere non entrerà dalla porta della sua piccola bottega di filtri e veleni e le stravolgerà l'esistenza risucchiandola inevitabilmente nel suo vorticoso buco nero.
Locusta, la prima serial killer della storia, fu un personaggio enigmatico, quasi leggendario, di cui si sapeva davvero poco anche ai suoi tempi, una cosa, però, era assolutamente certa: la strega di Nerone non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Gallia Narbonensis, maggio 37 d.C.

La Gallia, terra degli antichi e temuti Celti, denominati Galli dai Romani, dopo secoli e secoli di indipendenza era da altrettanto secoli sottomessa alla potenza dell'ormai Impero Romano che dominava il Mediterraneo.

Sebbene fosse passato tanto tempo, le gesta dei loro condottieri, uno di questi fu il valoroso Vercingetorige che cadde rovinosamente nel 52 a.C., contro i Romani guidati dal dittatore Caio Giulio Cesare, erano trasmesse di generazione in generazione per non offuscare l'onore e l'orgoglio del loro popolo che nonostante la collaborazione con i dominatori non aveva perso, almeno ufficialmente, la loro cultura, lingua, identità originaria.
 

Sul trono imperiale, da pochi mesi, sedeva Caio Giulio Cesare Augusto Germanico della dinastia Giulio-Claudia, meglio conosciuto come Caligola dal termine piccola galica, un tipo di calzari che l'imperatore indossava.
 

In una campagna al confine tra due villaggi galli una ragazza dai lunghi capelli rossicci lasciati al vento e due grandi occhi azzurri correva verso un bosco di conifere non molto lontano.

- Locusta! Sei già arrivata? - chiese sorpreso il druido Caelan sorridendo mentre sbucava da dietro un pino appoggiato sul bastone di legno.

- Si, sei l'unico che riesce a sollevarmi il morale - rispose prontamente la diciasettenne.

- Dovresti stare attenta, però, perché se scoprono questo posto i legionari romani mi condanneranno a morte - le ricordò con il volto severo.

Da quando erano arrivati quei maledetti romani per i druidi, sacerdoti dell'antica religione celtica, la situazione era diventata critica.

Le loro consuete attività di consiglieri del re, di interpreti di messaggi divini, persino le loro arti magiche tramite erbe e formule, erano state drasticamente ridotte fino ad arrivare al divieto assoluto.

Un'ombra si formò sul volto dell'uomo e Locusta lo fissò per lungo tempo, osservò la sua tunica di un bianco lucente che le aveva sempre donato serenità assieme alla voce calda e pacata con cui le parlava degli antichi dei che proteggevano le loro terre prima dell'invasione romana; passò alla lunga barba bionda sempre ben curata che lo rendeva più maturo del suo aspetto ancora giovane e prestante.

La ragazza si strinse la veste tra le mani per reprimere la rabbia che provava verso il popolo romano, si morse le labbra e abbassò la testa per la vergogna per il suo futuro infamante che l'attendeva.

- Certo che lo so, Caelan ma voglio sentire la tua voce per l'ultima volta! - confessò mentre le lacrime che si formavano negli occhi le appannavano la vista come premonizione del suo nefasto futuro in cui il passato si sarebbe allontanato da lei diventando sempre più sfocato fino a scomparire del tutto.

Si sforzò di non farle scendere creando un nodo alla gola che le faceva male quasi quanto il tradimento della sua famiglia.

- Per l'ultima volta? Non mi vorrai dire che.....- la sua voce era tremolante mostrando la sua paura più profonda ed angosciosa.

L'aria calda di inizio maggio divenne improvvisamente pesante e fredda.

- Purtroppo sì - rispose rapidamente per limitare il dolore che stava provando.

- Ma come? Eppure....- il druido improvvisamente sbiancò.

- Caelan,..io....- la voce cominciava ad essere incerta - Io...non sono mai stata libera.

Il druido conosceva le condizioni della sua famiglia, la loro precaria situazione era tale da non riuscire più a pagare le tasse per Roma.

Per questo il padre di Locusta aveva preso la drastica decisione di venderla come schiava sotto pressione dei romani stessi che ne richiedevano abitualmente in grande quantità.

La compravendita di schiavi era sempre un affare d'oro sia per i mercanti sia per i cittadini che li acquistavano.

La guardò rapidamente con gli occhi lucidi e la strinse forte sul suo petto per consolarsi a vicenda; anch'egli era sconvolto.

- Locusta - iniziò con un tono misto tra la speranza e l'amarezza - Locusta c'è un modo per sopravvivere tra quella gente...le arti che ti ho insegnato, le erbe magiche per creare filtri, infusi ed anche veleni sono l'unica arma che possiedi per difenderti dalle belve romane...ma devi usarle con criterio e giudizio perché sono un'arma a doppio taglio e potrebbero ritorcersi contro di te se ne perdessi il controllo, Roma è un posto pericoloso capace di corrompere anche il cuore più puro.

Le accarezzò i morbidi capelli color tramonto, era più di una figlia, la conosceva fin da quando imparò a camminare, le voleva un gran bene, avrebbe tanto voluto allontanarla dal quel destino di schiava, ma non aveva nessuna autorità, né una voce in capitolo.

Agli occhi dei Romani erano solo dei barbari; barbari senza alcuna forma di civiltà!

- Grazie per tutto, Caelan - la ringraziò mostrando un sorriso forzato che mal stonava con la sua nordica bellezza.

Il cielo racchiuso nei suoi occhi fu velato dalle lacrime che non riuscì più a trattenere.

- Sfogati, Locusta, liberati da questo nodo che ti opprime il cuore, fallo ora, ora che puoi!

Scoppiò a piangere senza freno sul petto del druido fino a quando ebbe gli occhi asciutti, incapaci di manifestare ulteriormente il suo disagio, il suo dolore che sembrava lacerarle l'anima.

- Sto...sto meglio adesso - lo rassicurò asciugandosi gli occhi gonfi e rossi di pianto

- Pregherò ogni giorno gli dei....è l'unica cosa che posso fare....mi dispiace - ingoiò la saliva trattenendo anch'egli le lacrime. Le strinse con forza le mani.

- Tu non hai colpa - disse con malinconia poi si staccò dal suo corpo caldo e rassicurante, si allontanò decisa a tornare nel villaggio natale, ad affrontare a testa alta il suo destino - Addio - sussurrò come la brezza del mattino e corse via

- Addio, Locusta, non ci rivedremo mai più ma sappi che ci sarai sempre tu nei miei pensieri con l'effimera speranza di rivederti - bisbigliò continuando ad osservarla nel fiore della giovinezza.

Un fiore la cui bellezza sarebbe stato calpestato dalla brutalità della violenza e dalla crudeltà della vita. 
 

Quando arrivò al villaggio vide i romani che erano venuti a reclutare schiavi da portare nel cuore dell'Impero.

Il suo istinto le diceva di scappare, di fuggire il più lontano possibile per salvarsi, ma si rese conto che ormai era troppo tardi.

Sospirò ed avanzò con determinazione verso casa sua con i piedi piantati al suolo e il cuore che le esplodeva nel petto per la paura.

Una voce potente come un tuono chiese - Tu chi saresti ragazzina?

Locusta con il cuore in gola fissò suo padre, sua madre e i suoi fratellini che erano stati sbattuti fuori dalla casa con violenza e le stavano rivolgendo unanime uno sguardo pieno di angoscia.

- Il mio nome è Locusta e sono il prezzo con il quale la mia famiglia paga per il suo debito nei vostri confronti, romani - esclamò fermamente, mettendosi una mano sul petto.

Il pretoriano saltò giù da cavallo e le si avvicinò con un ghigno malizioso, le alzò con prepotenza la testa e accarezzò il suo viso delicato, poi passo al petto palpandole il seno florido, a quel punto la ragazza indietreggiò con sdegno mentre l'uomo sogghignò di fronte ad una schiava barbara così giovane, così bella, così spavalda che sarebbe stata venduta ad una cifra esorbitante.

Il prezzo di quella ragazzina era ben più elevato del suo debito però questo era ormai insignificante, perché quella schiava era venuta di sua spontanea volontà a consegnarsi.

- Gallo, il tuo debito è saldato puoi pure sparire adesso - riferì al padre che lanciò uno sguardo mortificato alla figlia alla quale venne legata una corda ai polsi e una al collo.

Lui, un fiero guerriero gallo che non aveva mai ceduto al ricatto dei nemici in battaglia, costretto ad abbassare la testa all'invasore prepotente per colpa di quelle maledette tasse.

Non si sarebbe più ripreso da quell'umiliazione.

- Spero che tu possa perdonarmi un giorno, Locusta - bisbigliò a testa bassa mentre rientrava nella casa con il senso di colpa che opprimeva il suo animo.

La carovana di schiavi si avviò verso una lunga processione che gli avrebbe portati fino a Roma, dove poi sarebbero stati venduti come merce ai signori più potenti della città e dell'Impero.

Locusta girò la testa all'indietro osservando per l'ultima volta il suo villaggio che l'aveva data alla luce, l'aveva cresciuta ed ora l'abbandonava al suo destino di schiava.

A quella vista però non provava nè nostalgia, nè rabbia, nè vendetta, ma solo disillusione verso gli uomini, che le strappò per sempre la luce della vita dai suoi splendidi occhi azzurri.

   
 
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