Serenità fugace
Madara era seduto con la schiena
appoggiata al tronco nodoso
dell’albero, intento a bere il sakè dalla piccola
ciotolina di terracotta.
Osservò la giovane danzare
sulle punte dei piedi, i capelli
le incorniciava il viso sorridente. Le iridi verde smeraldo di Sakura
brillavano, illuminate dalla luce del sole.
La ragazza allungò il
braccio, sfiorando i petali rosa del
ciliegio in fiore. Il suo kimono le ricadeva largo sul corpo minuto, la
stoffa
di seta era decorata da disegni floreali.
Quello di Madara era nero e
l’uomo si era solo appoggiato il
pezzo di sopra sulle spalle, lasciando il petto nerboruto scoperto.
< Alle volte vorrei dirle
quello che provo per lei,
quanto è speciale per me, ma alla fine non riesco mai a
farlo. La guardo
semplicemente giocare, è la spensieratezza che pensavo che
non avrei mai avuto.
Lo so che questo è solo un
sogno, un giorno torneremo alla
realtà. Lasceremo le illusioni di questa caverna, io
tornerò ad essere solo un
involucro e lei una donna che questo mondo non capisce.
Fino a quel momento, però,
il mio cuore troverà pace accanto
al suo > pensò.
“Piantala di fare tutto
questo chiasso, bambinona” la
richiamò con fare bonario.
Sakura lo raggiunse e gli avvolse il
collo tra le braccia,
stringendolo. Affondò nella lunga capigliatura mora di lui,
ogni ciocca era
larga una mano.
“Mai, devo contrastare il
tuo essere un tale musone” disse.
Gli posò un bacio sulle labbra, sentendo il sapore della
bevanda.
Madara ricambiò al bacio
con foga.