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Autore: Ankls_    02/06/2018    0 recensioni
Quando Lucinda muore, sua nipote Nicole si rende conto di non averla mai conosciuta davvero. Chiede a Rosalee, amica di Lucinda da una vita e per lei una seconda nonna, di aiutarla.
Nicole scoprirà una parte della vita della nonna che non si aspettava, come lettere, diari nascosti e un'amicizia molto più profonda e sincera di quello che pensava.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A mia nonna
Per non dimenticarmi
Di dirle ogni giorno
Quanto bene le voglio
Anche se spesso
Non riesco a dimostrarlo

Giovedì
I

La stanza era molto luminosa e colorata. Le pareti erano rivestite da carta da parati gialla e arancione con dei fiorellini ricamati sopra, probabilmente piccoli girasoli, visto il colore.
Nonostante le circostanze, l'atmosfera era tranquilla, quasi festosa. Si respirava odore di fiori freschi e di vaniglia.
Lucinda era seduta nel letto, con le coperte azzurre che le coprivano le gambe, e stava sferruzzando a maglia quello che a prima vista doveva essere un berretto di lana rossa.
Appena mi vide, il suo sguardo si accese e un grande sorriso le illuminò il volto.
-Bambina mia!-
Le sorrisi anche io.
Mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia.
-Ciao nonna.-
Lei continuò a fissarmi per qualche secondo, con un'aria un po' persa. I suoi grandi occhi azzurri sembravano lontano anni luce, come se si fossero persi in qualche ricordo ormai inafferrabile.
Scrollò le spalle e riprese a sorridermi amorevolmente.
-Vieni! Siediti accanto a questa povera vecchia tanto sola- feci come mi aveva detto. Iniziò ad accarezzarmi una mano, interrompendo momentaneamente il suo lavoro.
-Dimmi, cosa fai di bello? Lavori? Il fidanzatino? Mangi abbastanza, sì? Mi sembri un po' sciupata.
Mi scappò una risata. -Sei in vena di chiacchiere oggi, nonna. Allora, sì, lavoro, come sempre. Ti ricordi? Nel negozio di dolci che porta il mio nome, giù in città.-
Aveva ripreso in mano gli uncinetti e si limitò ad annuire. -Sul fidanzato invece ci sto ancora lavorando, ma non c'è fretta.
A questa affermazione lei alzò gli occhi e mi guardò con un'espressione contrariata. -Guarda che quel bel visino non durerà per sempre, tesoro mio. Prima o poi finirai come me, con più rughe che denti e come unico pregio quello di sapere fare cappelli.
Era da tempo che non la vedevo così di buon umore, ma soprattutto così... lucida.
L'ultima volta che ero stata lì a malapena si ricordava il mio nome.
Mi sporsi a darle un altro bacio. Profumava di pulito.
-Sarebbe un onore per me finire come te- le sussurrai vicino all'orecchio.
Anche se non la vidi, sono sicura che sorrise.
Quella sera parlammo tanto. Mi chiese di elencarle tutti i tipi di dolci che facevo nella mia pasticceria e si permise pure di dirmi che le ricette erano sbagliate.
Finì per raccontarle dell'ultimo ragazzo con cui ero uscita e lei riuscì ad allungare una mano per darmi una sberla, rimproverandomi del fatto che li trovassi tutti io gli imbecilli.
In un paio d'ore, riuscì a finire il cappello e decise di regalarmelo perchè era troppo bello per essere dato a una delle infermiere antipatiche del mercoledì.
Le mostrai le foto del mio nuovo cane e i suoi occhi si accesero di nuovo, mentre diceva che non aveva mai visto un cucciolo così tenero.
Per un pomeriggio, sembrò essere tornata la vecchia e cara nonnina che fino a 2 anni prima era in grado di salire una scala e pulire dei vetri senza l'aiuto di nessuno.
Non ebbe alcun momento di confusione, e sapeva per tutto il tempo che si trovava con la sua nipote preferita. Sembrava fosse migliorata.
Fu una serata divertente, serena.
Quando me ne andai la salutai con un bacio sulla fronte e mi misi il cappello nuovo, perchè Lucinda aveva paura che fuori ci fosse freddo, nonostante fossimo a maggio inoltrato.
-Ti voglio bene, Nicole.- mi salutò cingendomi il collo con un braccio
-Anche io nonna.- risposi lasciandomi la stanza alle spalle.

La mattina dopo fu il motivo per cui ora odio con tutto il mio cuore il giovedì.
La chiamata arrivò sul tardi.
Se n'era andata. Era successo mentre dormiva. Non aveva sofferto, probabilmente non se n'era neanche resa conto.
Meglio così, mi dissi mentre ascoltavo la voce di mia madre dirmi queste parole. Dal suono delle sue frasi spezzate, capii che era distrutta. Giustamente: lei non aveva neanche avuto il tempo di salutarla un'ultima volta.
Ero in negozio quando ricevetti la telefonata.
Una volta riattacato, corsi in cucina a piangere. Scoppiai in lacrime vicino alle torte al cioccolato e per consolarmi ne assaggiai qualcuna.
Fui costretta a chiudere prima la pasticceria, perchè era meglio che non entrasse nessuno piuttosto che qualche cliente mi vedesse singhiozzare con il mento sporco di cioccolata.

Il negozio non fu mai più aperto il giovedì.

 

   
 
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