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Autore: publicantando    31/05/2018    0 recensioni
La vita è un mistero, una continua sorpresa, tutto è così imprevedibile!
Tutto? Tutto tranne le persone, quelle sono prevedibili... a meno che non siano completamente folli.
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Dalla storia:
"Scusami... per caso mi sono presentata come Gretel?"
"...no"
"E allora perchè accidenti mi offri briciole?!"
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AVVISO: Storia riservata a chi non ama annoiarsi.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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sentiment_satisfied Premessa
Un mondo di cose ovvie

Non sono mai stata una persona simpatica, probabilmente a causa del mio QI, 148, non abbastanza per essere un genio… un QI da semigenio insomma.

Da piccola tendevo a completare le frasi degli altri,di chiunque altro, non era necessario che li conoscessi bene per riuscire a farlo, mi bastava ascoltare, osservare dieci minuti ed all’improvviso diventava tutto chiaro; l’espressione da bugia, quella da imbarazzo, quella da non mi ricordo chi sei, quella da sono innamorata, quella da accidenti devo fare pipi’.... eccetera eccetera. Imparavo i tic, i gesti, i cambi di modulazione della voce, il modo di camminare e come il passo variava in base all’umore, da come qualcuno mi veniva incontro riuscivo a capire se aveva avuto una buona o pessima giornata e se era stata pessima potevo intuirne il motivo: lite con un amico, incidente, discussione in famiglia, brufolo imprevisto… il tutto osservando l’andatura, su cosa si posava lo sguardo ed in che modo e dalle frasi con le quali esordivano, dalla quantità’ di giustificazioni che davano. Ogni cosa nella mia testa si traduceva in una sorta di lettera dell’alfabeto, gli associavo un significato, da quelle “lettere” combinate derivavano molti altri sensi, parole, frasi... ed in un attimo la storia di quelle persone era scritta sull’ennesimo volume ed archiviata in una biblioteca di neuroni.

Per ogni persona della mia vita c’era un alfabeto ed “manuale”, quello di mamma, quello di papa’, di mio fratello Pietro, della maestra Rita, del panettiere, della vicina e perfino del mio cane Lilo. Per questo ero antipatica, perche’ trovavo le persone prevedibili e loro percepivano mia noia.

Provavo sempre a concentrarmi, all’introduzione spesso sapevo gia’ dove sarebbe andato a parare il discorso e per quanto io tentassi di mostrarmi interessata inevitabilmente la mia mente deviava verso altro: quanti gusti di gommose esistono al mondo? I puffi erano frutto dell’allucinazione di un tizio che aveva leccato funghi? tre magneti posti ad un certa distanza e con i poli respingenti potevano generare un moto perpetuo?

Nel frattempo la persona di fronte aveva finito il racconto, io avevo sentito ma non vi era stata in me alcuna reazione, stupore, paura, sorpresa… nulla, perche’ la conclusione la conoscevo gia’ da un pezzo mentre un nuovo modo per generare il moto perpetuo non l’avevo ancora.

Ne derivava la voglia di tagliare corto ed andare a fare qualcosa di impegnativo. Non ce l’avevo con gli altri, anzi mi piacevano le persone e di fatto il problema ero io, non loro. Ero anche fin troppo empatica motivo per cui riuscivo a comprendere, quasi provandole, le sensazioni degli altri.

Per tutte queste ragioni, fu abbastanza semplice scegliere cosa diventare da grande: psichiatra.

Con i “pazzi” era tutto meno prevedibile, non esisteva necessariamente una connessione logica tra una cosa e l’altra, almeno apparentemente, non c’era un senso univoco ed un funzionamento lineare, bisognava scavare, approfondire ed apprendere una “meccanica” sempre nuova, nulla di scontato.

Erano le 16:00 del 14 aprile quando vidi Samuele entrare nella stanza, nessun infermiere con lui, sembrava lucido e incredibilmente serio.
Dovevo avere un nuovo paziente a quell’ora, ma dubitavo fosse lui, la caporeparto mi aveva parlato di un ragazzo che era salito su di un auto aveva ingranato la prima, la seconda, la terza ed aveva sfondato il cancello di una villa in periferia nella quale abitava una coppia in pensione.
I due erano rimasti sconvolti e si erano precipitati alla porta di ingresso; lui era sceso come nulla fosse, aveva raccolto una fresia dal loro giardino, l’aveva annusata a lungo, poi si era diretto verso la coppia, aveva dato il fiore alla donna, era rimasto per un poco fermo davanti all’uomo senza battere ciglio,studiandolo.

La donna confusa ed intimorita aveva chiesto chi fosse senza ricevere risposta, il marito si era parato tra di loro pronto a difendere la moglie. Il ragazzo aveva tirato fuori dalla tasca di un pantalone largo da operaio un bisturi e nel giro di un secondo aveva sferzato un colpo netto e veloce, contro se stesso.

Si era mutilato in un punto preciso, l’incavo del braccio destro,all’altezza del gomito, esattamente in corrispondenza dell’arteria, il sangue era schizzato fuori a fiotti.

Servono circa 2 minuti per morire se si recide un’arteria, chi si taglia le vene spesso lo fa ai polsi ferendo vasi secondari e provocando un dissanguamento lento, l’arteria brachiale invece causa una perdita di coscienza in 14 secondi e la morte in un minuto e mezzo.

Quel ragazzo sapeva dove tagliare. Voleva morire e per qualche strana ragione voleva farlo nel giardino di quelle persone dopo aver annusato una fresia.

Era ancora vivo.

Osservai l’uomo che era appena entrato, non aveva l’aspetto di chi meno di dodici ore prima aveva rischiato la morte per dissanguamento, lo vidi sedersi sulla poltrona di fronte la mia e fare un sorrisetto.

“Ottimo mi e’ capitata una psicologa muta, non vedo nemmeno il blocchetto degli appunti...”
Era una cosa che facevo spesso e di proposito in realta’, al primo incontro con un nuovo paziente rimanevo in attesa, vedere come reagiva come esordiva e che parole sceglieva mi dava modo di comprendere meglio il caso, gli schemi, le domande erano cose alle quali le persone rispondevano riflettendo troppo (anche i pazzi) ed in qualunque domanda vi era gia’ un input ed un range definito di possibili risposte con un conseguente restringimento al campo delle possibili reazioni o affermazioni.

Il silenzio era l’input piu’ “pulito”, non restringeva lo spettro delle opzioni/reazioni del soggetto.

L’uomo che mi stava di fronte aveva ostentato sicurezza, ma la velocita’ con la quale aveva “attaccato” rivelava invece l’opposto. Aveva sottolineato il termine “psicologa” con un tono piu’ alto ed uno scatto del sopracciglio, sapeva che ero una psichiatra ed aveva sbagliato di proposito perche’ io puntualizzassi, stava provocando, in una sola frase mi aveva identificata erroneamente, accusata di mutismo ed associata ad un stereotipo (il blocchetto degli appunti).

Mi alzai, girai attorno alla scrivania, ed uscii dalla stanza.

“Francesca, dove sta la caporeparto?” “L’infermiera Casale sta al piano di sotto” fece un pausa, abbasso’ la voce “ci siamo persi un paziente...” “Che paziente?” “Beh...ehmm, non riusciamo a trovare il tuo paziente delle 16:00’, ha lasciato sul letto il camice che gli avevano messo all’arrivo, pare che i suoi vestiti fossero insanguinati, quindi probabilmente adesso c’e’ un uomo nudo che gira per l’ospedale...” “Io invece penso sia gia’ nella mia stanza.”

Francesca sgrano’ gli occhi
“Il paziente e’ li dentro?!” “Si credo sia lui, sai dirmi il nome del paziente smarrito?” “Samuele Agresti” “Perfetto, grazie Francesca” “Ma e’ nudo??” “No ha addosso una felpa ed un jeans”

L’infermiera rimase perplessa, come se la nudita’ fosse un parametro fondamentale per il riconoscimento del paziente smarrito.
Rientrai, l’uomo si era tolto la felpa, aveva addosso una maglia intima blu a maniche corte un po’ troppo stretta, tornai a sedermi di fronte a lui, aveva una grande fasciatura al braccio destro, qualche macchia di sangue rappreso sull’avambraccio.

“Dove hai preso i vestiti Samuele?”

Ciao a tutte/i !! :) qualche piccola nota e richiesta;
non sono una psichiatra, quindi certamente sbaglierò delle cose... se avete puntalizzazioni vi chiedo di farvi avanti :)
richiesta: se siete interessati alla storia recensite, sapere che qualcuno la segue mi invoglia a pubblicare
piccola equazione:
recensioni = scrittrice che pubblica :D
no recensioni = nessuno lsegue la storia quindi non serve pubblicare altro :(

A questo punto mi congedo... con aria impacciata.
Ciao!! A presto.. spero:D :D

   
 
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