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Autore: saramermaid    01/06/2018    1 recensioni
Saphael | Human!AU | Rating: Verde
Conosceva bene quei capelli neri e quegli occhi scuri che ora lo fissavano con espressione indecifrabile e quasi seccata. Raphael Santiago era proprio di fronte a lui e, a giudicare dall’alone scuro presente sulla sua camicia nera, Simon gli aveva fatto rovesciare il drink addosso quando si erano scontrati.
Merda, complimenti Simon. Ora di sicuro ti uccide.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Oh, This College Life'
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Oh,This College Life









 

Simon era nei guai.
Si era lasciato trascinare da Clary a quella stupida festa tra confraternite del campus. Sapeva fin dall’inizio che sarebbe stata una pessima idea ma la sua migliore amica aveva un certo ascendente su di lui e non riusciva mai a dirle di no.

 

Ci divertiremo, Simon! E ci sarà anche Jace. Ti prego! Aveva esclamato entusiasta, fissandolo con la sua migliore espressione supplichevole.

 

Non ci era voluto molto prima che lui capitolasse del tutto, annuendo sconsolato e preparandosi ad affrontare la peggiore serata della sua vita. Fino ad alcuni mesi fa si sarebbe sentito estremamente irritato nel notare la palese cotta di Clary verso Jace, in fondo era sempre stato innamorato della sua migliore amica fin dai tempi del liceo, ma le cose erano cambiate radicalmente da quando erano al college.

 

Improvvisamente Clary non gli sembrava più così perfetta, bellissima, talentuosa. O meglio, certamente lo era ancora, ma Simon aveva smesso già da un pezzo di sentire le farfalle nello stomaco ogni volta che lei parlava o si attorcigliava i capelli rossicci attorno alle dita. E questo nuovo sviluppo gli sarebbe andato anche bene se solo la sua attenzione non si fosse spostata gradualmente verso qualcuno di diverso.

 

Raphael Santiago.

 

Poco più basso di lui, di origini messicane, pelle liscia e abbronzata, capelli scuri perfettamente ordinati, penetranti occhi neri, sorriso smagliante e muscoli su cui chiunque avrebbe volentieri sbavato. L’unica pecca? Era il capitano della squadra di football della NYU e nemmeno in un milione di anni si sarebbe mai accorto di Simon né tantomeno avrebbe accettato di uscirci assieme.

 

Il college non era poi molto diverso dalla gerarchia sociale del liceo. Simon era sostanzialmente un nerd iperattivo e imbranato che non smetteva mai di parlare per mezzo secondo, vestiva con jeans strappati e magliette Star Wars e si rifugiava dietro le battute divertenti per mascherare la sua agitazione nello stare di fronte alla gente. Lui e Raphael erano, all’apparenza, due mondi completamente opposti che non sarebbero mai potuti combaciare.

 

Come se non bastasse, alcuni dei compagni di squadra di Raphael non perdevano occasione per tormentarlo. Di Jace e Alec poteva dire che erano dei tipi apposto, lo salutavano sempre con garbo e a volte si fermavano a conversare con lui grazie anche al fatto che facessero parte della stessa comitiva di amici e che Simon fosse amico di Izzy, ma Jackson e Quinn erano tutta un’altra storia.

 

Alcuni giorni prima, mentre aspettava le due ragazze accanto alle gradinate del campo da football, quei due avevano iniziato a prenderlo in giro e spintonarlo fino a fargli cadere appositamente tutti gli spartiti a cui stava lavorando da settimane in vista di un esame.

 

Simon aveva semplicemente sospirato a quel gesto, chinandosi poi a raccogliere tutti i fogli mentre li sentiva allontanarsi ridacchiando. A Clary e Izzy aveva semplicemente detto che era stata colpa di una folata di vento, evitando così strane domande.

 

Conoscendole poteva già immaginare che entrambe sarebbero intervenute di persona, per quanto di bassa statura sapevano incutere un certo timore quando volevano, o peggio avrebbero mandato Jace e Alec a fare da tramite e a quel punto gli sarebbe rimasto solo da scavarsi una buca e scomparirci dentro.

 

Voleva bene a tutti i suoi amici, sul serio, ma c’erano battaglie che doveva combattere da solo per evitare di mettersi in ridicolo ancora di più di quanto già non fosse. E poco importava che la sua attuale tattica di combattimento prevedesse nascondersi ed evitare di incrociare Quinn e Jackson.

 

Tutto aveva funzionato alla perfezione fino a quel momento.

 

La sede degli Alpha Gamma Tau era così piena di gente, molti dei quali già ubriachi o fatti, che era stato un gioco da ragazzi evitare di imbattersi nei giocatori di football. Clary l’aveva abbandonato quasi subito, correndo a flirtare con Jace e ridacchiando ad ogni sua battuta, e Simon si era rintanato vicino allo stanzino delle scope sapientemente nascosto sotto le scale, evitando luoghi come il giardino o il salotto dove di solito la squadra partecipava a birra pong.

 

Per quasi tutto il tempo era rimasto incollato al cellulare, premendo tasti e pulsanti per poter raggiungere un nuovo livello a Pokémon Battle, finché la necessità di trovare un bagno si era fatta impellente. Ci era arrivato senza problemi, sgattaiolando verso quello di servizio e tornando indietro. Era quasi arrivato alla fine del corridoio quando aveva riconosciuto la voce ubriaca di Quinn.

 

Imprecando a bassa voce si era velocemente guardato attorno, retrocedendo lentamente verso la porta di quella che sembrava una cucina e scontrandosi contro qualcuno.

 

«Cavolo, amico, scusami non ti avevo vist-»

 

Aveva iniziato a blaterare Simon salvo poi bloccarsi. Conosceva bene quei capelli neri e quegli occhi scuri che ora lo fissavano con espressione indecifrabile e quasi seccata. Raphael Santiago era proprio di fronte a lui e, a giudicare dall’alone scuro presente sulla sua camicia nera, Simon gli aveva fatto rovesciare il drink addosso quando si erano scontrati.

 

Merda, complimenti Simon. Ora di sicuro ti uccide.
Pensò, spostando il peso da un piede all’altro e agitandosi sul posto incapace di stare fermo.

 

«¡Ay! ¡Ten cuidado! Accidenti, questa camicia era nuova!»

 

«M-mi dispiace, ti p-pagherò la l-lavanderia! Uh, si… e-ecco si...io...»

 

Doveva andarsene al più presto, scappare il più lontano possibile da Quinn e anche da Raphael. Ne aveva abbastanza di quella serata, voleva solo rintanarsi sotto le coperte e non uscirne fino a dopo il weekend. Si gettò un’occhiata nervosa alle spalle, mordendosi le labbra quasi a sangue e sudando freddo. Le sopracciglia di Raphael si aggrottarono a quella reazione, manifestando confusione e anche una certa preoccupazione.

 

«¿Estàs bien? Stai bene?»

 

Gli chiese spontaneamente il messicano, dimenticandosi del drink versato e della camicia rovinata.

 

«Io… si… devo solo andarmene via di qui. Devo… devo...»

 

Riuscì a balbettare Simon, sentendo improvvisamente l’aria comprimergli il petto dando inizio ad un mezzo attacco di panico. Per un attimo rimase immobilizzato di fronte all’altro, deglutendo a fatica e premendo le dita contro gli occhiali per rimetterli al loro posto. Era più un tic nervoso che una mera necessità di farlo, eppure non poteva evitare quel gesto.

 

«Ehi, Lewis! Sempre intento a sbavare dietro al nostro capitano, uh?»

 

La voce di Quinn era fin troppo vicina, poteva sentirne il timbro divertito e quasi crudele mentre li raggiungeva. Le spalle gli si sollevarono quasi in un gesto di protezione, il suo sguardo scattò velocemente verso Raphael come a scusarsi, prima di correre letteralmente in direzione della porta e lontano da quella dannata festa.

 

Solo dopo essersi messo a letto, abbracciando uno dei cuscini e ignorando le chiamate di Clary sul display del cellulare, Simon realizzò che Quinn aveva rivelato pubblicamente a Raphael la cotta che lui aveva nei suoi confronti.

 

Il college faceva schifo.
E quella settimana non poteva essere peggiore di così.




 




 

Il weekend era trascorso veloce, un nuovo lunedì era iniziato e la routine era ripresa.
Simon era tornano a destreggiarsi tra una lezione di musica comparata e una di storia della composizione, rintanandosi poi nel suo dormitorio a studiare per tutto il resto della giornata.

 

Aveva evitato le gradinate del campo da football, smettendo di assistere agli allenamenti della squadra dopo l’incidente della festa, e aveva persino declinato l’invito a pranzare col resto dei suoi amici.

 

Non aveva paura di Quinn.
Si sentiva per lo più frustrato di essere il suo bersaglio preferito e in fin dei conti si trattava più che altro di dispetti, del tutto simili a quelli che i bambini si scambiano all’asilo.

 

Quella mattina aveva anche intravisto Raphael in caffetteria e per un attimo gli era sembrato che l’altro lo stesse fissando attentamente, che quello sguardo lo stesse percorrendo dalla testa ai piedi, salvo poi darsi mentalmente dello stupido per l’assurdità di quel pensiero.

 

Raphael sembrava sempre irritabile e scontroso verso il resto del mondo, ma Simon sapeva che l’altro seguiva attentamente le lezioni e si impegnava seriamente nello studio invece di comportarsi da idiota come la maggior parte degli atleti.

 

Alcune volte l’aveva persino sorpreso in biblioteca, circondato da libri e appunti, con la fronte aggrottata dalla concentrazione e il tappo della penna che di tanto in tanto veniva mordicchiato dai denti.

 

E ora probabilmente l’altro l’odiava, se non per il disastro con la camicia per il fatto che Simon avesse una cotta per lui. Era sempre stato convinto che Raphael fosse etero, nonostante non l’avesse mai visto in compagnia di nessuno.

 

A quei pensieri Simon si riscosse, sospirando eloquentemente e stropicciandosi gli occhi. Erano ore che se ne stava seduto sul proprio letto cercando di terminare la partitura musicale che avrebbe dovuto consegnare di lì a qualche giorno, ma la sua mente continuava a distrarsi e rimuginare.

 

Avrebbe volentieri ordinato d’asporto e stava persino considerando l’idea di chiamare il numero del ristorante cinese ma il bussare insistente alla sua porta gli impedì di farlo.

 

In automatico aggrottò la fronte controllando i numeri sulla sveglia digitale posta sul comodino. Erano quasi le 19 di sera, nemmeno Clary si precipitava da lui a quell’ora. Tanto più che la sua migliore amica gli aveva accennato di dover andare ad una mostra fotografica che il professore d’arte applicata aveva consigliato.

 

Scrollando le spalle aprì la porta della sua stanza singola, ritrovandosi di fronte Raphael Santiago in persona. E Simon avrebbe di sicuro iniziato a balbettare, arrossire e vergognarsi per la sua mise composta soltanto da una maglietta con la scritta Pan-duh e boxer di Star Wars se il suo sguardo non si fosse posato sul volto dell’altro ricoperto da lividi ed ematomi.

 

«Oh mio Dio!»

 

Esclamò a voce forse fin troppo alta e stridula, fissando Raphael con espressione preoccupata e incredula.

 

«¡Hola! Posso entrare?»

 

Raphael sembrava nervoso e agitato, aveva i capelli in disordine e indossava ancora la divisa della squadra di football come se avesse corso fino al dormitorio una volta terminati gli allenamenti. E probabilmente era così, constatò Simon prima di spostarsi per lasciarlo passare.

 

«Umh.. Cosa…? Stai bene?» Fu tutto quello che riuscì a mormorare, a chiedere, non sapendo cosa dire e fare perché mai avrebbe immaginato che un giorno il capitano della squadra avrebbe fatto irruzione in camera sua.

 

Raphael sospirò a quella domanda, annuendo e iniziando a camminare avanti e indietro sulla moquette di fronte al letto. Era evidente che l’altro fosse stato coinvolto in una rissa, solo che non ne conosceva il motivo o la gravità. Forse la sua visita c’entrava con la camicia rovinata, forse Raphael voleva chiedergli di ripagargliela o accettare l’offerta riguardo pagargli la lavanderia.

 

«Raphael...»

 

Provò a richiamarlo, rendendosi conto che l’altro aveva iniziato a borbottare una sequela di parole in spagnolo che non riusciva a capire ma che sembravano insulti e imprecazioni. Gli stava persino venendo il mal di mare a causa dei movimenti bruschi che Raphael compiva per tutta la stanza.

 

Non l’aveva mai visto perdere la calma o la pazienza. Almeno non in modo così evidente e palese come se non riuscisse più a controllarsi. E più i minuti scorrevano, più Simon si sentiva in ansia.

 

Aveva forse fatto qualcosa di sbagliato che l’aveva irritato?
L’aveva fissato troppo a lungo nei precedenti mesi ed era venuto a dirgli di smetterla?
Oppure….

 

«Oh mio Dio!» Esclamò di nuovo, quasi colto da un’illuminazione improvvisa. «Sei incazzato perché ho una cotta per te? Oddio, oddio, cacchio! Senti, ascolta, Raphael prometto che ti starò alla larga, sul serio. Posso farlo! Non dovrai preoccuparti diㄧ Woah!»

 

Nel corso della sua sequela di parole Raphael gli si era avvicinato, invadendo il suo spazio personale e fermandosi di fronte a lui. Le sopracciglia perfette erano sollevate, la fronte si era aggrottata, gli occhi scuri si erano incantati a fissarlo e la bocca del messicano era dischiusa come a voler mettere un freno al vomito di frasi che Simon aveva rigettato fuori.

 

«¿Qué? ¡No! ¡Càllate! Simon, sta zitto. Sono incazzato con Quinn e ho fatto a botte con lui prima di venir qui.»

 

«C-cosa? P-perchè?»

 

Si ritrovò a balbettare di nuovo, questa volta non potendo impedire alle sue guance di tingersi di un leggero rossore a causa del fatto che il respiro di Raphael gli solleticava il viso. Le dita corsero a giocare con l’orlo della maglietta che usava per dormire, stringendo il tessuto color blu scuro e lisciandone le pieghe subito dopo.

 

Simon si sentiva improvvisamente esposto e vulnerabile.
Le parole dell’altro lo avevano lasciato basito e confuso, non riusciva a seguire il senso logico degli avvenimenti né comprendeva come la rissa con Quinn potesse collegarsi a lui e al fatto che Raphael si fosse presentato sulla soglia della sua stanza in dormitorio.

 

«Perché Quinn è un pinche idiota che dovrebbe smettere di importunare la gente. E te.»

 

«Oh.»

 

Simon si sentiva improvvisamente accaldato.
Raphael si era battuto con Quinn perché importunava la gente e perché importunava lui.
Questo significava che… Oh. Oh!

 

«Hai fatto a botte con uno dei tuoi compagni di squadra per me? Per difendere me

 

Il volto di Raphael si era quasi addolcito a quella domanda, Simon poteva visibilmente notare la tensione che scivolava via da quelle spalle muscolose, mentre l’altro annuiva. La mano destra si era sollevata per posarsi sulla sua guancia, tracciando con il pollice dei piccoli cerchietti poco sotto la montatura degli occhiali.

 

«. No eres el ùnico que tiene un enamoramiento. Eres adorable, Simon.»

 

Il tono di voce con cui Raphael gli stava parlando era dolce, quasi melodioso, e gli occhi scuri lo guardavano con così tanta serietà che Simon era sicuro sarebbe morto di combustione. Poteva sentire il calore affluire ancora di più sulle gote e poteva avvertirlo anche l’altro mentre continuava ad accarezzargli la pelle della guancia.

 

«N-non so cosa tu abbia detto ma non suona così male...»

 

Raphael si lasciò scappare una mezza risata che risuonò nella stanza silenziosa prima di compiere un passo avanti. I loro corpi, adesso, si sfioravano ad ogni respiro e le iridi ambrate di Simon si fermarono più volte su quelle labbra carnose, dalla tonalità rosea, desiderando poter annullare quell’esigua distanza.

 

«Creo es mejor si te lo muestro.»

 

Fu tutto quello che Raphael sussurrò prima di sporgersi per posare le labbra su quelle di Simon in un bacio lento e dolce. La mano del messicano si spostò in automatico tra quei capelli castani, stringendo tra le dita alcune ciocche di capelli, mentre la sinistra si faceva largo sul petto di Simon fino a posarsi attorno al collo.

 

Le labbra si sfioravano senza fretta, si rincorrevano per poi allontanarsi e riunirsi di nuovo.
Premevano una contro l’altra, ne catturavano il sapore a vicenda, venivano imprigionate dai denti e poi tutto ricominciava da capo.

 

Si baciarono per un tempo che parve infinito finché la necessità di respirare non costrinse entrambi a separarsi. La fronte di Raphael si era posata contro quella di Simon, le braccia di quest’ultimo che finalmente si chiudevano attorno ai fianchi dell’altro.

 

«Wow… Credo di star sognando...»

 

Un sorriso, un bacio a stampo, una carezza e poi una risata.

 

«Non stai sognando, Simon. E’ tutto reale. Questo è reale.»

 

E Simon stentava ancora a crederlo, a realizzare, che Raphael l’aveva appena baciato.
Il college continuava ancora a fare schifo, le lezioni erano ancora infernali, probabilmente alcuni giocatori avrebbero continuato a importunarlo e Simon avrebbe dovuto affrontare un vero e proprio interrogatorio da parte di Clary, ma per una volta in vita sua non gli importava.

 

Raphael Santiago era lì con lui, ricambiava i suoi sentimenti, e niente avrebbe potuto cancellare dalla faccia di Simon l’espressione ebete che aveva in quel momento.

 

«Coraggio, Principe Azzurro. Andiamo a disinfettare quei graffi.»

 

Ridacchiando, strinse la mano di Raphael tra la sua trascinando l’altro verso il bagno per poter recuperare il kit di pronto soccorso. E se nel frattempo si persero ancora l’uno contro le labbra dell’altro, bhé, a nessuno era dato saperlo.








 

A/N
Sara’s Corner

 

Okay, ci siamo, finalmente sono riuscita a finire questa Human!AU e nel frattempo sono quasi morta d’ansia.  A dire il vero non so ancora se la storia sia riuscita come volevo e come avevo immaginato all’inizio, perciò siate clementi con me e soprattutto fatemi sapere sul serio cosa ne pensate. Una vostra opinione mi permette di capire, migliorare, fare tesoro dei consigli ricevuti. Tra l’altro è la prima volta che scrivo una Saphael in cui entrambi sono totalmente umani, quindi mi auguro di non aver stravolto troppo le cose. La mia idea di base era creare una serie di oneshot su questo tema del college, tutte ovviamente collegate tra loro come se fossero capitoli separati di un unico racconto. Però sono ancora dubbiosa a riguardo, soprattutto perché non so cosa ne pensate voi e se vi possa piacere l’idea in sè.

E niente, godetevi la storia e un pò di fluff Saphael!
Perché il nostro vampiro brontolone ci manca e nessuno può negarlo!
Rivogliamo Raphie nella seconda parte della terza stagione! ç__ç



 

Vocabolario spagnolo:

  • ¡Ay! ¡Ten cuidado! (Ehi! Attenzione!)

  • ¿Estàs bien? (Stai bene?)

  • ¡Hola! (Ciao)

  • ¿Qué? ¡No! ¡Càllate! (Cosa? No! Stai zitto!)

  • Pinche idiota (Fottuto idiota)

  • . No eres el ùnico que tiene un enamoramiento. (Non sei l’unico che ha una cotta)

  • Eres adorable, Simon. (Sei adorabile, Simon.)

  • Creo es mejor si te lo muestro. (Credo sia meglio se te lo mostro)

 
  
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