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Autore: Chiga    03/06/2018    1 recensioni
L'incontro di due giovani di estrazione molto diversa durante una tempesta alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Novecento/Dittature
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Era domenica, la prima domenica di Maggio e correva l’anno 1940. Quel giorno sarebbe rimasto impresso nella memoria di Guido.
Di solito, quando iniziava la bella stagione, lui attendeva con impazienza l’arrivo della domenica che non rappresentava soltanto il meritato riposo dopo una settimana di lavoro, ma gli regalava anche un pizzico di “libertà”, un tuffo nell’individualità.
Così anche quella mattina, dopo aver ottemperato ai suoi doveri di  “italiano”, ritornò a casa dall’adunata, piegò con cura la camicia nera e i pantaloni e indossò qualcosa di più adatto all’attività che si apprestava a svolgere. Prese tutto l’occorrente per la pesca che aveva già preparato meticolosamente la sera e prima di uscire passò in cucina dove sua madre era indaffarata ai fornelli per il pranzo domenicale.
“Scusa ma’ !” le disse e la donna come d’abitudine gli porse il piccolo porta-pranzo che lui infilò nella bisaccia. Dopo averla baciata sulla fronte, fece le scale di corsa fischiettando e prese la bicicletta che era nell’androne. Saltò sul sellino e via …
Guido, pedalando verso il mare, si scuoteva di dosso quel grigiore dell’impiego statale, quella monotonia che gli stava un po’ stretta perché il suo carattere era estroverso e la sua socievolezza e simpatia erano ben note ai colleghi. Aveva sempre una  battuta ironica pronta, una barzelletta da raccontare al momento giusto, una canzone di cui fare la parodia, un blocco di carta e un carboncino per le sue caricature.
Se qualcuno gli faceva dei complimenti, era solito dire: “Non sono bello, ma piaccio!”. Il suo punto di forza erano i capelli scuri e ondulati che fissava con la brillantina, due bei baffi incorniciavano una bocca sempre pronta al sorriso, ma era lo sguardo dolce e buono dei suoi occhi castani a renderlo “bello”; anche se il suo naso era lievemente adunco e abbastanza pronunciato e il suo corpo magro non era proprio quello di un “fusto”.
Giunto alla spiaggia deserta, si diresse verso lo scoglio abituale e si sistemò con l’occorrente per la pesca. Mentre aspettava che i pesci abboccassero, la sua mente vagava senza meta e si perdeva nella distesa d’acqua; era come immergersi nell’infinito. C’era una strana calma, quasi  irreale . I pesci non ne volevano sapere d’abboccare, eppure lui era certo di usare le esche giuste. “Chissà perché?” si chiese e ponendosi questa domanda ritornò alla realtà. Guardò l’orologio e pensò che non solo non si vedevano pesci, ma nemmeno i soliti tre biplani in perlustrazione che abitualmente sorvolavano quel luogo.
Rimase in attesa e cercò di essere più vigile.
Trascorse una mezz’ora, poi si alzò un forte vento, il cielo cominciò a rabbuiarsi all’improvviso e grosse nubi nere s’addensarono sopra la sua testa. Guido pensò che fosse necessario trovare al più presto un riparo prima che queste si tramutassero in pioggia battente. Non era nemmeno pensabile salire in bicicletta e tornare a casa. Così lasciò gli scogli e procedette verso la spiaggia,lottando ad ogni passo contro la potenza del vento che lo costringeva a camminare piegato in avanti mentre la sabbia gli turbinava intorno, offuscandogli la vista.
Ricordava di aver visto una rimessa di barche poco distante, prese quella direzione.
Mentre il boato di un tuono squarciava l’aria e i lampi erano come dardi infuocati che attraversavano  il cielo di piombo, riuscì a raggiungere la piccola costruzione che aveva la porta spalancata a causa del vento. Non appena varcò la soglia, una pioggia dirompente cominciò a scrosciare.
Guido cercò di ripararsi tra le barche, ma il forte vento che penetrava dalle finestre e s’intrufolava tra le barche, nonostante lui s’affannasse a tenere chiusa la porta, produceva continui scricchiolii.
Pensò di sdraiarsi dentro una barca e coprirsi con un telone per avere una maggiore protezione, ma non appena si fu sistemato sentì un nitrito, lo scalpiccio degli zoccoli e una voce di donna che diceva: “Buono, buono … ora ti lego a questo palo, sarai al coperto sotto la tettoia, io provo ad entrare in questa specie di baracca !”.
Guido ricevette come una scossa: c’era qualcuno là fuori che aveva bisogno d’aiuto. Immediatamente si alzò, aprì la porta che ora opponeva resistenza e si trovò di fronte una giovane grondante acqua che, nonostante la situazione, cercava di darsi un contegno. I capelli e gli indumenti  fradici  si appiccicavano al suo corpo, rivelandone le forme perfette.
“Sta diluviando, fatemi entrare!” disse lei piantandogli in faccia due grandi occhi che sembravano acquemarine . Lui indugiò un istante per lo stupore, lei lo scansò ed entrò con fare altezzoso dicendo: “Divideremo questo riparo, ma tra me e voi ci saranno le dovute distanze!”. Le sue parole rivelavano l’abitudine a comandare e una accentuata chiusura verso gli altri. Quando Guido le consigliò di sdraiarsi dentro una barca, lei scelse l’imbarcazione che era più lontana dalla sua.
Passò quasi un’ora durante la quale il totale silenzio tra i due ebbe come sottofondo solo le continue raffiche di vento che si alternavano agli scrosci di pioggia. Poi Guido si fece coraggio e chiese: “Signorina, posso almeno conoscere il vostro nome? Io mi chiamo Guido”.
Lei rispose: “Io sono Nora  e galoppavo lungo la riva col mio cavallo quando sono stata sorpresa dal temporale”.
Era più di quanto Guido avesse sperato, così continuò: “Signorina Nora, la vostra famiglia sarà in pensiero nel sapervi fuori con questo tempo, vi starà aspettando, l’ora di pranzo è passata da un pezzo!”
“Non c’è problema” fece lei “Io sono una ragazza moderna e indipendente e la mia famiglia è molto impegnata in pranzi di rappresentanza e ricevimenti”.
La famiglia di Nora infatti era facoltosa ed influente, molto nota nell’alta società. Per questo la ragazza aveva viaggiato in tutta Europa, studiato nelle migliori scuole ed ora frequentava l’Università; voleva diventare un grande medico, era molto decisa a realizzare il suo progetto  senza fermarsi di fronte a nulla.
In quel momento però Nora, sopraffatta dalla stanchezza e dalla tensione, era soltanto una giovane come tante altre. “Muoio di fame e sono intirizzita dal freddo” disse più a se stessa che all’altro.
Guido allora si avvicinò, le porse la sua giacca poi cercò la bisaccia e ne estrasse il porta-pranzo.
“Non sarà il menù di un ristorante di lusso, ma ho questo da offrirvi e sarò lieto di dividerlo con voi!”
Nora allungò una mano verso il porta-pranzo e lo aprì come una bambina curiosa. Cominciò a mangiare di gusto e sorrise più volte guardando ora il cibo, ora Guido. Quando ebbe finito, gli chiese una sigaretta.
Lui gliela accese e la guardò fumare: era bellissima. I capelli si stavano asciugando e apparvero delle morbide onde di un bel castano dorato; le labbra  carnose sembravano atteggiarsi ad un perenne broncio che le dava l’aria di una ragazzina capricciosa.
Guido rimase in uno stato sognante per alcuni minuti “Non mi era mai accaduto d’incontrare una creatura simile!” pensò tra sé.
Lo stato di beatitudine di Guido fu però interrotto dall’assenza di rumori; infatti non si sentiva più la pioggia battere sul tetto, né il vento soffiare forte.
Decisero allora di avventurarsi fuori. Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi non era per nulla confortante. Parti del tetto della rimessa erano a terra, la tettoia adiacente era stata spaccata, ma soprattutto non c’era più il cavallo.
“Oddio!” disse Nora “Dove sarà il mio amato  Fulmine?” e cominciò a chiamarlo a gran voce.
Guido per tentare di riparare alla negligenza di Nora che in parte era stata anche sua, cioè lasciare il cavallo sotto la tettoia, cercò non solo di calmare e confortare la ragazza che sembrava prossima ad una crisi di nervi, ma anche di elaborare un piano per le ricerche. S’incamminarono così verso il lungomare sperando che l’animale avesse raggiunto la strada, ma incontrarono solo alberi martoriati dal vento e fiori divelti dalle aiuole; di Fulmine nemmeno l’ombra. Tornarono allora verso la spiaggia e intrapresero il tragitto lungo la riva che il cavallo era solito percorrere con la sua padroncina. Nora continuava a chiamarlo, ma sembrava sparito nel nulla. Ad un tratto Guido, in prossimità di alcune dune, sentì un nitrito; si avvicinò e vide un animale spaventato che galoppava seguendo un percorso circolare. Soltanto alla vista di Nora si calmò e le venne vicino, lei lo accarezzò a lungo sul collo e sul muso.
Era un cavallo imponente dal lungo e aristocratico muso dove una striscia bianca scendeva dalla fronte alle narici , il setoso mantello color del cuoio brillava sotto i raggi di un timido sole che faceva capolino tra le nubi. “Avete un cavallo bellissimo, complimenti!” esclamò  Guido.
Lei sorrise e gli disse che quel purosangue inglese era un regalo di suo padre che circa un anno prima aveva cercato con quel dono di lenire un po’ le sue sofferenze.
Lui la guardò interrogativamente e lei aggiunse: “Avrò modo di  raccontarvelo, magari domenica prossima, perché ci rivedremo, vero?”
Guido annuì dicendo: “Arrivederci Nora, state bene!”
Lei salì in sella poi si voltò ed esclamò: “Ciao Guido, a domenica!”.
Dopo aver trascorso tutta la settimana aspettando quel momento, il giovane si recò alla  spiaggia fornito della  sua attrezzatura da pescatore perché non era affatto sicuro di trovarvi Nora. Invece lei era già lì, splendida in sella a Fulmine, stava procedendo al passo. Appena lo vide arrivare lo salutò con la mano e scese da cavallo; gli occhiali da sole le davano un’aria di mistero.
Il giovane che aveva con sé carta e carboncini le chiese se potesse ritrarla.
Nora acconsentì incuriosita e lui con pochi e abili tratti espresse  quella che per lui era l’essenza della giovane, poi le porse il ritratto. Nora lo accolse come un gradito regalo che avrebbe conservato con cura.
Successivamente i due decisero di passeggiare lungo la riva. Guido lasciò la bicicletta e la sua attrezzatura in un luogo sicuro mentre Nora scelse di condurre Fulmine per le briglie durante la loro passeggiata.
Camminarono e parlarono a lungo, “raccontandosi” e conoscendosi meglio.
Fu in questo scambio di notizie ed esperienze di vita che Nora gli rivelò quanto accaduto poco più di un anno prima. La giovane aveva vissuto una dolorosa esperienza a causa di una lontana cugina che la sua famiglia aveva accolto in casa e che lei considerava come una sorella da amare e con cui confidarsi. Nora da qualche tempo si era innamorata di un giovane praticante presso uno studio legale di cui suo padre era cliente. Questo amore sebbene corrisposto era però avversato dal padre di lei che  considerava  quell’uomo una specie di “sovversivo”. I due avevano difficoltà persino ad incontrarsi. Nora  credeva di aver trovato in sua cugina una  “complice”, invece costei portò avanti per qualche mese il doppio gioco per poi uscire allo scoperto e fuggire all’improvviso proprio con quel giovane. Per Nora fu un colpo durissimo, non tanto per la perdita amorosa quanto per essere stata tradita dalla cugina in cui aveva riposto tutta la sua fiducia.
Da allora il suo carattere già risoluto e determinato si colorò di nuove spigolosità e di una marcata diffidenza verso gli altri.
La rivelazione dell’accaduto creò tra loro una nuova complicità, Nora prese la mano di Guido mentre con l’altra teneva strette le briglie del cavallo; i due camminarono così tenendosi per mano.
S’incontrarono ogni domenica e ad ogni incontro il loro rapporto  si arricchiva: venne il primo bacio poi gli abbracci ed infine la passione. Nora stava bene con Guido che era in grado di capirla ed aveva portato un po’ d’allegria nella sua vita. Lui invece era innamorato a prescindere! Forse dal primo momento che l’aveva vista. Con loro si erano incontrati due mondi molto lontani, difficilmente conciliabili, ma Nora sembrava non rendersene conto; viveva quell’amore appena sbocciato con l’incoscienza di una ragazzina. Guido, durante la settimana, si soffermava spesso a pensare agli ostacoli che avrebbero incontrato, ma poi i sentimenti prendevano il sopravvento e lui pensava “Carpe diem!”.  Il destino però decise per loro.
Il 10 Giugno l’Italia entrò in guerra. Guido fu richiamato alle armi. I due non si videro più.
Sopraggiunse la “tempesta” e spazzò via tutto. Nora e Guido si sarebbero rincontrati  solo in un’altra vita.
   
 
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