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Autore: lady lina 77    02/06/2018    1 recensioni
"Hai ragione, non puoi più essere la mia serva" - disse Ross, decidendo quasi senza pensarci di sposarla.
E poi, cosa succede fra quella scena e il matrimonio fra Ross e Demelza nella Chiesetta di Sawle? Con un pò di fantasia ho cercato di riempire quel buco di trama che racconta i giorni che hanno portato, da una notte d'amore inaspettata, a un matrimonio riparatore che col tempo si rivelerà la miglior scelta della loro vita, dando inizio a un grande e travagliato amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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24 giugno 1802


Inginocchiata nel giardino fuori casa, Demelza finì di annaffiare i fiori che aveva appena piantato. Era un lavoro che amava tantissimo e che riusciva a isolarla dal mondo, in un suo piccolo rifugio di pace e tranquillità.

Era una giornata molto calda, serena e dai campi arrivava il gracchiare delle cicale e il ronzìo delle api. L'estate era al pieno del suo fulgore e quell'anno era baciata dal bel tempo e dai raccolti abbondanti sia nei campi che nelle miniere di Ross che regalavano rame e lavoro a molti dei minatori della zona.

Con la mano sfiorò i petali di una rosa dal profumo intensissimo, pensando a come potesse fare per rinforzarne il gambo, e in quel momento qualcuno le arrivò da dietro le spalle, baciandola sul collo e facendola sobbalzare per lo spavento. "Giuda!" - gridò, voltandosi verso il nuovo arrivato. "Ross, sei impazzito?" - chiese, trovandosi suo marito davanti che, divertito, la guardava sghignazzando.

"I tuoi riflessi, mia cara, stanno peggiorando! Una volta fiutavi il mio arrivo a miglia di distanza".

Demelza lo guardò storto, massaggiandosi il ventre gonfio. "Ancora un pò e mi fai partorire quì, in giardino".

Lo sguardo di Ross si addolcì, si avvicinò a lei e la baciò sulle labbra. "Sarebbe una cosa carina partorire il giorno del nostro anniversario, non trovi?" - sussurrò al suo orecchio, dando una carezza al pancione.

"No, non voglio dividere questo giorno con un compleanno. Ognuno deve avere la sua ricorrenza. Voglio partorire da domani e se tu mi facessi il piacere di non farmi venire un infarto, potresti aiutarmi in questa cosa".

Ross osservò il pancione di sua moglie, scettico. Il termine era passato da alcuni giorni, come aveva detto Dwight, e viste le dimensioni di sua moglie, dubitava che potesse arrivare incinta a fine settimana. "Allora te lo ricordi".

"Cosa?" - chiese lei, tirandosi indietro una ciocca di capelli che le era caduta sul viso.

"Che è il nostro anniversario! Quindici anni di matrimonio sembrano un'enormità di tempo, no?".

Demelza sospirò, cingendogli la vita, appoggiandosi contro di lui ed abbracciandolo. In realtà non le sembrava così tanto tempo e aveva l'impressione che, con tutte le tempeste che avevano affrontato in quegli anni, tutto fosse volato fin troppo in fretta. C'erano state risate, amore, gioia. Ma anche dolore fatto e subito, lacrime, dolorose prese di coscienza e il loro rapporto che, spesso, si era trovato sull'orlo di un burrone. Erano sopravvissuti alla morte della loro piccola Julia, ai tradimenti vissuti inseguendo l'utopia di un amore perfetto, a Hugh, a Londra e a Monk Adderly, a George e alla fine inaccettabile Elizabeth... Ne avevano passate tante loro due eppure alla fine erano lì, in quel giardino baciato dal sole, abbracciati, innamorati e con un nuovo bimbo in arrivo. "A me invece sembra ieri. Eppure, ora che ci penso, siamo così diversi da allora" – mormorò, accarezzandosi il pancione.

Ross la baciò sulle labbra, dolcemente. "Vero! Non ti riusciva proprio di chiamarmi per nome e per molto tempo hai continuato a vedermi più come un padrone che come un marito".

"E tu come la tua domestica, più che una moglie" – obbiettò lei. Era vero, c'era stato un tempo in cui non riusciva davvero a credere che lui avesse sposato proprio lei e in cui credeva impossibile ambire al suo amore. Era stata una ragazzina che si sarebbe accontentata delle briciole del suo uomo e ora era una donna sicura di se stessa e dell'importanza che rivestiva nella vita di suo marito. Lui ora l'amava e, nonostante tutti gli errori commessi da entrambi, avrebbe messo le mani sul fuoco su quanto speciale fosse il loro amore. Gli occhi di Ross brillavano quando incontravano i suoi, la passione fra loro non si era mai sopita ma, forse, era addirittura cresciuta con gli anni. Era la madre dei suoi figli, la sua amante, la sua migliore amica e colei che conosceva i punti più oscuri della sua anima. Riusciva a capire a cosa pensasse suo marito, da un semplice sguardo.

Ross sospirò. "Ti consideravo più di una domestica ben prima di sposarti. Mi piaceva parlare con te e la tua presenza a Nampara è diventata da subito importantissima".

"Ma non mi amavi, quando mi hai sposata" – concluse lei, mascherando un sorriso. I tempi di Elizabeth e del suo senso di inferiorità nei suoi confronti erano finiti e ormai riusciva a scherzare e a parlare con leggerezza di quel periodo tanto doloroso della sua vita di moglie.

Ross la guardò, poi decise che era meglio cambiare discorso. "Dove sono i bambini?" - chiese, guardandosi attorno.

"Sono andati alla spiaggia a giocare con Garrick".

"Da soli?" - chiese lui, subito in ansia.

Demelza sbuffò. "Ross, Jeremy ha undici anni e Clowance otto! Direi che possono fare qualche centinaio di metri da soli per raggiungere la spiaggia, no? Poi c'è Garrick a dar loro un occhio".

Suo marito scosse la testa. "Quel povero cane è vecchio e malconio. E non mi fido affatto di lui! Mi chiedo come faccia a seguirli ancora dappertutto, viste le sue condizioni".

Demelza abbassò lo sguardo, sentendo una fitta allo stomaco. Garrick era ormai così anziano ed era vissuto molto più a lungo di tanti altri cani e sapeva che presto... "Coi bambini torna giovane! Loro gli danno forza ed energia e sono sicura che sarà il guardiano anche del nuovo bimbo che arriverà" – tagliò corto.

Ross parve scettico. "Quindi, dici che non dobbiamo preoccuparci dei bimbi?".

Lei ridacchiò. "Se sei tanto in ansia, lasciami cinque minuti! Finisco di sistemare i fiori e poi facciamo una passeggiata e li raggiungiamo".

Ross le prese la mano, attirandola a se. E poi fece scivolare in essa una scatoletta di velluto blu. "In realtà, speravo di essere da solo con te. Volevo darti questa senza bambini attorno".

Demelza abbassò lo sguardo, osservando la scatolina fra le sue mani. "Cos'è?".

"Un regalo per il nostro anniversario. Non te ne ho mai fatti e forse è ora che cominci a farlo. Quindici anni di matrimonio sono una data importante, soprattutto quest'anno, con questo bambino in arrivo" – concluse, accarezzandole la pancia.

Demelza sentì il cuore balzarle nel petto. Era così dolce e sembrava tanto impacciato... Ross non era mai stato un tipo romantico, uno da poesie o cose simili ed era sempre in difficoltà quando doveva esprimere i suoi sentimenti. E proprio per questo, quando se ne usciva con gesti del genere, sapeva farle sciogliere il cuore. Lo baciò sulle labbra, un bacio lungo ed appassionato, ripensando a quanto fossero diversi i loro sentimenti di quindici anni prima. "Non avresti dovuto farlo, non ho bisogno di regali. Ma ti ringrazio". E così dicendo, aprì la scatoletta. Ai suoi occhi si materializzò un bellissimo ed elegante ciondolo arricchito da un piccolo diamante che, alla luce del sole, assumeva mille colori diversi. Santo cielo, doveva essere un gioiello di grandissimo valore, non avrebbe dovuto... "Oh Ross...".

Lui le sorrise, prendendo il ciondolo e mettendoglielo al collo. "Ha i riflessi dei tuoi capelli. Appena l'ho visto a Londra, ho pensato che fosse stato fatto apposta per te".

Era commossa, ecco... Non le capitava spesso e il suo cuore sembrava traboccare di gioia. "Ti amo...".

"Ti amo anch'io, lo sai?".

Le punte dei loro nasi si sfiorarono, prima che le loro labbra si unissero in un nuovo e lungo bacio. Poi lei gli sfiorò il petto, appoggiandovi il capo. "Oh lo so che mi ami. Solo un uomo molto innamorato potrebbe dirlo a una donna grossa come una balena, al nono mese di gravidanza".

A quelle parole, Ross scoppiò a ridere. "Ancora con questa storia?! Santo cielo, sei bellissima quando sei incinta".

"Lo dici perché non hai mai provato la sensazione di avere un'anguria al posto della pancia e a camminare sentendoti una papera. Ma a parte questo, la stanchezza, il mal di schiena e la nausea, adoro aspettare i tuoi bambini". Si sfiorò il ciondolo, accarezzando il diamante. "E' bellissimo Ross, ma davvero, non avresti dovuto. Io sono felice così, mi basta sapere che mi ami. Quando ti ho sposato, era l'unica cosa che desideravo. Avevo quasi paura a sperarci, che un giorno...".

Ross la baciò sulla nuca. "Sono stato davvero un pessimo marito, all'inizio".

"Ma ora ne riusciamo a ridere insieme" – replicò lei.

Ross le strizzò l'occhio. "Te l'avevo detto no, il giorno che ci siamo sposati! A proposito... Quel giorno c'era qualcosa che ti passava nella testolina che non hai mai voluto dirmi. Non credi che sarebbe il momento giusto per rivelarmi cosa pensavi?".

Demelza sussultò. Ricordava bene quell'istante nella loro camera matrimoniale, subito dopo la cerimonia, in cui fortemente sperò che un giorno sarebbe stata l'amore della sua vita. Aveva avuto vergogna di esternare quel suo pensiero allora, ritenendolo stupido e infantile, un qualcosa che, se espresso a parole, avrebbe potuto far arrabbiare Ross. Ma ora era diverso, lei era diversa... "Quel giorno mi chiesi se, oltre a ridere delle nostre paure, mi avresti anche amata un giorno".

Lo sguardo si Ross si addolcì, a quelle parole. "Perché non me lo hai voluto dire?".

"Non avresti apprezzato. E ora, in fondo, non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne. E' una cosa di tanti anni fa e so benissimo che mi ami".

Ross parve sentirsi in colpa perché, lo sapeva pure lui, probabilmente quel giorno, se lei gli avesse esternato a parole l'ambizione al suo amore, lui non l'avrebbe presa bene. "Mi dispiace di averti fatto del male, in passato".

"Anche a me" – disse lei. E anche senza pronunciare quel nome, sapeva che Ross aveva capito che si stava riferendo a Hugh Armitage.

Ross le accarezzò il viso. "Su, basta parlare di queste cose. E' il nostro anniversario, ne abbiamo passate tante e dovremmo essere felici, giusto".

Lei annuì. "Giusto! Ma mi sento in colpa, non ho nemmeno un regalo per te. A parte la cena speciale che ho preparato stamattina con Prudie e i bambini".

Ross osservò il suo pancione. "Beh, quello è un regalo che vale più del ciondolo".

Demelza scoppiò a ridere. "Giuda Ross, questo non è un regalo! E' frutto di un lavoro di squadra! Mica l'ho fatto da sola".

"Nemmeno io ho fatto da solo il ciondolo, siamo pari!" - osservò lui. E poi la prese sotto braccio, allontanandola dall'aiuola che stava curando. "Basta parlare di sciocchezze, andiamo a recuperare i bambini. Non mi fido di Garrick".

Lei lo guardò storto, assolutamente divertita. "Ross, sei diventato apprensivo e romantico. Stai invecchiando...".

"Anche tu".

"Ho sempre dieci anni meno di te".

Ross sospirò, accelerando il passo. "Donna, smetti di essere irrispettosa nei confronti di tuo marito e sbrigati, dobbiamo recuperare i nostri poveri e dispersi bambini!".

Demelza scoppiò a ridere. Non erano molti i momenti in cui l'animo di Ross era così leggero ma quando scherzava ed era così di buon umore, riusciva a scaldarle il cuore. C'era intimità fra loro, uno strano cameratismo e una confidenza talmente profonda che spesso, i loro amici, avevano ammesso di sentirsi di troppo, quando erano con loro. In effetti era vero, lei e Ross erano un mondo a parte, talmente diversi e talmente perfetti insieme, che nessuna altra coppia avrebbe potuto somigliare loro. Era strano e a volte, quando ci pensava, non riusciva ancora a credere che una monella sporca e analfabeta di Illugan sarebbe stata amata da un nobile gentiluomo in maniera tanto profonda. "Ross, rallenta il passo o mi farai partorire per strada".

Lui si bloccò di colpo. "Hai dolori?".

"No e non vorrei averli. O dovrai aiutarmi a partorire tu, quì, in mezzo alla strada. Non avresti nessuno ad aiutarti, a parte forse i nostri bambini. O Garrick".

"Non mi fido di Garrick". Ross scosse la testa, rallentando il passo. Mascherò un sorriso mentre il sole gli baciava il viso, mettendo in evidenza la cicatrice sul suo viso ormai quasi invisibile.

Percorsero il piccolo viale sterrato che portava alla spiaggia in un silenzio tranquillo. In lontananza videro i loro bambini che, a piedi scalzi, giocavano a riva schizzandosi l'acqua e ridendo rumorosamente mentre Garrick li inseguiva con la vivacità che sembrava rubata a un cane ancora cucciolo

"Visto Ross? Sono vivi, sani e salvi" – osservò con sarcasmo.

"Tu la prendi alla leggera ma guarda che la spiaggia può essere un posto pericoloso!".

Demelza rise di nuovo, la divertiva questo Ross che diventava, col passare degli anni, sempre più apprensivo. Guardò i suoi due bambini e si sentì fiera di se stessa. Jeremy, crescendo, aveva acquisito la stessa capigliatura riccia e scura di suo padre e anche in lonantanza vedeva i suoi boccoli morbidi che si muovevano alla brezza del vento. Era un bambino buono e sensibile e con lui aveva un rapporto profondo e speciale. Clowance invece era una bambolina biondissima, ruffiana, vivace ma dotata di una naturale grazia che, in certi momenti, la rendeva una piccola lady in miniatura. Ross la adorava, era perdutamente innamorato della sua bambina e Clowance sapeva che, davanti a un suo no, poteva andare da suo padre e il no sarebbe diventato automaticamente un sì. Ross non riusciva a negarle nulla e spesso Demelza si era fermata a pensare, divertita, che sua figlia era la sua unica e vera rivale. Si appoggiò alla spalla di suo marito col capo, cercando la sua mano ed intrecciando le dita con le sue. "Guarda cosa abbiamo fatto insieme?" - sussurrò, piena di orgoglio.

Ross la guardò, stringendola ancora di più a se. "Sai che in molti ci invidiano?".

"Cosa invidiano?".

"Noi, la nostra famiglia. Io e te, i nostri figli".

Lo baciò dolcemente sulla guancia. "Ogni famiglia dove c'è amore è speciale. Ognuna a modo suo".

Ross annuì. "Lo avresti mai detto che avrebbe funzionato?".

Demelza scosse la testa, sorridendo. "No... Eravamo i più improbabili sposi della Cornovaglia. O dell'Inghilterra".

"Forse essere sposi improbabili è il segreto per avere un matrimonio felice".

I bimbi li videro e con Garrick corsero loro incontro. Clowance si rifugiò fra le braccia del padre, saltandogli in braccio, mentre Jeremy, il suo principe azzurro in miniatura, la prese per mano. "Mamma, eravate preoccupati?".

"No, papà lo era!".

Clowance si imbronciò. "Siete venuti a prenderci? Non voglio tornare a casa, è presto! Stiamo ancora quì a giocare, ti preeeego papà!".

"Sì dai papà, daiiii!" - implorò Jeremy, saltellandogli a fianco.

Ross annuì, togliendosi in gilet. "Facciamo il bagno?".

Jeremy rise. "Sì" – rispose con entusiasmo, togliendosi la camiciola.

Clowance lo imitò e prima che Demelza potesse fermarla, si era già tolta il vestitino, rimanendo con indosso solo una leggera sottana. "Mamma, tu non vieni?".

Demelza sospirò, accarezzandosi il pancione. "Direi che non è il caso. Vi aspetto quì".

Ross la baciò sulla fronte. "Mettiti all'ombra. Non vorrei che il sole ti facesse partire il travaglio".

"Sì signore" – rispose, divertita.

Con Garrick, il suo fedele cane che l'aveva accompagnata in tutta la sua avventura con Ross, si sedette all'ombra di una roccia, osservando da lontano i suoi bambini e suo marito che giocavano sulla riva. E, accarezzando il pelo ispido del cane, pensò alla ragazzina che era stata e alla donna forte e alla madre che era diventata. Si sentì fiera di se stessa, si sentì fiera dell'amore di Ross. E si rese conto che in fondo, pur con tutte le perplessità che avevano accompagnato il suo improvvisato matrimonio, Nampara e suo marito gli erano appartenuti fin dal primo momento in cui si erano incontrati.

Ci era solo voluto del tempo per capirlo, per scoprirlo... Ma il destino aveva già deciso per loro.


  
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