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Autore: ColdArrow    02/06/2018    6 recensioni
Un miscuglio di emozioni che prova Greta, protagonista di questa oneshot, che non si sarebbe dovuta innamorare mai.
Ispirata dal racconto "Il nome, il naso" della racconta "Sotto il sole giaguaro" di Calvino, che mi ha stravolto, e dalla canzone Greta di Gazzelle, che ha un pezzo del mio cuore.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Greta non innamorarti mai

 

Ventuno anni soffiavo sulle due candeline del muffin che mi aveva portato in camera mia sorella, Alessia, quella mattina. Ventuno compleanni, ventuno natali, ventuno capodanni, ventuno volte in cui mi sono ripromessa di essere non una persona nuova, ma la versione migliore di me stessa.

Quei ventuno anni però, portavano con sé una nota amara, li avevo sempre festeggiati senza una persona speciale accanto, senza una persona con cui condividere quel momento. Non avevo mai amato qualcuno, in ventuno anni. Cercavo sempre di stare lontana dai ragazzi, che comunque nella maggior parte dei casi non mi interessavano. E quando invece mi interessavano, circa tre volte nella mia intera vita, ci finivo a letto insieme e e basta così, alla fine nessuno era stato così interessante da lasciarlo restare. C'è chi direbbe che è strano che a ventuno anni non sono mai mai caduta nel tranello dell'amore, che forse sono un'asociale o qualcosa del genere. Io, comunque, non credo di esserlo.

Ricordo bene la scena che mi ha segnata, avrò avuto circa sei, o sette anni, ed ero seduta sulla coscia del mio papà, quando mi disse una frase che ricordo ancora e che mi porto dentro sempre "Greta, non innamorarti mai".

Non che mi abbia influenzato così tanto, anzi, io credo nella persona giusta nel momento giusto. E voglio crederci, perché altrimenti tutto sarebbe un'eterna noia, e non potrei accettarlo. Se la vita fosse solo questo, se l'amore non esistesse, non riuscirei a continuare a vivere.

 

 

 

Greta non innamorarti mai

delle cose troppo vere

 

Proprio la tematica dell'amore fu il motivo centrale per cui le mie amiche Anna, Federica e Giulia, insieme a mia sorella Alessia, avevano deciso di organizzarmi una festa di compleanno. Non una festa a sorpresa, io ne ero ben a conoscenza, ma una festa in maschera. Così, disse Fede spiegandomi, non avrei guardato in faccia nessuno, e senza pregiudizi mi sarei trovata davanti forse l'amore della mia vita. Io continuavo a ripetere che secondo me era una cazzata megagalattica, e che non sarei stata di innamorarmi di una persona conoscendola in poco tempo, ma lei e le altre convinte portarono avanti la loro tesi. Dunque la sera del mio compleanno, circa un'ora prima della festa, erano con me, in camera mia, mentre mi preparavo.

-Allora – fece Giulia pettinandosi il caschetto biondo – ripassiamo le regole.

-Regola numero uno, non si sta senza maschera, e soprattutto non si balla senza maschera. - iniziò Anna mentre si passava il rossetto rosso sulle labbra.

-Regola numero due, non si ignora nessuno che si avvicini a noi, anzi proviamo a conoscere ogni mascherato. - aggiunse Federica.

-Uomini o donne. - Intervenne anche mia sorella Alessia guardandomi negli occhi – Non si rifiuta un ballo.

Le sorrisi alzando gli occhi al cielo.

-Il fatto che non mi sia mai innamorata non significa che sono lesbica. - le risposi ovvia.

-Greta, ti prego. Neanche noi siamo lesbiche, ma usciamo lo stesso con le ragazze. - mi rispose Federica che era stesa sul mio divano.

-Non tutti viviamo con fluidità come voi. - risposi ancora scuotendo la testa in disapprovazione.

-Stasera sì. - mi ammonì Alessia con il suo sguardo severo. Aveva i miei stessi occhi azzurri, quelli che avevamo ereditato da nostro padre.

-D'accordo. - risposi arrendendomi mentre loro iniziarono ad esultare. -Ma ste maschere...? Mi sanno di finto.

-Greta! - fece Giulia – Non innamorarti mai delle cose troppo vere!

Quanto voleva mai dirmi la mia migliore amica con quella frase? Che c'era bisogno di un minimo di finto per innamorarsi? Come se non fosse strano abbastanza dare una festa di compleanno, del tuo compleanno, dove praticamente non conosci l'80% degli invitati che sono persone a caso, dell'università o amici di amici. Era un'idea folle, però allo stesso tempo mi risultava allettante.

 

 

 

 

Greta non innamorati mai

delle cose troppo vere

dimmi un sacco di bugie

ed io ti dirò le mie.

 

 

-Greta, sei meravigliosa, adesso balla. - le ultime frasi di mia sorella, Alessia, prima di spedirmi in pista.

Decine di persone, ragazzi che dalla voce provavo ad attribuire un'età, un carattere, un modo di essere, e profumi che andavano dal dopobarba, allo shampoo al cocco, al sudore. No, no, no.

Decine di ragazzi troppo sudati ed il mio naso ne soffriva. Nauseante il tutto, compreso il dopobarba, finché uno di questi tizi, spingendomi per invogliarmi a ballare, mi fece finire, reggendomi solo per quel poco di abilità che avevo con i tacchi, su un'altra persona in maschera. Ho mentito, non caddi non per le mie abilità sui tacchi, ma perché mi sentii sorretta da due braccia che sembravano essere lì pronte per me e la mia caduta. Provai a dire qualcosa ma il profumo della pelle della ragazza che mi aveva preso, perché sì, era una ragazza e l'odore mi penetrò nelle narici con una delicatezza ed una eleganza unica. Ero sicura, un profumo del genere non l'avevo mai sentito in tutti i miei ventuno anni. A parole mi sembra quasi impossibile tentare di dare una definizione alla sensazione languida e feroce che stavo provando mentre la misteriosa ragazza mascherata mi invitò a ballare. Per questo accettai, per il suo profumo, non per le regole del gioco delle ragazze. No, non mi interessava il gioco. Avrei potuto chiederle in che profumeria lo aveva comprato, mi sarei risparmiata tanta, tanta fatica.

 

-Greta. - mi disse mentre partì un lento. Era già passato molto tempo, il tempo giusto per esserci conosciute abbastanza e confermare che sotto le carezze pareva docile, a tratti, e a tratti violenta, graffiante. Si lasciava scoprire le parti nascoste, esplorare l'intimità del suo profumo, purché non le sollevassi la maschera dal viso e le chiedessi il suo nome. -Sei la cosa più bella della mia settimana, del mio mese, del mio anno. - aveva la voce silenziosa ma limpida, e le mie orecchie si commuovevano ad ogni sua parole.

-Sei la cosa più bella dei miei ventuno anni. - le dissi posando la testa sulla sua spalla ed annusando il suo profumo ancora una volta. Era una commozione dell'olfatto indimenticambile ed intrattenibile.

Il suo sorriso e le sue labbra morbide, ed il retrogusto al limone. Forse era questo il sapore del paradiso.

Di lei io non sapevo nulla, ma mi pareva di sapere tutto in quel profumo , e avrei voluto un mondo senza nomi, in cui quel profumo solo sarebbe bastato per nome e per tutte le parole che poteva dirmi.

Lei, con sul viso una mascherina nera, la pelle chiara, e calorosi occhi marroni. E ancora continuavo a domandarmi chi fosse, chi era quella donna comparsa nel nulla che si era presa qualcosa della mia persona lasciandomi senza più niente da dire, o fare, al mondo. Chi era quella donna con il droga-profumo da cui non riuscivo a staccarmici. Chi era, cosa mi aveva fatto.

-Per favore... - le dissi nell'intimità del posto più squallido del locale dopo che il piacere massimo aveva preso ogni parte del mio organismo. – Perché non ti scopri, perché non mi lasci sapere chi sei?

-Non posso, Greta. - mi rispose ancora con la sua delicatezza, quasi dispiaciuta.

-Dimmi allora quando ci riincontreremo, mi hai regalato la serata più bella della mia vita. - ero sincera. Io, Greta Di Giacomo, non avevo mai provato nulla del genere. E mi tremava la voce mentre la imploravo, e mi tremano gli occhi mentre provo a raccontare l'emozione insostenibile.

-Greta. - mi rispose lei – La maschera è lo scopo della tua festa, no? Dimmi un sacco di bugie, ed io ti dirò le mie.

 

Un goccio di alcol di troppo e l'orientamento era ormai perso. Non che l'abbia mai avuto quella sera, quella sera era tutto casuale, intenso, vivo. Tutto ciò per cui valeva la pena di vivere era nella notte del mio ventunesimo compleanno. Quella donna, quell'intensità. Quel sapore, quel profumo che temo sempre di perdere dalla memoria. Era tutto.

 

 

 

E abbiamo perso troppo tempo

ad occupare il tempo.

 

 

 

 

E il mattino successivo la cercavo, la cercavo e la ricercavo. E spiegavo ad Alessia come si fosse dissolta nel nulla, come l'avessi persa e quanto bella fosse pur non avendola mai vista in faccia.

-Magari era Luisa. - ipotizzò mia sorella.

-No. - le risposi – Conosco Luisa, conosco il suo profumo e la sua voce. Ti dico che non era lei...

-Descrivimela ancora.

-Non posso! - le risposi – Per colpa tua quella stupida festa era in maschera! E lei aveva i capelli scuri chiusi in uno chignon, e gli occhi marroni e la pelle chiara. Non riuscivo a scrutare altro del suo viso...- perché se invece parlavamo del suo corpo, io sapevo tutto, tutto nella mia memoria mentale. Non potevo però dire a mia sorella di quel rapporto, sarebbe stato imbarazzante.

-Erano tutte con lo chignon, c'era scritto nell'invito. - fece lei – E la metà delle persone di questo mondo ha gli occhi marroni ed i capelli scuri. Non sai altro? Neanche il nome.

-Neanche il nome. - le risposi. - Perché non mi fai vedere quella lista?

-Quale lista? - mi chiese.

-La lista delle persone che avete invitato, idiota.

-Non c'era nessuna lista. Erano davvero persone a caso.

Cazzo!!

 

Come l'avrei trovata? Come si trova una persona così, senza sapere un bel nulla di lei?

Passai tutto il giorno e tutta la notte a cercare su Facebook i nomi delle ragazze che le mie amiche ricordavano di aver invitato, senza però, purtroppo mai riscontrare il suo sguardo, le sue labbra, la sua pelle.

Lo sentivo, l'avevo persa.

Era probabilmente il sogno più bello di tutta la mia vita. Era probabilmente tutto quello che avevo sempre cercato e non c'era più. Era andata, svanita. A volte mi domandavo effettivamente se c'era stata. Ma c'era stata, lo sapevo che c'era stata. Lo sapeva anche il mio corpo.

Ma chi era?

Ma come aveva potuto stregarmi?

Che profumo usava? Perché mi sarei potuta iniziare a drogare di quello.

 

-Greta! - il giorno successivo ero all'università, non avevo dormito e la cercavo. Cercavo il suo profumo fra le ragazze che mi passavano accanto, quelle che mi sfioravano, quelle con cui mi scontravo. Cercavo il suo profumo fra l'erba in giardino, fra l'odore del tabacco sulle scale anti incendio, nella miscela di caffè del bar.

Io non avevo vissuto. Io questo sentivo, io sentivo di non aver vissuto fino a quella notte e mi domandavo se forse la mia reazione fosse stata esagerata per una semplice sveltina o se era normale finire in quella situazione dopo aver incontrato la persona della propria vita. La donna dal profumo che non aveva parole.

-Fede. - salutai la mia amica facendole un cenno con la mano.

-Ancora che la cerchi?- mi chiese.

-Ancora che la cerco. - le risposi mentre ci incamminamo dall'edificio centrale verso il bar, dove eravamo solite pranzare. Federica mi chiese cosa ricordassi, ed io le risposi ancora il suo profumo, le sue labbra, i suoi occhi stavolta aggiunsi -Il suo corpo, in ogni centimetro.

Federica risultava scioccata ma felice dall'idea che provassi qualcosa del genere per una donna, e che sapeva che l'idea di invitare uomini e donne era stata geniale. Secondo lei eravamo tutti un po' fluid, mi disse mentre fumavo la sigaretta durante il tragitto per il bar finché un tonfo ci fece voltare di scatto.

Era un rumore forte, era stato avvertito da più persone attorno a noi che subito si diressero in una direzione specifica. Tra urla, e grida che non distinguevo mi ritrovai, con Federica, davanti alla forma di una ragazza, e sangue che perdeva dal cranio e da una gamba. Il viso girato di lato ad occhi chiusi rivolti verso il braccio sinistro ed un odore intenso che mi colpì dentro. L'eco del profumo che non somigliava a nessun altro, ormai fuso con l'odore di sangue e morte come se fossero stati inseparabili da sempre.

Annullai l'udito, le urla erano troppo alte.

Il tatto, Federica che tentava di portarmi via non riuscivo a percepirla.

Il gusto era amaro come la mia bocca ed il mio sentimento.

La vista andava man mano annebbiandosi.

Ma l'olfatto rimase lì a prendersi tutto il residuo profumo di lei.

Era lei.

Mi sarei voluta contorcere dal vomito ma resistevo e annusavo ancora, fino alla sirena dell'ambulanza, la confusione del pronto soccorso ed il gelo dell'obitorio.

Un dolore silenzioso che terminò solamente quando mi addormentai sul marmo freddo e le pasticche in corpo.

 

 

Abbiamo perso,

abbiamo perso.

















Autrice:

La mia prima oneshoot, corta e drammatica. 
Del tutto diversa dalla mia long in corso (Shut up https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3678826&i=1 )  questa oneshoot è una prova per farmi cambiare un po' aria. E' molto corta e non ci ho lavorato molto, anzi, l'ho scritta infatti in un solo pomeriggio sotto l'ispirazione, come ho già detto, di una canzone ( Greta https://www.youtube.com/watch?v=z0KRFX-1Ve0 ) e dalla raccolta "Sotto il sole Giaguaro" di Calvino. Un mix strano, improbabile, già.

Grazie per la lettura, si accettano consigli e critiche.

   
 
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