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Autore: Fisico92    02/06/2018    1 recensioni
Trovarsi a giocare una partita di poker, una partita a cifre rilevanti, una partita che si spera possa rivelarsi essere una occasione di riscatto, sia economico e sia emotivo, su una vita avara di soddisfazioni, una partita che invece pare proprio non volerne sapere di girare per il verso giusto, finché finalmente una mano pare offrire un’ottima possibilità.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tommy tamburellava incessantemente con le mani sul tavolo ambrato con venature multicolore sul quale si trovava ad appoggiare i gomiti in attesa di ricevere finalmente le sue carte. La cosa non dava troppo fastidio agli altri, o se non altro la tolleravano in silenzio, consci che quel tremolio da stress fosse più che comprensibile.

L’uomo, poco più che trentenne, era infatti sotto già di duemila e cinquecento euro quella sera, e ora stava giocando con i duemila cinquecento che gli erano rimasti davanti. La cifra cha aveva davanti poteva farlo sembrare una persona benestante, ma in realtà per quella partita aveva dato fondo a tutti i suoi risparmi.

Si era perfino ridotto a falsificare la firma della sua compagna, Anna, per ritirarli dal loro conto cointestato, ben sicuro che lei l’avrebbe sicuramente lasciato se avesse scoperto cosa aveva fatto.

Era consapevole di aver fatto una cosa molto meschina, ma non c’era alternativa, gli si era presentata l’occasione di giocare una partita a cifre veramente importanti e non poteva lasciarsela scappare. Odiava il suo lavoro di fattorino, un lavoro pesante e monotono che gli occupava la maggior parte della giornata. Non certo un mestiere che si augurava di fare per il resto della sua via.

Ma nonostante Tommy avesse solo da poco passato i trenta i sogni di grandezza della sua adolescenza erano già tutti svaniti, lasciando il posto ad un’amara e grigia realtà.

Quel gioco era l’unica luce, l’unica possibile via di riscatto. Aveva solo bisogno di un’occasione del genere, sedersi ad un tavolo dove si giocava per cifre serie, entrare con i suoi cinquemila e magari rialzarsi con diecimila, con quelli poi giocare ancora e vincere, vincere sempre più, fino a quando la sua vita non avrebbe finalmente avuto una svolta, e allora anche Anna avrebbe compreso perché giocava, perché lo faceva, e non sarebbe più stata arrabbiata, anzi, sarebbe stata orgogliosa di lui e del fatto che finalmente avrebbe potuto mantenerla, felice di non essere più costretta a svolgere il doppio lavoro che ora la teneva occupate più di dodici ore al giorno.
 

Un giocatore mise davanti a se una pila di dischetti di plastica, di chips, del corrispettivo di cinquanta euro, un altro alla sua destra fece la medesima cosa, solo con venticinque euro di posta. Erano quelli i bui, la posta iniziale, con cui si giocava a quel tavolo. Poi Tommy ricevette finalmente le carte dal mazziere di turno, il suo amico Billo, era stato lui a introdurlo in quella partita.

Billo lo aveva più volte avvertito di non farlo, che quella era una partita in cui si scommetteva pesante, che lui non poteva permettersi di giocare con loro a quelle cifre, ma Tommy era stato irremovibile: ‘voglio solo che tu mi presenti, poi baderò io al resto, non preoccuparti’. Era abituato a ben altro, con Billo ogni tanto si incontravano ai tavoli dove si giocava a due-un euro di posta iniziale, dove una serata proprio sfortunata significava perdere due-trecento euro, questo era tutto un altro mondo. Quando quella sera aveva cominciato a mettersi decisamente male il suo amico aveva voluto ripetergli di nuovo il suo ammonimento: “Tommy, basta, non giocare più, alzati con quello che ancora hai e vai via” gli aveva sussurrato all’orecchio Billo, lui però non voleva proprio saperne.
 

Avute le carte era il momento di giocare una nuova mano. Tommy poggio le quattro dita della mano sinistra sulle sue carte e poi, eseguendo un elegante movimento i cui meccanismi erano ormai impressi indelebilmente nel suo cervello per la quantità di volte che lo aveva eseguito, mosse il pollice destro per alzare lievemente le carte, incurvandole su se stesse, quel tanto che bastava per vederne il valore. Un asso e un kappa, entrambe di cuori, un’ottima mano. Puntò fino a centoventi euro, Billo chiamò la sua puntata, così come anche un altro giocatore, tutti gli altri passarono.

Billo allora prese il mazzo di carte in mano e passo a scoprirne tre al centro del tavolo, le carte comuni a tutti i giocatori: un cinque di cuori, un sette di quadri e, finalmente per Tommy, un kappa di picche.

Aveva una coppia, la coppia più alta possibile al tavolo, a meno che qualcuno non nascondesse tra le sue due carte coperte una coppia d’assi. Gli altri due lasciarono a lui la parola, lui prese dalla sua pila due chips rosse e due gialle e le lanciò in mezzo al tavolo, rilanciando di un importo che era, stando al valore dei dischetti di plastica, di duecentocinquanta euro. Ora gli erano rimasti poco più di duemila euro dietro, se si fosse alzato ora e fosse andato via avrebbe lasciato a quel tavolo in totale tremila euro, non poteva proprio farlo, doveva quantomeno riprendersi tutti i soldi con cui si era seduto.

Quella sera era uscito di casa con una scusa di casa, ‘una cena tra amici’, Anna non aveva motivo di sospettare nulla, o così almeno sperava. Ma non avrebbe avuto modo di giustificare un ammanco dal conto di tremila euro. Lei avrebbe capito benissimo che li aveva persi al gioco, e la cosa non le sarebbe affatto piaciuta, solo il mese scorso, dopo una lite furibonda, era stata chiara su quel punto ‘se giochi ancora non mi rivedrai mai più’.   

Billo chiamò il suo rilancio a duecentocinquanta euro, il terzo tipo però non era intenzionato a rispondere velocemente, e si fermò un attimo pensando al da farsi. Portava un paio di occhiali da vista retrò e le maniche della camicia ripiegate fino ai gomiti lasciavano trasparire un piccolo tatuaggio nero poco sopra il polso, talmente piccolo che si faticava a delinearne la forma. Tatuaggio a parte era un tipo dall’aspetto molto anonimo, senza nulla di particolare. Si chiamava Luzzi, o almeno così Tommy lo aveva sentito chiamare dagli altri quella sera, non sapeva bene se era il cognome o un soprannome. Luzzi giocherello un pochino con le chips, poi si decise e rilanciò fino a ottocento euro.

Ora Tommy doveva smetterla di preoccuparsi del suo rapporto di coppia e concentrarsi sul gioco, cosa poteva avere quel tipo? Con un sei accoppiato ad un otto o ad un quattro avrebbe avuto un progetto a scala bilaterale. Oppure stava già davanti alla sua coppia di kappa? Magari aveva chiuso un tris? Per ora non c’era motivo di allarmarsi, probabilmente aveva ancora la mano migliore, quindi coprì la differenza dai suoi due e cinquanta agli ottocento del tipo. Billo abbandonò la mano. “Fai attenzione” gli sussurrò ancora.

Tommy però era concentrato su altro. Nel piatto c’erano duemila e duecento euro ora, sommati ai millecinquecento che ancora aveva davanti avrebbero fatto quasi quattromila euro. Si sarebbe potuto alzare con quella somma? Poteva accettare di aver perso mille euro in una sera? ‘Va bene’ concesse a se stesso ‘se vinco questo mi alzo coi miei quattromila e me ne vado’.


Billo stava per scoprire la quarta carta comune.

‘Almeno questo, ti prego fammi vincere almeno questo’, si concentrò a pensare Tommy.

La carta scoperta fu una donna di cuori. Tommy rimase impassibile, come era bravissimo a fare, ma un forte moto interiore di esultanza attraversò le sue viscere. Quella carta non poteva aver migliorato la mano dell’avversario, se era già da prima davanti ai suoi kappa era ancora davanti. La sua mano invece era migliorata eccome, ora aveva quattro cuori, se l’ultima carta fosse stata un altro cuori avrebbe chiuso un colore, e sarebbe stato imbattibile. Luzzi doveva parlare per primo, e senza pensarci troppo mando i resti di Tommy, puntando circa millecinquecento euro, se voleva giocare ora doveva mettere nel piatto tutti i soldi che aveva davanti.

Doveva scegliere tra due alternative: la prima era passare, alzarsi dal tavolo, tornare a casa coi suoi millecinquecento euro, spiegare la situazione ad Anna e pregarla di perdonarlo, dopo di che tornare al suo odiato lavoro, solo molto più demotivato e depresso di prima, e ovviamente con più di tremila euro di meno sul conto; la seconda alternativa era ovviamente giocare il colpo, se avesse vinto si sarebbe alzato dal tavolo con cinquemila trecento euro circa, solo trecento euro in più di quanto aveva quando si era seduto.

Non esattamente la vincita che sperava di fare quella sera, ma comunque un insperato risvolto positivo visto come si era messa la serata. Se avesse perso ovviamente non avrebbe avuto più nulla, letteralmente nulla, né davanti a lui li sul tavolo, né da altre parti. Ripensò alle parole di Anna, ‘se giochi ancora non mi rivedrai mai più’. Perché non lo capiva? Lo faceva anche per lei dopotutto. Anzi, era soprattutto per lei, per darle una vita migliore, che provava a sfondare con quel gioco. E riceveva in cambio solo lamentele. Ma infondo lo sapeva che lei ci teneva a lui, il problema era che non capiva quel gioco, non capiva quanto lui fosse bravo e quanto potesse guadagnare da quelle partite.

Forse aveva ragione lei invece. Forse aveva ragione anche Billo, quella partita era troppo per lui, non avrebbe dovuto giocarla. Quei soldi gli servivano, erano tutti i risparmi che avevano da parte, non avrebbe dovuto giocarseli così a cuor leggero.

Luzzi gli chiamò il tempo, chiedendogli di decidere cosa fare.

Doveva smettere di pensare ad altro, doveva concentrarsi sulla mano, per prendere la decisione giusta. Se Luzzi stava bluffando allora avrebbe vinto nel 95% dei casi circa. Se invece aveva una mano migliore di due kappa allora gli restava comunque la possibilità di chiudere un colore, eventualità che si sarebbe verificata statisticamente una volta su quattro. Ma quale delle due era più probabile, stava bluffando o aveva in mano un punto molto forte?


Luzzi gli intimò di decidersi, pareva fosse molto impaziente, anche per lui cinquemila euro non dovevano essere bruscolini. Ora una piccola folla si era accalcata attorno al tavolo, curiosa di vedere l’esito di quella mano con tutti quei soldi in palio. Perfino il tipo muscoloso che stava a sorvegliare l’ingresso del locale aveva mosso qualche passo all’interno per potere sbirciare cosa stesse accadendo. Luzzi era sempre più impaziente. Doveva essere in bluff, si disse Tommy, lui sa che io non potrei permettermi di giocare tutti questi soldi, quindi punta sul fatto che io salvi almeno i miei millecinquecento euro rimasti.

La scelta era quindi una, Tommy ora ne era convinto, prese un po’ di coraggio e mise tutte le sue chips sul tavolo, chiamando la puntata.


Il suo avversario girò un otto e un nove di cuori, Tommy a sua volta girò le sue carte.

Per rispetto al suo avversario che ora gli pareva disperato, si trattenne dall’esultare, anche se un’ondata euforica comincio a travolgerlo: era fatta, aveva preso la decisione giusta. Luzzi stava inseguendo il colore a cuori, ma anche lo avesse chiuso con l’ultima carta comunque Tommy avrebbe realizzato un colore migliore. Le uniche carte rimaste nel mazzo con cui Luzzi avrebbe vinto erano i tre sei non di cuori, che gli avrebbero fatto chiudere una scala. Tommy ricontò rapidamente le chips al centro del tavolo. Erano proprio cinquemila trecento euro. Si sarebbe salvato da quella sfortunata serata, non avrebbe dovuto dire niente ad Anna e lei non l’avrebbe lasciato. Con il suo patrimonio ancora intatto avrebbe riprovato un’altra sera, magari continuando a giocare su tavoli meno costosi per ora, facendo un passo alla volta. Doveva essere più paziente, ora lo aveva capito, quella serata gli era servita ad imparare questa lezione, e ne avrebbe fatto tesoro. Ma presto o tardi quel gioco gli avrebbe dato i tanti agognati frutti, la sua occasione di riscatto. D'altronde era bravo, anche questa mano l’aveva dimostrato, aveva preso la decisione giusta, era il modo con cui si sarebbe realizzato nella vita. E poi Anna non l’avrebbe lasciato, ripenso a questo, infondo era la cosa che gli importava di più.

Billo scartò come di consueto la prima carta posta sopra il mazzo e poi scoprì la quinta ed ultima carta comune, era un sei di fiori.

 

È un genere un po’ diverso da quello in cui mi muovo di solito, ma si sa, l’ispirazione è difficile da condizionare a comando. Spero che la storia vi sia piaciuta, sarei molto contento se mi lasciaste un commento e/o una critica costruttiva.
   
 
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